“L’uso esclusivo di sigarette elettroniche o tabacco riscaldato può essere associato a una riduzione dell’accumulo di placca dentale e tartaro rispetto al fumo di sigaretta convenzionale, suggerendo un impatto potenzialmente meno dannoso sulla salute orale. Questi risultati potrebbero essere particolarmente convincenti per i fumatori preoccupati per l’igiene dentale e problemi correlati come l’alitosi“
Queste le conclusioni dell’ultimo studio dei ricercatori del CoEHAR sul progetto SMILE. Grazie ad un lavoro di ricerca che ha valutato 136 soggetti (30 fumatori, 24 ex fumatori, 29 soggetti che non avevano mai fumato e 53 utilizzatori di ENDS) è stato possibile accertare che gli utilizzatori di elettroniche e tabacco riscaldato aveva una salute orale nettamente superiore e migliorata rispetto a quella dei fumatori.
Secondo la dr.ssa Giusy La Rosa, ricercatrice del CoEHAR: “In questa nostra ultima pubblicazione, abbiamo valutato e quantificato l’accumulo di placca dentale in un gruppo di utilizzatori esclusivi di sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato (ex-fumatori da minimo 6 mesi), paragonandolo a quello di 3 gruppi differenti, formati da fumatori, ex fumatori e soggetti che non avevano mai fumato. Il nostro design di studio ci ha consentito di compiere una valutazione approfondita e oggettiva dell’accumulo di placca mediante strumenti tecnologici all’avanguardia che sfruttano il potenziale della fluorescenza indotta da luce. Dalla nostra analisi è emerso che l’uso dei prodotti alternativi riduce significativamente l’accumulo di placca dentale rispetto ai fumatori”.
Una narrativa incentrata sul benessere e sull’estetica del sorriso può rappresentare un’incentivo ulteriore per tutti quei fumatori che, ad oggi, non riescono a scegliere da soli la strada della completa cessazione.
“I risultati innovativi ottenuti dal progetto SMILE validano le nostre precedenti ricerche e gettano una nuova luce sulle possibilità rappresentate nel campo della salute orale dei dispositivi a rischio modificato, che rappresentano un ulteriore strumento nelle mani di medici, operatori sanitari e politici nel ridurre l’impatto del fumo di sigaretta a livello globale” – ha concluso cosi il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.
La sigaretta elettronica è un’invenzione relativamente recente che, negli ultimi anni, è stata vista di buon occhio da molti fumatori. Questo perché i ricercatori di molti paesi hanno spesso sottolineato i suoi minori rischi rispetto alle sigarette tradizionali, considerandola uno strumento utile per la salute pubblica e per la lotta contro il fumo.
Tuttavia, anche se svapare è meno pericoloso poiché non produce le sostanze cancerogene classiche del fumo della sigaretta convenzionale, in diverse parti del mondo le e-cig sono state soggette a molti limiti. In Turchia, per esempio, vendere o comprare sigarette elettroniche o liquido contenente nicotina è considerato un reato. In Austria, invece, la vendita delle sigarette elettroniche è consentita solo all’interno di negozi specializzati ed è stato redatto un divieto per qualsiasi pubblicità a favore delle e-cig.
Inoltre, particolarmente interessante risulta essere il caso dell’Australia dove nell’ottobre del 2021 è stata introdotta una delle leggi anti-vaping più severa al mondo che prevede la possibilità di acquistare le e-cig solo sotto prescrizione medica, proprio come fossero dei farmaci. Questa politica però non ha avuto un buon esito.
A tal proposito, infatti, è possibile menzionare l’intervento – dello scorso 25 Giugno in occasione della conferenza stampa che si è tenuto presso il Senato della Repubblica – del Dr. Colin Mendelsohn, clinico, accademico e ricercatore australiano nel campo della cessazione da fumo e della riduzione del danno da tabacco. In particolare, partecipando alla stesura di un report che metteva a confronto la Nuova Zelanda e l’Australia sulla regolamentazione dei prodotti per il vaping, egli ha notato che, in realtà, l’Australia attuando tale politica, ha spinto sempre più i fumatori e soprattutto i giovani a non seguire più il percorso legale, ma a rivolgersi al mercato nero per l’acquisto dei prodotti da svapo che, tuttavia, non risultano essere né regolamentati e né tassati. In Nuova Zelanda, invece, grazie alla regolamentazione nel 2020 dei prodotti da svapo come prodotti destinati “al consumo da adulti” non si assiste ad un fenomeno legato al mercato nero significativo. Inoltre, tale ordinamento ha generato non solo una riduzione delle percentuali sul fumo che è stata molto più veloce che in Australia, ma anche un ridimensionamento del fenomeno dello svapo fra i più giovani.
Tuttavia, qualche giorno fa la legge australiana sulla prescrizione medica per acquistare le e-cig ha subito una modifica. A partire dal 1° luglio 2024, infatti, è entrata in vigore una nuova legge che prevede il divieto di vendita di e-cig nei negozi australiani e la possibilità di acquistarle solo in farmacia sotto prescrizione medica per tutti ma solo fino ad ottobre, quando queste restrizioni saranno allentate e solamente i minori avranno bisogno della ricetta del proprio medico.
In conclusione, rispetto a quello che sta accadendo in Australia si riesce a capire che molto spesso le politiche eccessivamente restrittive producono il risultato opposto a quello sperato. A questo punto viene da chiedersi: la nuova legge peggiorerà ancor più la situazione o permetterà all’Australia di arginare il fenomeno del mercato del nero e di ridurre la percentuale di giovani fumatori?
I ricercatori del CoEHAR dell’Università di Catania, insieme agli esperti internazionali del DiaSmokeFree Working Group, si sono proposti di rispondere a queste domande: quali potrebbero essere gli effetti della disassuefazione dal fumo sull’efficacia e sicurezza dei farmaci antidiabetici?Si potrebbero verificare cambiamenti così significativi da richiedere una rimodulazione dei trattamenti farmacologici?
Il gruppo di lavoro ha avviato una dettagliata revisione della letteratura esistente, indagando un campo decisamente poco esplorato.
Principali Risultati della Revisione della Letteratura
PAHs e attività enzimatica: I composti idrocarburici policiclici aromatici (PAHs) presenti nel fumo di sigaretta inducono l’attività degli enzimi del citocromo P450 (CYP) e delle uridina difosfato glucuronosiltransferasi (UGTs), influenzando la biotrasformazione dei farmaci antidiabetici.
Metabolismo accelerato: Il fumo di sigaretta accelera il metabolismo di vari farmaci antidiabetici, richiedendo potenziali aggiustamenti di dosaggio per mantenere l’efficacia terapeutica.
Normalizzazione post-cessazione: La cessazione del fumo porta a una normalizzazione graduale dei sistemi enzimatici di detossificazione epatica, influenzando significativamente la farmacocinetica dei farmaci antidiabetici e richiedendo una vigilanza costante e, eventualmente, rettifiche posologiche da parte dei medici/diabetologi.
Il prof. Renato Bernardini, ordinario di farmacologia dell’Università di Catania, commenta:“I composti presenti nel fumo di sigaretta, come gli idrocarburici policiclici aromatici, possono accelerare il metabolismo dei farmaci antidiabetici, richiedendo aggiustamenti di dosaggio per mantenere l’efficacia terapeutica e per ridurre il rischio di reazione avverse ai farmaci. Questo sottolinea l’importanza di un monitoraggio costante dei pazienti durante la cessazione del fumo.”
La revisione targata CoEHAR fornisce le prime chiare informazioni necessarie per guidare i medici diabetologi a comprendere che il percorso di disassuefazione dal fumo può anche richiedere una rimodulazione della dose dei farmaci usati per il diabete. Alla luce di quanto emerso sono necessari piani personalizzati che comprendono una conoscenza approfondita dei meccanismi di interazione del fumo con il diabete e degli eventuali percorsi di cessazione, per dare aiuto concreto a tutti quei fumatori affetti da diabete che vogliono smettere o che ci stanno riuscendo.
“Stiamo spiegando come il fumo e la cessazione del fumo possano influenzare il metabolismo dei farmaci antidiabetici, con l’obiettivo di migliorare la gestione terapeutica e la salute dei pazienti diabetici fumatori” – afferma il Dr. Carlo Maria Bellanca, specializzando in farmacologia e tossicologia clinica del Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche dell’Università di Catania.
La revisione ha identificato lacune significative nella letteratura esistente, sottolineando la necessità di ulteriori ricerche per migliorare i protocolli di trattamento e gli esiti di salute per questa popolazione a rischio. “Dire addio al fumo è una priorità per qualsiasi fumatore, soprattutto per chi è affetto da diabete. Ma smettere di fumare rappresenta una sfida importante per i fumatori affetti da diabete, soprattutto a causa degli effetti secondari indesiderati, come l’aumento di peso – spiega il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.
(ANSA) – MESSINA – Sono oltre 80mila ogni anno i morti in Italia per fumo e 7 milioni nel mondo: la collaborazione degli odontoiatri con pneumologi e chirurghi maxillo facciali si rivela indispensabile per affrontare le conseguenze del fumo sulla salute dei fumatori, colpiti da gravi patologie come il carcinoma orale e polmonare e altre attinenti al distretto respiratorio.
L’unica via efficace di prevenzione è smettere di fumare. Ma oggi chi non intende assolutamente smettere di fumare può minimizzare i danni con alcune alternative su cui gli specialisti vogliono confrontarsi e riflettere.
L’Ordine provinciale dei medici e odontoiatri di Messina e la CAO (Commissione Albo Odontoiatri) provinciale accolgono l’iniziativa promossa da COI AIOG (Cenacolo Odontostomatologico Italiano – Associazione Italiana Odontoiatria Generale), società scientifica accreditata al Ministero della Salute, promuovendo un incontro-dibattito dal titolo: “Salute orale e salute respiratoria: effetti del fumo e utilizzo dei dispositivi innovativi”.
“Un incontro con dibattito e tavola rotonda, che vuole essere propositivo in questo ambito – spiega la Cannarozzo – considerato che il fumo è causa di numerose patologie, talune a prognosi infausta, se non diagnosticate tempestivamente. Diventa necessario un approccio multidisciplinare e personalizzato al paziente, agendo prioritariamente sulla prevenzione dell’instaurarsi di scorretti stili di vita”.
Programma
D.SSA MARIA GRAZIA CANNAROZZO, Presidente Nazionale COIAIOG
PROF. GIOACCHINO CALAPAI, Docente di Farmacologia e Tossicologia Università di Messina
PROF. FRANCESCO SAVERIO DE PONTE, Responsabile Unità Operativa di Chirurgia Maxillo Facciale Università di Messina
PROF. GIUSEPPE LO GIUDICE, Coordinatore del CLOPD Università di Messina
PROF. ALFIO PENNISI, Capo Dipartimento Area Operativa Pneumologia Casa di Cura Musumeci Gecas Catania
PROF. RICCARDO POLOSA, Ordinario di Medicina Interna Università di Catania
Il disegno di legge di Rishi Sunak, il Primo Ministro inglese che ha ieri annunciato elezioni anticipate al 4 di Luglio, sarà messo da parte. Come ricorderete, infatti, poche settimane fa il leader britannico aveva annunciato un divieto di fumo a tutti i nati dopo il 2009 che aveva suscitato l’interesse della stampa mondiale. Oggi però pare non ci sia più abbastanza tempo per approvare la legge prima che il Parlamento si chiuda.
Sunak dice di restare comunque impegnato a creare una “generazione senza fumo” ed è probabile che il divieto figuri come manifesto elettorale.
Il Labour ha anche detto che introdurrà il divieto se vincerà le elezioni. In un aggiornamento ai parlamentari, il leader della Camera dei Comuni Penny Mordaunt non ha elencato il disegno di legge nell’attività attualmente prevista per aver luogo prima di venerdì. Ha aggiunto che le discussioni su quali altri conti da risparmiare sono “in corso” e la sua controparte laburista Lucy Powell ha detto che il disegno di legge è “a rischio”.
Secondo il piano del governo, l’aumento dell’età non dovrebbe iniziare prima del 2027 ma mancano solo due giorni all’approvazione della legislazione che deve ancora iniziare il suo percorso attraverso la Camera dei Lord.
Sunak ha sottolineato il divieto di fumo nel suo discorso di annuncio delle elezioni di mercoledì, in un segnale che figurerebbe nel manifesto elettorale dei Tory. Ha detto: “Faremo in modo che la prossima generazione cresca senza fumo”.
Proprio mentre a Panama si da avvio ai lavori della COP10, la Framework Convention on Tobacco Control, la Convenzione quadro sul controllo del tabacco dell’Oms, Lancet pubblica un commento di due esperti neozelandesi dell’Università di Auckland che conferma l’efficacia della riduzione del danno come strategia pubblica per ridurre le morti per patologie fumo correlate.
Secondo Robert Beaglehole e Ruth Bonita l’approccio che emerge dai documenti preparatori della COP10, che punta a mettere sullo stesso piano tutti i prodotti con nicotina, è ‘retrogrado’ e di fatto favorisce il mercato delle sigarette ai danni dei prodotti alternativi. Gli autori dell’articolo invitano a mantenere alta l’attenzione sugli effetti dannosi del fumo sulla salute, impiegando la riduzione del danno da fumo per ridurre la prevalenza dei fumatori, nell’interesse degli 1,3 miliardi di persone che continuano a fumare nel mondo.
Proprio in queste ore, peraltro, a Panama è arrivato anche il prof. Riccardo Polosa per partecipare ai lavori dell’evento “Good COP/Bad COP” promosso dalla Taxpayers Protection Alliance, un evento pubblico letteralmente parallelo alla COP10 a cui stanno partecipando centinaia di esperti e scienziati provenienti da ogni parte del globo per commentare scelte e posizionamenti di strategia pubblica non in linea con le evidenze scientifiche sull’efficacia della riduzione del danno per ridurre il numero di morti da fumo nel mondo.
Un nuovo studio targato CoEHAR, primo del suo genere, ha valutato le differenze di colore e di aspetto nei denti degli ex fumatori che utilizzano ecig o prodotti a tabacco riscaldato: “Un trattamento orale incentrato sul raggiungimento di un sorriso più sano e luminoso potrebbe rivelarsi un incentivo convincente a smettere di fumare”.
Uno dei principali biglietti da visita estetici che abbiamo è il sorriso: negli ultimi anni, sempre più attenzione è stata posta sul mantenimento di uno stato estetico dei denti soddisfacente.
Il fumo è uno dei fattori che non solo peggiora la salute complessiva del cavo orale, alla base anche di patologie quali le paradontiti, ma compromette anche l’aspetto dei denti, portando a un ingiallimento precoce e una scarsa igiene complessiva.
Considerando il potenziale di riduzione del danno dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina, i ricercatori del CoEHAR hanno voluto indagarne gli effetti anche sull’aspetto dei denti.
In uno studio pionieristico, il team di ricerca ha esplorato la colorazione dentale tra gli ex fumatori che utilizzavano sigarette elettroniche (ecigs) e prodotti a base di tabacco riscaldato (HTP), rivelando una scoperta notevole: coloro che utilizzano prodotti a base di nicotina senza combustione mostrano denti significativamente più bianchi rispetto ai fumatori di sigaretta convenzionale.
“Il netto miglioramento del colore dei denti osservato tra coloro che hanno utilizzato prodotti privi di combustione ha importanti implicazioni per i fumatori, soprattutto per i giovani fumatori che attribuiscono grande importanza all’aspetto dei propri denti e del proprio sorriso. Infatti per queste persone, una narrazione centrata sulla salute orale e sull’obiettivo di ottenere un sorriso più sano e radioso e’ sicuramente più persuasiva per smettere di fumare rispetto alle preoccupazioni legate alla possibilità di contrarre malattie cardio polmonari o cancro ai polmoni in un lontano futuro“ – ha spiegato il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR .
“Le tecnologie di somministrazione di nicotina, che non richiedono combustione per funzionare, evitano la produzione di pigmenti del fumo associati al catrame, responsabili dello scolorimento e delle macchie dentali: “La chiara disparità nel colore dei denti tra chi utilizza sigarette elettroniche e prodotti a base di tabacco riscaldato rispetto ai fumatori è attribuibile alla modalità di funzionamento di questi dispositivi. ecigs e HTPs, a differenza delle sigarette convenzionali, operano senza combustione, evitando così la generazione di pigmenti tossici associati al fumo. Questa caratteristica non solo comporta benefici per la salute, ma rivela anche un impatto positivo sull’estetica dentale” – ha spiegato la prof.ssa Shipra Gupta, dell’Oral Health Sciences Centre, Institute of Medical Education and Research (PGIMER) in India.
I ricercatori del CoEHAR hanno misurato il bianco dei denti in 18 fumatori, 18 ex fumatori, 20 non fumatori, 15 utilizzatori di tabacco riscaldato e 18 utilizzatori di sigarette elettroniche. Ai partecipanti è stato misurato il grado di scolorimento dei denti attraverso una tecnologia digitale all’avanguardia chiamata spettrofotometria digitale. I ricercatori hanno confermato che i fumatori di sigarette presentavano uno scolorimento dentale peggiore di circa il 35% rispetto ai non fumatori e agli ex fumatori. Ciò che distingue questo studio è la notevole osservazione che gli utilizzatori esclusivi di EC e HTP avevano anche denti molto più bianchi rispetto ai fumatori di tabacco.
“Il volto è il distretto corporeo più rappresentativo della persona e condiziona i rapporti sociali. Coniugare salute e bellezza è la grande sfida dei professionisti – spiega la prof.ssaGianna Maria Nardi, professore Associato Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo Facciali – Le tecnologie che permettono di contenere il grande disagio delle discromie acquisite create dal fumo di sigaretta convenzionale devono essere considerate quale valido aiuto per rispondere al problema e migliorare la qualità di vita”.
In onda su Radio Deejay, Fabio Volo ha raccontato di come ha smesso di fumare grazie a un semplice mantra: “Trattare il proprio corpo come un’opera d’arte, un capolavoro”
Quando si parla di smettere di fumare, molto spesso si pone l’accento sui danni fisici che la sigaretta scatena, da quelli più visibili e percepibili, come un cattivo alito o un aspetto dei denti poco sano, fino alle conseguenze più gravi a danno dei polmoni, del sistema riproduttivo o circolatorio: concetti che servono a stimolare una risposta comportamentale nel fumatore e l’inizio di un percorso difficile, che molto spesso coinvolge farmaci o assistenza personalizzata.
Molti meno, invece, sono coloro che riescono a smettere semplicemente grazie a una grandissima forza d’animo e per effetto di una decisione improvvisa (ricordiamo però che questo metodo porta a tassi di ricaduta più alti e sono pochi quelli che davvero riescono a smettere dicendo basta). Tra questi, Fabio Volo, lo scrittore e conduttore che in onda al Volo del Mattinosu Radio Deejay ha raccontato di come si sia messo d’impegno per smettere.
Ma a sorprendere della storia pubblicata non sono le modalità di cessazione, quanto il discorso motivazionale che un amico del conduttore avrebbe usato per invogliarlo a smettere e che riportiamo citandolo:
“Mi ha fatto smettere Silvano Agosti (regista e sceneggiatore, ndr). Non mi ha parlato di tumori, di dita gialle, eccetera. Ma mi ha detto: ‘Scegli la tua opera d’arte preferita’. Nel mio caso, La Pietà di Michelangelo. ‘Immagina che tu la guardi e a un certo punto arriva uno con un chiodo e la graffia. Non è che la rompe, la graffia soltanto ogni tanto. Cosa penseresti di una persona del genere?’. Che è un mentecatto”, Fabio Volo.
Secondo lo scrittore, l’analogia calza a pennello perchè si tratta di accomunare al corpo umano lo status di capolavoro, un’opera d’arte complessa che il fumo danneggia inesorabilmente. Ma soprattutto danneggia il cervello, l’organo per eccellenza che guida la nostra vita e le nostre decisioni.
Fabio Volo conclude poi dicendo che la maniera in cui percepiamo e trattiamo noi stessi di riflesso influenza il rapporto e le modalità di relazione che gli altri attuano nei nostri confronti. Non solo, ma il procrastinare la decisione di smettere e l’indugiare in un’abitudine che sappiamo per certa essere deleteria in termini di salute si tradurrebbe in uno sminuirsi costante, che ci porterebbe ad accettare la nostra vita e non lottare per i nostri obiettivi, che di conseguenza faremo fatica a raggiungere.
“Se ti tratti da capolavoro, arriveranno lavori da capolavoro, donne da capolavoro, uomini da capolavoro, amici da capolavoro… Io ho provato. Avevo ancora un pacchetto di Marlboro a metà, non l’ho finito. Mi sono detto: ‘Se non ora, quando?’. Da lì la mia vita ha svoltato. Dopodiché ogni tanto un graffietto lo puoi anche fare… ma non può essere che quel graffietto sia più forte di te” – Fabio Volo
Il rientro dalle festività natalizie porta solitamente una ventata di energia che predispone al cambiamento e alla realizzazione nei nostri propositi: perchè quindi non impiegarle per dire addio al fumo?
Non è più una curiosità che il termine Gennaio debba il proprio nome alla divinità IANUS, dal termine latino IANUS, il dio romano Giano, un essere bifronte preposto alle porte e ai ponti.
La doppia faccia del dio indica la possibilità sia di salutare l’anno che passa sia di predisporsi al futuro e ai cambiamenti che decidiamo di attuare.
La consapevolezza di dover cominciare un nuovo ciclo spesso viene associata alla necessità di apportare una svolta concreta nelle nostre abitudini e nella nostra quotidianità, in primis per ciò che riguarda una delle grandi minacce alla nostra salute, il fumo.
La sigaretta rappresenta un nemico per oltre un miliardo di persone nel mondo ed è in cima alla lista delle cause prevedibili di morte in tutto il mondo. Ma perché smettere è così difficile?
Intaccare la ritualità dei propri gesti è un percorso tortuoso, fatto di tanti passi falsi: ecco perché, molto spesso, iniziare a gennaio un percorso di cambiamento può aumentare le chance di riuscita.
Ma quali sono i buoni propositi da mantenere per riuscire ad uscire efficacemente dal fumo?
1) Fissare degli obiettivi realistici
Costruire un percorso giornaliero, piuttosto che avere in mente un unico grande obiettivo finale, può significare fare la differenza tra riuscita e fallimento. “Smettere di fumare” indica un traguardo irrealistico nel breve periodo: perché non fissare una data entro il quale diminuire gradualmente o intraprendere un percorso con un professionista?
2) Dedicati del tempo
La motivazione e la riuscita di un piano sono una diretta conseguenza della salute mentale e del benessere psicofisico. Concentrarsi su quello che ci fa stare bene significa trovare le energie e le forze per intaccare le cattivi abitudini.
3) Fai sport o dedicati alle tue passioni
La ritualità e l’abitudine sono principali nemici del cambiamento. Usiamo il nostro tempo libero per distrarci e ricaricarci attraverso attività alternative.
4) Costruisci un dialogo fruttuoso con le persone che ti circondano
I cambiamenti rappresentano momenti difficili da affrontare e spesso gli ostacoli, se affrontati in solitaria, diventano montagne insormontabili. Abituiamoci al confronto, cerchiamo il sostegno degli affetti o di chi ha già approcciato un percorso simile al nostro. In questo caso, i social media o le app possono abbattere le barriere geografiche, permettendoci di trovare un appiglio all’infuori del nostro sistema.
5) Conosci il percorso
Non esiste un percorso univoco quando si decide di smettere di fumare.Sapere a cosa si va incontro significa essere preparati. La prima settimana rappresenta uno degli scogli più duri: tenete a mente che ogni giorno senza fumo consiste in miglioramento tangibile per la nostra salute. Già in poche settimane infatti vengono ripristinati olfatto e gusto, seriamente danneggiati dalla sigaretta.
6) Cercare l’aiuto di un esperto
Gli esperti della cessazione possono costruire un percorso ad hoc sulla nostra persona e sulle nostre abitudini, magari predisponendoci anche a soluzioni alternative che tengano in considerazione le strategie di riduzione del danno.
7) Staccare la mente dallo stress
Ansia e negatività sono nemici del successo di un qualsiasi percorso. Allontana le situazioni potenzialmente negative.
8) Documentati su quali sono i danni da fumo
Smettere di fumare abbassa moltissimo il rischio di cancro, di infarto e di ictus. Una mamma in gravidanza, smettendo, difende il suo bambino/a prevenendo il rischio di aborto, di nascita prematura o di sottopeso alla nascita. Chiunque assuma farmaci per svariate ragioni ha interesse a non fumare poiché le sigarette abbassano l’efficacia di azione delle medicine in maniera molto significativa: vale ad esempio per ipertesi, diabetici, iperuricemici ecc. In generale, il fumo mina la salute sia nel breve che nel lungo periodo.
9) Valutare le strategie di riduzione del danno
I dispositivi elettronici a rilascio di nicotina possono rappresentare una soluzione per i fumatori più resistenti e per tutti coloro che potrebbero non trovare un aiuto nelle terapie farmacologiche o assistenziali classiche: le ecig e i prodotti a tabacco riscaldato, infatti, lasciano invariate le ritualità connesse al fumo, ma con una drastica riduzione dell’assunzione e inalazione dei prodotti cancerogeni della combustione. È sempre bene informarsi e chiedere agli esperti quando si valutano tali soluzioni, per uscire definitivamente della dipendenza da nicotina.
10) Segui i riferimenti e gli appuntamenti più importanti della LIAF
La comunità rappresenta un vantaggio nei percorsi di cessazione. La LIAF promuove svariate attività e collaborazioni che possono fornire la conoscenza e gli strumenti adeguati per valutare un percorso di uscita dalla dipendenza da nicotina. Ricordiamo inoltre che il Telefono Verde contro il Fumo (TVF) 800-554088, numero presente sui pacchetti di sigarette, è un servizio nazionale, anonimo e gratuito, promosso dall’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga (OssFAD). Attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 16:00.
È importante ricordare che sempre più evidenze scientifiche confermano che una vita senza fumo è sinonimo di salute e longevità. Al CoEHAR, il centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania, vengono portati avanti innumerevoli progetti internazionali che indagano gli effetti della sostituzione del fumo con i dispositivi elettronici e della cessazione totale dal fumo di sigaretta.
Tra questi ricordiamo:
Il progetto DIASMOKE, che ha valutato il cambiamento nei parametri del sistema cardiovascolare tra i fumatori affetti da diabete mellito di tipo 2. Un gruppo di ricerca internazionale che è recentemente intervenuto per modificare le linee guida nel trattamento dei pazienti affetti da questa patologia, rivolgendosi direttamente all’American Diabetes Asociation.
REPLICA, uno dei progetti di maggior successo del centro di ricerca catanese. Il team di replica rappresenta una realtà di eccellenza nel campo della ricerca applicata al danno da fumo: le più recenti evidenze di Replica, oltre ad avere settato nuovi standard metodologici, hanno dimostrato la ridotta citotossicità dell’aerosol delle sigarette elettroniche rispetto al fumo di sigaretta e di conseguenza il danno minore prodotti dai dispositivi alternativi a rilascio di nicotina.
IN SILICO SCIENCE, un progetto che si occupa di condurre revisioni sistematiche sugli effetti cardiovascolari, respiratori e relativi all’aumento di peso della sostituzione del fumo con i dispositivi elettronici. Seconde le ricerche, l’uso di tali strumenti non causerebbe danni ulteriori al sistema cardiovascolare o respiratorio rispetto al fumo di sigaretta
SMILE STUDY, un progetto che ha valutato l’impatto sulla salute del cavo orale e l’estetica del sorriso tra i fumatori. Secondo i dati a disposizione, non solo il fumo di sigaretta rappresenterebbe un fattore di rischio elevato per l’insorgere di patologie a danno del cavo orale, ma comporterebbe problematiche estetiche di notevole impatto come un sorriso ingiallito e un alito cattivo. L’utilizzo dei prodotti elettronici migliorerebbe le situazioni negative indotte dal fumo e rappresenterebbe una spinta motivazionale ulteriore
Cosa aspetti, gennaio è il mese giusto per pensare di smettere di fumare definitivamente!
Il fumo è il principale fattore di rischio per la salute a livello mondiale. E oltre ad essere una piaga mortale è anche una piaga economica con un impatto fortissimo in termini economici. Nonostante i progressi nelle politiche di contrasto, il fumo continua a rappresentare una sfida significativa per la salute pubblica ed un tema di interesse globale. Una imponente letteratura scientifica ha ormai dimostrato tangibilmente che le sigarette elettroniche e tutti gli strumenti privi di combustione, possono ridurre il danno fumo correlato fino al 95% rispetto al fumo di sigaretta convenzionale.
Ma da dove ha avuto inizio questo filone di ricerca?
In pochi sanno che il primo e più importante studio fatto su una sigaretta elettronica è nato proprio a Catania 10 anni fa, quando nel Centro Antifumo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania il gruppo di ricerca guidato dal prof. Riccardo Polosa dell’Università di Catania decise di valutare l’utilizzo delle sigarette elettroniche su un campione di fumatori che stavano iniziando un percorso di cessazione. Fu proprio allora che Polosa, insieme al prof. Pasquale Caponnetto, intuirono le potenzialità dello strumento e la validità dei protocolli di ricerca.
Nell’estate del 2013, dopo due anni tra arruolamenti e follow-up, vede la luce il primo studio randomizzato controllato sulla sigaretta elettronica. Lo studio ECLAT. Uno studio epocale che forniva per la prima volta l’evidenza che la sigaretta elettronica poteva aiutare a smettere di fumare, anche in coloro che non avevano nessuna voglia di smettere.
Lo studio ECLAT diventa successivamente fonte di ispirazione per ricercatori di mezzo mondo. Già allora, nonostante le limitazioni tecniche dei prodotti da svapo di quel periodo, lo studio dimostrò che alla 52a settimana, l’8,7% dei fumatori che utilizzavano la sigaretta elettronica smetteva di fumare, laddove il 10.3% riduceva il consumo di sigarette tradizionali di almeno il 50%. Inoltre, il 73,1% di chi aveva smesso, non risultava utilizzare nemmeno la sigaretta elettronica a fine studio.
Anche se questi dati oggi potrebbero apparire modesti, è un dato di fatto che lo studio ECLAT sia stato precursore di un filone di ricerca che oggi vede impegnati migliaia di ricercatori in tutto il mondo, segnando un significativo cambio di rotta nella scienza della Riduzione del Danno.
Negli anni, i prodotti senza combustione sono cambiati sia nella forma, sia nel contenuto ma l’obiettivo è rimasto lo stesso: rendere l’esperienza simile a quella del fumo ma cercando di ridurre al massimo i contenuti più dannosi, in primis gli effetti generati dalla combustione. Oggi la revisione della letteratura di Cochrane – che incorpora anche lo studio ECLAT – conferma quanto veniva affermato a Catania già dieci anni fa: le sigarette elettroniche sono efficaci nella lotta al fumo.
Per il prof. Polosa: “Se vogliamo cancellare definitivamente la storia del fumo dobbiamo continuare con la ricerca, incentivando l’innovazione continua e gli studi di valutazione. La riduzione del danno può e sta già salvando milioni di vite. La strada è quella giusta e va percorsa sino alla fine“
La decima sessione del COP, la Conferenza delle Parti della Convenzione quadro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul controllo del tabacco (FCTC), e la Terza sessione della Riunione delle Parti (MOP3) del Protocollo per l’eliminazione del commercio illecito dei prodotti del tabacco, sono state rinviate a 2024.
La conferenza internazionale in programma dal 20 al 25 Novembre a Panama è stata posticipata al 2024, come si legge sul sito della FCTC: “A seguito della comunicazione ricevuta da Panama non è più possibile condurre COP10 e MOP3 nel novembre 2023, come previsto”. Si prevede che le sessioni si terranno a Panama il prima possibile ma in date da confermare.
Le motivazioni dell’annullamento di quella che sarebbe stata la riunione più importante per le sorti della regolamentazione dei prodotti da tabacco in tutto il mondo sono ufficialmente legate all’attuale situazione di sicurezza a Panama, in questi giorni scenario di proteste di massa che hanno portato in piazza più di 30mila persone. Per la COP10, Panama aspettava più di 1500 persone tutti tra i massimi esperti di salute pubblica dei governi di tutto il mondo.
Le motivazioni dell’annullamento, secondo le affermazioni ufficiali, sono da ritenersi conseguenza delle proteste che si stanno tenendo nell’autostrada Panamericana e per le quali sono già state arrestate più di 65 persone tra i manifestanti che chiedono la revoca del contratto con cui il governo ha prorogato la concessione per 20 anni alla Minera Panamá, filiale della canadese First Quantum Minerals. La miniera che, secondo i dimostranti, si trova in una zona considerata un santuario ambientale.
Tuttavia, indiscrezioni dicono che le polemiche sulla possibilità che il COP10 si tenesse realmente erano già in atto ben prima. Infatti, secondo indiscrezioni, pare che ad agosto il governo di Panama avesse assegnato quasi 5 milioni di dollari ad un consorzio incaricato di organizzare la conferenza. Una cifra esorbitante che, secondo molti, poteva essere assegnata meglio al sistema sanitario locale già in forte difficoltà per la mancanza di strumenti idonei alla cura dei suoi pazienti.
La successiva notizia dell’annullamento del contratto per ulteriore richieste di denaro da parte del consorzio (2 milioni in più rispetto ai 5 già stanziati) ha ulteriormente aggravato la situazione. Il risultato è che, già prima della notizia della revoca del COP10, l’OMS aveva prenotato un centro congressi ma senza nessun ente che potesse organizzare e soprattutto senza nessuna garanzia di sicurezza per i partecipanti dei diversi governi.
Insomma, la notizia dell’annullamento della Conferenza delle Parti era già nell’aria da qualche settimana, per poi essere confermata da oggettivi motivi di ordine pubblico ma che di fatto arriva dopo altri episodi di sfortuna che per la conferenza.
L’ultimo lavoro del team di ricerca del progetto Replica, pubblicato su Scientific Reports, parte della prestigiosa Springer Nature, conferma che gli effetti citotossici, mutageni e genotossici dell’aerosol delle sigarette elettroniche sono lievi se non nulli, rispetto all’alta citotossicità, mutagenicità e genotossicità indotta dal fumo di sigaretta utilizzato come riferimento.
Catania, 31 ottobre 2023 – Negli ultimi anni, in diversi settori scientifici, è emerso il problema della cosiddetta “reproducibility crisis“: l’uso di metodologie diverse e l’impossibilità di replicare i risultati di alcuni studi scientifici, hanno sollevato dubbi sull’integrità e sulla validità dei dati ottenuti, causando una maggiore disinformazione tra i fumatori che hanno intenzione di smettere e incertezza sulle politiche sanitarie da adottare da parte delle organizzazione di salute pubblica.
Per colmare questo gap, i ricercatori del progetto Replica del CoEHAR hanno replicato alcuni tra gli studi in vitro più importanti sulla relativa tossicità del fumo di sigaretta e dell’aerosol delle sigarette elettroniche, attraverso un approccio indipendente e multicentrico, al fine di verificare la solidità e la replicabilità dei dati. L’ultima ricerca riprodotta è stato lo studio di Rudd e colleghi del 2020: il lavoro aveva come scopo quello di valutare la citotossicità, la mutagenesi e genotossicità indotte dall’aerosol di una sigaretta elettronica sulle cellule rispetto al fumo di una sigaretta convenzionale usata come riferimento. Con lo studio dal titolo “Cytotoxicity, Mutagenicity, and Genotoxicity of Electronic Cigarettes Emission Aerosols Compared to Cigarette Smoke: the REPLICA project,” i ricercatori di REPLICA hanno condotto una batteria standard di test tossicologici utilizzati sia per la valutazione del prodotto sia per le valutazione in materia di regolamentazione. I risultati hanno indicato che l’aerosol delle sigarette elettroniche presenta una bassa citotossicità e non mostrava attività mutagena o genotossica, a differenza del fumo delle sigarette, che ha mostrato un’alta citotossicità e attività mutagena e genotossica. Inoltre, lo studio REPLICA ha colmato alcune lacune e limitazioni metodologiche del lavoro originale, studiando condizioni aggiuntive con l’obiettivo di indagare tutti i possibili modi di induzione della genotossicità e della mutagenesi nelle cellule.
“I risultati di questo studio non solo confermano i risultati ottenuti dai colleghi nel 2020, ma chiariscono al tempo stesso alcune limitazioni del lavoro originale – ha dichiarato la dott.ssa Rosalia Emma, prima autrice dello studio – L’aspetto più importante è che, nonostante l’utilizzo di macchinari diversi e variazioni nella metodica di esposizione, nel caso della citotossicità (NRU assay), la tossicità della e-cig myblu è nettamente inferiore a quella della sigaretta classica”.
Nello studio di Replica, i ricercatori hanno utilizzato una batteria di test diversi: il test AMES, utilizzato per valutare la mutagenicità, il test IVM per valutare la genotossicità, combinati con il Neutral Red Uptake, per la valutazione della citotossicità. Nonostante alcuni diversi aspetti metodologici, i ricercatori hanno ottenuto risultati simili a quelli ottenuti da Rudd e colleghi.
“Nonostante abbiamo aggiunto condizioni sperimentali trascurate dagli autori del primo articolo, i risultati ottenuti in precedenza sono stati confermati e addirittura rafforzati, confermando i dati in merito al ruolo della sigaretta elettronica come strumento utile per ridurre i danni del fumo nei soggetti fumatori sani” ha spiegato il prof. Massimo Caruso, co-project leader del progetto Replica.
La dott.ssa Elena Granata, già dirigente del Comune di Catania con una ventennale esperienza nella direzione di progetti e attività inerenti le politiche pubbliche, con particolare riferimento a Politiche Giovanili, Istruzione, Salute e Benessere e attività di disseminazione e promozione territoriali e nazionale è da oggi il nuovo presidente della Lega Italiana Anti Fumo.
Eletta all’unanimità dall’assemblea dei soci LIAF per la sua lunga e incisiva esperienza nel campo delle politiche pubbliche, della gestione di progetti per le comunità scolastiche e per pubblici differenti e soprattutto per una particolare sensibilità ai temi inerenti l’ambiente, la società, la salute ed il benessere, la dott.ssa Granata ha dichiarato:
“La sensibilizzazione e la promozione di progetti, idee e giuste pratiche è l’elemento fondante della nostra attività quotidiana. E’ e sarà un onore ed un privilegio per i prossimi 5 anni mettere la mia esperienza al servizio di tutti i soci, sostenitori e amici della Lega Italiana Anti Fumo. La battaglia per la salute si gioca sul terreno della cultura ed è sulla diffusione di conoscenza che si concentrerà il mio mandato da presidente”.
Un sondaggio, condotto su circa 70000 svapatori adulti americani esclusivi e non, ha evidenziato che gli aromi più utilizzati per smettere di fumare sono quelli alla frutta, ai prodotti da forno e al cioccolato. Gusti considerati utili anche per prevenire e diminuire il rischio di ricadute, ma il timore per la dipendenza giovanile incoraggia regolamentazione statali rigide.
Quali aromi siano in grado di aiutare i fumatori a smettere rappresenta una domanda al centro del dibattito scientifico e politico sui dispositivi elettronici a rilascio di nicotina. A frenarne in molti casi una capillare commercializzazione, il timore che questi possano diventare un incentivo per i più giovani a provare le elettroniche e, di conseguenza, a condurli al fumo tradizionale. Ad oggi, la quantità di aromi presente sul mercato, che secondo un’analisi del 2014 erano oltre 7700, spinge a domandarsi quali siano gli schemi comportamentali dei fumatori che approcciano le sigarette elettroniche. Una valutazione che potrebbe fornire ulteriori strumenti decisionali per la classe dirigente, soprattutto per evitare che un’eccessiva preoccupazione rivolta alla tutela di gruppi specifici di popolazione, possa diminuire le possibilità di riuscita di chi ha difficoltà ad abbandonare la sigaretta.
Un team di ricercatori europei, afferenti al CoEHAR, alla University of West Attica e all’Università di Patrasso, in Grecia, ha condotto un sondaggio online su un campione di circa 70000 svapatori adulti residenti negli Stati Uniti, per valutarne sia le scelte che l’utilizzo delle diverse tipologie di aromi e per comparare i dati sull’utilizzo delle e-cig tra gli utilizzatori duali e gli svapori esclusivi, e delle loro preferenze al momento del passaggio alle elettroniche. I gusti più popolari per la prima esperienza con la sigaretta elettronica sono risultati essere gli aromi alla frutta (82,8%), seguiti da quelli al dessert e prodotti da forno e di pasticceria (68,6%) e, infine, gli aromi al sapore di caramelle e cioccolato (52,2%). È stata osservata una prevalenza leggermente più elevata dell’uso di gusti alla frutta e aromi di dessert/pasticceria/prodotti da forno in coloro che non avevano mai fumato rispetto a chi fumava al momento del sondaggio o in passato. Gli aromi del tabacco sono stati individuati, invece, dal 20,8% dei partecipanti ed erano di gran lunga i meno diffusi tra i partecipanti che non avevano mai fumato. Il sapore più diffuso per chi decideva di smettere con la sigaretta tradizionale era ancora una volta l’aroma alla frutta (83,3%),seguito da dessert/pasticceria/prodotti da forno (68,0%) e caramelle/cioccolato/dolce (44,5%). Questi aromi erano considerati anche come i più utili per smettere di fumare. L’uso dell’aroma del tabacco è stato segnalato solo dal 15,0%, mentre il 9,3% lo ha ritenuto utile per smettere di fumare.
“Si tratta del questionario più vasto in termini di partecipanti mai condotto sull’utilizzo di sigarette elettroniche – spiega il dott. Konstantinos Farsalinos, autore dello studio – La scoperta più interessante è che quando un fumatore decide di abbandonare la sigaretta utilizzando gli strumenti elettronici a rischio modificato, si orienta verso gusti diversi dal tabacco, con una netta preferenza per quelli alla frutta, al dessert e al cioccolato. Possiamo dedurre, quindi, che questi specifici aromi siano più utili per chi vuole smettere o per evitare ricadute”.
Ad oggi, non esiste un numero consistente di prove sulle scelte che compiono i fumatori quando si orientano sulle sigarette elettroniche come strumento di cessazione: da questo studio è merso che gli aromi non a base di tabacco sono la scelta preferita tra coloro che vogliono smettere.
Per quanto riguarda la possibile correlazione tra i tassi di ricaduta e le diverse tipologie di aromi, questo sondaggio evidenzia come la stragrande maggioranza dei partecipanti considera gli aromi più dolci importanti per evitare ricadute.
“Una delle preoccupazioni maggiori della commercializzazione e dell’uso degli aromi riguarda la dipendenza giovanile – spiega il prof Polosa, fondatore del CoEHAR – Che lo svapo rappresenti una porta di accesso privilegiata al mondo del tabagismo non è la tesi più corretta. Tuttavia, qualsiasi regolamentazione sulle sigarette elettroniche dovrebbe bilanciarsi tra la necessità di tutelare i più giovani e la necessità di poter aiutare i fumatori adulti resistenti a smettere”.
Considerando il potenziale di riduzione del danno dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina una regolamentazione restrittiva potrebbe scoraggiare i fumatori a passare a tali prodotti e rallentare la lotta al fumo di tabacco.
CATANIA (ITALPRESS) – Dal 20 al 25 novembre, i delegati che rappresentano i paesi che hanno firmato la Convenzione quadro sul controllo del tabacco (FCTC) si riuniranno a Panama per discutere le politiche sul tabacco e sulla nicotina in occasione della decima Conferenza delle Parti (COP10). Come avviene ogni due anni, la FCTC dell’OMS deciderà gli indirizzi di salute pubblica dei Paesi aderenti, compresa l’UE. La posizione della FCTC a Panama sarà quella di equiparare i prodotti senza combustione alle sigarette “e ciò in netto contrasto con i risultati di tutta la letteratura scientifica che dimostrano l’efficacia del principio della riduzione del rischio nella lotta al fumo”, afferma in una nota il CoEHAR. “E’ necessario comprendere che molti fumatori, se non la maggior parte, non riescono o non inten-dono smettere di fumare – spiega il professore Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR -. E per questi soggetti, soprattutto se affetti da particolari patologie, il passaggio dalla sigaretta convenzionale a strumenti privi di combustione può significare un miglioramento significativo dello stato di salute”. “I Paesi virtuosi (come il Regno Unito, la Norvegia, il Giappone e la Nuova Zelanda) che hanno adottato il principio di riduzione del danno hanno tutti registrato una significativa riduzione della prevalenza del fumo. Anche sui giovani”, prosegue la nota. “Qualsiasi regolamentazione sui prodotti senza combustione dovrebbe bilanciarsi tra la necessità di tutelare i più giovani e quella di poter aiutare i fumatori adulti a smettere” – ha aggiunto Polosa. Il programma di ricerca del Centro di Eccellenza CoEHAR ha indagato gli effetti dei prodotti senza combustione e il loro impatto sulle condizioni di salute “dimostrando con dati certi che questi prodotti offrono una significativa riduzione del rischio rispetto alle sigarette convenzionali, aiutano i fumatori a smettere e assicurano miglioramenti clinicamente rilevanti in utilizzatori con patologie fumo correlate”, prosegue la nota. Come richiesto dagli esperti nel testo della lettera: “Il nostro auspicio è quello che, alla luce delle evidenze scientifiche, l’FCTC e l’Unione Europea conducano una review attenta, bilanciata, e trasparente sulle evidenze scientifiche disponibili riguardi ai prodotti senza combustione, a para-gone con le sigarette convenzionali, tale da offrire informazioni indispensabili per poter prendere decisioni utili nell’interesse di milioni di fumatori”.
“Per ogni punto percentuale di fumatori in meno, si stimano 331 milioni di euro l’anno di risparmi per le casse pubbliche” questo quanto emerge dall’ultimo studio della rivista Research in Economics, condotto dal prof. Francesco Moscone dell’Università di Venezia.
Lo studio analizza le disparità regionali in termini di mortalità evitabile e dimissioni ospedaliere, influenzate da fattori associati a comportamenti ad alto rischio come il consumo eccessivo di alcol, il fumo e livelli inadeguati di attività fisica. Una maggiore prevalenza di fumatori è associata ad un aumento della mortalità evitabile e alle dimissioni ospedaliere e, in particolare, una diminuzione dell’1% della percentuale di fumatori comporta scientificamente una riduzione media di 12,76 dimissioni ospedaliere ogni 10.000 abitanti. Che, in termini economici, nel 2020 si è tradotto in un risparmio totale di circa 331 milioni di euro in tutte le regioni.
Analizzando anche le conseguenze associate all’abitudine al fumo, come tumori, cancro ai polmoni, disturbi respiratori e malattie cerebrovascolari, “Balancing Resource Relief and Critical Health Needs through Reduced-Risk Product Transition” ha identificato anche i benefici della transizione da prodotti ad alto rischio a prodotti a rischio ridotto.
I risultati suggeriscono che se il 50% dei fumatori passasse a prodotti a rischio ridotto come le sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato, il servizio sanitario nazionale potrebbe potenzialmente risparmiare 722 milioni di euro in termini di malattie legate al fumo.
Mosconi si spinge oltre, analizzando anche quali potrebbero essere le regioni che risparmierebbero di più da questa transizione. Tra queste la Lombardia al primo posto seguita da Campania e Lazio con 70 milioni, Veneto e Sicilia a 56 milioni di euro di risparmi.
Già nel suo intervento in audizione in Commissione Sanità, anche il prof. Riccardo Polosa si era espresso sul tema precisando che l’applicazione del principio della riduzione del danno potrebbe salvare milioni di vite umane ma, considerate anche le esigenze del sistema sanitario e del contenimento della spesa pubblica: “ridurre il danno significa anche ridurre le spese“.
“Il concetto si basa sul riconoscimento del principio che tutte le persone meritano sicurezza e dignità. Per raggiungere l’obiettivo previsto del 5% di fumatori entro il 2040 le attuali politiche di contrasto al tabagismo non sono sufficienti. E’ necessario un deciso cambio di passo integrando alle politiche esistenti il principio della riduzione del danno, prendendo esempio da paesi virtuosi come Gran Bretagna, Svezia e Giappone, dove sono evidenti epocali contrazioni nel consumo di sigarette”
Uno studio presentato in anteprima la scorsa settimana ha dimostrato che il fumo di sigaretta incide negativamente sulla “lunghezza” dei telomeri, “indicatori” della capacità dei tessuti di autoripararsi, rigenerarsi e dell’invecchiamento precoce
Gli effetti dannosi del fumo sono ben noti: invecchiamento della pelle, ingiallimento delle dita, alito e odori sgradevoli, senza contare la correlazione tra la sigaretta e un numero elevato di patologie.
Questa settimana, però, un gruppo di scienziati cinesi ha scientificamente correlato il fumo all’accorciamento dei telomeri, piccole porzioni di DNA presenti alla fine di ogni cromosoma e che possiedono un ruolo fondamentale nella durata della vita della cellula: la lunghezza del telomero è infatti un indicatore della velocità di invecchiamento della cellula e della sua capacità di rigenerarsi.
Una ricerca presentata allo European Respiratory Society International Congress a Milano, e condotta su un campione di quasi mezzo milione di partecipanti, ha dimostrato che il fumo accorcia i frammenti finali dei cromosomi, i telomeri appunto, nei globuli bianchi del nostro sistema immunitario.
Secondo la dott.ssa Siyu Dai, assistente presso la Scuola di Medicina Clinica, Hangzhou Normal University, Cina: “Il nostro studio ha dimostrato che il fumo e la quantità di sigarette consumate possono provocare l’accorciamento dei telomeri dei leucociti, indicatori dell’autoriparazione e della rigenerazione dei tessuti e dell’invecchiamento. In altre parole, il fumo può accelerare il processo di invecchiamento, mentre smettere può ridurre considerevolmente il rischio correlato”.
I ricercatori hanno analizzato i dati sanitari e genetici di un campione di quasi 500mila partecipanti, contenuti all’interno della UK Biobank, un database biomedico su larga scala: se fossero o meno fumatori, se avessero smesso o se non avessero mai iniziato a fumare, il numero di sigarette consumate e la determinazione, attraverso analisi del sangue, della lunghezza dei telomeri.
“Abbiamo scoperto che l’essere fumatori si traduceva in modo statisticamente significativo ad un accorciamento dei telomeri nei leucociti, a differenza di quanto rilevato per i fumatori che avevano smesso e per coloro che non avevano mai fumato, che non mostravano un accorciamento dei telomeri. Tra le persone che fumavano un numero elevato di sigarette, i telomeri si presentavano significativamente più corti. In sintesi, il fumo può causare l’accorciamento della lunghezza dei telomeri dei leucociti, e più sigarette vengono fumate, più forte sarà l’effetto accorciante”, ha affermato la dott.ssa Dai.
Un processo che può essere invertito fino a ripristinare condizioni di salute quasi ottimali, sempre che l’abitudine al fumo venga interrotta nel breve periodo.
Lo studio in questione, secondo i ricercatori, aggiunge ulteriori prove all’evidenza che il fumo causi un invecchiamento precoce: “Poiché ci sono chiari benefici per la salute derivanti dalla cessazione, è giunto il momento di includere il supporto per la cessazione e i trattamenti nella pratica clinica quotidiana per aiutarci a creare un mondo privo di fumo per la prossima generazione”.
E’ notizia di pochi giorni fa che le e-cig e i dispositivi riscaldatori di tabacco esauriti verranno riutilizzati. Il progetto fa parte di un accordo di programma firmato da Logista Italia, Federazione Italiana Tabaccai e Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica volto ad incrementare il ritiro di dispositivi elettronici usati, gratuitamente e senza obbligo di acquistare un dispositivo nuovo.
La finalità, si legge nella nota, è quella di “perseguire un più elevato livello di protezione dell’ambiente mediante una gestione più efficace del ritiro e della raccolta di apparecchiature elettriche ed elettroniche generate da riscaldatori di tabacco“.
Logista, che si occupa della distribuzione di sigarette elettroniche, si impegnerà a collocare dei contenitori per la raccolta dei rifiuti elettronici nelle tabaccherie e negli altri punti vendita che aderiranno all’iniziativa. I rifiuti raccolti saranno trasportati in appositi luoghi di raggruppamento da dove saranno avviati agli impianti di trattamento. Logista e FIT provvederanno inoltre anche asensibilizzare punti vendita e consumatori al fine sia di aumentare la quantità di rifiuti elettronici ritirati sia di mantenerne inalterate le caratteristiche per favorire il riutilizzo e il riciclaggio.
“Tuttavia – come oggi spiega il prof. Davide Campagna, membro del CoEHAR ed esperto sul tema – l’Europa richiede che i dispositivi elettronici siano facilmente smontabili dal consumatore in modo da poter separare e smaltire correttamente tutta la componentistica elettronica (ricordiamo che batterie e circuiti elettrici possono essere riciclati correttamente solo se separati prima di essere smaltiti)“.
Considerato che alcuni dispositivi non sono così facilmente separabili, ci si chiede, l’iniziativa approvata dal Ministero può essere vincente se non pensata nel modo più efficace possibile?
“Con il progetto che prevedeva il riciclo delle pile – ricorda Campagna – nonostante la buona volontà non è stato facile raggiungere l’obiettivo, anche se nel 2018 si è arrivati ad un tasso di recupero vicino al 43%. Per raggiungere il più alto tasso di successo, bisogna incentivare l’utente finale a riciclare il dispositivo nel modo più corretto. Anziché riciclo 1 a 0, si potrebbe parlare di riciclo 1 a 0.5, con uno sconto da concordare tra produttori, FIT e Logista (e perché no, anche il Ministero per l’Ambiente) da applicare all’acquisto di un nuovo dispositivo“.
A tal proposito, ricordiamo che proprio il CoEHAR in questi mesi ha presentato diverse proposte progettuali al fine di implementare un sistema di riciclo efficace dei dispositivi elettronici.
Grazie al supporto del Ministero della Ricerca, proprio il prof. Campagna a breve illustrerà importanti novità.
Uno studio pubblicato ieri ha valutato l’uso della vareniclina, noto farmaco usato per i fumatori che voglio smettere, è efficace anche per gli svapatori esclusivi che desiderano dire definitivamente addio alla nicotina
I prodotti elettronici a rilascio di nicotina non solo comprendono una grossa fetta del mercato del consumo di tabacco, ma costituiscono sempre di più un’alternativa al fumo di sigaretta, con effetti meno nocivi sulla salute umana.
Inseriti però all’interno di strategie di riduzione del danno, l’obiettivo a lungo termine sarebbe progressivamente abbandonare la nicotina e il suo consumo.
Sono sempre di più gli svapatori che manifestano il desiderio di smettere, ma, ad oggi, non esistono vere e proprie linee guide che identifichino trattamenti specifici per questa categoria di consumatori.
Ed è per questo che, per la prima volta, un gruppo di ricercatori del CoEHAR ha valutato l’efficacia e la tollerabilità della vareniclina, un farmaco utilizzato nei programmi di smoking cessation, per aiutare le persone che utilizzano le sigarette elettroniche a smettere di svapare.
L’uso del farmaco, associato a un innovativo programma di assistenza per la cessazione da svapo, si è rivelato sicuro ed efficace per abbadonare le e-cig.
La vareniclina, un farmaco che allevia i sintomi dell’astinenza da nicotina e reduce il desiderio di fumare, è il farmaco più efficace per smettere. Tuttavia, l’efficacia e la sicurezza della vareniclina all’interno di percorsi di vaping cessation non sono state mai studiate.
Per valutare queste linee di intervento, i ricercatori del CoEHAR hanno condotto il primo studio controllato randomizzato sulla vareniclina in 140 svapatori esclusivi, esaminando le percentuali di astinenza dalle sigarette elettroniche
Lo studio “Varenicline and counseling for vaping cessation: A double-blind, randomized, parallel-group, placebo-controlled trial“,dimostra per la prima volta che l’utilizzo della vareniclina in un programma di cessazione tra chi utilizza le sigarette elettroniche e intende smettere, può risultare efficace nell’astinenza totale. Il tasso di astinenza dalla sigaretta elettronica nel gruppo vareniclina si è attestato al 34,3%, significativamente superiore a quello del 17,2% rilevato nel gruppo placebo. Inoltre, la vareniclina ha dimostrato di avere un profilo di sicurezza accettabile.
“Considerando il campione di svapatori che abbiamo incluso nello studio, la vareniclina raddoppia le possibilità di smettere di svapare” spiega Pasquale Caponetto, docente di psicologia clinica dell’Università di Catania e primo autore dello studio “un dato importantissimo, considerando che la vareniclina serve solo ad alleviare i sintomi dell’astinenza e non sostituisce minimamente tutti quei rituali connessi allo svapare”.
“Lo svapo è un approccio di riduzione del danno e può portare alla cessazione del fumo. Qui stabiliamo il principio che per coloro che cercano una cessazione completa della nicotina, la vareniclina combinata con il supporto professionale può aiutarli a farlo” commenta il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.
Particolare attenzione è stata posta nella ricerca e selezione dei partecipanti: sono stati inclusi solo svapatori adulti che utilizzavano sigarette elettroniche quotidianamente e con alle spalle almeno un tentativo di cessazione fallito.
Divisi in due gruppi, a cui è stata somministrata in maniera randomizzata la vareniclina o un placebo, è stata fornita assistenza psicologica da professionisti della cessazione , esperti di dipendenza da nicotina e da sigaretta elettronica, per massimizzare l’efficacia del trattamento farmacologico.
L’astinenza prolungata è stata verificata attraverso la misurazione dei livelli di cotinina presenti nella saliva dei partecipanti. Considerando l’intero campione, la riduzione del consumo di sigarette elettroniche è stata osservata per il 33.6% e 26.3% alla settimana 12 e 24 rispettivamente. Nessun partecipante dello studio è ricaduto nel vizio del fumo di sigaretta.
“Credo che il successo della nostra strategia sia stato quello di fornire a partecipanti altamente motivati un approccio combinato per la cessazione da svapo: un piano strutturato di riduzione dello svapo associato all’uso di un farmaco che controlla la dipendenza da nicotina” spiega il prof. Polosa.
È stato rilevato che la presenza di conviventi svapatori e alti livelli di ansia riducono significativamente le possibilità di astenersi con successo dall’utilizzo di sigarette elettroniche.
Questo studio suggerisce che l’utilizzo della vareniclina, all’interno di un programma di cessazione dello svapo per utilizzatori adulti di sigarette elettroniche, può portare a un’astinenza prolungata senza gravi effetti avversi.
Tali risultati potrebbero coadiuvare gli sforzi delle autorità sanitarie nell’assistere i consumatori che desiderano raggiungere una completa cessazione della nicotina. Tuttavia, è essenziale condurre studi di follow-up più lunghi per verificare l’efficacia a lungo termine.
L’ultimo aggiornamento di una delle revisioni più autorevoli nel campo della ricerca sul fumo elettronico ha trovato un numero elevato di prove ad alta certezza secondo le quali le ecig sono più efficaci dei metodi tradizionali per smettere
In campo scientifico, la battaglia per l’effettivo sdoganamento del fumo elettronico come strumento complementare ai metodi tradizionali per smettere di fumare si svolge a colpi di studi e prove scientifiche.
Stabilire con un certo grado di certezza che questi strumenti possono rappresentare un’effettiva svolta nella lotta al fumo e nell’abbassamento dei tassi di fumatori a livello mondiale, garantirebbe l’accesso ai dispositivi alternativi a rilascio di nicotina in un’ottica diversa per tutti quei fumatori che vogliono smettere, configurando percorsi terapeutici all’avanguardia ed efficaci.
Secondo l’ultimo aggiornamento della Cochrane review, una delle fonti più autorevoli nel settore, in grado di valutare e comparare i risultati di un numero elevato di studi nel campo del fumo elettronico, aggiungendone sempre di nuovi, nel suo recente aggiornamento pubblicato qualche mese fa, ha trovato un elevato numero prove ad alto grado di certezza, secondo le quali le persone che utilizzano le ecig hanno più possibilità di smettere rispetto a chi utilizza i metodi tradizionali.
Alcune prove suggeriscono inoltre che chi utilizza sigarette elettroniche contenenti nicotina abbia percentuali di abbandono nel lungo periodo maggiori rispetto alle ecig prive di nicotina, sebbene ci siano meno dati a disposizione che confermino questa teoria.
Nella revisione sono stati inseriti un totale di 78 studi, per oltre 22000 partecipanti. Di questi studi, 17 sono stati inseriti ex novo dall’ultima revisione (che ricordiamo appartenere al 2021).
I dati della revisione hanno mostrato che se sei persone su 100 smettessero usando terapie sostitutive della nicotina, da otto a dodici smetterebbero usando sigarette elettroniche contenenti nicotina. Ciò significa che da due a sei persone in più su 100 potrebbero potenzialmente smettere di fumare con sigarette elettroniche contenenti nicotina.
Secondo il dott. Jamie Hartmann-Boyce, professore associato dell’Università di Oxford ed editore del Cochrane Tobacco Addiction Group, uno degli autori della Cochrane review:
“Le sigarette elettroniche hanno generato molti malintesi sia nella comunità della salute pubblica che nella stampa popolare sin dalla loro introduzione oltre un decennio fa. Questi malintesi scoraggiano alcune persone dall’usare le sigarette elettroniche come strumento per smettere di fumare. Fortunatamente, sempre più prove stanno emergendo e forniscono ulteriore chiarezza. Con il supporto di Cancer Research UK, cerchiamo ogni mese nuove prove come parte di una revisione sistematica vivente. Identifichiamo e combiniamo le prove più forti dagli studi scientifici più affidabili attualmente disponibili“.
Le prove fin qui raccolte costituiscono una base sufficientemente valida per poter garantire alternative efficaci e sicure per tutti coloro che cercano di mettere di fumare. Sono però necessarie ulteriori prove sia per raccogliere statistiche su dispositivi elettronici sempre più performanti e sicuri che per garantire l’inserimento di dati sugli effetti a lungo termine in termini di salute umana.
AGI – Secondo il NYTimes le vendite erano ancora in crescita fino a maggio dello scorso anno, ma poi sono diminuite del 12% fino a tutto dicembre. Le cause? Secondo i ricercatori del Cdc sono molteplici, ma vanno ricercate nei divieti statali o locali sui prodotti, sulle tasse governative e la concorrenza con dispositivi più sofisticati.
Le vendite di sigarette elettroniche sono aumentate di quasi il 47% da gennaio 2020, poco prima che la pandemia colpisse gli Stati Uniti, a dicembre 2022, secondo un’analisi pubblicata giovedì dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), scrive il New York Times.
Stando ai dati del Cdc, “circa il 4,5% di tutti gli adulti ha affermato d’aver usato sigarette elettroniche” ma i loro prezzi “sono proporzionalmente aumentati con il diminuire dell’età”. Leggendo i risultati della ricerca del Cdc, circa il 14% degli studenti delle scuole superiori e l’11% dei giovani adulti ha detto di aver utilizzato i dispositivi elettronici per il fumo negli ultimi 30 giorni del sondaggio.
I rischi dello “svapo”
Facendo i conti, complessivamente le vendite di quattro settimane di sigarette elettroniche “sono arrivate a 25,9 milioni di unità alla fine dello scorso anno, dai 15,5 milioni di unità che erano a inizio 2020”, riferisce il giornale, secondo cui la strategia della Food and Drug Administration (Fda) è stata quella di “favorire l’uso delle sigarette elettroniche, regolandone la vendita sul mercato come espediente per indurre i fumatori adulti al passaggio a un prodotto meno dannoso”.
Tuttavia quanti si oppongono all’uso del tabacco mettono in guardia dal fatto che i dispositivi, resi più popolari, hanno attirato molti adolescenti e giovani, “che difficilmente fumerebbero sigarette tradizionali, in un’abitudine che crea dipendenza”. Tant’è che l ‘analisi del Cdc rafforza proprio la sostanza dei dati che indicano che i gusti alla frutta e di caramelle come i più popolari. Di contro, i dispositivi a vapore spesso contengo alti livelli di nicotina e sono venduti in colori e sapori accattivanti di gelato alla fragola e al mango. Nel frattempo, l’American Heart Association ha chiesto azioni di contrasto significative per ridurre l’e-fumo giovanile, visto che le sigarette elettroniche potrebbero comportare un aumento di malattie cardiache e polmonari.
Cala l’uso tra i minori dopo il picco del 2019
Considerando il fatto che lo studio Cdc non include l’analisi delle vendite da tabaccherie o su Internet, i risultati sono di fatto parziali. Tuttavia, le tendenze sono cambiate negli ultimi anni, perché nel frattempo l’uso di sigarette elettroniche tra i minori è diminuito rispetto i livelli record raggiunti nel 2019, “quando quasi il 28% degli studenti delle scuole superiori ha detto d’aver ‘svapato’ negli ultimi 30 giorni”. Intanto la Fda ha respinto le richieste di immissione sul mercato di milioni di prodotti, approvando solo circa due dozzine di dispositivi al solo gusto di tabacco.
Eppure l’Agenzia ha faticato nella regolamentazione, perché frattanto i vaporizzatori aromatizzati hanno inondato stazioni di servizio, minimarket e negozi di tutta la nazione mentre i sostenitori delle limitazioni fanno pressione sulle autorità perché arrivino a decretare il divieto d’uso delle sigarette elettroniche.
Come per altro già accaduto in California, dove gli effetti di questa assidua campagna incrociata non hanno tardato a farsi sentire: dal 21 dicembre, infatti, quando il divieto è entrato in vigore, le vendite di prodotti di vaporizzazione sono diminuite del 35% fino alla fine di marzo, secondo i dati della Cdc Foundation.
CoEHAR.it – La decima edizione del GFN si svolgerà a Varsavia dal 21 al 24 giugno e ospiterà, tra i numerosi eventi dedicati al mondo del riduzione del danno, anche il secondo appuntamento del SAB meeting del progetto Diasmoke, dove diabetologi di fama internazionale firmeranno e ratificheranno il documento elaborato a Catania nei mesi scorsi
Per l’edizione 2023 del GFN si guarda al futuro: focus dell’evento, il dibattito e l’implementazione di strategie dedicate alla riduzione del danno da fumo che si svilupperanno nel corso della prossima decade.
La conferenza rappresenterà la possibilità di riflettere sulle sfide e sui successi che hanno cambiato il mondo della riduzione del danno nel corso degli anni passati, rifletterà sia le sfide che cosi come permetterà di delineare le priorità per accademici, scienziati, produttori e decisori politici.
Prima della conferenza, saranno organizzati workshop tematici, svincolati dall’organizzazione della conferenza: due di questi stanno in lingua spagnola e riguarderanno la situazione in America Latina
In occasione del GFN 2023, punto di incontro per i maggiori esperti internazionali in materia di riduzione del danno da fumo e dispositivi alternativi a rilascio di nicotina, il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, e il prof. Davide Campagna, ricercatore dell’Università di Catani e membro del centro catanese, coordineranno l’incontro conclusivo con i diabetologi del SAB meeting (tenutosi lo scorso Aprile a Catania) durante il quale si definiranno le linee guida del trattamento dei pazienti fumatori affetti da diabete.
L’incontro servirà ad approvare e ratificare il documento definitivo al quale in questi mesi i membri del SAB hanno lavorato incessantemente per arrivare a proporre alla comunità scientifica internazionale il primo indirizzario pratico per aiutare i fumatori con diabete a smettere definitivamente e ridurre il danno fumo correlato alla malattia.
Le linee guida adottate integreranno gli approcci tradizionali, attraverso l’utilizzo di strategie di riduzione del danno.
Tra i partecipanti al SAB ricordiamo la presenza di Delon Human, Andre Kengne, Noel Somasundaram, Magda Walicka, Tabinda Dugal, Roberta Sammut, Agostino Di Ciaula, Davide Campagna, S. Abbas Raga.
“È un dato di fatto che in Italia ci sono milioni di fumatori che non vogliono o che non riescono a smettere di fumare. Questi fumatori non accettano di essere medicalizzati per via della loro abitudine tabagica e in Italia, ancora oggi, non abbiamo una politica sanitaria che si prenda carico di queste persone. La riduzione del rischio rappresenta la soluzione. In paesi dall’approccio liberale, come la Svezia o la ben nota In- ghilterra, che hanno scelto di aprirsi agli strumenti alternativi a rilascio di nicotina promuovendoli nei percorsi di cessazione per i fumatori incalliti, si sta arrivando al prestigioso obiettivo smoke free. E’ tempo di seguire gli esempi virtuosi anche in Italia”.
Questo è quanto ha dichiarato il prof. Riccardo Polosa, in occasione dell’apertura della conferenza annuale CoEHAR promossa per il No Tobacco Day 2023.
Il fumo di tabacco in Italia rappresenta ancora la principale causa prevenibile di sviluppo di patologie oncologiche. Il piano italiano di lotta al tabagismo si basa principalmente sulle linee di intervento proposte dalla legge Sirchia e dalle sue successive modifiche. Ma tanto ancora deve essere fatto. Per molti fumatori smettere è davvero difficile e negli ultimi anni il passaggio all’utilizzo di sistemi senza combustione e a rischio ridotto ha innescato un dibattito scientifico che coinvolge la comunità accademica di tutto il mondo, ma il tema riguarda anche le politiche pubbliche e le risposte che arrivano dalla scienza. Di questi temi hanno discusso mercoledì 31 maggio i massimi esperti di riduzione del danno che si sono riuniti a Catania per la conferenza nazionale promossa dal CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da Fumo dell’Università di Catania che vanta più di 130 pubblicazioni firmate da più di 100 ricercatori impegnati in 15 paesi diversi nel mondo. 30 gli studi presentati dagli illustri relatori davanti ad una platea di 200 persone tra medici, studenti ed esperti di salute pubblica.
Tra i partecipanti alla conferenza anche numerosi rappresentanti del mondo delle istituzioni. Ad aprire i lavori del convegno, la vice presidente del Senato, senatrice Mariolina Castellone e l’assessore alla Salute della Regione Siciliana, Giovanna Volo.
“Dobbiamo intervenire attraverso percorsi di sensibilizzazione e formazione soprattutto nelle scuole – ha detto l’assessore Volo – lavorare per diminuire i tassi da fumo ci consentirà di raggiungere benefici anche in termini di costi per il sistema sanitario”.
“La legge Sirchia ha segnato uno spartiacque importante e ha rag- giunto risultati epocali – ha spiegato l’on. Francesco Ciancitto, membro della commissione salute in Parlamento – oggi però l’assetto va aggiornato sulla base dei nuovi dati. Dobbiamo incidere sulla prevenzione primaria e secondaria. Il fumo e le possibili strategie di con- trato al tabagismo saranno di certo temi che a breve affronteremo in Commissione”.
I ricercatori si sono anche chiesti se la sola nicotina può essere responsabile di effetti tossici: “Sebbene la nicotina non sia totalmente priva di rischi – come ha spiegato il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR – é importante sottolineare che non è responsabile dei danni per la salute derivanti dal fumo di sigaretta”.
Tra i relatori alla conferenza anche Maria Luisa Brandi, Presidente Fondazione FIRMO; Emma- nuele A. Jannini, Università di Roma Tor Vergata; Ketty Vaccaro, Responsabile area salute Fon- dazione CENSIS; Nick Crofts, Centre for Law Enforcement and Public Health, Australia; Roberto Sussman, Universidad Nacional Autónoma de México e, a condurre i lavori della giornata, Carla Bruschelli, docente di Metodologia Clinica presso l’Università La Sapienza di Roma.
“Il fumo è fattore causale primario per la broncopatia cronica, che continua ad essere fra le prime cause di morbilità e mortalità a livello globale. Purtroppo solo una piccola percentuale di pazienti con questa malattia vuole e riesce a smettere di fumare. La ricerca preclinica e soprattutto clinica deve aiutarci a capire se vi sono strumenti (le sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato, o strumenti digitali) che possono aiutare nel percorso di disassuefazione e comunque ridurre il rischio correlato al fumo. Il gruppo del CoEHAR di Catania si è notevolmente distinto a livello internazionale per aver realizzato alcuni tra i più significativi studi in questo ambito, per una sfida comunque ancora lunga” – cosi il prof. Gualberto Gussoni, direttore scientifico di FADOI.
Per Ketty Vaccaro, della fondazione Censis: “I fumatori sono consapevoli dei danni alla salute provocati dal fumo e non è un caso che il 61% degli intervistati dal Censis abbia provato o almeno pensato di smettere di fumare. In questo percorso difficile i fumatori però sono sperso lasciati soli e faticano a trovare interlocutori istituzionali in grado di garantire l’informazione ed il sostegno necessari per ridurre o smettere di fumare”.
E non sono mancati i contraddittori al convegno del CoEHAR. Per la prof.ssa Marianna Masiero: “È fondamentale promuovere lo sviluppo di interventi di cessazione che siano personalizzati e integrati nella pratica clinica e nei programmi di prevenzione, in grado di favorire la sospensione dal comportamento tabagico sia nei giovani fumatori sia nei fumatori cronici, anche alla luce dell’emergente fenomeno dei nuovi modelli di vaping”.
In occasione della Giornata Mondiale Antifumo promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il 31 Maggio, come ogni anno, il CoEHAR (Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo) dell’Università di Catania, organizza la “Conferenza nazionale CoEHAR” che si terrà
mercoledì 31 Maggio dalle ore 8,30 alle ore 16
presso l’Aula Magna del Palazzo Centrale dell’Università di Catania
Per il No Tobacco Day, Catania si trasforma nella capitale mondiale della ricerca antifumo accogliendo esperti nazionali ed internazionali provenienti da paesi diversi e da atenei di tutta la penisola per affrontare e dibattere sui temi e sulle produzioni scientifiche relative agli strumenti e alle soluzioni più efficaci per aiutare i fumatori ad abbandonare cattive abitudini e migliorare il proprio stile di vita.
Negli ultimi 5 anni, l’attività scientifica del CoEHAR ha prodotto più di 130 papers grazie alla collaborazione con più di 100 ricercatori impegnati in 15 paesi diversi nel mondo.
La Sicilia, e Catania nello specifico, rappresentano il punto di partenza di una battaglia contro il fumo che in ogni parte del globo ha il solo obiettivo di creare un mondo libero dalla combustione entro il 2030.
A portare i saluti delle istituzioni, oltre che i vertici dell’ateneo catanese, anche la vicepresidente del Senato della Repubblica, Mariolina Castellone, l’assessore alla Salute della Regione Siciliana, Giovanna Volo ed il deputato nazionale Francesco Ciancitto, membro della commissione parlamentare affari sociali e sanità. Al tavolo dei relatori, tra gli altri: Maria Luisa Brandi, Presidente Fondazione FIRMO; Fabio Beatrice, Direttore scientifico MOHRE; Emmanuele A. Jannini, Università di Roma Tor Vergata; Ketty Vaccaro, Responsabile area salute Fondazione CENSIS; Nick Crofts, Centre for Law Enforcement and Public Health, Australia; Roberto Sussman, Universidad Nacional Autónoma de México e Carla Bruschelli, docente di Metodologia Clinica presso l’Università La Sapienza di Roma.
Anche per l’edizione 2023, grazie alla collaborazione con LIAF Lega Italiana Anti Fumo, è prevista la possibilità, per i primi 50 iscritti al convegno del 31 Maggio, di accedere gratuitamente al corso di formazione FAD, valido 50 ECM per professionisti sanitari, sul tema “Le nuove frontiere della dipendenza tabagica e suo trattamento”.
Inoltre, per gli studenti di Medicina e Chirurgia dell’Università di Catania è prevista l’erogazione di crediti ADE (vedi programma SOSUnict).
L’iscrizione al Convegno deve pervenire dal singolo partecipante inviando una mail con i propri dati a [email protected]
Roma, 11 maggio 2023. Prenderà il via la prossima settimana la 4° edizione della Ride 4 Vape, il viaggio simbolico in bicicletta nato nel 2020 per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche relative al vaping e al principio di riduzione del rischio, già riconosciuto e utilizzato efficacemente nella lotta al fumo in molti Paesi del mondo. Protagonista sarà ancora una volta Umberto Roccatti, Presidente di ANAFE (Associazione Nazionale dei produttori di Fumo Elettronico) e Vicepresidente di IEVA (Independent European Vape Alliance), che martedì 16 maggio percorrerà un tragitto che taglierà in due l’Italia, con partenza da Pescara e arrivo a Roma presso la sede centrale del Ministero della Salute.
Una pedalata impegnativa, lunga oltre 10 ore, per affrontare circa 230 km e 2.300 mt di dislivello attraverso le montagne dell’Appennino centrale, tra cui il Gran Sasso. Con questa iniziativa Roccatti, ex fumatore con alle spalle due pacchetti al giorno per 15 anni e attuale vaper, si fa testimone già da 4 anni delle potenzialità della sigaretta elettronica, quale prodotto innovativo senza combustione.
‘Sigaretta elettronica = Strumento di salute pubblica’ è il messaggio chiave scelto per questa edizione. “Non ci stancheremo mai di ricordare ai media e alle Istituzioni la netta differenza in termini di impatto sulla salute tra i prodotti tradizionali e quelli di nuova generazione senza combustione, come le sigarette elettroniche. Dispositivi che, come dimostrano innumerevoli studi scientifici, hanno un grado di tossicità inferiore di almeno il 95% rispetto alle classiche bionde, che ogni anno causano oltre 90 mila decessi in Italia e 7 milioni nel mondo” –ha spiegato Roccatti.
ANAFE, attraverso questa impresa sportiva fortemente voluta dal suo Presidente, lancia altresì un messaggio molto importante, rivolto in particolare ai più giovani e agli attuali 12 milioni di fumatori in Italia, che nel 91% dei casi non vuole o non riesce ad abbandonare il fumo tradizionale: fumare uccide ed è fondamentale non iniziare mai. L’obiettivo ultimo dell’Associazione è proprio ridurre il numero di fumatori nel nostro Paese con l’integrazione delle tradizionali politiche sanitarie basate sulla massima precauzione e prevenzione mediante il principio di riduzione del rischio.
“Se non si riesce a smettere di fumare, i prodotti di nuova generazione senza combustione possono rappresentare una strada alternativa e complementare per tentare il processo di cessazione. Si tratta dello stesso principio alla base della recente politica sanitaria adottata dal Regno Unito, dove il Ministero della Sanità ha deciso di offrire gratuitamente ai fumatori un vape starter kit, ovvero un kit di avviamento allo svapo, come parte di un programma governativo denominato ‘swap to stop’ che porterà la Nazione a essere la prima completamente smoke free entro il 2030” – ha evidenziato Roccatti.
Sono circa 80 gli studi indipendenti che sanciscono il rischio ridotto del vaping, dimostrando che si tratta dello strumento più efficace per smettere di fumare. Una documentazione che Roccatti consegnerà al suo arrivo al Ministero della Salute in una chiavetta Usb insieme a un paper su strategia e risultati raggiunti dal Regno Unito.
La Ride 4 Vape è un’iniziativa promossa da ANAFE e realizzata con il supporto di LIAF (Lega Italiana Anti Fumo) e Sigmagazine. Sarà possibile seguire gli aggiornamenti consultando la sua pagina Facebook e i canali social dell’Associazione.
Roma, 17 apr. (askanews) – La salute è il nostro bene più prezioso e a noi tutti spetta il compito di tutelarla al meglio, prendendo coscienza dell’impatto negativo che le scelte, le abitudini e gli stili di vita scorretti esercitano su di essa. L’identificazione dei fattori di rischio e l’intervento mirato per la loro eliminazione dovrebbe essere il primo obiettivo in un contesto sociosanitario di best practice per la salvaguardia della salute di tutti i cittadini. È pertanto opportuno rivolgere adeguata attenzione sia agli aspetti clinico-diagnostici, sia a quelli connessi alla ricerca scientifica, agli studi sociologici, alle scienze ambientali, alla gestione sostenibile delle risorse naturali e all’utilizzo opportuno delle risorse strutturali e tecnologiche.
Su questi temi si è sviluppato un dibattito tra rappresentanti istituzionali ed esperti del settore, nel corso del convegno dal titolo “Rischio clinico globale: cause e strategie di intervento”, svoltosi lo scorso week-end a Roma, organizzato da DreamCom presso l’Hotel Sina Bernini Bristol. Obiettivo del meeting è stato quello di porre l’attenzione sull’importanza della prevenzione e del trattamento precoce, della rimozione o almeno riduzione dei rischi di salute tramite la trasmissione di raccomandazioni e cure appropriate che rispondano a criteri di evidenza clinica e, contestualmente, di sostenibilità ambientale e sociale. L’evento,moderato dalla Prof.ssa Carla Bruschelli, ha avuto tra i suoi relatori anche il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo, e docente di Medicina Interna presso l’Università di Catania. Tema dell’intervento, il paziente con BPCO (Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva) con dipendenza dal fumo, che ha definito “difficile, perché ha uno storico prolungato che ha creato una forte alleanza con la sigaretta. Dunque, smettere di fumare lo porta a una grande forma di infelicità, perché rappresenta una perdita”.
Per questo motivo, l’approccio standard alla riduzione del tabagismo, basato sulla terapia farmacologica, risulta inefficace: “Il brupopione – ha aggiunto il Prof. Polosa – ha un effetto significativo a 6 mesi in termini di CAR (Continous Astinence Rate), che tuttavia scompare a distanza di anni. Anche con le terapie farmacologiche piu efficaci, l’80% dei pazienti continua a fumare a distanza di un anno”. Il Prof. Polosa ha sottolineato che “occorre studiare anche i benefici delle nuove tecnologie che erogano nicotina, come le sigarette elettroniche e i sistemi a tabacco riscaldato. La storia di queste tecnologie è infatti una storia di grande successo, perché hanno un forte impatto in termini di riduzione del fumo. Le alternative combustion-free possono aiutare notevolmente i pazienti con BPCO dal fumo di sigaretta, come dimostrato dai risultati di due studi clinici che evidenziano come questi soggetti possono astenersi dal fumare se viene loro fornita una valida alternativa. Ovvero, la sigaretta elettronica e i sistemi a tabacco riscaldato, strumenti che mimano l’esperienza del fumo, ma garantendo al contempo miglioramenti significativi dello stato di salute generale”.
Il ministro della sanità Neil O’Brien ha presentato un nuovo piano che darà supporto a oltre un milione di fumatori inglesi che vogliono smettere: offerti kit per il vaping e supporto professionale. Previsti anche aiuti economici per le donne incinte che vogliono smettere
L’Inghilterra da sempre rappresenta l’esempio da seguire per l’adozione di strategie alternative per aiutare i fumatori ad uscire dalla dipendenza da sigaretta. Dal 2010, da quando il governo ha implementato le campagne informative sull’utilizzo delle sigarette elettroniche come strategia di riduzione del danno da fumo, incoraggiando allo stesso tempo medici e operatori sanitari a consigliarle ai fumatori, i tassi sul fumo sono costantemente diminuiti, fino a raggiungere nel 2021 la cifra record del 13%.
Oggi però, il Ministro della sanità Neil O’Brien ha alzato ancora l’asticella: per raggiungere l’obiettivo di un’Inghilterra smokefree verranno consegnati a circa 1 fumatore ogni 5, ovvero un milione di individui, un kit per il vaping gratuito, insieme alla possibilità di usufruire di assistenza motivazionale professionale.
Il piano “swap to stop” è il primo nel suo genere al mondo e vedrà la partecipazione di tutte le autorità locali inglesi, per ridurre entro i 2030 il tassi sul fumo a meno del 5%.
“Offriremo a un milione di fumatori nuovi aiuti per smettere. Finanzieremo il nuovo programma nazionale “swap to stop”, il primo del suo genere al mondo. Lavoreremo per offrire a un milione di fumatori in tutta l’Inghilterra uno starter kit gratuito per lo svapo” ha dichiarato il Ministro Neil O’Brien.
Il programma nazionale antitabagismo dell’Inghilterra prevede anche aiuti alle donne in gravidanza, sotto forma di voucher o di somme di denaro, insieme a supporto motivazionale, per aiutarle a smettere. Ma i fumatori adulti non sono gli unici beneficiari del pacchetto di norme che verranno discusse dal governo: saranno infatti oggetto di discussione una serie di interventi per impedire che i più giovani e in non-fumatori inizino a svapare.
Inoltre, verrà discussa la possibilità di cambiare i messaggi sui pacchetti di sigarette, inserendo testi positivi e consigli per smettere.
Ad applaudire l’iniziativa del Ministro dell’Inghilterra, il fondatore del CoEHAR dell’Università di Catania, prof. Riccardo Polosa, che ha cosi commentato:
“Accolgo con plauso la nuova proposta inglese, seguiremo i dettagli ma è già chiaro che si tratta di un cambiamento rivoluzionario che ci auguriamo possa essere ripetuto in molti altri paesi. Si tratta di un’azione concreta e razionale di politica sanitaria. Non solo l’iniziativa aiuterà milioni di fumatori a smettere definitivamente di fumare ma garantirà al governo inglese un risparmio senza precedenti in termini di costi per l’assistenza sanitaria”. Secondo le stime del Governo infatti, ci si aspetta un risultato epocale: “Il supporto economico è di certo un incentivo importante per provare a passare a prodotti meno dannosi ma la garanzia offerta dal governo inglese sarà anche quella dell’assistenza specialistica lungo il difficile percorso di smoking cessation. Le nuove politiche inglesi realizzeranno gli obiettivi auspicati da tutti i governi: aiutare gli adulti a smettere di fumare e impedire a bambini e non fumatori di iniziare a svapare” – ha spiegato Polosa.
Supporto anche dalla World Vapers’ Alliance, l’organizzazione internazionale che raggruppa i consumatori di sigarette elettroniche, che tramite le parole del suo direttore Michael Landl fa sapere:
“L’Inghilterra è leader nel campo della cessazione del fumo e della riduzione del danno in tutto il mondo. I tassi sul fumo sono diminuiti di oltre il 29% nell’ultimo decennio, da quando lo svapo è diventato molto popolare. L’adozione del vaping su larga scala dovuta ad un forte sostegno politico e a solide prove mediche, è il motivo per cui i tassi di fumo diminuiscono più rapidamente che in altri paesi. Aiutare ulteriormente i fumatori a cambiare accelererà il percorso di successo del Regno Unito”.
Un paziente diabetico che fumo ha il doppio delle possibilità di aggravare le condizioni della sua malattia. Fumare per i diabetici significa aggravare per certo la propria condizione di salute. Un diabetico che fuma deve smettere. Se non ci riesce proprio da solo, allora in ultima ipotesi, passare a prodotti senza combustione rappresenta comunque una soluzione meno dannosa rispetto alla scelta di continuare a fumare. Per questo i più noti esperti del settore si sono riuniti in questi giorni a Catania, al fine di identificare nuove linee di trattamento utili al contrasto al tabagismo.
Il fumo di sigaretta è uno dei principali fattori di rischio per i pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2, una forma diffusa che rappresenta circa il 90% di tutte le diagnosi del nostro paese e caratterizzata da un’alterazione della quantità o del funzionamento dell’insulina nel corpo.Secondo i dati del Ministero della Salute, ad oggi, l’incidenza del diabete mellito di tipo 2 riguarda circa il 65% della popolazione, ovvero 4 milioni di italiani.
Intercettare i comportamenti scorretti che possono influire sul decorso patologico significa non solo migliorare la qualità della vita del paziente, ma anche allungarne le prospettive di vita.
La combinazione fumo-diabete hanno infatti effetti deleteri sull’organismo, specialmente sull’apparato cardiocircolatorio. L’azione combinata di questi fattori comporta un danneggiamento delle arterie, aumentando il rischio di ictus, infarto e patologie renali.
Non tutti sanno però, che il fumo di sigaretta influisce anche sulla possibilità di sviluppare il diabete: chi fuma ha il 44% di rischio in più di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto a chi non fuma, sopratutto in presenza di fattori come sedentarietà, sovrappeso o predisposizione genetica.
Intercettare e modificare il connubio tra fumo di sigaretta e diabete è uno dei target di un progetto di ricerca sviluppato dal CoEHAR dell’Università di Catania, il progetto Diasmoke, creato per determinare se i fumatori di sigarette convenzionali che passano a strumenti senza combustione sperimentano un miglioramento misurabile dei parametri di rischio cardiovascolare come conseguenza della mancata esposizione alle sostanze tossiche del fumo.
Ad oggi, le linee guida internazionali per affrontare la dipendenza tabagica nei soggetti diabetici necessitano di un’integrazione, alla luce della diminuita efficacia desoli metodi convenzionali per smettere. Per questo motivo, dieci tra i massimi esperti al mondo di patologie diabetologiche si sono riuniti a Catania dal 30 al 31 Marzo in occasione del meeting internazionale promosso dal CoEHAR dell’Università di Catania nell’ambito del progetto Diasmoke e dedicato alla riduzione del danno da fumo. Il pool ha affrontato il tema dei danni da fumo sui pazienti diabetici sotto ogni aspetto clinico, medico e sociologico al fine di costituire un documento condiviso utile all’applicazione dei principi della riduzione del danno anche nella pratica clinica.
Il meeting è servito per elaborare una strategia che tenga conto del principio della riduzione del danno e dell’uso di dispositivi privi di combustione nell’aiutare i pazienti diabetici ad uscire dalla dipendenza da fumo di sigaretta.
Il fumo in Indonesia non è un abitudine cattiva, è proprio una epidemia. Basta passeggiare per le vie del centro o per i vicoli delle città più note dell’Indonesia (Jakarta, Ubud, Bandung e persino le note isole Gili) per capire, con evidenza, quanto il fumo incida fortemente nella vita degli indonesiani.
Bambini che fumano mentre giocano, anziani in bicicletta mentre fumano, gruppi di persone ferme ad un angolo a “gustare” sigarette. Il fumo in Indonesia non è una cattiva abitudine ma una parte delle azioni quotidiane di ogni singolo individuo, sia egli un minorenne, un anziano, un malato o un sano giovane.
Combattere il fumo in Indonesia è una missione umanitarie che tanti esperti stanno conducendo con orgoglio e determinazione. Ed è su questa linea che anche i ricercatori dell’Università di Padjadjaran, partner del progetto più innovativo di CoEHAR, “Replica 2.0”, coordinato dal direttore prof. Giovanni Li Volti, hanno promosso questa mattina un webinar internazionale con i maggiori esperti di Riduzione del Danno e più di 200 partecipanti da ogni parte del mondo.
Al centro del dibattito di oggi, le soluzioni più innovative per aiutare i fumatori indonesiani a cambiare il loro stile di vita, abbandonando per sempre le sigarette convenzionali.
A partecipare all’evento, coordinato dal prof. Ronny Lesmana (docente di Fiosiologia della Facoltà di Medicina dell’Università di Padjadjaran e membro del progetto Replica) anche l’ambasciatore italiano a Jakarta, Capo dell’Ufficio economico e commerciale, Giovanni Finarelli. Con lui il fondatore del CoEHAR, prof. Riccardo Polosa che ha portato i saluti dell’ateneo catanese alla kermesse indonesiana e la ricercatrice di Replica, dr.ssa Lia Emma dell’Università di Catania.
“Abbiamo davvero bisogno di un’integrazione nelle attuali politiche di controllo del tabacco in Indonesia e nel mondo – ha detto Polosa – oggi possiamo realizzare progetti di conversione a prodotti meno dannosi che potrebbero risultare davvero rivoluzionari soprattutto in alcuni paesi in cui la prevalenza da fumo è terrificante. Sono fiero che anche il governo indonesiano ed il mondo accademico correlato abbia sposato questa linea di cambiamento. La riduzione del danno è ormai un principio riconosciuto e la sua adozione definitiva contribuirà a salvare milioni di vite in Indonesia, e nel resto del mondo“.
L’ambasciata italiana in Indonesia si è detta fiera delle nuove iniziative nate in collaborazione con i sistemi accademici italiani: “Far dialogare i membri di paesi diversi non rientra solo nell’ambito delle attività diplomatiche ma anche accademiche. Stiamo lavorando per rafforzare il dialogo e la collaborazione scientifica tra le università indonesiane e quelle italiane e la collaborazione tra Catania e Jakarta è un primo passo importante e rivoluzionario in questa direzione” – cosi ha spiegato Farinelli.
“Quasi tutti nella mia famiglia fumavano. Ho iniziato a fumare nel 1969 all’età di 10 anni. Ho rubato la mia prima sigaretta a mio nonno. Lo ammiravo e volevo essere come lui. Ho fumato dal 1969 al 2015. Non sono riuscita a smettere di fumare così tante volte che ho rinunciato anche a provare a smettere. Nel 2014 ho iniziato a usare i prodotti elettronici a rilascio di nicotina soprattutto se mi trovavo in luoghi in cui non potevo fumare. Circa quattro mesi dopo, mi sono resa conto di aver smesso di fumare senza averlo programmato”.
Per mettere a tacere la ricerca scientifica che trent’anni fa iniziava a lanciare campanelli d’allarme sugli effetti devastanti che il fumo aveva sulla salute umana, l’industria del tabacco ha sovvenzionato intere campagne di disinformazione. Il risultato? Un prezzo altissimo, che stiamo pagando ancora oggi, quando anche in presenza di prove scientifiche che dovrebbero darci ragione nel campo del consumo di nicotina siamo portati a titubare.
E, nel frattempo, i più vulnerabili rimangono in balia del gioco della dipendenza da sigaretta e i tassi sul fumo non diminuiscono. La diffusione dei prodotti elettronici rappresenterebbe, sulla carta, una possibilità per arginare il problema, ma comporta incentivare programmi di educazione e prevenzione soprattutto per le popolazioni a rischio, come adolescenti e preadolescenti.
“Fumare era una cosa accettata quando ero adolescente. Nel mio liceo, l’area fumatori dedicata erano i bagno per i ragazzi e le ragazze. Ci veniva permesso di fumare lì” ci racconta Skip Murray, ricercatrice presso il Consumer Center della Taxpayers Protection Alliance, ex fumatrice ed ex proprietaria di un negozio per il vaping negli Stati Uniti. Skip è soprattutto una sostenitrice appassionata dei consumatori di prodotti a base di nicotina a rischio ridotto e volontaria di Safer Nicotine Wiki, un gruppo che lavora per fornire informazioni sui metodi per usare la nicotina più sicuri del fumo.
Skip ci racconta la situazione attuale della dipendenza da fumo e dell’abitudine al vaping tra i giovani americani da una prospettiva diversa, che raramente implica una formazione e un’educazione alla prevenzione corretta “Ad oggi, le persone raramente parlano di adolescenti che fumano. Sembra quasi che siano stati dimenticati. Allo stesso tempo, le nostre scuole sono molto preoccupate per gli adolescenti che svapano. Alcune scuole hanno addirittura rimosso le porte d’ingresso ai servizi igienici o installato monitor che rilevano fumo o vapori. Queste azioni sono sbilanciate rispetto ad altri problemi che i nostri ragazzi stanno affrontando. I tassi di depressione, ansia e suicidio tra gli adolescenti sono in aumento, così come i casi di adolescenti che muoiono per avvelenamento da fentanil. Mi rattrista il fatto che non prestiamo la stessa attenzione alla salute mentale e all’uso di droghe letali come al consumo di nicotina”.
Serve dunque avviare un dialogo costruttivo che alla base presenti le informazioni corrette sulla nicotina e sulle maniere di consumarla e i relativi rischi che ogni scelta comporta. Ma come facilitare il dialogo tra ricercatori e popolazione?
“Parlare di umanizzazione della ricerca scientifica significa che dobbiamo fare un lavoro migliore per comprendere le persone che sono influenzate dalla nostra ricerca. È comune vedere scritta una raccomandazione di tipo politico o normativo nella conclusione di un documento. Vengono mai prese in considerazione le conseguenze indesiderate di tali raccomandazioni o il modo in cui influenzano le persone a cui sono dirette?
Un’altra area che necessita di umanizzazione è una valutazione ponderata del dialogo utilizzato durante la composizione di un sondaggio o la comunicazione dei risultati del lavoro di ricerca. Prima di scrivere un sondaggio, i ricercatori dovrebbero avere familiarità con le parole usate da coloro che vogliono studiare. I sondaggi dovrebbero essere chiari e comprensibili per coloro che vengono intervistati. I risultati della ricerca dovrebbero essere scritti in modo chiaro e conciso che sia facile da capire per tutti, e fare uno sforzo per evitare stigmatizzazione e linguaggio razzista.
Prima di avviare una ricerca sui prodotti a vapore, i ricercatori dovrebbero approfondire l’uso delle apparecchiature utilizzate nei test grazie al rapporto con produttori e consumatori. Senza alcuna comprensione dello strumento, quello stesso dispositivo può essere utilizzato in maniera non tollerabile. E ciò non fornirà i dati accurati necessari per educare e aiutare a elaborare politiche vantaggiose per la salute pubblica.
Voglio vedere più ricerche che includano le popolazioni vulnerabili con la più alta prevalenza di fumatori. Perché fumano? Di che tipo di aiuto hanno bisogno per smettere di fumare? Come possiamo garantirgli più accesso a opzioni per smettere di fumare? In che modo i prodotti alternativi a rilascio di nicotina potrebbero aiutarli?”
Un discorso che non tralascia una delle prime linee di contatto di chi fuma sigaretta con i dispositivi alternativi, ovvero i negozi per i prodotti del vaping, ad oggi oggetto di normative e regolamentazioni stringenti in suolo americano.
“Ho avuto un negozio fino alla fine del 2021. Mano a mano la scelta per i consumatori si è ridotta perché la Food and Drug Administration non ha concesso il permesso a molti prodotti di rimanere sul mercato. A causa delle restrizioni sulle spedizioni, è molto difficile per le aziende vendere online. Altri falliranno in futuro. I prodotti che hanno ricevuto l’autorizzazione a rimanere sul mercato dalla FDA non sono i prodotti venduti dalla maggior parte dei negozi. Anche per i liquidi utilizzati dagli svapori la situazione è cambiata: prima erano disponibili in vari dosaggi di nicotina e ciò consentiva ai consumatori che volevano smettere di svapare di ridurre l’assunzione di nicotina gradualmente fino ad arrivare al punto di smettere di svapare. Fino ad oggi, tutti i prodotti che sono stati autorizzati dalla FDA sono prodotti preriempiti con un alto contenuto di nicotina.
La chiusura di molti negozi significa che i consumatori perdono una vasta rete di supporto composta da persone che fumavano, e che a loro volta aiutavano gli altri a smettere”
Anche per gli operatori sanitari diventa difficile poter avviare un dialogo costruttivo con chi fuma: “Ci troviamo di fronte a una grande quantità di disinformazione che impedisce ai consumatori che non riescono a smettere di fumare di passare a un’alternativa più sicura. Questa disinformazione influenza i nostri operatori sanitari in merito all’uso di prodotti adel vaping per aiutare le persone a smettere di fumare.
Molti prodotti che piacevano ai fumatori sono ora vietati. Quei prodotti sono stati di aiuto all’interno dei loro percorsi di cessazione e hanno impedito per molti una ricaduta”.
Skip, che consiglio daresti a qualcuno vicino a una persona che fuma?
“Sostienili senza giudizio. Fai attenzione ai segnali che potrebbero indicare che queste persone sono pronti a smettere di fumare. Quando sono pronti, assicurati che dispongano di tutte le informazioni corrette sulle opzioni che potrebbero aiutarli a smettere. Lascia che scelgano ciò che pensano possa funzionare meglio per loro, quindi supporta quella scelta. Sii disponibile se hanno bisogno di supporto morale. Alcune persone non smettono subito. Va bene. Smettere di fumare è difficile”
E per i più giovani?
“Dobbiamo aiutare i nostri figli a imparare a fare buone scelte in modo che non inizino mai a fumare. Ciò significa che dobbiamo capire perché potrebbero fumare e agire per affrontare questi problemi. Cose come povertà, malattie mentali e altre esperienze infantili avverse. Non tutti i bambini iniziano a fumare a causa della pressione esercitata dai coetanei. Alcuni usano sostanze perché hanno bisogno di sentirsi meglio. Man mano che un minor numero di bambini inizia a fumare, conosceranno sempre meno persone che muoiono a causa del fumo quando sono adulti.
Un punto importante da ricordare è che quando i genitori fumano, i loro figli hanno maggiori probabilità di fumare. Per questo, mentre facciamo del nostro meglio per prevenire l’iniziazione tra i giovani, dobbiamo anche fare di più per aiutare le persone che già fumano. Preferibilmente prima dei 45 anni, ma smettere a qualsiasi età è vantaggioso”.
Continua il tour nelle scuole promosso dalla Lega Italiana Anti Fumo in collaborazione con il CoEHAR Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania.
Questa mattina presso il Liceo Linguistico dell’Istituto statale “F. De Sanctis” di Paternò i ricercatori della LIAF e del CoEHAR hanno incontrato gli studenti per parlare di danni fumo correlati e di abitudini malsane.
La giornata ha avuto particolare interesse per i danni da fumo sulla fertilità, sia maschile che femminile. In Italia, infatti, i tassi di infertilità registrati dalle donne e dagli uomini fumatori sono il doppio di quelli dei non fumatori. Ad esempio, come si cita di seguito:
Il 71% dei fumatori accende la prima sigaretta a 16 anni
I fumatori sono donne nel 17% e uomini nel 27% dei casi
Il 13% dei disturbi di fertilità sono collegati al fumo e si registra il 15% di spermatozoi in meno nei fumatori
In Europa 1 maschio su 3 è a rischio di infertilità e si stima in particolare che in Italia oltre 5.000.000 di uomini non siano capaci di procreare.
La menopausa si verifica circa due anni prima nelle fumatrici
In gravidanza si riscontra un aumento del rischio di aborti spontanei
Per la procreazione medicalmente assistita si registra una percentuale di fallimento doppia nelle coppie fumatrici
A parlare con i ragazzi stamane erano presenti il dr. Michele Compagnone, endocrinologo del Policlinico di Catania; la dott.ssa Elisa Caruso, ginecologa ed esperta di malattie sessualmente trasmissibili; il dr. Carlo Bellanca, specializzando in Farmacologia e Tossicologia Clinica dell’Università di Catania e le dr.sse Chiara Lanzafame e Simona Prezzavento, tirocinanti del prof. Caponnetto, docente di psicologia clinica dell’Università di Catania.
Con loro, a condurre i lavori, la dr.ssa Valeria Nicolosi, giornalista e responsabile comunicazione del CoEHAR dell’Università di Catania.
La Svezia è ormai vicina allo storico traguardo di primo paese europeo ad essere ufficialmente “Smoke Free”. Ma come ha fatto?
I numeri dimostrano che il paese è in procinto di scendere al di sotto di un tasso di prevalenza del fumo di tabacco del 5% nei prossimi mesi.
L’innovativa strategia del Paese per ridurre al minimo gli effetti nocivi del fumo di tabacco e salvare vite umane è descritta in dettaglio in un nuovo rapporto intitolato “The Swedish Experience: A roadmap for a smoke-free society,” presentato in occasione di un seminario internazionale di ricerca a Stoccolma.
Tra gli autori di questo importante documento esponenti illustri del panorama scientifico: Dr. Anders Milton, già presidente dell’Associazione medica svedese, della Croce Rossa svedese e della World Medical Association; Prof. Karl Fagerström, docente ed esperto di fama internazionale nella ricerca sulle dipendenze e nella disassuefazione dal fumo e il Dr. Delon Human, medico specializzato in questioni di salute pubblica globale, già consulente di tre direttori generali dell’OMS e del Segretario generale delle Nazioni Unite.
Secondo gli autori del rapporto, l’approccio svedese, che combina metodi di controllo del tabacco con strategie di minimizzazione del danno, potrebbe salvare 3,5 milioni di vite nel prossimo decennio se altri Paesi dell’UE adottassero misure simili.
Il modello svedese combina le raccomandazioni della Convenzione quadro dell’OMS Framework Convention for Tobacco Control (FCTC), tra cui la riduzione dell’offerta e della domanda di tabacco, il divieto di fumare in determinati luoghi, ma aggiunge un elemento importante: l’accettazione dei prodotti senza fumo come alternative meno dannose.
I benefici della strategia svedese sono enormi: il Paese ha la più bassa percentuale di malattie legate al tabacco nell’UE e un’incidenza di tumori inferiore del 41% rispetto agli altri Paesi europei. Il rapporto descrive anche come la percentuale di fumatori in Svezia sia scesa dal 15% al 5,6% della popolazione in 15 anni, ponendo il Paese sulla buona strada per raggiungere lo status di paese libero dal fumo con 17 anni di anticipo rispetto all’obiettivo fissato dall’UE per il 2040.
“La Svezia ha una strategia per il tabacco di grande successo che dovrebbe essere esportata”, afferma il professor Karl Fagerström.
“Sarebbe di enorme beneficio per il mondo se più Paesi facessero come la Svezia, con misure che riducono la domanda e l’offerta e con aliquote fiscali differenziate che incentivino finanziariamente i fumatori a passare dalle sigarette ad alternative meno dannose”, ha aggiunto Fagerström.
Il rapporto è stato commissionato da Health Diplomats, un’organizzazione internazionale che lavora per migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria, incoraggiare l’innovazione e l’uso della riduzione del danno per minimizzare l’impatto negativo di alcol, cibo, nicotina e droghe.
Alcune conclusioni del rapporto e suggerimenti per l’attuazione in altri paesi
1. Riconoscere che i prodotti smoke-free sono meno dannosi e che comportano rischi significativamente inferiori rispetto al fumo. Incoraggiare i fumatori a passare dalle sigarette ad alternative meno dannose.
2. Fornire informazioni basate sui fatti. È chiaro che non esistono prodotti del tabacco risk-free. Ma, ad esempio, le sigarette elettroniche sono meno dannose del 95% rispetto alle sigarette. Naturalmente, per un fumatore è meglio passare dalle sigarette normali alle sigarette elettroniche, anche se non è privo di rischi.
3. Decisioni politiche che rendono le alternative smoke-free più accessibili delle sigarette. Ad esempio, tasse differenziate che incentivino finanziariamente i fumatori a passare dalle sigarette ad alternative meno dannose.
Fumatori incalliti: si alla sigaretta elettronica per la riduzione del rischio.
I dati: con 93mila morti ogni anno, il fumo è causa nota di almeno 25 patologie tra cui BPCO e malattie cardiovascolari e causa circa l’85% dei casi di cancro del polmone
Sigaretta, difficile dirle addio: fari accesi su prevenzione e riduzione del danno alla Winter School di Motore Sanità che si è appena conclusa a Napoli. I dati del sistema di sorveglianza dell’Istituto superiore di Sanità (Passi) dicono che più di un fumatore su tre nell’ultimo anno ha provato a smettere ma in oltre il 50% dei casi il tentativo è fallito. I fumatori incalliti pur volendo smettere continuano a fumare con esiti, purtroppo negativi sulla loro salute. Più dell’80%, tra chi ha provato a smettere, ha poi ceduto alla tentazione. E al Sud si fuma di più: secondo le rilevazioni delle Asl che partecipano al Passi, i fumatori italiani sono il 29%, più uomini che donne, e consumano in media quasi un pacchetto al giorno (14 sigarette). Non ha mai fumato il 51% della popolazione, mentre il restante 20% è riuscito a smettere. “Le modalità di assunzione di nicotina attraverso prodotti a tabacco riscaldato e sigarette elettroniche – ha detto Alessandro Vatrella, presidente campano della Società italiana di Pneumologia – possono rappresentare una delle vie di uscita per minimizzare i danni quando non si riesce a smettere ma per chi inizia possono invece rappresentare talvolta una porta di ingresso”. La dipendenza da fumo è insidiosa in quanto i danni si manifestano dopo un lungo tempo di latenza e si riverberano su tutti gli organi. “Il consiglio – ha concluso Vatrella – è evitare di iniziare a fumare e se proprio non si riesce a smettere le sigarette elettroniche riducono nettamente i danni”. “Da un punto di vista della prevenzione – aggiunge Francesco Fedele, direttore del Dipartimento di Cardiologia al Policlinico Umberto I de La Sapienza di Roma – ci sono due aspetti da considerare: l’iniziazione del fumo che dovremmo riuscire a combattere e quello dei pazienti che nonostante eventi gravi legati al fumo (ictus, infarto), non rinunciano alla sigaretta. In questi casi credo che sia importante trovare delle alternative. Ridurre il rischio in coloro che non vogliono smettere (il 50% dei fumatori), risparmierebbe molte vite.
I DATI EPIDEMIOLOGICI I dati parlano chiaro: con 93mila morti ogni anno il fumo è causa nota di almeno 25 patologie tra cui BPCO, tumori e malattie cardiovascolari. Circa l’85% dei casi di cancro del polmone è legato ad esso. Oggi nei centri antifumo accede lo 0,1% dei fumatori. I clinici: “E’ drammatico; il ruolo dei centri antifumo deve essere potenziato e promosso. Inoltre, il fenomeno del fumo deve essere affrontato con forza attraverso strategie di riduzione del rischio e una solida rete di clinici e associazioni di pazienti”.
Riccardo Polosa, Fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da fumo CoEHAR avverte: “Smettere di fumare e non iniziare sono la priorità ma dobbiamo anche pensare a chi non vuole e non riesce a smettere di fumare. Pertanto ritengo che quella della riduzione del rischio è una delle strade da percorrere in termini di salute individuale e pubblica. Nascondere ai cittadini le opportunità offerte dagli strumenti a potenziale rischio ridotto, o additarli come pericolosi al pari delle sigarette convenzionali è un paradosso che enfatizza i rischi senza considerarne i benefici. L’Italia deve riaccendere i riflettori sulla sensibilizzazione antifumo, integrando il principio di precauzione con quello del rischio ridotto”.
GLI STUDI Lo scenario scientifico relativo al fumo elettronico e alla riduzione del rischio del tabagismo si è arricchito di recente di contributi significativi. Una rigorosa selezione di 78 studi completati con 22.052 partecipanti – di cui 40 randomizzati – hanno dato prove ad alta attendibilità che le sigarette elettroniche con nicotina aumentano i tassi di cessazione rispetto alla nicotina erogata farmacologicamente. Sigarette elettroniche prive di nicotina aumentano ancora i tassi di abbandono del fumo di tabacco e nel follow-up di due anni il consumo di sigarette elettroniche si è rivelato sostanzialmente privo di eventi avversi. La nicotina erogata dalle sigarette elettroniche è la stessa dei formati farmacologici. “Pochi giorni fa – ha ricordato Fabio Beatrice, primario emerito di Otorinolaringoiatria a Torino, Fondatore del Centro antifumo Ospedale SG. Bosco di Torino – la prestigiosa rivista Nature Medicine pubblicava uno studio nel quale sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti si associava un aumento della cessazione del fumo del 10-15% con l’uso di sigarette elettroniche. C’è da chiedersi di fronte a questi vantaggi a alla probabilità significativamente maggiore di smettere di fumare approvati dai centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie perché anche in Italia non si persegua questa strada. In questo articolo – ha proseguito il professor Beatrice – venivano anche contraddetti i risultati di ricerche che pure si erano guadagnate l’attenzione dei media e di talune società scientifiche che paventavano forti tossicità a carico della sigaretta elettronica. A suo tempo molti studiosi ed io stesso avevo già criticato questi ingannevoli dati di laboratorio. Sulla base di questi dati – ha concluso Beatrice – si auspica che le decisioni politiche e regolatorie traggano utili insegnamenti da queste informazioni e intervengano nelle politiche di aiuto ai fumatori incalliti con l’avvallo di strategie di riduzione del rischio. Una questione urgente visto che 93mila fumatori muoiono ogni anno in Italia secondo le indicazioni del Ministero della Salute”.
IL CONFRONTO TRA REGIONI Il confronto tra le regioni italiane vede in Campania la prevalenza più alta di fumatori (34%), contro il 31% dell’Emilia-Romagna e il 24% del Trentino. Specularmente, in Campania c’è la prevalenza più bassa di chi è riuscito a smettere (13%), contro il 22% dell’Emilia-Romagna e il 24% del Trentino. Al Nord è anche più sentita la voglia di smettere favorita dal consiglio del medico per la concomitante presenza di malattie cardiovascolari. In queste tre Regioni, tra il 35% e il 40% dei fumatori presenta almeno un altro fattore (come diabete, pressione alta e ipercolesterolemia) che accentua il rischio cardiovascolare. Ma smettere non è facile. Sulle conseguenze del fumo è infine intervenuta Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli. «Il fumo è una causa nota o probabile di almeno 25 patologie, tra cui (BPCO), malattie cardiovascolari e tumori. Circa l’85% dei casi di carcinoma del polmone è legato al fumo di sigaretta, una neoplasia tra le più letali che, tuttavia, non scoraggia il tabagismo. È una battaglia contro una delle dipendenze più subdole, per questo bisogna sensibilizzare tutto il personale sanitario a promuovere percorsi personalizzati utili a disincentivare il fumo di sigaretta, indirizzando i pazienti nelle strutture preposte. Il fondamentale ruolo svolto dai centri antifumo deve essere potenziato e promosso».
Catania, 14 marzo 2023 – Fumare in gravidanza è una delle abitudini più compromettenti per la salute della donna e del nascituro, collegata a un elevato rischio di mortalità infantile, sviluppo di patologie respiratorie e complicazioni durante la gravidanza e l’allattamento. Purtroppo, sebbene l’istinto materno rappresenti un’arma preziosa e una spinta ulteriore per dire definitivamente addio al fumo, sono ancora molti i passi da fare per aiutare le donne in questo percorso.
Un gruppo di ricercatori del CoEHAR dell’Università di Catania ha voluto condurre un’analisi qualitativa su un campione ristretto di donne in gravidanza che utilizzavano sia sigarette tradizionali che prodotti alternativi a rilascio di nicotina, sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato, per valutarne abitudini e percezioni. Dai risultati dello studio “Qualitative study on the perception of combustible cigarettes, e-cigarettes and heated tobacco cigarettes among pregnant women” è emerso che tra i trigger emotivi principali dell’abitudine al fumo vi sono stress, nervosismo e solitudine e che per molte donne si tratta di un’abitudine nata in età adolescenziale o preadolescenziale. A colpire i ricercatori, però, un dato singolare: una generale sfiducia nei confronti dei metodi tradizionali per smettere che porta molte donne a fidarsi solamente della propria forza di volontà per dire addio alle bionde.
“Le donne che continuano a fumare in gravidanza sono quelle che scelgono di ignorare i campanelli di allarme per la propria salute e per quella del nascituro – spiega la dr.ssa Marilena Maglia, ricercatrice della Lega Italiana Anti Fumo e prima autrice dello studio – una scelta sbagliata e controproducente”.
Ad interessare particolarmente i ricercatori, le motivazioni e i fattori psicologici che legavano le partecipanti all’utilizzo di uno qualsiasi di questi prodotti per valutare quali potevano essere fattori che influenzavamo maggiormente le decisioni delle donne in un periodo così delicato. Tra le ragioni principali alla base della dipendenza da fumo, sono stati individuati stress, nervosismo e senso di solitudine. Il 10% ha riportato che fumare le rende meno nervose e il 6.6% identifica il fumo come “un compagno che non le abbandona”.
Quasi la metà delle partecipanti ha identificato l’adolescenza come un momento critico. Il senso di appartenenza a un gruppo e l’identificazione con i coetanei spingono molte ragazze a provare a fumare, spesso innescando i meccanismi alla base di una dipendenza difficile da abbandonare nel corso degli anni. Anche durante la gravidanza, il legame con la sigaretta è talmente forte che decidono spontaneamente di non venire a conoscenza dei risvolti negativi del fumo per la salute propria e del futuro figlio. Si configura uno scenario critico che ha bisogno di ulteriori ricerche e studi.
“Questa ricerca, che ha comparato la percezione di sigarette tradizionali, elettroniche e a tabacco riscaldato nelle donne in gravidanza, ha fatto emergere il bisogno di ricevere informazione e supporto anche durante i corsi preparto – ha spiegato Pasquale Caponnetto, docente di psicologia Clinica del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Catania e membro del CoEHAR – è necessario investire nella prevenzione e nell’educazione sui danni del fumo durante la gravidanza e aumentare il grado di sensibilizzazione verso le terapie di provata efficacia”.
Il trapelare di una bozza che prevedeva strette sulle ecig e le dichiarazioni del Ministro Schillaci hanno riacceso il dibattito su fumo combusto ed elettronico. Ad intervenire sulla questione, in questi giorni, sia il fondatore che il direttore del CoEHAR di Catania, Riccardo Polosa e Giovanni Li Volti: “Siamo pronti al dialogo ma basato su evidenze scientifiche”
Catania, 8 Marzo 2023 – Raccogliere l’eredità lasciata dalla legge Sirchia non rappresenta un’impresa facile: riproporre e ampliare quell’intenso slancio ideologico e normativo che all’epoca riuscì nell’intento di cambiare radicalmente la percezione del fumo di un’intera generazione comporta sfide non indifferenti.
Ed è la sfida che, nelle prime ore di domenica scorsa, sembrava essere stata accolta dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci. La notizia di una bozza di testo della nuova legge contenente una “stretta sui divieti sul fumo” (stop al fumo all’aria aperta e stop anche all’utilizzo di sigarette elettroniche) ad un certo punto ha sommerso le agenzie di stampa di tutta Italia.
Se non fosse stato che, secondo quanto dichiarato ieri dallo stesso Ministro, la bozza non era ancora stata visionata. Di cosa parlavano allora i giornalisti? Di un’idea di divieto che, a voler leggere i titoli dei giornali di tutta Italia, sembra non avere attecchito nemmeno tra gli stessi sostenitori del governo. Da Matteo Salvini a Vittorio Sgarbi, passando anche per personaggi noti come Gino Paoli, i sostenitori del concetto “adesso non esagerare” hanno preso il sopravvento.
Ma dove sta il punto? Si tratta di una questione di stile o di danno correlato al fumo all’aria aperta? Non è ancora dato saperlo perché a dire degli esperti, i membri della comunità scientifica non sono ancora stati interpellati. Tanto che proprio ieri lo stesso Ministro ha dichiarato “di non aver ancora visionato il testo” ovvero, più semplicemente, di non essere certo di volerlo presentare come prima annunciato.
Ma cosa non convince di questa nuova stretta? La proposta di divieto di svapare all’aria aperta, unita al divieto di fumare sigarette convenzionali pone i due prodotti sullo stesso piano, ma la questione è proprio questa.
Secondo il noto scienziato catanese, prof. Riccardo Polosa: “Non si possono mettere sullo stesso piano sigarette che liberano migliaia di sostanze tossiche e catrame con prodotti senza combustione decisamente molto meno dannosi. Le alternative senza combustione si sono dimostrate dal 95% al 99% meno tossiche delle sigarette convenzionali e rappresentano oggi l’unica vera soluzione per una politica sanitaria che manca di una proposta razionale per tutti coloro che non vogliono o non riescono a smettere. Paesi come Gran Bretagna, Giappone, Svezia, Norvegia e Nuova Zelanda, dove esiste da anni una politica sanitaria aperta alla riduzione del rischio, registrano un crollo delle vendite delle sigarette convenzionali e la eradicazione del tabagismo anche tra i giovani.Inoltre, l’FDA statunitense, la più importante autorità sanitaria del paese, ha di recente approvato la commercializzazione di questi prodotti sdoganandoli come appropriati per la protezione della salute pubblica. In Italia, questo testo che si vorrebbe approvare come intende aiutare chi deve smettere di fumare a farlo? Diabetici, schizofrenici, ipertesi, donne in gravidanza e milioni di altri pazienti come saranno aiutati dal sistema sanitario ad abbandonare il fumo?” – ha chiesto il fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania.
Sebbene si stia parlando di una stesura preliminare, l’idea che i dispositivi elettronici possano essere soggetti alle stesse stringenti norme che regolano il fumo combusto riporta indietro le lancette della ricerca scientifica di oltre un decennio.
“Per meglio comprendere la questione, bisogna capire che mentre la sigaretta brucia a una certa temperatura, e nel farlo produce una serie di sostanze tossiche, il vapore prodotto dalle sigarette elettroniche viene generato per riscaldamento a temperature più basse, basando l’intera tecnologia su un sistema completamente diverso – ha spiegato a Live Sicilia il prof. Giovanni Li Volti, ordinario di Biochimica dell’Università di Catania e direttore del CoEHAR – per un fumatore che ha alle spalle già diversi tentativi di cessazione falliti o la scarsa motivazione a smettere e che di fronte a sé ha una strada che conduce a gravi danni per la salute è auspicabile il passaggio ad alternative decisamente meno dannose”.
Una presa di posizione decisa, frutto dell’esperienza maturata nel campo della ricerca scientifica applicata i nuovi dispositivi e che ha alimentato un sano dibattito sui diritti di fumatori e svapatori. Un clima che ha portato il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato a ribadire proprio oggi che quella trapelata era “una bozza prodotta non sotto impulso del ministro, ma da parte di uffici della nostra struttura”. Il sottosegretario ha dunque sottolineato che eventuali azioni non sono al momento la priorità dell’agenda politica e di cui se ne deve prima “parlare e discutere”.
A conclusione, il prof. Polosa ha dichiarato massimo sostegno all’attività del Ministro e si dichiara pronto ad avviare un dialogo che sia orientato al benessere del fumatore in accordo con le ultime evidenze scientifiche:
“Siamo al 100% con il Ministro Schillaci quando afferma che il fumo fa male e va combattuto con decisione. Ma ribadiamo che la strada dei divieti è inefficace e controproducente, ma noi siamo pronti ad un dialogo scientifico costruttivo e produttivo per la tutela della salute pubblica“.
Catania, 28 febbraio 2023 – È ormai ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica che esiste una correlazione marcata tra il percorso di cessazione dal fumo e i cambiamenti delle abitudini alimentari dei fumatori coinvolti nel processo: alcuni degli aspetti fondamentali sono infatti legati all’aumento di peso, all’alimentazione e a cambiamenti d’umore, soprattutto nella fase iniziale del periodo di astinenza. Pertanto, i cambiamenti consigliati in merito alle abitudini alimentari sono cruciali per determinare il successo di un percorso di addio alla dipendenza da sigaretta.
FoodRec è il progetto del Centro di Eccellenza Internazionale per la ricerca sulla Riduzione del Danno da fumo (CoEHAR), che sfrutta la tecnologia per monitorare le abitudini alimentari delle persone durante il loro percorso di cessazione, cogliendo i cambiamenti rilevanti che possono influenzare la salute del paziente e il successo dell’intero iter. Nella recente pubblicazione “Development and user evaluation of a food-recognition app (FoodRec): Experimental Data and Qualitative Analysis”, pubblicata su Health Psychology Research, il gruppo di ricerca accademica interdisciplinare di informatici, psicologi clinici e medici ha spiegato come è stata creata e testata un’app per il riconoscimento del cibo per monitorare i cambiamenti dell’umore e le abitudini alimentari dei fumatori durante uno studio pilota. L’idea principale era quella di valutare le abitudini alimentari ed eventuali anomalie nei soggetti in diversi momenti durante il percorso di addio al fumo per valutare correlazioni tra i dati osservati e le informazioni note sul trattamento di cessazione.
I test hanno coinvolto 149 fumatori che stavamo smettendo di fumare, di età compresa tra i 19 e gli 80 anni, e che hanno utilizzato l’app FoodRec per due settimane consecutive per valutarne usabilità ed idoneità.
Durante il test qualitativo, la maggior parte degli utenti dell’app si è dichiarata estremamente “contenta” di poter utilizzare questo strumento mentre tentava di smettere di fumare. L’App è stata percepita come estremamente user-friendly e leggera. Inoltre, si è rivelata essere utile per osservare le abitudini alimentari degli utenti e per alleviare lo stress che deriva dalla riduzione dell’assunzione di cibo.
Sono state apprezzate alcune qualità dell’app come la grafica accattivante, snella e intuitiva della sezione “home”, che consente un facile approccio anche da parte degli utenti con una minore padronanza del contesto tecnologico. Hanno ricevuto commenti positivi anche le dimensioni ridotte che la rendono facilmente utilizzabile sul proprio dispositivo e la sezione statistica all’interno dell’app che permette un facile monitoraggio della dieta. Inoltre, i partecipanti hanno affermato che consiglierebbero l’app a familiari e amici. Per il test quantitativo, sono stati analizzati i dati relativi alle caratteristiche degli utenti, al caricamento dei pasti, agli stati d’animo e al consumo di bevande.
“L’esperienza maturata in questo studio studio verrà utilizzata per modificare e perfezionare il protocollo del trial clinico internazionale più esteso durante il quale testeremo l’app su un numero maggiore di utenti e in contesti clinici di programmi per la cessazione dal fumo. Alcune delle problematiche legate alla mancata corrispondenza tra il processo di cessazione del fumo e l’approccio al riconoscimento del cibo devono essere risolte con le prossime versioni dell’app, secondo le prossime fasi del progetto, che si avvarranno anche di tecniche avanzate di Intelligenza Artificiale” – disse il prof. Sebastiano Battiato, Università di Catania.
“Le informazioni desunte nell’ambito del progetto FoodRec aiuteranno i ricercatori ad analizzare le abitudini alimentari dei fumatori che stanno cercando di smettere correlando le abitudini al fumo con le abitudini alimentari e creando percorsi sempre più mirati ed efficaci per affrontare definitivamente la dipendenza dal fumo”, ha concluso il prof. Alessandro Ortis, della stessa Università.
L’algoritmo creato dai ricercatori del CoEHAR per tracciare e monitorare le abitudini alimentari, che individua i singoli alimenti presenti in un’immagine, rappresenta un passo avanti nella ricerca applicata alla disassuefazione dal fumo e potrebbe essere applicato anche ad altri campi di ricerca.
Catania, 27 Febbraio 2023 – “La riduzione del danno è un approccio basato su chiare evidenze scientifiche da adottare per i fumatori che non riescono o non vogliono smettere di fumare” – cosi il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, ha inaugurato stamane la seconda fase del progetto di ricerca Replica 2.0 che vedrà la collaborazione internazionale di 5 Paesi diversi. “Catania dunque ancora una volta capitale mondiale della ricerca antifumo grazie alle attività di ricerca avviate dal CoEHAR”.
Da oggi e fino al 3 Marzo, otto ricercatori provenienti dalle 4 università straniere partner del progetto Replica saranno ospiti del CoEHAR all’Università di Catania per approfondire le tematiche di studio e per predisporre e avviare le attività di ricerca. Nei laboratori della Torre Biologica “F. Latteri”, gli scienziati provenienti da Indonesia, Stati Uniti, Serbia e Marocco avranno la possibilità di lavorare con gli strumenti di ricerca più innovativi al mondo stabilendo modalità, metodologie e standard operativi che potranno essere condivisi con tutta la comunità scientifica internazionale.
“No science is a perfect science”, con questa citazione il prof. Giovanni Li Volti, ha introdotto la giornata inaugurale di una intensa settimana di lavori sulla replicabilità, uno dei più importanti fattori a garanzia della qualità e della trasparenza della scienza. “Se uno studio è replicabile significa che è fatto secondo standard elevati e i suoi risultati possono essere considerati validi ed efficaci. I ricercatori di Replica stanno continuando a replicare gli studi più importanti al mondo condotti su sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato. Dai primi risultati è già emerso, senza alcun dubbio, che questi prodotti rappresentano una soluzione valida per ridurre i danni fumo correlati” – ha spiegato Li Volti.
A dare il benvenuto agli scienziati oggi in Aula Magna erano presenti il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR; il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR; i delegati del Rettore, prof.ssa Lucia Zappalà e prof. Salvo Baglio, e con loro la prof.ssa Maria Angela Sortino, direttrice del Dipartimento Biometec e la prof.ssa Giovanna Russo, vice direttrice del Dipartimento Medclin. In aula anche numerosi studenti di Medicina e Psicologia dell’Ateneo catanese.
Grande entusiasmo, inoltre, da parte degli scienziati intervenuti che si sono dimostrati propositivi nei confronti delle attività e con grandi idee da portare avanti per sviluppare ulteriori ed importanti progetti scientifici.
L’elevato numero di sigarette fumate ogni giorno dai pazienti con gravi disturbi mentali non arreca danno solo ai singoli fumatori ma anche alle rispettive famiglie ed alle persone che li circondano. L’abitudine al fumo è percepita come dannosa e arreca disagi anche a chi sta vicino ai pazienti affetti da schizofrenia che possono arrivare a fumare anche 60 sigarette al giorno.
Catania, 23 Marzo 2023 – Una nuova ricerca qualitativa condotta dal team del CoEHAR Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania ha analizzato la percezione dell’abitudine da fumo dei caregiver dei pazienti affetti da schizofrenia. Per quest’ultimi i prodotti senza combustione sono considerati un’alternativa utile ed efficace per ritrovare sollievo e per diminuire il nervosismo e la tensione causata da una eccessiva e cronica abitudine al fumo di sigaretta convenzionale.
Recenti studi, coordinati dal prof. Pasquale Caponnetto, docente di psicologia clinica presso la sezione di psicologia del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania e fra i leader mondiale della ricerca su questi temi, hanno dimostrato che fra i fumatori con grave psicopatologia il passaggio a prodotti a basso rischio rappresenta un importantissimo fattore di riduzione del rischio di sviluppo di patologie e mortalità fumo-correlate.
I ricercatori hanno analizzato la percezione di familiari ed amici di pazienti con disturbi dello spettro schizofrenico per indagare sulla loro visione del fumo, il suo impatto sulla salute fisica e mentale e i possibili tentativi di combattere la dipendenza.
I risultati di questo studio mostrano che il punto di vista della maggior parte dei partecipanti sul fumo è negativo (83%), sebbene non tutti prendano in considerazione trattamenti per smettere di fumare. Tuttavia, una percentuale molto alta di loro (67%) ha provato ad intervenire con proprie risorse e strategie. Alcuni dicono di aver raccomandato di smettere, e altri sono intervenuti interferendo con l’acquisto di sigarette o stabilendo con il paziente un numero massimo di sigarette al giorno. Sul significato che le sigarette possono assumere per il paziente, emergono temi ricorrenti: sono considerate come un modo per gestire il nervosismo e la tensione o come mezzo per contrastare la monotonia e la noia quotidiana o ripetere gesti e abitudini abituali.
“I fumatori affetti da schizofrenia sono soggetti che utilizzano il fumo come deterrente per alcuni sintomi causati dalla malattia. Per questi pazienti – commenta il prof. Caponnetto – l’intervento di specialisti del settore è una necessità indiscussa. L’associazione di un percorso di cessazione all’utilizzo di strumenti senza combustione si è rivelata negli anni efficace e risolutiva. Se aiutiamo un paziente affetto da malattie mentali a smettere di fumare, riusciamo anche a migliorare la qualità di vita delle persone che lo circondano”.
Un nuovo ed interessante commento pubblicato sulla rivista Nature Medicine e firmato da Kenneth E. Warner (University of Michigan), Neal L. Benowitz (University of California di San Francisco), Ann McNeill (King’s College di Londra) e Nancy Rigotti (Harvard Medical School) conclude, ancora una volta, che le elettroniche aiutano i fumatori a smettere di fumare.
“Le sigarette elettroniche non metteranno fine alla devastazione provocata dalle sigarette tradizionali ma possono contribuire al nobile obiettivo di aumentare il numero di adulti che smette di fumare” – è questa la conclusione degli autori.
Il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, commenta cosi:
“Gli autori dell’articolo pubblicato su Nature Medicine affermano ciò che, insieme ai ricercatori del CoEHAR dell’Università di Catania, sosteniamo ormai da anni con evidenze scientifiche e le testimonianze reali di chi ha smesso con successo. Le sigarette elettroniche e i prodotti senza combustione rappresentano la soluzione più efficace per aiutare i fumatori a ridurre i danni fumo correlati. Ed è indicativo che la prima raccomandazione rivolta agli operatori sanitari e destinata ai pazienti sia semplicemente: le sigarette elettroniche aiutano i fumatori a smettere. I colleghi su Nature descrivono dettagliatamente anche le differenti raccomandazioni tra i numerosi paesi con alti tassi di fumatori e confermano la necessità di un approccio basato su evidenze scientifiche. Le raccomandazioni di Paesi come Stati Uniti, Canada e Australia contrastano notevolmente con quelle del Regno Unito, della Nuova Zelanda, del Giappone e della Svezia, dove la promozione della riduzione del danno da fumo ha portato a risultati epocali con una massiccia riduzione del numero di fumatori”.
Catania, 22 Marzo 2023 – Da lunedì 27 febbraio a giovedì 2 marzo, il CoEHAR (Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania), ospiterà il kick-off meeting del progetto scientifico REPLICA 2.0. Un team di ricercatori provenienti da 5 paesi diversi parteciperà all’evento di formazione coordinato dal prof. Giovanni Li Volti, direttore di CoEHAR e project leader di Replica, e dal prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.
Grazie al successo della prima fase, che ha visto impegnati più di 40 ricercatori in tutto il mondo, il team di REPLICA continuerà a replicare gli studi su sigarette elettroniche e prodotti senza combustione condotti dalle maggiori autorità del settore. L’obiettivo degli scienziati del CoEHAR resta quello di colmare il gap metodologico nel campo della ricerca scientifica applicata alla riduzione del danno da fumo. Gli studi già pubblicati dal team REPLICA, infatti, hanno inequivocabilmente dimostrato una minore tossicità di sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato rispetto alle sigarette convenzionali, ed anche un minor danno vascolare indotto dall’uso di sigarette elettroniche rispetto all’utilizzo di sigarette convenzionali.
L’Università di Catania, già considerato l’ateneo più produttivo al mondo nel campo della ricerca applicata alle sigarette elettroniche, è ormai al centro del dibattito scientifico mondiale sulla scelta delle politiche di sanità pubblica più efficaci per ridurre le morti da fumo nel mondo.
“Grazie alla prestigiosa autorità scientifica riconosciuta per la numerosa produzione di dati di qualità, testate scientifiche e organi di stampa di tutto il mondo seguono con interesse e fiducia i risultati che emergono dagli studi condotti nei laboratori del CoEHAR” – cosi il prof. Riccardo Polosa annuncia la nuova era di Replica 2.0.
“Consideriamo la globalizzazione della conoscenza e la standardizzazione a livello internazionalizzazione delle procedure una garanzia di qualità delle nostre ricerche” – aggiunge il prof. Giovanni Li Volti.
Alla cerimonia inaugurale del kick off meeting di Replica 2.0 parteciperanno: la prof.ssa Bouchra Ghazi dell’Università di Scienze della Salute Mohammed VI, Marocco; il prof. Ronny Lesmana dell’Universitas Padjajaran, Indonesia; il prof. Vladislav Volarevic della Facoltà di Scienze Mediche dell’Università di Kragujevac, Serbia; e il prof. Antonio Giordano della Temple University-Sbarro Health Research Institute, USA. Accoglieranno gli ospiti: la prof.ssa Lucia Zappalà, Delegata del Rettore per l’Internazionalizzazione; il prof. Salvo Baglio, Delegato del Rettore per la Ricerca; la prof.ssa Giovanna Russo, vice Direttrice del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale; la prof.ssa Maria Angela Sortino, Direttrice del Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche; il prof. Massimo Caruso, Co-Principal Investigator del progetto Replica; e la dott.ssa Sonja Rust, project manager di Replica.
Pollenzo, 17 febbraio 2023 – “12,4 milioni di fumatori in Italia sono la prova che il proibizionismo non paga”. Così commenta il Dottor Claudio Zanon, Direttore Scientifico di Motore Sanità, nel corso dell’ultima sessione di lavori della prima delle due giornate della Winter School 2023 di Motore Sanità, in corso di svolgimento a Pollenzo (CN), con il patrocinio dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. “Un dato che è anche il risultato delle politiche di prevenzione finora portate avanti che, evidentemente, non hanno funzionato”, commenta Luciano Flor, già Direttore Generale Area Sanità e Sociale Regione del Veneto. “Fermo restando che la proposta numero uno è smettere di fumare, i professionisti e gli esperti di settore ritengono che occorra intraprendere una strada basata sulla riduzione del rischio attraverso tutti gli strumenti disponibili e le alternative messe in campo”.
Un tema molto dibattuto quello sul fumo. Purtroppo in Italia solo 13mila fumatori si rivolgono ai centri antifumo (268 in tutto, sparsi nel nostro Paese): una percentuale molto piccola (inferiore all’1%) considerato che,per effetto della combustione del fumo di sigaretta, muoiono ogni anno circa 93 mila persone in base alle indicazioni del Ministero della Salute. Le percentuali di cessazione, pur in osservanza delle linee guida, sono modeste e certamente inferiori a una percentuale del 50% dei soggetti trattati con un follow up di 3 anni.
“Negli ultimi anni il dibattito scientifico è soprattutto focalizzato sul fumo elettronico che, secondo alcuni, rappresenta un ulteriore rischio per la questione delle dipendenza da nicotina, mentre per altri esperti rappresenta una buona opportunità di riduzione del rischio legato alla combustione per tutti i fumatori che non riescono a smettere o non vogliono smettere”, chiosa Fabio Beatrice, Primario Emerito di Otorinolaringoiatria in Torino, Fondatore del Centro Antifumo Ospedale SG. Bosco di Torino, Direttore Scientifico del Board di MOHRE. “Il fumo elettronico potrebbe rappresentare una forma di prevenzione parziale nei fumatori incalliti: pur non risolvendo la questione della dipendenza, abbatte di molto la tossicità da combustione a cui sono legate la maggior parte della malattie indotte dal fumo di sigaretta. Il Ministero della Salute della Gran Bretagna lo considera non a caso un’indicazione utile alla salute pubblica. Si ritiene che la strategia clinica della riduzione del rischio presente in tutti gli ambiti della medicina dovrebbe essere opportunamente discussa e applicata, con buon senso ed equilibrio anche al settore del tabagismo visto l’elevatissimo numero di decessi che ogni anno si ripete”.
Per quanto riguarda il fumo e i danni ad esso correlati, relativi anche all’ambiente e alla salute, il numero di studi scientifici sul tema della riduzione del danno negli ultimi 5 anni si è triplicato. A ribadirlo Pasquale Caponnetto, Professore di Psicologia clinica dell’Università di Catania e membro del CoEHAR Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dello stesso ateneo: “Assistiamo a una proliferazione scientifica senza precedenti da ogni parte del globo e si tratta di ricerche internazionali che, per la maggioranza, dimostrano il 90% di minor danno dei dispositivi a rischio ridotto, ovvero privi di combustione. In Italia, 1 italiano su 4 ancora fuma e solo il 9% dei tabagisti riesce a mantenere l’astinenza per più di sei mesi. Purtroppo, ci siamo dimenticati che al centro del dibattito scientifico devono sempre esserci il benessere e la salute fisica e mentale di chi utilizza sigarette e la tutela delle classi più a rischio, giovani e fumatori cronici in primis. Non dimentichiamoci, inoltre, che anche la tecnologia più fornirci un aiuto fondamentale nel trattamento della dipendenza da fumo, attraverso servizi di telemedicina e di realtà virtuale, che possono aiutare tutti coloro che per impossibilità di diversa natura non possono ricevere il supporto e il sostegno di un professionista, un’arma vincente per uscire definitivamente dalla porta del fumo. Il sistema delle politiche pubbliche deve iniziare a dialogare con la scienza e a leggere le evidenze, senza preconcetti di parte. Solo cosi possiamo davvero aiutare chi vuole smettere di fumare ed anche chi non riesce a farlo da solo”.
Docenti dell’Università di Catania e medici del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania hanno incontrato oggi gli studenti del Liceo Statale Ettore Majorana per parlare di prevenzione antifumo ma anche di prospettive future di orientamento accademico. La scienza dell’Harm Reduction è in continuo divenire e raccontare agli studenti delle scuole le prospettive accademiche e formative di questa nuova scienza è un nuovo modo di raccontare la ricerca d’ateneo.
Oggi infatti, mercoledì 15 Febbraio, dalle ore 9 alle ore 11, gli esponenti più illustri del centro di ricerca catanese e della Lega Italiana Anti Fumo hanno parlato ai 170 ragazzi del Liceo catanese di quali sono i danni causati dal fumo e del perché iniziare a fumare è una scelta sbagliata.
Al centro dell’incontro uno spazio dedicato anche al vaping e alla diffusione dell’utilizzo di sigarette elettroniche tra i giovani. Ricordiamo che la vendita di questi strumenti è vietata ai minori. E non iniziare a svapare è la scelta più giusta per i giovani.
Sono intervenuti: il Prof. Giovanni Li Volti, Direttore CoEHAR; il Dr. Michele Compagnone, endocrinologo del Policlinico di Catania; la Prof.ssa Agata Zappalà, Docente di Fisiologia, Biometec – Università di Catania; la Dr.ssa Valeria Nicolosi, giornalista ed esperta di comunicazione sociale del CoEHAR, il Dr. Carlo Bellanca, specializzando in Farmacologia e Tossicologia Clinica – U.O. PID Tossicologia Clinica – Policlinico di Catania ed il Prof. Pasquale Caponnetto, Docente di Psicologia Clinica – Università di Catania.
Catania 18 Gennaio 2023 – Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci riprende la Legge Sirchia e annuncia un aumento dei divieti sulla base di quelli già presenti.
Riccardo Polosa, docente di Medicina Interna e fondatore del CoEHAR dell’Università di Catania interviene cosi:
“Il punto è che la Legge Sirchia compie 20 anni e come ogni strumento di tutela e prevenzione va aggiornato e rivisto, non ampliato. Venti anni fa gli strumenti di riduzione del danno non esistevano nemmeno. E oggi si insiste con una legge desueta che non è contestuale alla realtà, applicandola male peraltro.Se si guardasse di più alla scienza, il Ministero avrebbe una nuova occasione di riscrivere una legge e un nuovo percorso di lotta al tabagismo. Dalla Legge Sirchia in poi l’aumento di divieti e la mancata attivazione di politiche attive per sensibilizzare i fumatori a smettere hanno lasciato un vuoto. A guardare i dati del Ministero, si registra un numero di fumatori in meno, non di più. E se si vuole agire, si deve sensibilizzare. Basti pensare che l’ultima campagna antifumo italiana risale al 2015 anche se sappiamo che la sensibilizzazione antifumo è l’azione più efficace per incidere sui cambiamenti degli stili di vita. Il numero di studi scientifici che dimostrano il minor danno delle sigarette elettroniche e dei dispositivi a rilascio di nicotina senza combustione rispetto alle convenzionali sigarette da combustione è altissimo. Stiamo parlando di ricerche scientifiche internazionali che dimostrano il 90% di danno in meno dei dispositivi a rischio ridotto. Numeri che andrebbero almeno ascoltati e valutati in Commissione Sanità e Affari Sociali. L’Università di Catania, con il CoEHAR che rappresento, è l’ateneo più produttivo al mondo in questo campo. Per i fumatori che non riescono a smettere di fumare da soli, e per i soggetti affetti da particolari patologie, il passaggio da prodotti da combustione verso prodotti che ne sono privi, dimostra efficacemente e scientificamente una riduzione importante e sostanziale del danno. In altri Paesi, come Germania ed Inghilterra in primis, un approccio propositivo nei confronti della riduzione del danno ha dimezzato il numero di fumatori, il 50% in meno grazie al passaggio ai sistemi senza combustione. Ricordiamolo”
In una nuova revisione scientifica pubblicata su Expert Review of Respiratory Medicine il team diretto dal prof. Riccardo Polosa ed in collaborazione con i ricercatori del Guy’s & St Thomas’ Hospitals di Londra mostra le opzioni esistenti per i fumatori con Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) che hanno difficoltà a smettere di fumare.
La BPCO è la terza principale causa di morte a livello mondiale, e causa più di 3 milioni di morti ogni anno. A livello globale, sono più di 65 milioni le persone colpite da BPCO (broncopneumopatia cronico ostruttiva), con più di 3 milioni di pazienti affetti solo in Italia.
Rallentare la progressione della malattia, ridurre le riacutizzazioni respiratorie e migliorare la qualità della vita sono esigenze insoddisfatte nella gestione dei pazienti. La cessazione del fumo è l’unico metodo provato utile a migliorare le condizioni della malattia ma è scoraggiante che la maggior parte dei programmi per smettere di fumare non sembrino funzionare per la stragrande maggioranza dei fumatori con BPCO e che, addirittura, molti pazienti continuino a fumare nonostante i loro sintomi.
Considerato che sono disponibili solo informazioni limitate sull’impatto dei prodotti senza combustione sulla BPCO, un gruppo di ricerca del CoEHAR, guidato dal suo fondatore, il professor Riccardo Polosa, ha scritto questo articolo di revisione per valutare le prove esistenti dagli studi effettuati sull’uomo (e non sugli animali) circa gli effetti sulla salute respiratoria dovuti al passaggio all’utilizzo di prodotti senza combustione per i pazienti con BPCO che fumano sigarette convenzionali.
L’obiettivo principale è fornire ai medici prove sugli effetti del passaggio all’utilizzo di questi prodotti e promuovere raccomandazioni utili all’alfabetizzazione sanitaria nei pazienti con BPCO.
“I pazienti con BPCO che hanno difficoltà a smettere di fumare dovrebbero infatti prendere in considerazione la possibilità di sostituire le sigarette convenzionali con prodotti senza combustione come le sigarette elettroniche o i prodotti a base di tabacco riscaldato. Sebbene non privi di rischi, è riconosciuto che questi prodotti rilasciano emissioni tossiche molto inferiori rispetto alle sigarette combustibili” – afferma il professor Riccardo Polosa. “La nostra revisione è un riferimento importante per i soggetti interessati all’impatto del fumo, alla cessazione o alla eventuale sostituzione” – aggiunge Polosa.
La revisione
Questo articolo di revisione evidenzia la necessità di studi clinici di follow-up a lungo termine, progettati con cura, adeguatamente controllati, per valutare il vero potenziale delle tecnologie di somministrazione di nicotina senza combustione per la cessazione prolungata del fumo e la riduzione del danno derivante, in particolare tra i fumatori con broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO). I risultati appropriati di questi studi dovrebbero includere, tra gli altri, cambiamenti nella funzione polmonare, sintomi respiratori, qualità della vita correlata alla salute, esacerbazioni della BPCO, capacità funzionale fisica, imaging toracico (ad esempio tomografia computerizzata ad alta risoluzione) nonché biomarcatori facilmente accessibili associati alla gravità e alla progressione di questa malattia.
Con l’avvento del 2023, la motivazione e i venti del cambiamento ci spingono verso nuovi approcci e risoluzioni, soprattutto per quanto riguarda alcune la nostra salute, combattendo contro alcune bestie nere come il fumo di sigaretta. Ma come rendere una buona idea un progetto di successo?
Festeggiare il nuovo anno, si sa, è da sempre uno dei motivi principali che spingono le persone a prendere decisioni che cambino in positivo la propria vita.
Complici tre anni in cui i paradigmi mondiali sono stati ribaltati, quest’anno la top ten dei propositi non vede più il classico “smetto di fumare” in cima alla lista, scalzato da propositi che privilegiano invece un miglior bilanciamento tra la vita lavorativa e la vita personale.
Ma anche per questo 2023, la laute fisica e mentale sono tra i grandi temi affrontati, compresa sembra necessità di abbandonare quelle abitudini che invece ci spingono verso la direzione opposta.
Ma perché il 2023 dovrebbe essere un anno differente dagli altri?
Sappiamo infatti, secondo un dato statistico inglese di qualche anno fa, che su 100 fumatori che scelgono di smettere con l’anno nuovo, solo 13 riescono.
Ma è anche vero che chi smette a gennaio ha molte più probabilità di dire addio al fumo per sempre.
Eppure quest’anno, i venti del nuovo anno sembrano garantire molte più chances: innanzitutto, usciamo da anni complessi, dove è tornata alla ribalta più che mai la voglia di investire sulla salute, orientandoci verso scelte consapevoli.
Il tempo, questa grande unità di misura contro cui combattevamo strenuamente, è tornato ad essere un alleato, che, se giustamente valorizzato, può definire degli standard qualititativi di vita molto più elevati.
Ed è questa la spinta principale che dobbiamo sfruttare: recuperato, almeno parzialmente, un equilibrio tra tempo e impegno, possiamo investire su piccoli propositi che rappresentano un cambiamento radicale, in primis dire addio al fumo.
Un esempio? Prendiamo il tempo come unità di misura e metro dei nostri progressi da quando decidiamo di spegnere l’ultima sigaretta della nostra vita:
In 20 minuti cala la pressione e rallenta il battito cardiaco
In 12 ore i livelli di monossido di carbonio si riassettano
In 24 ore i polmoni iniziano a liberarsi dei depositi del fumo
In soli due giorni scendono i livelli di nicotina nel sangue e migliorano gusto e olfatto
In un periodo che va dalle due settimane ai 3 mesi si assistono a cambiamenti significativi: migliora l’umore, la qualità del sonno, la circolazione sanguigna e la respirazione. Addio a tosse e catarro. torna la voglia e le condizioni fisiche per poter effettuare attività fisica liberamente
Dopo 10 anni il rischio di tumore ai polmoni è pari a quello di un non-fumatore.
Ciò che colpisce, è che tenere duro per pochissimo tempo significa già aver compiuto un passo enorme in avanti
Ma come riuscire a rendere il 2023 l’anno giusto?
Innanzitutto, si deve necessariamente prendere coscienza della propria decisione: le feste sono finte, siamo tornati alla routine quotidiana ma con ancora quell’aurea di libertà che si respira dopo le ferie natalizie: inserire un piccola nuova abitudine potrebbe essere meno difficile del previsto.
Anche al lavoro, si rinuncia più facilmente. Una pausa sigaretta in meno si potrebbe giustificare con il dover riprendere task lasciati indietro.
Rivolgersi a servizi di cessazione come ASL e centri antifumo, inoltre, mette in contatto con esperti del settore che sapranno creare un percorso ad hoc basato che sulle esigenze del singolo.
Che state aspettando? Il 2023 è davvero il vostro anno. Dite addio al fumo e investite nel vostro futuro!
Nel 2021 il 2,8% delle persone di 14 anni e più (circa 1 milione e mezzo) ha dichiarato di utilizzare la sigaretta elettronica (il 3,4% dei maschi e il 2,3% delle femmine), mentre il 2,1% ha preferito i prodotti a tabacco riscaldato non bruciato (HnB), come mini-sigarette o capsule riscaldate da appositi dispositivi a temperature più basse di quelle raggiunte nelle sigarette convenzionali. I ragazzi sono i maggiori fruitori della sigaretta elettronica: tra i 18 e i 34 anni, la quota di utilizzatori è del 5,2% (circa il 6% dei maschi e il 4,5% delle femmine), mentre il 4,6% fa uso di prodotti a tabacco riscaldato non bruciato. Sono alcuni dei dati che emergono dall’indagine multiscopo ‘Aspetti della vita quotidiana’ realizzata dall’Istat, che dal 2014 ha iniziato a rilevare l’uso della sigaretta elettronica e, dal 2021, quello dei prodotti a tabacco riscaldato.
Il consumo di prodotti come la sigaretta elettronica e di quelli a tabacco riscaldato non bruciato (HnB) è un fenomeno emergente degli ultimi anni, coinvolge una porzione limitata della popolazione, soprattutto quella giovanile, ma sta dunque lentamente crescendo nel tempo.
Se nel 2014 erano circa 800mila le persone di 14 anni e più che facevano uso della sigaretta elettronica, nel tempo si è assistito a un aumento, specialmente a partire dal 2017, fino ad arrivare nel 2021 a quasi un milione e mezzo di persone. L’aumento nel tempo ha riguardato sia gli uomini che le donne, con livelli tra gli utilizzatori di entrambi i sessi che nell’arco di quasi 10 anni si sono più che raddoppiati.
In questa edizione dell’indagine, l’Istituto nazionale di statistica ha messo sotto la lente di ingrandimento un campione di circa 25mila famiglie distribuite in circa 800 comuni italiani: hanno risposto 19.829 famiglie e oltre 45mila persone.
Dallo studio è emerso un uso a volte combinato dei prodotti: un consumatore su quattro, infatti, usa sia la sigaretta elettronica, sia i prodotti a tabacco riscaldato non bruciato. Inoltre, tre utilizzatori su quattro di sigaretta elettronica e/o prodotti a tabacco riscaldato non bruciato sono anche fumatori.
La rilevazione ha poi messo in luce come la sigaretta elettronica sia utilizzata soprattutto tra i maschi di età compresa tra i 25 e i 34 anni (6,2%) e come l’uso della sigaretta elettronica decresca progressivamente al crescere dell’età, quasi scomparendo tra la popolazione di 65 anni e più.
Il consorzio CoEHAR inizia il 2023 con un primato. Il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, anche per l’anno appena trascorso è stato indicato come uno degli scienziati più produttivi al mondo nel campo della ricerca applicata agli strumenti antifumo.
Polosa è il docente con più pubblicazioni scientifiche dell’ateneo di Catania e risulta nella top ten di tutti gli atenei del Sud Italia come autorità più produttiva nel suo ambito scientifico. A ribadirlo, anche nel 2022, la classifica ufficiale di Plos Biology.
“Updated science-wide author databases of standardized citation indicators” è l’articolo pubblicato dalla prestigiosa rivista Plos Biology che ogni anno rende pubblici i dati relativi all’impatto delle pubblicazioni scientifiche di 100.000 ricercatori nel mondo, in termini di rapporto tra citazioni, ricerche e impatto sulla carriera.
Secondo questo studio, il prof. Polosa anche per il 2022 è tra gli scienziati più citati al mondo. I nomi indicati nella lista vengono rigorosamente classificati in 22 campi scientifici e 126 sottocampi. Una ricerca attenta e minuziosa che ormai da anni vede il primato dello scienziato catanese ancora presente nella Top List internazionale.
Un primato, peraltro, che si associa ad un altro incredibile risultato scientifico del team del CoEHAR di Catania che chiude il 2022 con un numero da record: il gruppo di scienziati affiliati al Centro di ricerca etneo è infatti riuscito a realizzare, in soli 4 anni, ben 128 pubblicazioni scientifiche su riviste prestigiose e tutte dedicate al tema dell’Harm Reduction.
“Un autorevole riconoscimento che mi accompagna ormai da anni grazie soprattutto al grande lavoro svolto dai numerosi ricercatori dell’ateneo di Catania che collaborano ogni giorno con colleghi provenienti da ogni parte del globo.Abbiamo inaugurato una linea di ricerca scientifica che ha già ottenuto risultati epocali aiutando milioni di persone a cambiare approccio e stile di vita. Non abbiamo intenzione di fermarci. La riduzione del danno è un principio che va applicato ad ogni ambito di ricerca e può rappresentare la vera svolta rivoluzionaria per la cura di numerose malattie e per la diffusione di nuovi standard di ricerca scientifica” – così Riccardo Polosa ha commentato la notizia.
Roma, 29 dicembre 2022. La Legge di bilancio 2023, da poco approvata in via definitiva dal Senato, ha finalmente previsto la stabilizzazione della tassazione sulle sigarette elettroniche, prevedendo che a decorrere dal 1° gennaio 2023 l’imposta di consumo sui liquidi da inalazione sia la stessa applicata nel 2022. Un intervento necessario non solo per garantire un gettito erariale fisso da parte del settore ma, soprattutto, per evitare il concreto rischio di ulteriore depauperazione di un asset importante del Made in Italy che, altrimenti, avrebbe subito la quinta modifica normativa in sei anni. Questa la posizione di ANAFE, l’Associazione Italiana Produttori Fumo Elettronico aderente a Confindustria.
“Esprimiamo soddisfazione per la stabilizzazione delle tasse e per questo ringraziamo per l’impegno politico mantenuto, in particolare, il Vice Premier Matteo Salvini, il Vice Ministro al MEF Maurizio Leo e il Sottosegretario di Stato Federico Freni. Il settore del fumo elettronico è stato l’unico a subire un crescente ed esponenziale aumento di tassazione in piena crisi pandemica: in particolare per i liquidi da inalazione sono stati previsti aumenti fino al +150% per quelli con nicotina e +300% per i senza nicotina. Finalmente da oggi il settore può tornare a pianificare investimenti e ad assicurare a tutti gli occupati della filiera (15.000 lavoratori diretti e circa 35.000 indiretti) continuità nella produzione e nelle attività di ricerca e sviluppo. Ma soprattutto, da oggi l’industria del fumo elettronico può concentrarsi maggiormente sul principale problema del mercato, ovvero il contrabbando di prodotti contraffatti, che non rispettano i requisiti di legge e sono potenzialmente rischiosi per la salute”. Così Umberto Roccatti, Presidente di ANAFE Confindustria, che ha poi aggiunto: “Accogliamo, inoltre, positivamente l’indirizzo del nuovo Esecutivo che, in discontinuità rispetto al passato, ha deciso di interrompere una politica fiscale esclusivamente svantaggiosa e punitiva nei confronti dei prodotti innovativi a rischio ridotto. E dunque nei confronti di circa 2 milioni di individui tra persone che usano la sigaretta elettronica per provare a smettere di fumare e coloro che, non riuscendo a smettere, scelgono un prodotto meno dannoso per la salute. Con la rideterminazione dell’accisa sui tabacchi lavorati, infatti – per la prima volta dopo molti anni – il nostro Paese ha scelto di non incentivare più a livello fiscale il consumo di prodotti certamente nocivi come le sigarette tradizionali. Si tratta di una scelta di buon senso a tutela di tutti i consumatori e che, tra le altre cose, risulta in linea con quanto già previsto in altri Paesi europei”.
Il Ministero della Salute presenta i nuovi dati sui tumori in Italia. Ed è subito allarme “stili di vita”. Al Ministero della Salute presentato il volume sui numeri delle neoplasie, frutto della collaborazione tra AIOM, AIRTUM, Fondazione AIOM, ONS, PASSI, PASSI d’Argento e SIAPeC-IAP.
Questi i numeri: nel 2022 in Italia sono stati stimati 390.700 (205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne) nuovi casi di tumore, +14.100 in soli due anni. I cinque carcinomi più frequenti sono quelli della mammella (55.700), colon-retto (48.100), polmone (43.900), prostata (40.500) e vescica (29.200). Serve più impegno per sensibilizzare i cittadini: il 33% è in sovrappeso, il 24% fuma e i sedentari sono passati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021.Pesano i ritardi nell’assistenza accumulati durante la pandemia, ma si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale.
I sistemi PASSI e PASSI d’Argento consentono di stimare la prevalenza di fumo, consumo di alcol, sedentarietà, eccesso ponderale o abitudini alimentari (come consumo di frutta e verdura) nella popolazione di 18-69 anni e nella popolazione ultra 65enne residente in Italia.
Abitudine tabagica
Nel 2021, in Italia, il 24% dei 18-69enni fuma e il 16% è un ex-fumatore. Fra i fumatori uno su 4 (22%) consuma più di un pacchetto di sigarette al giorno. L’abitudine tabagica è più frequente fra gli uomini rispetto alle donne, fra i più giovani, fra i residenti nel Centro-Sud ed è anche fortemente associata allo svantaggio sociale essendo più frequente fra le persone con molte difficoltà economiche o meno istruite. Negli ultimi anni la percentuale di fumatori si è comunque ridotta, lentamente ma significativamente, seguendo il trend in discesa che si osserva da almeno trenta anni. Fra il 2008 e il 2021 la quota di fumatori scende di circa 6 punti percentuali, dal 30% al 24%.
“Ancora una volta nessun accenno alle politiche di riduzione del danno – dice il direttore del CoEHAR dell’Università degli Studi di Catania, prof. Giovanni Li Volti – Il fumo di sigaretta convenzionale incide segnatamente su molti dei tumori evidenziati nel report. Utilizzare strumenti efficaci per aiutare i fumatori che non riescono a smettere da soli con strumenti efficaci, come i prodotti privi di combustione, ridurrebbe l’incidenza dei tumori e l’aggravamento della malattie e sarebbe un vantaggio in più anche per le politiche economiche del sistema sanitario italiano”.
“Non ci illudiamo – spiega il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR – il peso delle morti per cancro e segnatamente per tumori fumo correlati come quelli del polmone e della vescica non si ridurrà negli anni a venire se non si metteranno in campo strategie di politica sanitaria innovative. Le attuali politiche di contrasto al tabagismo non bastano. E’ giunto il momento di un cambio di marcia in linea con le nuove sfide del XXI secolo. La riduzione del danno è un principio riconosciuto dalle più importanti autorità sanitarie internazionali incluse Inghilterra, Nuova Zelanda e Giappone. Una sua capillare adozione salverà milioni di vite nei prossimi anni”.
Il comunicato stampa del Ministero TUMORI: NEL 2022 IN ITALIA STIMATI 390.700 NUOVI CASI, +14.100 IN 2 ANNI POST COVID, PIÙ SCREENING MA È ALLARME PER GLI STILI DI VITA SCORRETTI Aumentano le diagnosi rispetto al 2020. I cinque carcinomi più frequenti sono quelli della mammella (55.700), colon-retto (48.100), polmone (43.900), prostata (40.500) e vescica (29.200). Serve più impegno per sensibilizzare i cittadini: il 33% è in sovrappeso, il 24% fuma e i sedentari sono passati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021.Pesano i ritardi nell’assistenza accumulati durante la pandemia, ma si registra una ripresa dei programmi di prevenzione secondaria e degli interventi chirurgici in stadio iniziale
Roma, 19 dicembre 2022 – Nel 2022, in Italia, sono stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro (nel 2020 erano 376.600), 205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne. In due anni, l’incremento è stato di 14.100 casi. Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2022, è il carcinoma della mammella (55.700 casi, +0,5% rispetto al 2020), seguito dal colon-retto (48.100, +1,5% negli uomini e +1,6% nelle donne), polmone (43.900, +1,6% negli uomini e +3,6% nelle donne), prostata (40.500, +1,5%) e vescica (29.200, +1,7% negli uomini e +1,0% nelle donne). La pandemia ha determinato, nel 2020, un calo delle nuove diagnosi, legato in parte all’interruzione degli screening oncologici e al rallentamento delle attività diagnostiche, ma oggi si assiste alla ripresa dei casi di cancro come in altri Paesi europei. Che rischia di peggiorare, se non si pone un argine agli stili di vita scorretti: il 33% degli adulti è in sovrappeso e il 10% obeso, il 24% fuma e i sedentari sono aumentati dal 23% nel 2008 al 31% nel 2021. Dall’altro lato, va letta positivamente la ripresa dei programmi di screening, tornati nel 2021 ai livelli prepandemici, in particolare quello mammografico raggiunge la copertura del 46%, per il colon-retto del 30% e per la cervice uterina del 35%. Alla riattivazione dei programmi di prevenzione secondaria corrisponde un incremento del numero di interventi chirurgici per cancro del colon-retto e della mammella, anche in stadio iniziale. E nell’assistenza oncologica assume un ruolo di primo piano la vaccinazione anti Covid. Il rischio di morte, tra le persone con storia di cancro e positività all’infezione da SARS-CoV-2, è 2-3 volte superiore tra quelle non vaccinate rispetto alle vaccinate.
E’ il censimento ufficiale, giunto alla dodicesima edizione, che descrive gli aspetti relativi alla diagnosi e terapia delle neoplasie grazie al lavoro dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori), Fondazione AIOM, Osservatorio Nazionale Screening (ONS), PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), PASSI d’Argento e della Società Italiana di Anatomia Patologica e di Citologia Diagnostica (SIAPeC-IAP), raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2022”, presentato oggi in una conferenza stampa a Roma, al Ministero della Salute, con l’intervento del Ministro, Prof. Orazio Schillaci.
“L’aumento a 390.700 del numero assoluto dei casi nel 2022 pone interrogativi per i quali attualmente non ci sono risposte esaurienti – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -. Queste stime per l’Italia per il 2022 sembrano indicare un aumento del numero assoluto dei tumori, in gran parte legato all’invecchiamento della popolazione, in apparente contrasto con l’andamento decrescente dei tassi di incidenza osservato se, ipoteticamente, si considera invariata l’età dei cittadini. Questi dati aggiornati invitano sempre di più a rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria, agendo sul controllo dei fattori di rischio a partire dal fumo di tabacco, dall’obesità, dalla sedentarietà, dall’abuso di alcol e dalla necessità di favorire le vaccinazioni contro le infezioni note per causare il cancro, come quella contro l’HPV”.
“Il volume costituisce un supporto di grande valore per il Servizio Sanitario Nazionale, per il Ministero della Salute e, indubbiamente, per i pazienti oncologici, ai quali, mai come adesso, è necessario offrire le pratiche migliori di prevenzione, cura e assistenza – spiega il Ministro della Salute, Prof. Orazio Schillaci, nella prefazione del libro -. Come emerge dall’analisi, a seguito di decenni caratterizzati da notevoli progressi, la pandemia di Covid-19 ha determinato una battuta d’arresto nella lotta al cancro, causando in Italia, nel complesso, un forte rallentamento delle attività diagnostiche in campo oncologico, con conseguente incremento delle forme avanzate della malattia. Questi ritardi sicuramente influiranno sull’incidenza futura delle patologie neoplastiche. Inoltre, per quanto riguarda i fattori di rischio comportamentali, i dati raccolti durante il biennio 2020-2021 segnano un momento di accelerazione per lo più in senso peggiorativo. Si tratta di un dato che non può non destare preoccupazione se si considera che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati intervenendo su fattori di rischio prevenibili, soprattutto sugli stili di vita”.
È infatti necessario sensibilizzare i cittadini sulle regole di prevenzione primaria. “I dati PASSI sugli stili di vita confermano la non ottimale aderenza dei cittadini ad uno stile di vita sano – afferma Maria Masocco, Responsabile scientifico dei sistemi di sorveglianza PASSI e PASSI d’Argento, coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità -. Dall’analisi delle serie storiche dei fattori di rischio comportamentali, emerge che non ci sono stati grandi miglioramenti negli ultimi 15 anni e, ad eccezione dell’abitudine al fumo di sigaretta che continua la sua lenta riduzione da oltre un trentennio, il consumo di alcol a rischio, la sedentarietà e l’eccesso ponderale, complessivamente, peggiorano o restano stabili. Non solo. In piena pandemia, durante il biennio 2020-2021, questi trend hanno subito modifiche per lo più in senso peggiorativo. L’impatto della pandemia sugli stili di vita è più visibile nel 2020 e sembra, in parte, rientrare nel 2021. Ma gli sforzi per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione primaria non devono fermarsi”.
Come emerge dall’indagine che ha coinvolto10 anatomie patologiche per i tumori della mammella e 12 per il colon-retto, il numero di carcinomi della mammella operati nel 2020 è risultato inferiore del 4,7% (-151 casi) rispetto al 2019, per poi risalire nel 2021 (+ 441 casi, +14,5%). Nel 2020, il numero di carcinomi del colon-retto operati è risultato inferiore del 10,8% (-238 casi) rispetto al 2019, mentre è cresciuto di 233 casi (+11,9%) nel 2021 rispetto al 2020. “Questa edizione contiene l’aggiornamento al 2021 dell’indagine contenuta nella scorsa edizione sull’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 sugli interventi chirurgici dei tumori della mammella e del colon-retto – evidenzia Guido Mazzoleni, Azienda Sanitaria di Bolzano, Registro Tumori di Bolzano, Referente SIAPeC-IAP -. I risultati aggiornati fanno emergere, in generale e per entrambi i tumori, un aumento dei casi operati nel 2021 rispetto al 2020 e un incremento della percentuale dei tumori pTis, cioè in stadio iniziale, nel 2021 rispetto agli anni precedenti, sia nella mammella che nel colon-retto, a conferma di una ripresa degli screening oncologici. Va, inoltre, segnalato un aumento in entrambe le neoplasie delle categorie N0 e N1a, verosimile indicatore di una presa in carico più precoce dei tumori diagnosticati”.
Nel 2021 si osserva, infatti, un ritorno ai dati pre-pandemici anche per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Per la mammografia il valore medio italiano, che nel 2020 si era attestato al 30%, nel 2021 ritorna in linea (46,3%) con i valori di copertura (cioè la proporzione di donne che hanno effettuato la mammografia sul totale della popolazione avente diritto) del periodo 2018-2019. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il valore complessivo si attestava intorno al 30%, per ridursi al 17% nel 2020 e risalire al 30% nel 2021. Lo screening cervicale presentava valori pre-pandemici intorno al 38-39%, un calo al 23% nel 2020 e un livello di copertura del 35% nel 2021. “Questi dati ci consegnano un Paese a due, se non a tre velocità, ma anche con notevoli capacità di rispondere alle emergenze – sottolinea Paola Mantellini, Direttrice Osservatorio Nazionale Screening -. La maggior parte delle attività di screening non è stata ferma durante la pandemia, ma il Covid-19 ha messo in risalto ancora di più le fragilità di questi programmi, già evidenti in epoca pre-pandemica. L’obiettivo non è recuperare i ritardi indotti dall’emergenza sanitaria, ma ottenere livelli di copertura ottimali che, in determinate aree del Paese e per alcuni programmi, non si sono raggiunti nemmeno prima della pandemia. Perché più i livelli di copertura saranno elevati, maggiore sarà la nostra capacità di diagnosticare la malattia in fase precoce. È infatti importante segnalare che, all’interno di ogni singola macro-area, ci sono Regioni con maggiore capacità di ripresa ed altre in evidente difficoltà anche nel 2021”.
Un capitolo del libro è dedicato all’impatto del Covid sui pazienti con tumore. “In Italia, la pandemia ha causato un aumento della mortalità dei pazienti oncologici, soprattutto nei maschi, in età avanzata, con tumore diagnosticato da meno di 2 anni e nelle neoplasie ematologiche – spiegano Fabrizio Stracci,(Presidente AIRTUM) e Diego Serraino (Direttore, SOC Epidemiologia Oncologica e Registro Tumori del Friuli Venezia Giulia, Centro di Riferimento Oncologico, IRCCS, Aviano) -. È fondamentale che i pazienti fragili, tra cui rientrano quelli oncologici, si vaccinino. Infatti uno studio su tutti i residenti in Friuli Venezia Giulia e nella provincia di Reggio Emilia ha evidenziato che il rischio di morte tra gli individui con storia di cancro e di positività all’infezione da SARS-CoV-2 è 2-3 volte superiore tra i non vaccinati rispetto ai vaccinati”.
A fronte dei 2 milioni e mezzo di cittadini che vivevano in Italia nel 2006 con una pregressa diagnosi di tumore, si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima. L’aumento è stato particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020, circa 2,4 milioni di persone (65% del totale) hanno ricevuto la diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni (39% del totale) da oltre un decennio. Sono oltre un quarto (27%) le persone guarite tra quelle che vivono dopo una diagnosi di tumore.
“Nella stragrande maggioranza dei casi, una persona libera da malattia oltre i 10 anni dal termine del trattamento può, in assenza di recidiva, essere considerata guarita – conclude Giordano Beretta, Presidente Fondazione AIOM -. Fanno eccezione a questa regola alcuni tumori in cui il tempo di guarigione è più lungo e le neoplasie insorte nell’età infantile e adolescenziale, in cui possono bastare 5 anni. Il fatto che una persona, a cui è stata diagnosticata una patologia oncologica, possa essere considerata guarita rappresenta un radicale cambiamento di paradigma, che diventa anche un elemento motivante per l’adesione agli screening, una volta che si sia compreso che la guarigione è tanto più facile quanto più precoce è la diagnosi. In Italia i pazienti oncologici guariti, però, rischiano ancora di incontrare concrete difficoltà quando, ad esempio, cerchino di stipulare un’assicurazione sulla vita o richiedano un mutuo o un finanziamento bancario. Ecco perché è fondamentale attuare, anche in Italia, una legge sul ‘Diritto all’Oblio’, seguendo l’esempio di altri Paesi europei”.
ATLANTA – Gli scienziati più illustri in tema di Harm Reduction stanno chiedendo ai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) di controllare e correggere la disinformazione che sopravvaluta i pericoli delle sigarette elettroniche.
L’iniziativa si chiama “Moving Forward”.
Un gruppo di esperti di salute pubblica di 5 importanti università americane, insieme al procuratore generale dell’Iowa, hanno pubblicato un editoriale sulla rivista ADDICTION richiamando l’attenzione su come il CDC e il Surgeon General degli Stati Uniti perpetuano la disinformazione sulle sigarette elettroniche. Chiedono al CDC di adottare misure concrete per affrontare e correggere gli errori, rafforzando così la sua reputazione.
Gli autori identificano la gestione da parte del CDC dell’epidemia EVALI del 2019 come un problema di informazione. Mentre ora è noto che queste lesioni polmonari sono state causate dall’acetato di vitamina E aggiunto ai vapori di marijuana illeciti, il CDC continua a utilizzare una denominazione obsoleta e imprecisa per questa malattia: “E-cigarette, o Vaping, Product Use-Associated Lung Injury” (EVALI) — che fa più male che bene alla salute pubblica.
“I fumatori hanno ancora il doppio delle probabilità di identificare le sigarette elettroniche come la causa di una grave epidemia invece che identificare la causa corretta dettata dall’uso di prodotti da svapo di marijuana contaminati“, ha affermato il professor Michael Pesko della Georgia State University.
“Poiché molti fumatori credono erroneamente che le sigarette elettroniche siano altrettanto o più pericolose delle sigarette, la disinformazione riduce la cessazione del fumo che altrimenti si verificherebbe. Di conseguenza, la salute della popolazione ne risente”.
Parte del problema nasce dall’incomprensione di cosa siano le sigarette elettroniche.
“Un dispositivo di svapo contenente THC non è una sigaretta elettronica più di quanto uno spinello contenente cannabis sia una sigaretta”, ha affermato il coautore Jonathan Foulds del Penn State College of Medicine. “Raccomandiamo al CDC di fornire una definizione semplice di questi prodotti. “Una sigaretta elettronica è un prodotto che trasforma un liquido contenente nicotina in un aerosol che viene inalato tramite un bocchino”. Questa definizione eviterebbe la recente confusione riguardo ai dispositivi che utilizzano altre droghe”.
Gli autori chiedono inoltre al CDC di correggere la disinformazione relativa al ruolo delle sigarette elettroniche nell’uso di sigarette da parte dei giovani.
“La disinformazione dal sito web del Surgeon General che implica l’uso di sigarette elettroniche come causa del fumo tra i giovani non è coerente con le prove”, ha spiegato il coautore Cliff Douglas dell’Università del Michigan.
“Mentre l’uso di sigarette elettroniche da parte dei giovani ha raggiunto il picco nel 2019, il fumo giovanile è recentemente sceso a livelli storicamente bassi, inferiori al 2%. Abbiamo molto rispetto per il lavoro del CDC e dell’Ufficio del Surgeon General”, ha affermato Pesko. “Ma per invertire la tendenza al declino della fiducia nelle istituzioni sanitarie pubbliche, è importante che aggiornino pubblicamente le loro dichiarazioni o raccomandazioni quando diventano disponibili nuove prove significative”.
Si è svolto al Royal College of Physicians (Rcp) di Londra l’E-cig summit, l’evento annuale dedicato alle evidenze scientifiche e alle normative relative alle sigarette elettroniche, che quest’anno celebra il decimo anniversario. Il 2022 segna anche un’altra importante ricorrenza: sessant’anni fa infatti, il Royal College of Physicians pubblicava il primo innovativo rapporto sugli esiti del fumo sulla salute (“Smoking and Health”, 1962), che confermò la correlazione tra il fumo di sigaretta e il cancro ai polmoni.
Obiettivo principe del convegno, che riunisce ricercatori, clinici e studiosi provenienti da tutto il mondo, è quello di facilitare il dialogo rispettoso e l’analisi minuziosa delle evidenze scientifiche riguardanti il fumo e le nuove alternative alle sigarette tradizionali. L’E-cig summit si propone dunque come una piattaforma di confronto neutra, dove esplorare ed interpretare i dati disponibili al fine di delineare le strategie più efficaci per porre fine alle morti per fumo – che rappresentano tuttora la prima causa di morte prevenibile al mondo – e alle malattie ad esso collegate.
Le sigarette elettroniche nascono infatti con l’intenzione di fornire agli adulti fumatori un’alternativa alle tradizionali sigarette con combustione poiché, nonostante gli sforzi decennali per il controllo del tabacco e l’educazione alla salute pubblica sui danni provocati dal fumo, il declino del tasso di fumatori tradizionali è stato finora troppo lento.
“Tanto le autorità regolatorie quando i responsabili politici – si legge nella presentazione del summit – si interrogano sul ruolo della nicotina e delle sigarette elettroniche nella società, ma il fine ultimo comune dovrebbe essere quello di porre fine all’epidemia causata dal fumo. Per farlo bisogna garantire che la discussione sull’argomento venga sostenuta da prove scientifiche e trasmessa attraverso una comunicazione accurata”.
Secondo quanto affermato durante il panel introduttivo da Tim Phillips, fondatore e consigliere delegato di E-cigIntelligence, nel corso del prossimo anno il valore di mercato dei nuovi prodotti contenenti nicotina raggiungerà i 50 miliardi di dollari a livello globale e gli utilizzatori di tali prodotti arriveranno ad essere 100 milioni.
Durante il panel “Vaping, nicotine and health effects. What do we know and need to find out?” (Svapare, nicotina ed effetti sulla salute, cosa sappiamo e cosa dobbiamo ancora scoprire?), illustri esponenti del mondo della medicina e della ricerca hanno risposto alle domande proposte dalla moderatrice Ann McNeill, professoressa della dipendenza da tabacco dell’Istituto di psichiatria, psicologia e neuroscienze del King’s College di Londra.
Parlando di come si potrebbero esortare i fumatori di sigarette tradizionali ad abbandonarle in favore delle alternative senza combustione, ed in particolare le e-cigarettes, nonostante non si abbiano ancora dati ed evidenze certe riguardanti i potenziali rischi per la salute collegati ad un utilizzo prolungato delle stesse, Peter Hajek, professore di psicologia clinica e direttore dell’unità di ricerca sulla salute e gli stili di vita del Wolfson Institute of population health, della Queen Mary University di Londra, ha spiegato che “una comunicazione allarmistica riguardo le sigarette elettroniche, da parte di media e istituzioni scientifiche, rischia – paradossalmente – di far tornare alle sigarette tradizionali proprio coloro che avevano invece scelto di utilizzare l’e-cig. È dunque importante che i professionisti siano formati e informati adeguatamente”.
Per traghettare i fumatori tradizionali verso le nuove alternative senza combustione, secondo la dottoressa Debbie Robson, docente di riduzione del danno da tabacco del centro nazionale per le dipendenze dell’Istituto di psichiatria, psicologia e neuroscienze del King’s College di Londra, un aspetto da non sottovalutare è l’eliminazione dello stigma con cui devono fare i conti coloro che continuano a scegliere le normali sigarette e non hanno mai provato quelle elettroniche: “Non tutti quelli che si trovano in questa situazione lo hanno scelto. Ci sono infatti persone che non possono permettersi di acquistare un dispositivo – ha spiegato la dottoressa Robson – o che non acquistano le sigarette, ma le raccolgono dalla strada. Anche questi sono fumatori che dovrebbero avere la libertà di poter scegliere un’alternativa alle sigarette tradizionali. Non devono essere stigmatizzati”.
Maciej L. Goniewicz, professore di oncologia della divisione per la prevenzione del cancro e gli studi sulla popolazione del Roswell Park Comprehensive Cancer Center, ha rimarcato il fatto che l’utilizzo delle sigarette elettroniche è consigliato solo ed esclusivamente agli adulti già fumatori. “Se una persona non fuma, non ha alcuna ragione per avvicinarsi alle sigarette elettroniche” ha spiegato il professor Goniewicz.
Un altro aspetto cruciale e complesso riguardante le e-cigs è quello regolatorio, come si è evidenziato durante la tavola rotonda dedicata alla sanità pubblica, al controllo del tabacco e alla regolamentazione del settore, ancora una volta moderata dalla professoressa McNeill.
Tra gli speaker era presente il professor Liam Humberstone, direttore tecnico della Totally Wicked- Independent British Vape Trade Association (Ibvta), che, interrogato sull’efficienza della regolamentazione nel Regno Unito, ha commentato: “Nonostante le imperfezioni e le iniziali difficoltà, il Regno Unito rappresenta senza ombra di dubbio un modello a livello globale per quel che riguarda la riduzione dei rischi collegati al tabacco attraverso l’uso delle sigarette elettroniche. A doverci preoccupare dovrebbe essere il mercato nero di questa tipologia di prodotti, che propone device non conformi agli standard e attrattivi per il loro costo ridotto”.
Al vaglio degli enti regolatori è dovuta passare anche la quantità di nicotina che può essere presente nei liquidi delle e-cigs, fissata ad un massimo di 20 mg/ml dalla Tobacco product directive (Tpd), la direttiva europea sui prodotti del tabacco (entrata in vigore in Italia nel maggio 2017). Secondo il professor Martin Jarvis, docente emerito di psicologia al dipartimento delle scienze comportamentali e della salute dell’University College di Londra, le restrizioni sul contenuto di nicotina operate con la TPD “sono un grosso errore ed hanno come presupposto un atteggiamento giudicante nei confronti di coloro che fanno uso di prodotti contenenti nicotina. Questa norma infatti ha come assunto il fatto che spetti ai regolatori giudicare cosa è giusto o sbagliato per la salute pubblica in termini di disponibilità della nicotina, quando invece io credo non siano nella posizione di farlo”.
Catania, 9 Dicembre 2022 – Una pletora di studi di scarsa qualità nel campo della scienza applicata alle sigarette elettroniche sta distorcendo la verità scientifica. Ciò è dovuto in parte al processo di revisione editoriale delle principali riviste scientifiche, che spesso dà voce a interpretazioni errate e conclusioni fuorvianti. Nel loro commento “A tale of flawed e-cigarette research undetected by defective peer review process” published in Internal and Emergency Medicine, i due maggiori scienziati della riduzione del danno, il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, ed il prof. Konstantinos Farsalinos, dell’Università West Attica, denunciano il pericolo di un’escalation nella promozione e diffusione di una narrativa anti-vaping supportata da prove di bassa qualità.
I due scienziati spiegano che sempre più ricerche non tengono conto della rilevanza della tempistica dell’evento che è fondamentale per stabilire relazioni di causa ed effetto: ad esempio, studi trasversali che non includono informazioni sull’età in cui si è iniziato a fumare o a svapare non possono essere affidabili per trarre conclusioni sulle potenziali associazioni all’insorgere di malattie fumo correlate. Quel che è peggio, secondo gli autori, è che nessuno nelle redazioni di note riviste scientifiche sembra verificare questi dettagli.
Gli autori hanno considerato, come esempio, un lavoro di Parker (2020), che ha analizzato il Behavioral Risk factor Surveillance System (BRFSS) sul possibile “rischio di ictus” associato all’uso di e-cig: hanno riferito che il passaggio dal fumo al vaping non conferisce benefici per l’ictus e che gli utenti di sigarette elettroniche che erano ex o attuali fumatori di sigarette convenzionali avevano probabilità di ictus significativamente più elevate. Il fatto è che all’interno del rapporto non erano disponibili informazioni sull’età di inizio del vaping o sull’insorgenza di ictus. Pertanto, nessuna inferenza causale può essere applicata tra i due eventi. E questo non è l’unico caso.
“Stiamo assistendo ad una proliferazione di narrativa anti-vaping guidata da scienza e ideologia di bassa qualità, ed è per questo che la posizione degli esperti rimane divisa ed incide sulle politiche pubbliche. Di questo stato di cose sono da ritenersi responsabili i direttori di importanti riviste scientifiche. È in gioco la credibilità dei ricercatori di sanità pubblica” – ha affermato Polosa.
Come simbolo di buona scienza, gli autori citano un documento di Rodu e Plurphanswat (2022) che ha utilizzato il Population Assessment of Tobacco and Health Survey PATH, che contiene informazioni sull’età della diagnosi di una malattia specifica e sull’iniziazione al fumo o al vaping. Come affermato in questo studio, le malattie legate al fumo sono state diagnosticate solo raramente nelle persone che hanno svapato prima dell’età della diagnosi, mentre le stesse malattie sono state quasi sempre diagnosticate dopo l’età d’inizio del fumo. I casi di malattia che si sono verificati dopo la prima esposizione al fumo hanno rappresentato il 97% di tutti i casi di BPCO, il 96% di enfisema, il 98% di infarto del miocardio e il 93% di ictus. Inoltre, la maggior parte di queste malattie è stata diagnosticata negli intervistati che hanno iniziato a fumare prima dei 18 anni di età.
“Molti articoli pubblicati sulle autorevoli riviste scientifiche non analizzano e non considerano la precedente storia di fumo dei pazienti o qualsiasi informazione di inizio esposizione o diagnosi. Invece di fidarci del processo scientifico, stiamo basando le scelte di salute pubblica sul passaparola, sulla raccolta delle ciliegie e sulle esagerazioni” – ha aggiunto Farsalinos.
La diffusione di informazioni imprecise sui prodotti senza combustione da parte degli editori e, successivamente, dei media contribuisce allo scetticismo e all’incertezza del pubblico, in particolare tra i fumatori, che di conseguenza sono scoraggiati dall’adottare stili di vita a rischio ridotto.
“Abbiamo bisogno di giornalisti e ricercatori informati che contribuiscano a diffondere dati corretti, comprendendo un semplice assioma che l’associazione non sempre può essere interpretata come un rapporto di causa-effetto” – conclude Polosa.
I risultati chiave di uno studio condotto dai ricercatori dell’Oxford Population Health (Regno Unito), dell’Università di Pechino e dell’Accademia cinese delle Scienze mediche, sono stati pubblicato su The Lancet Public Health.
Il 40% dei fumatori a livello mondiale è concentrato in Cina, dove il principale aumento del consumo di sigarette confezionate si è verificato tra il 1980 e il 2010.
I risultati dello studio dimostrano che:
Di quasi 85 cause di morte e 480 malattie studiate, il fumo è associato a un’aumentata incidenza di 56 malattie specifice (50 per gli uomini e 24 per le donne) – in particolare 10 malattie cardiovascolari, 14 respiratorie, 14 tumorali, 5 digestive e 13 altre malattie -, e a un maggiore rischio di morte per 22 cause specifiche (17 per gli uomini e 9 per le donne);
Rispetto ai non fumatori, i fumatori regolari hanno circa il 10% in più di rischio di sviluppare qualsiasi malattia, che va dal 6% di rischio in piu’ di diabete al 216% di rischio in piu’ di cancro alla laringe;
I fumatori abituali che vivono in aree urbane tendono a iniziare a fumare in giovane età, fumano una quantità maggiore rispetto a quelli nelle aree rurali, e sono a più alto rischio di morte;
Il 19,6% dei decessi degli uomoni (24,3% di quelli residenti in contesti urbani e il 16,2% di quelli residenti in contesti rurali) e il 2,8% dei decessi femminili sono stati attribuiti al fumo regolare;
E’ stato riscontrato che le persone che hanno smesso di fumare volontariamente (cioè prima di sviluppare malattie gravi) hanno livelli di rischio simili a quelli di persone che non hanno mai fumato, 10 anni dopo aver smesso;
Nonostante la minore prevalenza e intensità del fumo nelle donne fumatrici, queste hanno maggiori rischi di sviluppare malattie respiratorie, mostrando di avere una particolare vulnerabilità ai danni del tabacco rispetto agli uomini;
I ricercatori stimano che i fumatori di entrambi i sessi muoiano 3,5 anni prima dei non fumatori, e sostengono che questo divario di sopravvivenza tra fumatori e non fumatori aumentera’ significativamente nei decenni futuri.
Il tasso complessivo di fumo scende all’8% poiché il Paese persegue l’obiettivo di eliminare totalmente questa percentuale entro il 2025, molti consumatori però potrebbero passare allo svapo.
Articolo di Melania Torrisi
Il numero di persone che fumano in Nuova Zelanda è sceso ad un minimo storico, mentre il Paese avanza con piani ambiziosi per eliminare il fumo nella new generation. I dati rilasciati giovedì 17 novembre, infatti, hanno mostrato che il numero di persone che hanno il vizio del fumo è sceso all’8%, il tasso più basso dall’inizio delle registrazioni, rispetto al 9,4% dello scorso anno.
Il Ministro della Salute Neo Zelandese, la Dott.ssa Ayesha Verrall, ha attribuito questa diminuzione agli interventi del Governo affermando che: “Il piano attuato per ridurre il fumo sta funzionando. Il numero di persone che fanno uso di sigarette è diminuito di 56.000 unità nell’ultimo anno, nonostante le pressioni e lo stress della pandemia, i tassi risultano essere la metà di quelli di 10 anni fa“. A differenza degli altri Paesi che hanno visto un aumento dei tassi di fumo durante la chiusura pandemica, la Nuova Zelanda ha dimostrato avere un’ottima tendenza positiva con un trend decisamente in calo.
La media OCSE Neo Zelandese più recente è stata del 16,5%, mentre il tasso dell’Australia è del 10,7% e quello del Regno Unito è del 13,8%. È probabile, tuttavia, che una parte sostanziale del Paese che ha deciso di smettere stia passando alla sigaretta elettronica. Secondo gli ultimi dati, l’aumento degli utenti giornalieri di svapo è stato maggiore del calo dei fumatori: infatti l’8,3% degli adulti ha dichiarato di utilizzare quest’ultima quotidianamente, rispetto al 6,2% dello scorso anno.
Ad agosto, il Governo della Nuova Zelanda ha presentato un disegno di legge, come prima legislazione al mondo, contenente l’impedimento alla futura generazione di poter acquistare sigarette in maniera legale. Queste, che hanno superato la loro prima lettura, stabiliscono un’età di acquisto in costante aumento in modo tale che gli adolescenti non possano mai acquistare legalmente quest’ultime, dando vita così ad una “generazione senza fumo”. Queste misure sono considerate una novità mondiale e hanno attirato da un lato un misto di elogi per l’innovazione e dall’altro preoccupazioni per la loro natura non testata.
Alcuni dati dicono che i maggiori cali di quest’anno sono stati tra i Māori, che in genere hanno tassi di fumo molto elevati rispetto alla popolazione complessiva. La Verrall ha affermato che un quarto delle fumatrici Māori ha smesso negli ultimi 12 mesi, passando così dal 24,1% al 18,2% di quest’anno.
Oltre all’aumento dell’età da fumo, le leggi della Nuova Zelanda prevedono una riduzione di nicotina nelle sigarette che potranno essere vendute solo attraverso tabaccherie specializzate, piuttosto che in botteghe o supermercati come avveniva negli anni precedenti. Suddetta legislatura dovrebbe entrare in vigore dal prossimo anno e fa parte del “piano” per rendere la Nuova Zelanda il primo Paese al mondo in cui non si potrà fare utilizzo di fumo dal 2025, come comunicato dalla stessa Verrall.
Nonostante l’informazione “fai da te” la maggior parte degli utilizzatori di sigarette tradizionali è convinto che i prodotti nuovi, “smoke free” facciano meno danni alla salute. Ma cosa ci dice il primo rapporto del Censis sul fumo di sigaretta e prodotti senza combustione?
Il focus dell’indagine ha coinvolto ben 1300 utenti italiani dai 18 anni in su e ha riguardato, da un lato il rapporto tra innovazione e sostenibilità, dall’altro il processo di metamorfosi del rapporto tra cittadini e sigarette tradizionali o prodotti senza combustioni.
La Responsabile dell’Area Welfare e Salute del Censis, Ketty Vaccaro, sottolinea che l’indagine svolta per il 2021 ha voluto indagare sull’opinione e sulle conoscenze dei nuovi prodotti da una parte e la percezione su tutti i prodotti da fumo dall’altra. Il target a cui ci si è rivolti può essere poi individuato ed analizzato attraverso due fasce: la prima che comprende i fumatori abitudinari di lungo corso, che vanno dai 20 ai 30 anni di fumo; la seconda ingloba quelli tradizionali, che hanno oltre i 64 anni di età, e che in maggioranza sono donne, le quali sembrano preferire le classiche sigarette ai prodotti senza combustione, di cui ne usufruiscono di più gli uomini.
La percezione del rischio segue il trend graduato della pericolosità dei dispositivi presi in analisi. Oltre la metà della popolazione sondata pensa che i prodotti senza combustione siano meno pericolosi delle classiche sigarette, ma in realtà questi vengono percepiti come utili per smettere progressivamente di fumare.
Giorgio Vittadini, della Fondazione per la Sussidiarietà sostiene che “I piaceri, entro certi limiti, sono positivi” e che “Stare da soli fa fumare di più” sottolineando così la centralità dei comportamenti individuali e la dannosità e la gravità della frequenza.
Ma perché si fuma e si inizia a fumare?
“Purtroppo, su coloro che dovrebbero smettere di fumare dobbiamo convenire che soltanto il 10% ci riesce. La lotta che il medico compie deve essere quella dell’abolizione totale del fumo, perché questo è il nostro ideale, anche se non sempre gli ideali si raggiungono. Molto spesso, anche in altri campi come nella gestione dell’ipertensione, del colesterolo o del diabete, non riusciamo a raggiungere i target che ci siamo proposti. Quindi non vedo perché non si debba quantomeno valutare l’ipotesi di una riduzione del rischio, attraverso strade che aspettano il nostro lavoro per una dimostrazione clinica efficace e che riducono le componenti tossiche. Dalla ricerca Censis emerge che del 20% che è passato ai prodotti smoke free un 4-5% è poi riuscito a smettere; quindi, potrebbe essere una via da prendere in considerazione, certamente da non demonizzare”.
Queste sono le parole del Presidente di Fondazione Fadoi, Andrea Fontanella, riportate da AdnKronos, a margine della presentazione al Cnel del primo Rapporto Censis su fumo di sigaretta e prodotti senza combustione in Italia.
Ciò che emerge è che tutti i fumatori intervistati riferiscono che almeno una volta il medico ha detto loro di smettere, in alcuni casi di ridurre il fumo, però solo il 7% è stato indirizzato a un centro antifumo. L’informazione al riguardo dovrebbe essere potenziata, anche tramite i new media, così da poter prendere in considerazione tutte le fasce d’età. Inoltre, bisognerebbe cercare di dare concretezza all’ipotetico desiderio di concludere il rapporto con le sigarette, anche tramite il passaggio a prodotti smoke free, che indica proprio questa intenzione: avere un prodotto che fa meno male e aiuta a smettere. Essere, dunque, indirizzati su strategie di riduzione del danno ed avere un giusto sostegno potrebbe salvare qualche vita in più.
I dati mostrano che dispositivi elettronici usa e getta a rilascio di nicotina stanno riscuotendo ampio successo tra i più giovani: i dati sul consumo giovanile però devono essere letti alla luce della tendenza generale e dei dati di diffusione del tabagismo tra gli adolescenti, ancora troppo alti.
Il boom delle sigarette elettroniche tra i giovani è un fenomeno che deve essere osservato e monitorato attentamente: ultima in ordine di tempo, la moda che spopola tra gli adolescenti è quella delle sigarette elettroniche usa e getta, ovvero piccoli dispositivi che consentono circa 600-700 puffate, alla fine delle quali, le usa e getta possono essere smaltite (il come farlo è un altro tema da affrontare, e lo faremo).
L’aumento del consumo adolescenziale ha comunque iniziato a preoccupare gli esperti che ritengono questi dispositivi piccoli, facili da maneggiare e con diversi colori e aromi particolarmente pericolosi per i giovani consumatori, portando a sostegno delle proprie teorie alte percentuali di consumo e di dipendenza.Purtroppo, però, si parla di una categoria particolarmente a rischio e influenzabile: lo stesso campione di giovani che un tempo fumava e, per imitazione o per distinzione dal gruppo, aveva accesso ai pacchetti di sigarette è attratto oggi anche dai dispositivi di nuova generazione che, seppur meno dannosi, devono comunque essere vietati ai minori.
Il punto è, come spiega bene il direttore del CoEHAR, prof. Giovanni Li Volti: “Partiamo dall’assioma che il vaping giovanile è e rimane sempre assolutamente sconsigliato, un fenomeno che dobbiamo fermare immediatamente, così come il fumo di sigaretta. L’accesso a dispositivi elettronici (usa e getta o no) per i giovani sotto i 18 anni deve essere monitorato e vietato.Come? Aumentando le restrizioni e promuovendo una cultura della salute nelle fasce di età scolastica, scoraggeremmo i comportamenti che posso instaurare una nuova dipendenza“.
Se parliamo di dati scientifici, però, bisogna anche sottolineare che sono ormai diverse le pubblicazioni che hanno sviscerato il tema del consumo giovanile: sebbene siano necessari studi sia nel breve che nel lungo termine per valutare effettivamente se l’abitudine allo svapo tra i più giovani possa avere conseguenze dirette di salute e di dipendenza in età adulta, analizzando i dati sul vaping giovanile in America si osserva come negli ultimi anni, a partire dal picco del 2019, assistiamo ad un trend in costante diminuzione. E, analogamente, nello stesso periodo sono diminuiti drasticamente i tassi di fumo tra la popolazione.
Due osservazioni preliminari che suggeriscono come l’avvento di dispositivi elettronici sia riuscito ad arginare parzialmente l’utilizzo di sigarette combuste. L’abitudine allo svapo tra giovani però va analizzata, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi: ovvero valutare la durata e la tipologia di utilizzo e monitorare se l’utilizzo intermittente sia foriero di problemi di salute una volta raggiunta l’età adulta.
Fermo restando che è ormai smentita l’asserzione per cui lo svapo sia un precursore del fumo combusto, poiché gli stessi ragazzi che avrebbero approcciato, per imitazione o desiderio di trasgressione, la sigaretta, ora provano quelle elettroniche, l’allarme sul fumo rimena ancora alto tra i giovani.
Secondo i dati di uno studio italiano del 2021, in un campione di 382 soggetti tra i 18 e i 34 anni di età, la prevalenza del fumo era del 25%, una percentuale staticamente maggiore è stata poi osservata tra chi consumava caffè o bevande alcoliche. Solo il 7% utilizzava ecig: dati che dimostrano come i giovani italiani ancora indugino in comportamenti dannosi per la salute, moto più elevati rispetto al campione di ragazzi che utilizzano le sigarette elettroniche.
In merito all’uso di ecig ai sali di nicotina, una ricerca americana più recente, del 2022, conclude che i fumatori che passano alle sigarette elettroniche con i pod ricaricabili mantengono inalterati i livelli di nicotina e riescono al contempo a trasferire la propria dipendenza, eliminando l’uso di sigarette combuste.
In conclusione, spiega Li Volti: “I dati dimostrano che l’abitudine tabagica è ancora notevolmente eradicata tra i giovani e che, sebbene si debba monitorare attentamente l’abitudine allo svapo, si è ancora in tempo per invertire la tendenza, investendo in politiche adatte alla fascia di età di riferimentoche possano fermare questa nuova tendenza“.
Per quanto riguarda i sistemi usa e getta, sono necessarie studi per valutare l’utilizzo nel breve e lungo termine a livello di salute, ma, sicuramente, non si hanno dati certi che possano indicare una direzione o l’altra come più probabili. Il problema dei sistemi usa e getta dovrebbe riguardare attentamente il possibile smaltimento e l’impatto ecologico, oltre che essere oggetto di una regolamentazione più stringente per evitare che diventino una moda tra gli adolescenti.
Catania, 14 Novembre 2022 – Secondo un’analisi qualitativa che ha coinvolto il personale sanitario responsabile di accompagnare pazienti affetti da schizofrenianei percorsi terapeutici, la dipendenza tabagica è altamente dannosa e diffusa tra i pazienti affetti da tali disturbi: medici, psicologi e personale sanitario in generale hanno una visione positiva degli strumenti senza combustione, ritenuti eccellente sostituto al fumo.
Per tutti i fumatori smettere di fumare è un percorso duro e difficile ma per i pazienti affetti da schizofrenia “fumare” è a volte un “bisogno vitale” come “una fame continua e costante di sigarette” che difficilmente può essere saziata completamente.
In questo contesto, la sigaretta per i pazienti acquisisce un valore imprescindibile: fumare scandisce la quotidianità, rappresentando momenti di condivisione e socializzazione.
La persona affetta da disturbo dello spettro della schizofrenia, che spesso si sente esclusa e non accettata dalla società, cerca di attuare delle pratiche comportamentali socialmente accettabili per sentirsi più vicina a coloro che la circondano.
La sigaretta diventa così il mezzo attraverso il quale è possibile manifestare una maggiore vicinanza nei confronti del gruppo sociale, nonché un modo per raggiungere uno stato di calma e di concentrazione.
Lo racconta bene la nuova serie di Netflix “Tutto chiede salvezza” diretta da Francesco Bruni e tratta dal romanzo dall’omonimo titolo di Daniele Mencarelli, vincitore del premio Strega Giovani 2020.
Daniele, Nina, Madonnina, sono solo alcuni dei protagonisti di questa serie (interpretata tra gli altri da Federico Cesari, Ricky Memphis, Lorenzo Renzi, Andrea Pennacchi, Filippo Nigro e Carolina Crescentini) che racconta il periodo di ricovero in TSO (trattamento sanitario obbligatorio) di un giovane ventenne alle prese con disturbi e disagi personali che “richiedono salvezza”.
Storie diverse accomunate da una dipendenza, ben analizzata in tutta la serie, che è quella da fumo di sigaretta. Una sigaretta regalata da Pino (l’infermiere), rubata, donata, cercata in ogni modo nel tentativo malsano di trovare pace è l’elemento che congiunge quasi tutti i protagonisti nel percorso di trovare pace. La stessa pace che “Madonnina” (uno dei protagonisti) trova in una scena importante del film che richiama al paradosso legato alla dipendenza da fumo “dammi pace”, ma con una sigaretta.
Purtroppo, l’alto consumo di sigarette ha effetti devastanti sulla salute dei pazienti, molto spesso non in grado di comprendere pienamente quanto il consumo elevato incida sulla loro salute: rispetto ai dati sulla popolazione generale, la dipendenza da sigarette è molto più diffusa tra i pazienti con tali problematiche.
Secondo uno studio pubblicato da Callaghan, le condizioni patologiche derivate dal fumo di tabacco comprendevano circa il 53% di tutte le morti nel campione considerato di pazienti affetti da tale patologia.
Una popolazione a rischio, spesso lasciata ai margini della società e affidata alle mani di operatori sanitari e medici di specifiche comunità terapeutiche, che hanno il gravoso compito di affiancare i pazienti non solo nei percorsi terapeutici, ma di indirizzarli anche nelle loro scelte di vita e di salute, cercando di fare breccia in un mondo estremamente solitario e alienante.
Qual è dunque la percezione dei professionisti del settore sanitario nei confronti del fumo e quali sono le soluzioni efficaci che potrebbero aiutarli con i pazienti affetti da disturbi dello spettro della schizofrenia?
E’ stato possibile comprendere l’interazione tra fumo di sigaretta e comportamento dei pazienti e le ripercussioni in termini di qualità di vita.
Inoltre, è stato somministrato anche un questionario sull’utilità delle sigarette elettroniche come sostituto delle sigarette tradizionali.
Tutti i partecipanti hanno confermato l’impatto dannoso del fumo e le sue implicazioni negative, quali dita ingiallite e odore persistente e sgradevole su vestiti e nelle stanze, senza considerare effetti secondari particolarmente spiacevoli, come i mozziconi spesso causa di bruciature su vestiti, lenzuola, tende e divani.
E’ emerso inoltre come i pazienti abbiano poca resistenza fisica, siano molto stanchi durante la giornata e riportino fastidi collegati al fumo, come nausee e mal di testa.
Ma il dato più significativo riguarda la percezione dei pazienti sull’accendersi una sigaretta: purtroppo, non vi è una piena comprensione della quantità di sigarette fumate e dei danni che queste causano al fisico, aumentando esponenzialmente le chance di sviluppare patologie gravi, quali tumori e condizioni respiratorie debilitanti.
Sebbene dalle interviste non sia emersa alcuna correlazione tra il fumo e un peggioramento dei sintomi della schizofrenia, si è rilevato che molti pazienti dimostrano alti livelli di dipendenza, maggiori rispetto ai tassi di diffusione nella popolazione generale.
È emerso anche che la voglia di fumare cresce in periodi o momenti in cui il desiderio di nicotina è più alto, spesso coincidenti con stress, cambi di stagione o modifiche nelle terapie farmacologiche.
Sorprendentemente, nonostante nel nostro paese manchi una regolamentazione specifica nei confronti delle e-cig all’interno di percossi di cessazione o di percorsi terapeutici, tra gli operatori sanitari intervistati il giudizio rimane generalmente positivo: le sigarette elettroniche sono un ottimo sostituto del fumo tradizionale, non producendo cattivi odori, riducendo i problemi legati alla resistenza e non comportando fastidiosi effetti secondari, come bruciature di vestiti e lenzuola.
“Aiutare queste persone a smettere o ridurre di fumare è un processo complesso e difficoltoso ma le nuove tecnologie possono cambiare la loro vita – afferma il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR – alcune delle strategie riportate dagli intervistati si concentrano sull’aiutare i pazienti a focalizzarsi su altro, attraverso momenti ricreativi o attività come dipingere o camminare, che aiutano a distrarsi”.
Secondo Pasquale Caponnetto primo autore dello studio, professore di Psicologia clinica del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Catania e membro del CoEHAR, per le persone non motivate a smettere: “L’uso di prodotti a basso rischio, come ad esempio sigarette elettroniche, associato a supporto psicologico basato sul colloquio motivazionale, può rappresentare una nuova frontiera nel promuovere health empowerment in questa popolazione fragile e non motivata a smettere. Nonostante permangano le perplessità in merito agli effetti prolungati dell’utilizzo dell’elettronica, gli intervistati ritengono che siano sicuramente meno dannose delle sigarette convenzionali e che siano validi sostituti a basso rischio per la salute”.
“Il fumo uccide”, un’affermazione che fin dalla giovane età amici o genitori ci hanno ripetuto almeno una volta nella vita, ma la ricerca statunitense comporta una svolta specialmente per gli under 35.
La sigaretta, che contiene circa 5.000 sostanze dannose, si trasforma da un gioco ad un’abitudine condizionando la quotidianità della maggior parte degli esseri umani. I danni provocati da quest’ultima al nostro organismo sono irreversibili, non solo sull’apparato respiratorio, ma anche sul sistema cardiocircolatorio, determinando un deterioramento dei vasi sanguigni, ictus o ancora insufficienza cardiaca e aneurisma aortico.
In base a studi recenti è stato scoperto che smettere di fumare entro i 35 anni potrebbe ridurre il rischio di morte prematura.
L’analisi sviluppatasi dal Gennaio 1997 al Dicembre 2018, che vede protagonisti l’American Cancer Society di Atlanta, il Dipartimento di Nuffield dell’Università di Oxford e l’UKM Medical Molecular Biology Institute della Malesia, ha messo a confronto il tasso di mortalità e il vizio del fumo di un campione di popolazione di 550mila americani di età compresa tra i 25 e gli 84 anni. Questa ha rivelato che, durante il periodo di monitoraggio, i decessi verificatesi ammontano a ben 75mila, circa il 13,7% del totale del pubblico preso in considerazione. Per coloro, invece, che hanno deciso di interrompere questo comportamento, il dato risulta essere pari al 2,80% rispetto a chi non ha mai iniziato.
In questa ricerca, il fumo viene associato a una mortalità sostanzialmente maggiore tra fumatori attuali di sesso femminile e maschile rispetto a quella dei non fumatori, ma cessare di fumare comporta dei rischi sostanzialmente invertiti per tutti i gruppi presi in esame.
Infatti, dire addio definitivamente alla sigaretta prima dei 45 anni farebbe si che il trend del tasso di letalità venga ridotto di circa il 90% rispetto a quello del fumatore duraturo; per quanto concerne la fascia che comprende l’età tra 45-65 anni l’abbassamento sarebbe, invece, di circa il 66% del rischio in questione.
Il Prof. Pierce, facente parte degli scienziati dello studio in questione e docente dell’Università della California di San Diego, presso il Dipartimento di Medicina di Famiglia e Salute Pubblica, ritiene che il 30-50% dei fumatori statunitensi appartenenti alla campionatura ha provato ad eliminare il vizio, ma che solamente il 7,5% è riuscito nell’ardua impresa. Anche l’OMS dichiara che ogni anno, nel mondo, più di 8 milioni di persone muoiono a causa del consumo di tabacco e che la maggior parte si verifica nei Paesi a basso e medio reddito.
Dunque, se la ricerca in questione dice il vero ed abbandonare il fumo prima della fatidica data dei 35 anni può salvare qualche vita in più, ogni consumatore di sigarette nel suo piccolo dovrebbe provare a vincere questa sfida per niente impossibile, cercando così di vivere seguendo uno stile sano e di prevenzione, sia dal punto di vista fisico che salutistico, evitando di incorrere in malattie più o meno gravi nell’età avanzata.
Credete in voi stessi, vogliatevi bene e smettete di fumare finché siete in tempo, la vostra salute va messa al primo posto.
“La riduzione del rischio come strategia di salute pubblica nell’eliminazione del fumo di sigaretta“, se ne discuterà a Roma questo mercoledì 9 Novembre nell’ambito di un convegno promosso da Motore Sanità nella “Sala Cristallo” dell’Hotel Nazionale a Piazza Montecitorio.
Tra i partner di questo importante e decisivo momento di confronto, anche il CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania.
Come per tutte le dipendenze anche per il tabagismo è necessario attivare delle strategie di sostegno per smettere di fumare: in primis aiutare i fumatori a smettere definitivamente, ridurre gradualmente per chi non è in grado di farlo da solo e passare a prodotti meno dannosi per i fumatori che non riescono a smettere.
Allo stato attuale delle conoscenze l’approccio della riduzione del rischio non è ancora adottato quale strategia di salute pubblica in Italia. Sarebbe auspicabile invece poter disporre di sempre maggiori studi indipendenti. La realtà dei fumatori globali e nazionali induce ad un riesame sul potenziale minor impatto in termini di salute dei prodotti alternativi rispetto al tabacco combusto.
Oltre agli illustri esperti in ambito scientifico (come il prof. Riccardo Polosa, il prof. Fabio Beatrice ed il prof. Umberto Tirelli) interverranno anche gli esponenti del nuovo Governo: Maurizio Casasco, Onorevole XIX Legislatura; Marcello Gemmato, Sottosegretario Ministero della Salute; Francesco Zaffini Senatore della XIX Legislatura; Ketty Vaccaro, Responsabile Area Welfare e Salute Censis (Centro Studi Investimenti Sociali).
La metà del mercato delle sigarette in Giappone è stata cancellata in pochissimi anni. L’introduzione dei prodotti senza combustione ha distrutto la storia di uno di uno dei più grandi mercati del mondo. A vincere è la salute.
La multinazionale più importante del Giappone ha di recente rilasciato i risultati economici di proprio settore: la vendita di sigarette è scesa di più dell’18% nel 2022, un incremento che supera anche l’11% di vendite in meno del 2021.
Per dirlo in prospettiva, le vendite di sigarette in Giappone che erano 144,8 miliardi nei primi 9 mesi del 2016 sono 72,9 miliardi nello stesso periodo del 2022.
In Giappone il mercato di sigarette convenzionali si è dimezzato negli ultimi 6 anni. Una rivoluzione epocale che ci fa capire come il percorso mondiale verso un mondo Smoke Free stia correndo veloce verso la meta.
Secondo i dati economici di Japan Tobacco, il mercato complessivo del tabacco, compreso i prodotti a rischio ridotto, è diminuito drasticamente.
“Nonostante l’ostilità di alcuni governi, la tassazione, i divieti e la mancanza di politiche pubbliche lungimiranti, la lotta alla combustione sta seguendo il suo percorso naturale. A vincere è la prospettiva dei fumatori che scelgono una strada più sana e intraprendono percorsi verso la cessazione definitiva. Il dato giapponese è emblematico” – ha detto il prof. Riccardo Polosa, commentando la notizia.
Si è conclusa la kermesse internazionale organizzata dalla prestigiosa CNBS a Dubai e dedicata all’Harm Reduction. Tra gli illustri relatori, anche l’atteso intervento del prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.
CNBC è leader mondiale nelle notizie economiche e di rilevanza sociale e fornisce copertura delle news in tempo reale a circa 400 milioni di persone nel mondo.
L’evento dedicato all’Harm Reduction si è tenuto al Conrad Hotel di Dubai e ha visto la partecipazione di esperti del mondo dell’Harm Reduction ma anche della ricerca clinica.
Tra loro: prof.ssa Tara Rampal, Medico Anestesista ed esperto di politiche pubbliche in Inghilterra; Prof. David Khayat, Direttore di Oncologia presso l’ospedale Pitié-Salpétrière di Parigi e il Dr. Harry Shapiro, Direttore di DrugWise in Inghilterra.
La guerra al fumo di sigaretta in Spagna sta entrando in una nuova e delicata fase. Nel paese mediterraneo, l’atteggiamento prevalente nei confronti dei fumatori che vogliono smettere si è basato negli ultimi decenni su due direttrici fondamentali, prevenzione e cessazione, “o smetti o muori”, insomma.
Una linea che ha portato il governo spagnolo a varare un piano antifumo per il periodo 2021-2025, chiamato “Comprehensive Plan for Prevention and Control of Smoking” per aggiornare la legge antifumo del 2005.
Una strategia che prevede di ridurre la percentuale di fumatori al 10% tra il 2030 e il 2040, attraverso una serie di norme tra cui l’aumento della tassazione, la revisione di immagini e loghi sui pacchetti di sigarette e l’aumento delle restrizioni in luoghi pubblici e spiagge.
Peccato che la suddetta legge stia ancora terminando il lungo processo amministrativo e decisionale.
Nel frattempo, nel paese, secondo il sondaggio EDADES del 2019/2020, la Spagna ha una percentuale di fumatori del 32.3% nella popolazione tra i 15 e i 64 anni, non tanto dissimile dal dato del lontano 2005, poco prima dell’introduzione della prima legge antifumo spagnola, quando i dati si attestavano al 32.8%.
Una situazione di stallo che sostanzialmente sigla il fallimento delle politiche antifumo cosiddette tradizionali, basate principalmente su una line aggressiva e autoritaria che chiede ai fumatori la semplice astinenza, attraverso norme he rendano difficile l’acquisto e l’uso delle sigarette.
Ed è in questa delicata fase che un gruppo di 170 esperti spagnoli ed internazionali ha voluto firmare e inviare alle autorità spagnole la “Dichiarazione Internazionale per una Spagna libera dal fumo”. Un documento essenziale che chiede di rivedere le norme sul controllo del tabacco e riconsiderare approcci non tradizionali, che si basino anche sulle strategie di riduzione del danno per aiutare coloro che non possono o non vogliono smettere di fumare.
Un documento che ha visto il supporto di diversi membri del CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, non nuovo ad iniziative similari.
Come si legge nel testo, i firmatari ritengono “che le autorità spagnole abbiano un’occasione d’oro per applicare nuove misure nella lotta contro le malattie causate dal fumo che stanno dando risultati significativi nei paesi in cui sono già applicate”.
Less harm: International Declaration for a Smoke-Free Spain
Il testo integrale contiene una serie di proposte che tengano conto della reale situazione dei fumatori e delle possibili strategie alternative che possano dare risultati postivi nella lotta al fumo.
Cessazione e prevenzione devono continuare ad essa i pilastri della lotta al fumo di sigaretta, ma da sole non possono piùbastare.
Circa 4.5 milioni di fumatori non riescono a smettere nonostante i diversi tentativi e solo il 35% riesce a rimanere astinente con i metodi convenzionali. Per ammortizzare l’impatto di questi danni, si deve tenere conto dell’utilizzo di strumenti e strategie che riducano il danno da fumo, come sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato.
Bisogna dare ascolto alla scienza e ai risultati della ricerca e non a opinioni, preconcetti o titoli sensazionalistici.
Servono più training per i professionisti del settore sanitario e più informazioni per i fumatori.
I prodotti delle strategie di harm reduction necessitano di regolamentazioni diverse.
Bisogna stringere le normative in merito al consumo di tabacco.
E’ importante seguire l’esempio di nazioni che si sono già aperte alle strategie di riduzione del danno, come l’Inghilterra.
E’ necessario promuovere ed implementare la ricerca di settore.
Fumare in ufficio o comunque nei luoghi in cui è vietato non è mai reato; lo può diventare, però, non adottare i dovuti provvedimenti nel caso in cui il divieto venga violato.
Qualche giorno fa abbiamo ricevuto una singolare richiesta di aiuto da parte di un dipendente degli uffici pubblici della Regione Siciliana. La richiesta: “Sono un funzionario della Regione Siciliana e sono qui a richiedere il vostro intervento in quanto cardiopatico causa fumo passivo. Ancora oggi i miei due colleghi di ufficio fumano in stanza e io non so più che fare anche perchè gli altri colleghi non sono complici passivi“.
Oggi, il prof. Venerando Rapisarda, docente di Medicina del Lavoro dell’Università degli Studi di Catania e membro del CoEHAR, risponde secondo come segue:
Se è stato denunciato al responsabile che qualcuno fuma in ufficio e questi non ha fatto nulla, questo potrebbe essere denunciato a sua volta per omissione o rifiuto di atti d’ufficio. Secondo il codice penale, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Quindi, il responsabile o il dirigente che non fa rispettare il divieto di fumo negli uffici rischia un processo penale se non adempie al suo compito. Tuttavia, il reato appena menzionato si applica solamente a chi ricopra la carica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, qualifica che difficilmente potrebbe rivestire il datore di lavoro privato. In questa ipotesi, cioè se il divieto di fumo non viene rispettato in un ufficio privato, allora si potrebbe fare causa al datore o al responsabile che non fa rispettare il precetto, potendo giungere a chiedere il risarcimento del danno derivante da fumo passivo.
La salute dei non fumatori, sul luogo di lavoro, è tutelata dai seguenti provvedimenti di carattere normativo, cronologicamente elencati:
a. legge n. 584 dell’11 novembre 1975;
b. direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995;
c. art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 2001;
d. art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3;
e. accordo Stato-Regioni del 24 luglio 2003;
f. decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003;
g. art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266.
Nelle strutture pubbliche e private soggette al divieto di fumare, i soggetti incaricati della vigilanza, dell’accertamento e della contestazione delle infrazioni:
vigilano sull’osservanza dell’applicazione del divieto;
accertano le infrazioni, contestando immediatamente al trasgressore la violazione;
redigono in triplice copia il verbale di contestazione;
forniscono l’indicazione dell’autorità cui far pervenire scritti difensivi;
notificano il verbale ovvero.
La violazione del divieto di fumo non comporta una sanzione penale ma una amministrativa di tipo pecuniario. La denuncia andrà fatta alla persona designata come responsabile all’interno della struttura.
Ogni cartello che segnala il divieto di fumare riporta, oltre alla legge di riferimento e all’importo da pagare nel caso di trasgressione, anche il nominativo di colui che è tenuto a garantire il rispetto del divieto stesso.
In particolare, i dirigenti preposti alle strutture della pubblica amministrazione sono tenuti ad individuare i soggetti cui spetta vigilare sull’osservanza del divieto di fumare, accertare e contestare le infrazioni; ove non vi abbiano provveduto, spetta ad essi stessi esercitare tale attività di controllo e di successiva sanzione.
I rappresentanti della World Vapers Alliance presentano al nuovo governo un piano in 7 punti per combattere il fumo in Italia.
Foto: SigMagazine
Comunicato Stampa: World Vapers Alliance
Roma, 25 Ottobre — Oggi il più grande gruppo a difesa dei consumatori di sigarette elettroniche al mondo ha presentato al nuovo governo italiano una strategia in 7 fasi per ridurre il tasso di fumo.
All’indomani della nomina del nuovo governo in Italia, World Vapers’ Alliance (WVA), insieme alla sua organizzazione partner italiana, ANPVU, ha consegnato ai rappresentanti della nuova maggioranza delle raccomandazioni per ridurre il tasso di fumatori e combattere le morti causate dal fumo.
La “strategia in 7 fasi” è stata annunciata anche durante una conferenza stampa a Roma, mentre il nuovo governo riceveva il voto di fiducia del Parlamento.
Alla conferenza stampa hanno partecipato il direttore della World Vapers’ Alliance Michael Landl, l’europarlamentare Gianna Gancia (Lega), Barbara Mennitti, caporedattore di SigMagazine, e la vicepresidente dell’Associazione Nazionale Vapers Uniti (ANPVU), Anna Corbosiero.
“Sono convinta che il nuovo governo appena insediato abbia tutte le carte in regola per affrontare il tema della legislazione sul tabacco con un approccio scientifico e basato sui fatti. Nella proposta di revisione della Direttiva sui prodotti del tabacco, è necessario che il governo italiano insista su alcuni punti fondamentali riguardanti la normativa sulle sigarette elettroniche“, ha dichiarato l’europarlamentare della Lega Gianna Gancia.
“In particolare, l’Italia dovrebbe mantenere un’ampia gamma di aromi, che aiuterebbe il consumatore nella transizione dal fumo tradizionale a quello elettronico, scoraggiando al contempo la formazione di un mercato parallelo illegale, e avere un sistema di tassazione più equo per evitare la nascita di un mercato nero”, ha concluso l’eurodeputata Gancia.
“Solo in Italia ci sono ancora più di 12 milioni di fumatori. I costi diretti e indiretti del fumo ammontano a quasi 26 miliardi di euro. Pertanto, il nuovo governo deve attuare un nuovo approccio: invece di stigmatizzare e proibire, l’Italia deve abbracciare l’innovazione come il vaping. Seguendo le evidenze scientifiche e l’esperienza dei consumatori, il nuovo governo italiano ha il potenziale per diventare un leader nella riduzione del danno da tabacco. La nostra “strategia in 7 fasi” offre una linea guida completa per raggiungere gli obiettivi di liberazione dal fumo”, ha dichiarato il direttore della WVA Michael Landl.
Le raccomandazioni includono i seguenti punti:
Abbracciare la riduzione dei danni del tabacco;
Promuovere il vaping come strumento per smettere di fumare;
Consentire il vaping nelle aree esterne non fumatori;
Abbassare la tassazione sui prodotti del vaping e adeguarla al rischio relativo;
Rifiutare i divieti sugli aromi;
Mantenere il vaping disponibile, applicando al contempo norme intelligenti per prevenire il vaping tra i minorenni;
Promuovere la riduzione del danno da tabacco nelle istituzioni e nelle legislazioni dell’UE.
La strategia in 7 fasi per la riduzione del danno in Italia fa parte della campagna europea della World Vapers’ Alliance sulla riduzione del danno, presentata con lo slogan #BackVapingBeatSmoking.
Le strategie di riduzione del danno da fumo saranno oggetto di un intervento del prof. Polosa durante il Congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Interna: focus dell’edizione di quest’anno, la gestione del paziente complesso e la possibilità di intraprendere nuove strategie per constatare anche i fattori di rischio modificabili, come il fumo.
Il primo approccio del fumatore con uno specialista è un momento importante nella creazione di un percorso terapeutico che indirizzi il paziente verso scelte di salute consapevoli.
Creare un network informato di specialisti a livello nazionale e territoriale è una delle priorità per tutti coloro che si occupano di riduzione del danno da fumo, sulla scia degli esempi positivi condotti in Inghilterra.
“Ancora oggi troppi medici non conoscono le possibilità offerte dal passaggio ai dispositivi senza combustione per i pazienti che non riescono a smettere di fumare da soli. Una soluzione alternativa di riduzione del danno che potrebbe aiutare i pazienti ad uscire da percorsi difficili di tabagismo. Dati internazionali e significativi dicono addirittura che ci sono ancora tantissimi medici che fumano sigarette convenzionali. Dobbiamo lavorare di più su prevenzione e informazione” – dice il prof. Polosa.
Il congresso nazionale SIMI
Dopo due anni di edizioni virtuali, il congresso nazionale SIMI torna a svolgersi in presenza presso il Rome Cavalieri Hotel.
Il programma di quest’anno, includerà letture, simposi, mini-simposi, le Tane del GIS, il Gymnasium delle Scuole Ecografiche SIMI, comunicazioni orali e discussioni poster.
Il Congresso sarà preceduto da un Corso pre-meeting su “Urgenze in Medicina Interna” incentrato su temi pratici e di frequente riscontro nella clinica.
L’evento SIMI sarà anche teatro di discussione per la stesura di un piano di rinascita post-pandemia, con attenzione particolare al paziente cronico multimorbido, affinché non vengano commessi errori gravi e l’assistenza al paziente complesso e fragile nella fretta di operare cambiamenti, non ne risulti indebolita, anziché rafforzata e razionalizzata.
Le sigarette elettroniche non contengono tabacco, eppure sono regolarmente chiamate “prodotti del tabacco.” La guerra della disinformazione contro la riduzione del danno da tabacco si basa su una serie di termini imprecisi e del tutto fuorvianti che lasciano il pubblico a chiedersi: “Make it make sense” ovvero “Dai un senso compiuto”.
Quindi ben venga che un gruppo di ricercatori del Regno Unito, guidato dalla dott.ssa Sharon Cox, abbia creato una versione iniziale di un’ontologia del tabacco, nicotina e prodotti da svapo con l’obiettivo di ridurre l’ambiguità e la confusione nel campo. “Ontology” (in inglese) è il modo di classificare un insieme di concetti in una categoria precisa di in un’area disciplinare per mostrarne le proprietà precise e le relazioni tra i concetti.
La dott.ssa Cox ha spiegato: “Le persone usano gli stessi termini per riferirsi a cose diverse o usano termini diversi per indicare la stessa cosa“. Grazie al finanziamento del Cancer Research UK, il suo gruppo sta ora sviluppando un’ontologia della sigaretta elettronica (E-CigO).
I nuovi dispositivi di somministrazione della nicotina hanno rivoluzionato il campo e reso necessario lo sviluppo di una nomenclatura logica e coerente. Attualmente viene utilizzato un numero vertiginoso di termini. C’è la riduzione del danno da tabacco (THR), i sistemi elettronici di somministrazione della nicotina (ENDS), i prodotti e-vapor, i prodotti alla nicotina a rischio ridotto e più sicuri (SNP) e i prodotti a tabacco riscaldato. Le “sigarette elettroniche” includono vaporizzatori “a sistema aperto”, che possono essere ricaricati con liquidi elettronici, e le ultime e già diffuse “usa e getta”. Altre opzioni THR includono snus, buste e pastiglie di sale alla nicotina per uso farmaceutico, e prodotti del tabacco riscaldati contenenti una lama in ceramica.
<<Le persone che fumano avrebbero la stessa probabilità di utilizzare terapie sostitutive della nicotina se fossero etichettate come “prodotti del tabacco”?>>
Se si stima che la combustione uccide 8 milioni di persone ogni anno, si capisce che una classificazione corretta e chiara ha parecchia importanza. Se i fumatori vogliono passare dalle sigarette convenzionali a quelle senza combustione, hanno bisogno di descrizioni chiare ed accurate. Inoltre, “l’etichettatura dei prodotti correlati al tabacco influenza l’interpretazione dei risultati della ricerca scientifica. La mancanza di chiarezza sui prodotti ha portato a incomprensioni e controversie sull’interpretazione dei dati”, hanno osservato i ricercatori .
Nel mondo controverso e divisivo del controllo del tabacco negli Stati Uniti, i termini standard possono essere completamente confusi e spesso completamente sbagliati. La Food and Drug Administration (FDA) statunitense classifica i vaporizzatori di nicotina come “prodotti del tabacco” perché la nicotina in essi contenuta è derivata dalla pianta del tabacco. Ma non classifica cerotti, gengive e inalatori (regolati come farmaci con un percorso completamente diverso dai vaporizzatori) in quanto tali, anche se la loro nicotina proviene dalla stessa fonte. Le persone che fumano avrebbero la stessa probabilità di utilizzare queste terapie sostitutive della nicotina se fossero etichettate come “prodotti del tabacco”?
Allora perché la FDA non ha corretto questo ovvio termine improprio? Non farlo ha consentito alle organizzazioni anti-vaping come la Campaign for Tobacco Free Kids (CTFK) di perpetuare, implicitamente, la menzogna secondo cui i vaporizzatori contengono tabacco. I gruppi anti-vaping hanno armato questa potente bugia per creare confusione, aumentare il sostegno pubblico per i divieti di svapo, approvare restrizioni su vendite e aromi e scatenare una guerra alla droga contro i consumatori di nicotina. CTFK ha sfruttato questa categorizzazione errata per inquadrare la fine dello svapo giovanile come una lotta per ridurre il consumo di tabacco da parte dei giovani. “Suona davvero brutto quando dici che i giovani usano un prodotto del tabacco”, ha detto Cox in un’intervista .
Nel 2019 il CDC ha contribuito alla disinformazione dilagante quando alcune persone si sono ammalate per una misteriosa lesione polmonare. In origine l’agenzia la chiamò “lesione polmonare associata allo svapo” (VAPI), poi adottò il termine irritante e altrettanto impreciso, EVALI. È integrato nell’etichetta che una delle cause di questa condizione polmonare è correlata ai vaporizzatori di nicotina. Ma la colpa era nelle cartucce di THC, adulterate con acetato di vitamina E acquistate per strada. Non c’erano e non ci sono prove che qualcuno si fosse ammalato o fosse morto a causa dell’uso di vaporizzatori di nicotina.
Una lettera dell’agosto 2021 firmata da 75 esperti multidisciplinari chiedeva al direttore del CDC, la dott.ssa Rochelle Walensky, di rinominare la malattia. Hanno scritto: “… il nome EVALI è inefficace e fuorviante in quanto non fornisce agli operatori sanitari o al pubblico chiarezza e specificità riguardo alle fonti di rischio di questa malattia”. Suggerendo la definizione più appropriata: “Adulterated THC Vaping Associated Lung Injury” (ATHCVALI). Walensky rispose no.
E come mostra questo sondaggio, Juul (il capro espiatorio preferito dai media), è stato accusato di EVALI.
La creazione di un’ontologia accurata consentirà alle persone di scegliere alternative più sicure, prevenendo le malattie legate al fumo e la morte prematura.
Chelsea Boyd ha affermato in un articolo per Filter: “L’incapacità del CDC di distinguere tra le sigarette elettroniche che rilasciano nicotina e quelle che forniscono composti di cannabis, insieme all’insistenza sul fatto che siano coinvolti prodotti legali a base di nicotina, nonostante la mancanza di prove convincenti pubblicamente disponibili, rende difficile credere che le sue azioni non siano motivate politicamente”. Boyd ha ragione. L’HIV era originariamente chiamato “deficit immunitario correlato ai gay” (GRID). Ora ci sono appelli per rinominare “monkeypox” per evitare qualsiasi insinuazione razzista.
La disinformazione sui vaporizzatori danneggia le persone che fumano. Uno studio ha suggerito che la legislazione derivante da dichiarazioni errate su EVALI e sui vaporizzatori in Massachusetts ha portato a un aumento del consumo di sigarette. Un altro studio ha concluso che i messaggi dei CDC su EVALI hanno contribuito a far si che “una parte sostanziale dei consumatori crede che le sigarette elettroniche siano più dannose delle sigarette“. Quante volte bisogna dirlo? Non lo sono. Una revisione ufficiale del Regno Unito delle prove pubblicate quest’anno ha affermato ancora una volta: “A breve e medio termine, lo svapo rappresenta una piccola parte dei rischi del fumo“.
Un importante esempio dell’utilizzo di una serie di terminologie chiare può essere trovato nel rapporto Burning Issues: The Global State of Tobacco Harm Reduction 2020 , pubblicato da Knowledge-Action-Change (KAC). Gli autori non descrivono più i dispositivi per lo svapo della nicotina come “sigarette elettroniche”, scrivendo: “Il termine è fuorviante per gli operatori sanitari, i politici e il pubblico in generale, poiché associa strettamente questi nuovi prodotti alle sigarette”. Invece, il rapporto usa il termine “prodotti a base di nicotina più sicuri“. Abbandonando il termine EVALI, gli autori ne hanno creato uno nuovo: “danno polmonare correlato alla vitamina E” (VITERLI).
Un altro nuovo giornale propone intanto di abbandonare la parola “fumatore”. La creazione di un’ontologia che classifichi in modo accurato e inequivocabile l’ampia gamma di prodotti a base di nicotina più sicuri è di vitale importanza e attesa da tempo. Questo consentirà alle persone di scegliere alternative più sicure, prevenendo le malattie legate al fumo e la morte prematura.
Una review indipendente condotta dai ricercatori inglesi del King’s College di Londra su oltre 400 studi internazionali conferma che i prodotti privi di combustione, come le ecig, sono meno dannosi rispetto alle sigarette convenzionali
La domanda “le ecig sono meno dannose delle sigarette convenzionali?” non ha più margine di interpretazione: numerose review internazionali dimostrano che i prodotti a rischio modificato presentano una minor percentuale di rischio rispetto alle sigarette tradizionali.
Ultima in ordine di tempo a confermare l’asserzione, una review indipendente dei ricercatori del King’s College di Londra, che hanno portato a termine una delle più vaste e, fino ad ora, più approfondite review in materia di fumo elettronico.
I ricercatori inglesi hanno incluso nel report, commissionato dall’Office for Health Improvement and Disparities del Dipartimento della salute e dell’assistenza sociale, oltre 400 studi condotti a livello mondiale.
I risultati?
Sebbene il vaping non sia totalmente privo di rischi, soprattutto per chi non ha mai fumato, comporta una piccola percentuale di rischio nel breve e medio termine se paragonato al ben più tossico fumo di sigaretta.
La review ha indagato diversi aspetti legati al vaping, compresi tipologie diversi di soggetti e di prodotti utilizzati, gli effetti sulla salute (sia in termini assoluti che quando paragonati al fumo convenzionale) e la percezione dei consumatori in merito ai rischi relativi.
Secondo i ricercatori, i fumatori che decidono di passare al vaping sperimentano una “riduzione sostanziale” nell’esposizione alle sostanze tossiche causa di cancro, patologie polmonari e cardiovascolari, ma avvertono comunque chi non ha mai fumato di non iniziare con nessuna delle alternative del consumo di tabacco.
Uno tra i maggior volumi di ricerca evidenziati dalla review, e dove quindi vi erano più prove a sostegno, riguarda i biomarcatori di esposizione: i livelli di nitrosammine specifiche del tabacco, composti organici volatili e altri componenti tossici implicati nelle principali malattie causate dal fumo sono stati trovati a livelli significativamente più bassi tra i vapers.
Tra chi svapa, i livelli complessivi di nicotina erano inferiori o simili a quelli dei fumatori.
Un dato interessante emerso dal report è sicuramente quello relativo alla percezione da parte dei consumatori dei rischi connessi allo svapo: nel 2021, solo il 34% degli adulti che fumavano percepiva che lo svapo era meno dannoso del fumo, mentre solo l’11% dei fumatori adulti sapeva che la nicotina non era la causa principale dei rischi per la salute legati al fumo di tabacco.
Per quanto riguarda l’abitudine tabagica in Inghilterra tra gli adulti, si evidenzia come i tassi del fumo siano diminuiti con l’aumento del vaping, ma la stessa tendenza non si sta verificando tra i più giovani.
Secondo il rapporto, il fumo tra gli 11 e i 18 anni di età è passato dal 6,3% nel 2019 al 6% nel 2022, mentre lo svapo è passato dal 4,8% all’8,6%.
Nell’ultimo anno, i tassi di svapo sono raddoppiati tra i giovani tra i 16 e i 18 anni, ma l’aumento più sorprendente riguarda l’uso dei nuovi dispositivi per il vaping usa e getta, che ora sono utilizzati da più della metà dei giovani vapers, rispetto al 7,8% dell’anno scorso.
“La pubblicità, il packaging e la commercializzazione di prodotti usa e getta per i giovani dovrebbero essere attentamente valutati e, laddove sia necessario, si devono adottare misure proporzionate per ridurre l’attrattiva verso i giovani“, dichiarano gli autori dello studio, che mettono in guardia dell’aumento nell’uso di questi dispositivi tra le fasce più giovani della popolazione.
“Dovremmo garantire ai fumatori adulti il giusto supporto, che includa informazioni accurate sul minor rischio del vaping rispetto al fumo e su come i dispositivi privi di combustione possano aiutarli a smettere di fumare, offrendo al contempo il giusto supporto educativo ai giovani che non avrebbero mai fumato, per scoraggiarli dall’iniziare a svapare, oltre che migliorare le norme sull’età di vendita e sulle restrizioni pubblicitarie”, ha affermato Lion Shahab, professore di psicologia della salute e co-direttore del Tobacco and Alcohol Research Group, presso l’University College di Londra
“Se questo equilibrio può essere raggiunto, le sigarette elettroniche possono svolgere un ruolo importante nel relegare le sigarette convenzionali ai libri di storia nel Regno Unito“.
“Un confronto aperto, qualificato, maturo, e non pregiudiziale non può che essere un vantaggio per i fumatori e per la società. Bisogna andare oltre la circolazione di notizie sensazionalistiche, che molto spesso non rispecchiano alcuna solidità scientifica”. Non ha dubbi Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, intervistato dall’Adnkronos in occasione della dodicesima edizione del Global Tobacco and Nicotine Forum, il meeting più importante al mondo dedicato alla discussione delle politiche e del futuro delle industrie del tabacco e della nicotina, in programma a Washington del 27 al 29 settembre.
“Il dato Istat a Maggio 2022 – ricorda Polosa – ci ha detto che i fumatori in Italia sono circa 10 milioni, ovvero quasi il 19% della popolazione. I dati sembrano inoltre indicare un lieve aumento rispetto al 2019, che probabilmente dipende dal difficile periodo legato alla pandemia, che ha inciso pesantemente nelle abitudini di fumatori ed ex-fumatori”. A fonte di questo dato allarmante, però, non si registrano risultati incisivi nella lotta al tabagismo e anzi, sebbene smettere di fumare rimane la migliore scelta possibile che non tutti i fumatori vogliono o riescono a perseguire, Polosa osserva come “si tende a snobbare l’unica vera innovazione nel campo del controllo del tabagismo: il vapagismo e l’uso di prodotti combustion-free a tabacco riscaldato”.
“In Inghilterra – spiega l’esperto – una politica liberale nei confronti della sigaretta elettronica ha determinato un crollo nel numero di fumatori in quel Paese. Cosa stiamo aspettando in Italia? Bisogna ripartire da una cultura della salute consapevole, che includa la riduzione del rischio come soluzione integrante del problema tabagismo. In tempi di nuovi riassetti politici, credo proprio che al prossimo governo sia dato il compito di ristabilire le linee guida delle politiche di salute pubblica e determinare finalmente la strada verso la corretta prevenzione e l’adozione di politiche della riduzione del rischio”, aggiunge.
“Le politiche di riduzione del danno non riguardano solamente il mondo del tabagismo, ma le vediamo applicate con successo in altri settori, anche nella vita di tutti i giorni”, ricorda Polosa citando alcuni esempi concreti: “L’uso del casco in motorino, o della cintura in macchina, sono un esempio comune di situazione di vita reale dove si cerca di mitigare il rischio derivante da una situazione”.
“Parliamo quindi di un approccio multisettoriale, che permette di mitigare le conseguenze dannose a livello sociale, di salute ed economico di un’azione. Strategie che da anni vengono impiegate per quanto riguarda il consumo e la dipendenza da sostanze stupefacenti”, aggiunge.
“Purtroppo, per quanto riguarda il mondo del tabagismo e del controllo del tabacco, esistono differenze abissali a livello mondiale: ci sono paesi, come l’Inghilterra, dove le sigarette elettroniche sono parte integrante dell’attività promossa dagli organi di salute pubblica e vengono consigliate dal personale sanitario, e paesi meno tolleranti, dove vige tutt’ora un approccio “o smetti o muori”, che ormai sappiamo non portare ai risultati sperati”, puntualizza l’esperto.
Anche sul fronte della ricerca scientifica ci sono risultati significativi e l’Italia è pioniera in questo campo, come spiega Polosa: “Ormai le evidenze scientifiche che dimostrano la ridotta tossicità dei dispositivi elettronici rispetto al fumo combusto sono solide e ciò dipende da diversi fattori: in primis, il progresso tecnologico ha portato alla creazione e alla commercializzazione di prodotti più efficaci, con un impatto sicuramente diverso in termini di salute rispetto ai primi prototipi. In secondo luogo, abbiamo a disposizione dati nel lungo periodo che dimostrano il potenziale di questi strumenti anche nella diminuzione nelle comorbidità di determinate patologie, come ad esempio malattie polmonari, quali la Bpco o l’asma o malattie cardiovascolari”.
“Inoltre, le metodologie della ricerca di settore sono cambiate- aggiunge l’esperto -. Al Coehar abbiamo portato avanti un progetto che conta la partecipazione di svariati laboratori internazionali che hanno replicato in maniera indipendente e standardizzata alcuni tra i più noti studi del settore, per ovviare a uno dei principali punti deboli della ricerca di settore: la mancanza di replicabilità”.
“Siamo i primi al mondo ad aver valutato scientificamente i prodotti a rischio ridotto stabilendo imprescindibilmente alcuni criteri di efficacia che sono ormai ripetuti in tutti i Paesi”, continua Polosa: “Al Coehar siamo quasi a quota 100 pubblicazioni sul tema. L’Italia, con Catania in testa, ha scritto la storia di questo settore di ricerca e che le ecig siano molto meno dannose delle sigarette convenzionali è ormai un dato scientifico consolidato. Quello su cui adesso dobbiamo è l’azione sanitaria. Servono urgentemente interventi di salute pubblica che mirino a promuovere i prodotti a rischio ridotto come strumenti efficaci nella lotta al fumo”, conclude.
Il 30 Settembre l’Europa festeggia la ricerca. Si terrà infatti come ogni anno in molte città d’Europa la “Notte dei Ricercatori”, un’iniziativa promossa dalla Commissione Europea fin dal 2005 che coinvolge ogni anno migliaia di ricercatori e istituzioni di ricerca in tutti i paesi europei.
In Italia le città coinvolte sono: Ancona, Cagliari, Camerino, Catania, Genova, L’Aquila, Macerata, Nuoro, Palermo, Pavia, Perugia, Sassari, Terni e Trieste.
SHARPER è coordinato dalla società di comunicazione scientifica Psiquadro, in collaborazione con un consorzio che comprende l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – INFN, cinque Università: l’Università Politecnica della Marche, l’Università di Cagliari, l’Università di Catania, l’Università di Palermo, l’Università di Perugia, il museo Immaginario Scientifico di Trieste, l’associazione Observa Science in Society. Partecipano inoltre come partner associati l’Università di Camerino, l’Università di Genova, l‘Università di Macerata e l’Università di Sassari.
“L’obiettivo è di creare occasioni di incontro tra ricercatori e cittadini per diffondere la cultura scientifica e la conoscenza delle professioni della ricerca in un contesto informale e stimolante“
L’Università di Catania ha preparato un programma che spazia dai temi di frontiera della ricerca di base alle applicazioni tecnologiche nei campi più disparati. Interdisciplinarietà e sfide per il futuro sono il filo conduttore del programma.
Come ogni anno, anche il CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, in collaborazione con la Lega Italiana Anti Fumo LIAF, saranno partner ufficiali dell’evento.
Nello specifico, a Piazza Università – Palazzo San Giuliano – LIAF accoglierà i fumatori che vogliono ricevere informazioni per smettere di fumare con i consulenti dedicati.
Alle ore 18.30 a Palazzo San Giuliano si terrà il CoEHAR Talk, un momento dedicato alla scienza e alla ricerca da condividere con gruppi di ricercatori e famiglie. A condurre il talk ci saranno il prof. Pasquale Caponnetto, coordinatore del CPCT Centro di Prevenzione e Cura al Tabagismo del Policlinico di Catania, ed il prof. Massimo Caruso, co-project leader del CoEHAR.
Lo svapo è aumentato rapidamente negli ultimi dieci anni fino a raggiungere livelli record in Gran Bretagna con circa 4,3 milioni di persone che sono vapers regolari. A dimostrarlo è il report pubblicato da Action on Smoking and Health (Ash) che spiega come l’8,3% degli adulti in Inghilterra, Galles e Scozia svapa, rispetto all’1,7% di dieci anni fa, che equivaleva a circa 800.000 persone.
Dei 4,3 milioni di vapers attualmente presenti in Gran Bretagna, circa 2,4 milioni sono ex fumatori, 1,5 milioni sono fumatori attuali e 350.000 non hanno mai fumato una sigaretta.
Le cifre mostrano anche che la percentuale degli attuali vapers che non hanno mai fumato è aumentata dal 4,9% dello scorso anno all’8,1% di quest’anno.
Nel 2022, anche il 35% degli attuali vapers fumava. Ma in questo gruppo, coloro che svapano quotidianamente fumano meno sigarette rispetto ai dual user che svapano meno frequentemente.
Il rapporto ha mostrato che le sigarette elettroniche stanno diventando particolarmente popolari tra i giovani, con i giovani tra i 18 ei 24 anni i maggiori consumatori nel 2022, con l’11%. Un dato preoccupante che si riferisce alla commercializzazione illegale tra i minori.
Hazel Cheeseman, vice amministratore delegato di Ash, ha affermato che l’aumento dei fumatori che passa allo svapo è una notizia epocale: “Le ecig – si legge in una nota – sono strumenti salvavita per coloro che lottano contro il fumo di sigaretta convenzionale“.
Allo stesso tempo, spiega Cheeseman: “Dobbiamo affrontare il recente aumento dello svapo giovanile e mettere in atto tutti gli sforzi più ampi per affrontare il problema. Il momento per l’azione del governo è ora“.
Oggi in Inghilterra ci sono cinque volte più vapers rispetto al 2012, con milioni di persone che hanno avuto accesso allo strumento per smettere di fumare con facilità e su consiglio regolare degli operatori sanitari.
Secondo gli autori, la rivoluzione dello svapo che si sta attuando in Gran Bretagna aiuterà il paese a raggiungere l’obiettivo di un “paese senza fumo entro il 2030”.
Una nuova analisi bibliometrica ha sancito che nella top ten degli studiosi più autorevoli nel campo della ricerca sulle sigarette elettroniche rientra a pieno titolo il lavoro svolto dal prof. Riccardo Polosa, eletto tra gli scienziati più influenti e prolifici del settore. Un riconoscimento della carriera professionale, ma anche una testimonianza dell’incredibile lavoro svolto dal CoEHAR e dall’Università di Catania.
La ricerca nel campo delle sigarette elettroniche è cambiata radicalmente nel corso di questo decennio, complice l’innovazione tecnologica e la necessità di fornire risposte chiare ed esaustive agli interrogativi che circondano questi prodotti.
Nel 2013, il progetto ECLAT, condotto da un team di scienziati guidati dalla lungimiranza del prof. Riccardo Polosa, è stato il primo studio al mondo a valutare l’efficacia delle sigarette elettroniche come metodo alternativo per smettere di fumare
Da allora, la rete di collaborazioni tra l’Università di Catania e il CoEHAR, il Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla riduzione del danno da fumo, ha contribuito ad alimentare il panorama scientifico con studi all’avanguardia che hanno aiutato sia i fumatori a smettere, sia le autorità di salute pubblica internazionali a decidere “secondo scienza”.
Analizzando un totale di 7,979 risultati nel database, si è notato che il numero di ricerche è aumentato incredibilmente a partire dal 2010, raggiungendo il picco nel 2020.
Prese nel loro insieme, le pubblicazioni coinvolgono un totale di 19.837 ricercatori, e gli studiosi nella top ten della ricerca di settore contribuiscono da soli all’8.71% di tutta la produzione scientifica
Secondo la “Mapping of Global Research on electronic cigarettes”, il prof. Riccardo Polosa (CoEHAR, Centro di Eccellenza Internazionale per la Ricerca sulla Riduzione del Danno da Fumo, Università di Catania) e il prof. Maciej L. Goniewicz (Roswell Park Comprehensive Cancer Center, USA) sono gli autori più influenti e autorevoli nel campo della ricerca sulle sigarette elettroniche
Per il prof. Polosa: “L’emergere di prodotti alternativi a rischio ridotto, come le sigarette elettroniche, sta portando nuova speranza per milioni di fumatori in tutto il mondo. È ormai imperativo accelerare gli sforzi per ridurre la morbilità e la mortalità dovute al fumo di sigaretta, sovvenzionando i farmaci approvati per i percorsi di smoking cessation e promuovendo tecnologie innovative per la sostituzione dei prodotti da fumo“.
Nella top ten deli autori co-citati rientrano Konstantinos Farsalinos, in testa con 2281 citazioni, seguito da Maciej L. Goniewicz (2070, 1.88%), Jean-François Etter (1738, 1.60%), Peter Hajek (996, 0.90%), Riccardo Polosa (949, 0.86%), Christopher Bullen (936,0.85%), Jessica K. Pepper (886,0.81%), Neal Benowitz (823,0.74%).
L’estate 2022 si sta caratterizzando per il preoccupante aumento della diffusione tra i giovani di sigarette elettroniche monouso di contrabbando, commercializzate illegalmente sia tramite i social media sia attraverso alcune attività di distribuzione e rivendita all’ingrosso e al dettaglio. Si tratta di dispositivi non conformi alla normativa vigente in quanto presentano un serbatoio contenente un volume di prodotto liquido superiore a 2 ml e con una concentrazione nicotinica maggiore al livello massimo consentito dalla legge (fissato dalla normativa in 20 mg/ml, ovvero 2%), oltre a non avere affrontato le rigide analisi tecniche, tossicologiche e sulle emissioni a cui sono sottoposti i prodotti legali. È quanto avvertono con preoccupazione i produttori riuniti in Anafe Confindustria, l’Associazione Nazionale dei produttori di Fumo Elettronico.
“Siamo di fronte ad un fenomeno nuovo e allarmante. Per questo motivo stiamo segnalando costantemente da giorni alle autorità di Polizia tutti i casi di contrabbando di sigarette elettroniche, in particolare monouso. Questi prodotti illegali sono potenzialmente dannosi per la salute perché non corrispondono ai rigidi standard di qualità e alle verifiche di sicurezza previsti dalla normativa, in particolare per il contenuto di nicotina spesso ben oltre i limiti di legge. Un fenomeno pericoloso su cui è urgente porre l’attenzione soprattutto perché il target principale di questo commercio è rappresentato dai giovani, che vengono raggiunti anche tramite canali difficili da controllare come i social media”, dichiara Umberto Roccatti, presidente di Anafe.
Anafe Confindustria si pone come presidio di legalità e di lotta al consumo minorile e lavora al fianco delle forze dell’ordine per contrastare il contrabbando e prevenire situazioni che possano nuocere alla salute pubblica. “Oltre alla costante attività di segnalazione dei casi di contrabbando, l’Associazione ha pubblicato sul proprio sito un vademecum normativo che rappresenta un’indicazione chiara a tutti quegli operatori seri che vogliono continuare a operare nella legalità”, prosegue Roccatti.
Il vademecum descrive le principali violazioni di legge che si possono riscontrare sui prodotti liquidi da inalazione e rammenta che possono essere compravenduti solo e soltanto per il tramite di: rivendite di generi di monopolio (Tabaccai), esercizi autorizzati (negozi di sigarette elettroniche, farmacie e parafarmacie debitamente autorizzati), e-commerce da parte di depositari autorizzati nel territorio italiano.
“Pur essendo stato ampiamente dimostrato che l’utilizzo delle e-cig rappresenta un’alternativa preferibile per i 12 milioni di fumatori che non riescono o non vogliono smettere di fumare, in ogni caso non vogliamo che i giovani inizino a fumare, neanche le e-cig. La legislazione è molto restrittiva e parla chiaro: la vendita di e-cig ai minori di 18 anni è assolutamente vietata e va impedita con ogni mezzo”, conclude Roccatti.
Un trial clinico randomizzato ha valutato l’utilizzo della vareniclina (Chantix), in combinazione con supporto psicologico professionale, tra i fumatori affetti da diabete: il farmaco ha aumentato in maniera significativa le possibilità di riuscita nei percorsi di smoking cessation per 300 fumatori affetti da diabete mellito di tipo 2
Il fumo può avere ripercussioni rilevanti tra le persone affette da diabete mellito di tipo 2. L’interazione tra l’iperglicemia tipica della condizione patologica e delle sostanze tossiche inalabili prodotte dal fumo di sigaretta può accelerare il decorso delle complicazioni relative al diabete (ad esempio, malattie coronariche, infarto, malattie arteriose periferiche, retinopatia e nefropatia).
Inoltre, nei percorsi di cessazione per pazienti di questo tipo, bisogna considerare risvolti unici e tipici a livello metabolico e comportamentale: ad esempio, i fumatori con diabete potrebbero dimostrare una bassa motivazione a smettere, dovuta al timore di incorrere in uno degli effetti più tipici del dire addio alla sigaretta, ovvero l’aumento di peso, con un conseguente aumento del rischio di ricadute.
Tuttavia, molti studi hanno dimostrato come smettere di fumare si traduca in un miglior controllo glicemico e un ridotto rischio cardiometabolico: aiutare i fumatori affetti da diabete mellito di tipo 2 è una priorità assoluta.
Le terapie comportamentali e i farmaci per la cessazione spesso sono utilizzati in combinazione per aumentare l’efficacia dei trattamenti antifumo, ma i dati in merito a questi interventi tra i fumatori affetti da diabete sono limitati. Nello specifico, non è stata valutata attentamente l’efficacia e la relativa sicurezza della vareniclina (Chantix) tra i fumatori affetti da diabete.
Una lacuna colmata dal trial clinico randomizzato condotto dai ricercatori del CoEHAR, Centro di Eccellenza internazionale per la riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania in collaborazione con il Mossakowski Medical Research Institute (Polonia), che ha indagato l’utilizzo della vareniclina tra i fumatori con diabete che avevano intenzione di smettere di fumare.
Lo studio “Efficacy and safety of varenicline for smoking cessation in patients with type 2 diabetes: A multicenter double-blind randomized placebo-controlled trial”, primo nel suo genere, ha dimostrato che l’utilizzo della vareniclina è particolarmente efficace durante tutto il percorso di cessazione, con dati interessanti attestati alla settimana 12, 24 e 52 del trattamento.
“L’obiettivo che dovrebbero avere tutti i fumatori è quello di raggiungere l’astinenza da fumo e di mantenerla, in particolare i fumatori affetti da diabete “ ha dichiarato la dott.ssa Cristina Russo, prima autrice dello studio “I fumatori con diabete sono a conoscenza che il fumo di sigaretta aumenta il rischio di danni al sistema cardiovascolare e vascolare, oltre che il rischio di insufficienza renale, ma molto spesso non riescono a smettere da soli. È nostro dovere aiutare questi fumatori a smettere sia attraverso la consulenza professionale sia grazie a trattamenti più efficaci. Siamo lieti nel dimostrare come la vareniclina, combinata al supporto psicologico, abbia aiutato un numero significativo di pazientiaffetti da diabete a dire addio al fumo”.
LO STUDIO
Lo studio è stato condotto tra una popolazione di fumatori affetti da diabete con un media di 10 sigarette fumate al giorno: sono stati reclutati 300 partecipanti da cinque differenti ospedali dall’area di Catania.
Scopo dello studio era valutare l’efficacia e la relativa sicurezza della vareniclina, paragonata a un placebo, nei percorsi di smoking cessation.
Una volta attestata la storia clinica dei pazienti e la loro abitudine tabagica, i partecipanti hanno ricevuto un supporto professionale per indirizzarli nel percorso. Divisi in seguito in due gruppi differenti, è stata loro fornita una scorta sufficiente sia di vareniclina sia del placebo.
Dopo la prima visita, tutti pazienti sono stati rivisti su base settimanale per le successive 12 settimane. Al termine della fase di trattamento, gli incontri sono stati programmati alle settimane 13, 24 e 52 per rilevare i dati in merito all’astinenza da fumo e all’uso dei farmaci.
La prima fase è stata completata da un totale di 215 partecipanti (il 73.3% nel gruppo della vareniclina e il 70% nel gruppo del placebo). Durante la fase successiva, 201 partecipanti hanno completato la visita alla settimana 24 ( 66.6% nel gruppo vareniclina e 67.3% nel gruppo placebo) e alla settimana 52 hanno completato il percorso 195 pazienti (66.6% e 63.3% rispettivamente nei due gruppi).
In tutte le fasi, le percentuali di astinenza da fumo erano più alte tra il gruppo di utilizzatori di vareniclina rispetto al gruppo placebo. Secondo i dati rilevati, i fumatori affetti di diabete mellito di tipo 2 inseriti nel gruppo della vareniclina avevano circa 3 volte più possibilità di smettere rispetto al gruppo placebo durante tutto lo studio.
Per quanti riguarda gli esiti avversi del trattemnto a base di vareniclina, in generale sono stati rilevati sintomi lievi o moderati. I più comuni che hanno portato all’interruzione del trattamento sono stati ansia e depressione. Se compariamo i dati presi dai due gruppi, quello che ha utilizzato la vareniclina e quello che invece ha utilizzato il placebo, i sintomi più comuni sono stati nausea (27.3% nel gruppo vareniclina e 11.4% nel gruppo placebo ), insonnia (19.4% vs. 12.7%), sogni anormali (12.7% vs. 3.4%), ansia (11.4% vs. 7.3%) e irritabilità (9.4% vs. 5.4%).
Per quanto riguarda la relativa sicurezza dell’uso di vareniclina tra i pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2, i dati sono simili a quanto già rilevato in precedenti studi condotti su campioni di fumatori tra la popolazione. Per quanto riguarda i parametri metabolici e cardiovascolari non state attestate differenze significative tra o all’interno dei due gruppi. In particolare, non è stato rilevato aumento di peso durante lo studio tra i partecipanti.
“I fumatori affetti da diabete dovrebbero avere accesso a metodi di cessazione efficaci e sicuri. Più lunga è l’abitudine al fumo e la pregressa condizione di fumatori, più basse saranno le possibilità di raggiungere l’astinenza nel lungo periodo. L’utilizzo combinato della vareniclina e del supporto psicologico abbassano il rischio connesso al diabete e aumentano le possibilità di cessazione” – così conclude il prof. Riccardo Polosa.
Smettere di fumare riduce il rischio di problemi cardiovascolari e di insufficienza renale. Allo stesso tempo, però, comporta una serie di effetti secondari per i pazienti affetti da diabete, tra cui l’aumento di peso. Sebbene la cessazione per i pazienti affetti da diabete che fumano siano perentoria, molti di loro hanno grandi difficoltà a smettere da soli, senza supporti o strumenti terapeutici.
Una review condotta da un team di ricercatori europei facenti parte del progetto di ricerca DIASMOKE (coordinato dal CoEHAR dell’Università di Catania) ha rivelato lacune nella letteratura scientifica di settore, soprattutto in merito agli effetti a livello metabolico del fumo e dello smettere di fumare sulla patologia.
È ormai noto come il fumo rappresenti un fattore di rischio per diverse patologie e aumenti anche il rischio di morte per i fumatori. Le persone affette da diabete potrebbero però incorrere in un rischio ancora maggiore, dovuto non solo all’effetto sinergico del fumo e della patologia stessa sul sistema cardiovascolare e i possibili danni vascolari, ma anche agli esiti avversi che il fumo comporta in termini di controllo glicemico e livelli lipidici.
A livello internazionale, i ricercatori concordano sul fatto che smettere di fumare riduca il rischio di effetti avversi sul sistema cardiovascolare. Allo stesso tempo, smettere può comportare anche effetti collaterali, come l’aumento del peso, che potrebbe a sua volta indurre effetti metabolici imprevisti tra chi soffre di diabete.
La mancanza di dati e di ricerche in merito, ha spinto un gruppo internazionale di ricercatori, appartenenti all’Università di Catania, al Mossakowski Medical Research Institute di Varsavia e all’Ashford and Saint Peter’s Hospitals (Inghilterra), a condurre una review per descrivere lo stato dell’arte e i dati certi in merito ai percorsi di cessazione tra i pazienti affetti da diabete e ai risvolti in termini di controllo glicemico, resistenza all’insulina, secrezione di insulina, anomalie lipidiche e parametri biochimici della nefropatia.
Smettere di fumare si traduce in benefici immediati per chi soffre di questa patologia, riducendo il rischio di mortalità e di problematiche cardiovascolari. Ma i ricercatori hanno notato delle lacune nelle ricerche scientifiche sugli effetti metabolici dello smettere di fumare: i risultati attesi non sono stati uniformemente dimostrati. Le ricerche hanno infatti dimostrato sia dei miglioramenti sia dei peggioramenti temporanei nel controllo glicemico dopo che il soggetti avevano deciso di smettere di fumare.
“Nel valutare la quesitone dei possibili effetti metabolici della cessazione del fumo sui pazienti affetti da diabete, abbiamo notato lacune sorprendenti per quanto riguarda i dati scientifici a disposizione” ha dichiarato la prima autrice dello studio, Magdalena Walicka “Solo pochissimi studi a livello internazionale hanno valutato l’impatto dei percorsi di cessazione sui parametri metabolici di persone con il diabete. Studi che riportano risultati incoerenti. È necessario che venga studiato e attestato l’impatto dei percorsi di cessazione tra i fumatori affetti da diabete, per creare e adottare percorsi su misura di cessazione dal fumo”.
La Commissione Europea apre ai cittadini e alle organizzazioni di settore la valutazione del quadro legislativo per la lotta al tabagismo. L’obiettivo è conoscere la situazione relativa al consumo di tabacco, all’efficacia o meno delle strategie antifumo e soprattutto valutare in che contesto si collocano i prodotti privi combustione, sia in termini di produzione e commercializzazione che per quanto riguarda la comunicazione e la diffusione online.
Le politiche tradizionali di lotta al tabagismo devono essere aggiornate: la scarsità di informazioni a livello istituzionale, la difficoltà nel cercare una linea d’azione comune, gli esempi agli antipodi di paesi europei e la necessità di creare una regolamentazione comune per i nuovi prodotti del tabacco richiede che i cittadini e le organizzazioni condividano i propri pareri e le proprie opinioni.
Secondo la commissione europea “il consumo di tabacco è il principale rischio evitabile per la salute e nell’UE rappresenta ancora la principale causa di morte prematura, responsabile di quasi 700 000 decessi ogni anno. Circa il 50 % dei fumatori muore prematuramente (in media 14 anni prima dei non fumatori). Allo stesso tempo, il consumo di tabacco, determinato, insieme ad altri fattori, dalle disuguaglianze socioeconomiche, continua a essere la principale causa di cancro prevenibile: il 27 % di tutti i tumori è infatti riconducibile al tabagismo, la cui eliminazione permetterebbe di evitare nove casi su dieci di cancro ai polmoni”.
La confusione normativa e ideologica nei confronti del apporto rischio-beneficio tra sigarette convenzionali e sigarette elettroniche e l’urgenza di limitare l’accesso delle fasce più a rischio ai nuovi prodotti del tabacco, richiede, ormai da tempo, che Bruxelles intraprenda una linea di azione diversificata.
Le evidenze scientifiche puntano ormai da anni verso una direzione ben precisa: le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato sono una valido sostituto del sigarette convenzionali, sono il 95% meno dannose e la capacità di replicare l’azione del fumo crea le condizioni per aiutare tutti quei tabagisti resistenti alla cessazione, che non trovano beneficio con i metodi convenzionali.
Metodi che, anche osservando i dati recentemente pubblicati che confermano l’aumento nel numero di fumatori in Italia, sembrano attestare un trend che necessita di un’ulteriore spinta, di un’innovazione per poter frenare la dipendenza da sigaretta.
A causa di fattori quali il rapido aumento dei prodotti emergenti e i recenti sviluppi tecnologici nel mondo del consumo di tabacco, la Commissione ha aperto a cittadini e organizzazioni la consultazione per la valutazione del quadro legislativo per la lotta al tabagismo.
La valutazione riguarderà la regolamentazione dei prodotti, la pubblicità, la promozione e la sponsorizzazione, nel più ampio contesto delle relative politiche di lotta al tabagismo.
Una consultazione nata anche sulla scia del parere del Piano europeo per la lotta contro il cancro, che si è soffermato particolarmente sui rischi connessi al fumo di sigaretta: la strategia d’azione prevede di ridurre il tasso di fumatori in Europa al 5% entro il 2040, creando cosi “una generazione senza fumo”.
Un progetto ambizioso che deve valutare qualsiasi strategia a disposizione, comprese quelle di riduzione del danno, considerando che gli attuali tassi di fumatori all’interno del territorio comunitario si attestano intorno al 25%.
cio sul mercato europeo e i servizi online sorti contestualmente che promuovono i prodotti dal tabacco, dai negozi virtuali e alle strategie di comunicazione attraverso i social media.
É stato svelato oggi il murales realizzato grazie alla collaborazione di LIAF, CoEHAR, Comune di Catania, BCC Banca di Credito cooperativo di Regalbuto, gruppo PPG Italia e riprodotto dal collettivo artistico MaleTinte.
“Perché tutte le immagini portano scritto più in la”: una suggestione di Montale che racconta il potere che un’immagine, un’istantanea sul mondo reale sanno evocare in maniera molto più rapida di un intero scritto.
La città di Catania, da anni riconosciuta come la capitale mondiale della ricerca antifumo, sede del CoEHAR e della LIAF, impegnate nel creare un network di relazioni sul territorio e a livello internazionale attraverso al promozione di una sana cultura della cessazione basata sui dati della ricerca scientifica, da oggi annovera tra le sue opere un murales realizzato per promuovere la cultura antifumo.
CoEHAR e LIAF, grazie al sostegno del Comune di Catania, della BCC di Regalbuto e del gruppo PPG Italia, hanno voluto regalare a una città che gli ha dato tanto un segno tangibile, che sia una cassa di risonanza per lanciare un messaggio chiaro e inequivocabile: a Catania, quando si parla di salute, non si scherza.
Erano presenti: Francesco Priolo, Rettore dell’Università di Catania; Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR; Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR; Pippo Arcidiacono, assessore alla salute del Comune di Catania; Sara Pettinato, presidente della Commissione Sanità del Comune di Catania; Giuseppe Ferraro, capo di gabinetto del sindaco; Claudia Corona e le artiste del collettivo “MaleTinte”; Ezio Campagna, presidente LIAF Lega Italiana Anti Fumo; Arturo La Vignera e Giuseppe Calabrese, rispettivamente presidente e direttore della BCC Banca di Credito Coo-perativo di Regalbuto (sponsor del murales); Alfio Platania, responsabile PPG Italia.
“La ricerca scientifica, in cui il nostro Ateneo primeggia, va sempre abbinata ad un’intensa e corretta attività di comunicazione, relativa sia al trasferimento tecnologico verso il tessuto economico e imprenditoriale sia all’indicazione di comportamenti, stili di vita e strategie terapeutiche per i cittadini – così il rettore dell’Università di Catania, Francesco Priolo – Un’iniziativa come il murales sicuramente fa leva su dei linguaggi che più facilmente raggiungono i giovani, mettendo in loro quella pulce nell’orecchio che può mostrare la strada per smettere di fumare o ridurre i danni correlati al fumo. Ed è molto importante che questo progetto sia stato ispirato dai suggerimenti creativi degli stessi ragazzi delle scuole superiori, in maniera tale da essere ancora più efficace.”
“Lasciamo alla nostra città una eredità unica e preziosa, una tangibile testimonianza del nostro impegno nella lotta contro il fumo e nella promozione della riduzione del rischio. Celebriamo il No Tobacco Day con un murales che auspica al cambiamento e che invita ad intraprendere uno stile di vita più sano” – ha dichiarato il prof. Polosa.
“L’idea che abbiamo sposato con piacere è quella di abbellire la città con opere artistiche in grado di promuovere messaggi positivi per invogliare i cittadini ad intraprendere stili di vita più sani. Un murales che nasce grazie alla proficua collaborazione tra Comune, Università e associazioni” – così Pippo Arcidiacono, assessore alla salute del Comune di Catania.
Il disegno racconta graficamente il percorso verso un mondo libero dal fumo. Natura, colori, sorrisi e persone cambiano radicalmente. “Un mondo mortifero, severo, greve, triste di solitudini grigie e alberi scheletrici, fabbriche e fumo da un lato. Dall’altro un mondo nuovo, di sensi liberi di afferrare i dettagli e i colori dell’esistente, trasposizioni possibili di una collettività rinata. La visione di un futuro e di una realtà, del verosimile e del possibile, in un murales che sembra disegnato da artiste, bambini e scienziati insieme.” – ha spiegato Lydia Giordano, portavoce delle “MaleTinte”.
In questo contesto, in occasione del No Tobacco Day promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, Martedì 31 Maggio dalle ore 9 alle ore 17 nell’Aula Magna del Palazzo Centrale dell’Università si svolgerà la “Conferenza nazionale CoEHAR sulla riduzione del danno: rischi e benefici dei prodotti senza combustione”. Al convegno parteciperanno tutti i più importanti ricercatori italiani nel campo della ricerca sulla riduzione del danno da fumo e tutti gli esponenti delle associazioni di settore. Moderano i giornalisti nazionali: Irma D’Aria e Stefano Caliciuri. Per i saluti istituzionali, saranno presenti anche il Rettore dell’Università di Catania, Francesco Priolo e l’Assessore della Salute della Regione Siciliana, Ruggero Razza.
In questo contesto, in occasione del No Tobacco Day promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, Martedì 31 Maggio dalle ore 9 alle ore 17 nell’Aula Magna del Palazzo Centrale dell’Università si svolgerà la “Conferenza nazionale CoEHAR sulla riduzione del danno: rischi e benefici dei prodotti senza combustione”.
Inizia la settimana più movimentata dell’anno per la Lega Italiana Anti Fumo. Eventi, ospiti importanti, novità e tante news per il No Tobacco Day 2022 che si appresta a scrivere una pagina importante per la storia della ricerca sulla riduzione del danno.
Questi gli appuntamenti in calendario:
VENERDI’ 27 MAGGIO ore 10 INAUGURAZIONE “COEHAR MURALES”
viale A. Doria (circonvallazione di Catania – altezza accesso via S. Sofia)
Il “COEHAR MURALES” è stato realizzato dal collettivo artistico MaleTinte con il patrocinio del Comune di Catania, della BCC Roma – Banca di Credito Cooperativo di Regalbuto e della Liaf Lega Italiana Antifumo. L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività previste dal progetto “Catania: capitale mondiale della ricerca contro il fumo”
MARTEDI’ 31 MAGGIO 2022 ore 9 – CONFERENZA NAZIONALE COEHAR
Palazzo Centrale dell’Università di Catania – Piazza Università
Convegno nazionale sulla ricerca per la riduzione del danno promosso dall’ateneo di Catania in collaborazione con LIAF.
Interverranno gli esponenti più illustri del panorama scientifico italiano.
Moderano: Irma D’Aria e Stefano Caliciuri.
Ospite internazionale: Hiroya Kumamaru, vice direttore di AOI International Hospital in Kawasaki che discuterà dell’incredibile diminuzione del numero dei fumatori in Giappone dopo l’ingresso nel Paese dei prodotti senza combustione.
Durante il convegno si terrà un talk dedicato alle associazioni italiane a tutela del settore dell’Harm Reduction. Saranno, inoltre, premiati gli studenti che hanno realizzato i progetti creativi nell’ambito dell’iniziativa “Catania capitale della ricerca antifumo”.
Conduce i lavori del convegno: il fondatore del CoEHAR, prof. Riccardo Polosa.
Secondo un recente articolo pubblicato su BMC Public Health, l’Università degli Studi di Catania è considerata l’ateneo più produttivo al mondo nel campo della ricerca applicata agli strumenti utili per ridurre i danni da fumo.
Un riconoscimento ottenuto grazie ai ricercatori dell’Università di Catania e del CoEHAR, il Centro di Eccellenza internazionale per la Riduzione dei danni da fumo fondato dal prof. Riccardo Polosa nel 2018, la cui attività ha attirato a Catania centinaia di ricercatori da tutto il mondo, avviando numerosi progetti di ricerca che hanno reso il centro catanese un punto di riferimento internazionale.
Per questi motivi, Catania, una delle città più belle in Italia, nata sul mare all’ombra dell’Etna, può essere definita a pieno titolo la “capitale mondiale della ricerca antifumo”.
Come sappiamo, però, nonostante esistano linee guide che aiutano i fumatori a intraprendere un percorso di abbandono del fumo, dire addio alla sigaretta non è facile e, molto spesso, gli sforzi non portano a risultati tangibili. È necessario che, accanto all’attività di centri come il CoEHAR dove vengono studiati strumenti alternativi che riducono il danno da fumo e, allo stesso tempo, rappresentano un metodo alternativo per smettere, si diffonda una sana cultura antifumo a livello sociale, che prevenga, soprattutto tra i più giovani, il desiderio di iniziare a fumare.
Il CoEHAR, in collaborazione con la Città Metropolitana di Catania e LIAF Lega Italiana Anti Fumo, ha deciso dunque di lanciare un contest tra gli studenti delle scuole di Catania per realizzare una sorta di manifesto visivo al fine di tradurre in linguaggio creativo una sana cultura antifumo, da condividere a scuola o in qualsiasi altro contesto sociale.
I ragazzi delle classi coinvolte hanno realizzato un bozza grafica del progetto seguendo le indicazioni richieste dal centro di ricerca, ma non hanno avuto limiti alle idee da presentare.
Le scuole che hanno partecipato al contest sono: il liceo artistico Emilio Greco di Catania e il liceo F. De Sanctis di Paternò. Gli studenti presenteranno e racconteranno l’elaborazione delle loro idee durante il convegno annuale dedicato al No Tobacco Day 2022 che si terrà presso Palazzo dell’Università martedì 31 Maggio 2022 alla presenza di scienziati, medici e giornalisti di tutta Italia.
Nel frattempo, lungo il viale A. Doria, l’arteria di collegamento principale della provincia etnea, è appena stato allestito il ponteggio nell’area in cui da domani inizieranno i lavori per la realizzazione del murales della cultura antifumo. Si tratta di un nuovo manifesto del cambiamento internazionale che prenderà vita grazie al genio e alla collaborazione artistica del collettivo siciliano delle “Maletinte“, un gruppo di 13 donne impegnate da anni nell’arte e nella cultura ed unite dalla comune passione per il colore.
Maletinte: “Aria rovente, il mare, le pietre e il fuoco. Tinteggi acrobatici di donne sognatrici e volitive. Contaminazioni fluttuanti di stili e percorsi diversi; un unico comune obiettivo: colorare il mondo.”
Sono diverse le ragioni per cui si dovrebbe evitare questa cattiva abitudine, ma quando si tratta di una vita che sta venire la mondo, smettere di fumare è un obbligo. Quando davvero non si riesce a smettere, passare a soluzioni meno dannose come i cosiddetti prodotti a rischio ridotto, risulta essere una valida alternativa.
Tra le alternative a disposizione per quelle donne che durante la gestazione fumano gli esperti hanno preso in considerazione l’utilizzo dei cerotti alla nicotina, anche se in maniera notevolmente ridotta.
Questo perché in passato è emerso, da diversi studi, che i cerotti alla nicotina potevano aiutare le donne a ridurre il fumo durante la gravidanza senza danneggiare lo sviluppo del bambino.
Secondo uno studio condotto dai ricercatori della Queen Mary University di Londra, le donne che hanno scelto come alternativa le sigarette elettroniche, hanno mostrato tassi di abbandono migliori alla fine della gravidanza rispetto al gruppo delle donne che hanno scelto i cerotti alla nicotina (6,8% contro 4,4%).
Lo studio consisteva nel dividere casualmente 1.140 fumatrici in gravidanza in due gruppi, al primo sono state somministrate sigarette elettroniche, mentre al secondo sono stati somministrati cerotti alla nicotina. Alcune delle donne partecipanti al gruppo dei cerotti alla nicotina hanno utilizzato anche le sigarette elettroniche.
Ma perché non bisogna fumare durante la gravidanza? Quali sono i rischi che si corrono? Tra i rischi più comuni c’è quello dell’aborto, della gravidanza extrauterina e la morte prematura, ma anche una lenta e scorretta crescita del feto. Il fumo in gravidanza è alla base di problematiche molto serie.
Intraprendere un percorso di smoking cessation può essere molto lungo e difficile, ma dal momento che i rischi sono diversi e molto gravi, è il primo passo da compiere per affrontare serenamente la gravidanza anche quando non è ancora arrivata.
Il nuovo studio ha dimostrato che, come per le fumatrici non incinte, le sigarette elettroniche possono essere più efficaci dei cerotti alla nicotina e non rappresentano rischi maggiori per le madri o i bambini durante la gravidanza.
“Il nuovo liquido dell’azienda Tstar, denominato Nobile, nasce con l’obiettivo di sostenere concretamente la ricerca contro il fumo in Italia” – così Ivan Cernetti, responsabile dell’azienda, ha presentato questa mattina a Vapitaly 2022 il nuovo progetto frutto della collaborazione tra l’azienda di liquidi italiani e LIAF – Lega Italiana Anti Fumo.
Da anni, LIAF si batte per sconfiggere i danni collegati all’abitudine al tabagismo. “Sappiamo – ha spiegato il presidente LIAF, Ezio Campagna – che per chi non riesce a smettere definitivamente di fumare da solo, soprattutto se affetto da particolari patologie, scegliere di passare a prodotti senza combustione consente di ridurre i danni fumo correlati. Per questo, ogni iniziativa volta a sostenere la ricerca in questo campo è per LIAF di grande importanza“.
Grazie al nuovo progetto targato “LIAF – Tstar” parte del ricavato della vendita del “nobile liquido” potrà essere devoluto direttamente a LIAF con l’obiettivo di sostenere tutte le sue attività di ricerca collegate alla promozione di stili di vita più sani.
“Vogliamo dare il nostro contributo per sostenere la promozione di questo settore come ambito di ricerca innovativa per la riduzione del danno collegato al fumo di sigaretta convenzionale – ha aggiunto Cernetti – Realizzare un prodotto ideale per POD e MTL indirizzato all’Entry Level in grado anche di soddisfare i Vapers più esperti alla ricerca di un gusto fedele e raffinato, ci è sembrata la soluzione più idonea. Il Nobile è il risultato di un’estesa ricerca, durata oltre un’anno, volta a trovare la giusta composizione in grado di equilibrare aromi e mixture di tabacchi“.
Dal 14 al 16 maggio, imprenditori e rivenditori, ma anche vape lovers si ritroveranno a Verona per l’atteso appuntamento con Vapitaly 2022, la sesta edizione della fiera del vaping dedicata alle novità di mercato e agli ultimissimi trend di settore. Nel padiglione 12 di Veronafiere sono attese migliaia di persone, tra operatori ed appassionati delle e-cig e dei liquidi da svapare, in una superficie espositiva di 8.000 metri quadri.
Tra i partecipanti, come ogni anno, anche i ricercatori della LIAF – Lega Italiana Anti Fumo, con la speciale partecipazione per questa nuova edizione anche della redazione di LIAF Magazine.
Presso lo stand di LIAF sarà possibile scoprire tutte le novità nel campo della ricerca applicata agli strumenti a rischio ridotto e tutte le soluzioni utili per aiutare i fumatori a smettere definitivamente di fumare. LIAF presenterà diversi progetti che consentono ai vapers italiani di partecipare attivamente alla ricerca sulla riduzione del danno da fumo. Occasione unica per sostenere la ricerca e combattere una delle piaghe mortali più diffuse nel mondo.
“Siamo davvero emozionati per questa rinnovata presenza a Vapitaly – ha detto il presidente LIAF, Ezio Campagna – ancora una volta mostreremo agli svapatori italiani che raccontare la propria storia è di fondamentale importanza per tutti i fumatori. L’esempio di chi ha cambiato vita, passando a strumenti a rischio ridotto può aiutare milioni di fumatori a smettere, soprattutto se affetti da malattie fumo correlate, a gestire meglio la propria vita e a condurre uno stile di vita più sano“.
Vapitaly, per il 2022, conferma il format delle precedenti edizioni: sabato 14 e domenica 15, l’accesso è pensato per far conoscere a vapers, imprenditori e appassionati (ingresso consentito solo ai maggiorenni) le novità proposte al mercato dalle aziende, mentre lunedì 16 la fiera è riservata agli operatori del settore. Una manifestazione, quindi, che affianca opportunità concrete di business ad eventi dedicati agli appassionati del vaping, con un’area esterna coperta, riservata al relax e al food&drink.
“Finalmente si torna alla normalità – afferma Mosè Giacomello, presidente di Vapitaly –. Dopo questi due anni a distanza, siamo pronti a ripartire, con tanti espositori italiani e molti provenienti dall’estero. Torna la più importante fiera italiana del settore e noi siamo orgogliosi di essere la manifestazione di riferimento per un comparto che si dimostra vitale e in crescita. Da Verona, siamo pronti a guardare al futuro. Questa tre giorni sarà l’occasione per fare il punto sulle novità del mercato, sugli ultimi trend così come sulle normative e gli aspetti medico-giuridici che riguardano il vaping. Un’opportunità non solo per gli operatori del settore, ma anche per vaper e appassionati”.
Come ogni anno, dal 16 al 18 giugno, si terrà l’incontro annuale del Forum Globale della Nicotina (GFN). Il Summit mette insieme esperti del tabacco e del vaping per discutere della Riduzione del Danno da Tabacco, del futuro riguardante i rispettivi settori e delle sue implicazioni sulle politiche di salute pubblica. Un appuntamento annuale atteso ed importante per il settore delle politiche contro il fumo.
L’evento che si terrà presso il Marriott di Varsavia metterà insieme il successo dell’evento ibrido dello scorso 2021 e offrirà una ricca esperienza online utilizzando la nuova piattaforma GFN•TV per lo streaming di apposite sezioni.
Il tema di quest’anno avrà come focus “Tobacco Harm Reduction – here for good”, perché ancora una volta bisogna puntare sul giusto messaggio, ovvero come attraverso prodotti a base di nicotina più sicuri, la Riduzione del Danno può accelerare la fine del fumo e dei rischi legati al tabacco. Gli esperti si ritroveranno ad esplorare ed analizzare la scienza che c’è dietro l’approccio alla Riduzione del danno, le politiche e i cambiamenti normativi necessari per massimizzare il suo potenziale e gli ostacoli alla sua attuazione in tutto il mondo.
La Michael Russell Oration (MRO) onorerà il lavoro e la memoria del professor Michael Russell, un pioniere nello studio del comportamento dei fumatori, degli interventi clinici e delle azioni di politica pubblica, morto nel 2009.
Tra i relatori di questa edizione, come sempre una lunga lista di esperti del settore provenienti da tutto il mondo, anche il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo (CoEHAR).
Gli organizzatori del Summit offriranno l’opportunità di presentare anche quest’anno i GFN Five (brevi presentazioni multimediali della durata massima di cinque minuti come presentazioni video PowerPoint, video descrittivi che dimostrano nuove tecnologie e brevi interviste), per contribuire alla conferenza.
Lo scopo è quello di promuovere una regolamentazione efficace e proporzionata dei prodotti di nicotina più sicuri e del loro uso. Il Summit esamina, infatti, la scienza in rapido sviluppo in relazione alla Riduzione del Danno e al suo approccio, comprese le risposte politiche e normative.
I partecipanti possono registrarsi ora e iniziare a seguire tutti gli aggiornamenti sul Forum Globale della Nicotina.
Catania, 21 Aprile 2022 – Il dibattito scientifico sull’efficacia e la sicurezza dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina ha richiesto alla comunità scientifica di produrre informazioni sempre più accurate sulla relativa sicurezza di questi mezzi. Dibattito che si è esteso non solo allo strumento e alle differenze rispetto alle normali sigarette a combustione, ma anche ai liquidi utilizzati dagli svapatori di tutto il mondo, differenti per quantità di nicotina contenute all’interno, per tipologia e per gli aromi utilizzati.
Come sappiamo, infatti, i liquidi in commercio sono composti da glicole propilenico e glicerina vegetale, aromi e, non sempre, nicotina. Queste sostanze sono contenute e miscelate in quantità e composti diversi in base alla qualità o alla specifica commercializzazione del liquido venduto.
Il rischio correlato all’utilizzo dei liquidi è dato dalla presenza o meno di residui metallici o microplastiche che potrebbero creare effetti nocivi sulla salute e che spesso sono dovuti ad un mancato o inefficace controllo nel processo di produzione.
Mettendo alla prova alcuni liquidi commercializzati in Italia e abbastanza presenti anche nei mercati esteri, i ricercatori del CoEHAR hanno di recente analizzato i liquidi (aromatizzati con diverse varietà di tabacco) della società Dreamods.
Gli autori dello studio ritengono che, una volta accertata la riduzione del danno dei prodotti senza combustione, il miglior modo per tutelare la salute degli svapatori sia quello di prediligere prodotti di alto profilo qualitativo.
Durante lo studio condotto nei laboratori del CoEHAR di Catania, grazie alla collaborazione dello spin off ECLAT e all’utilizzo dei sistemi di valutazione più innovativi al mondo, i ricercatori, oltre a escludere la presenza di contaminanti derivati dai metalli e dalle micro- e nano-plastiche, hanno indagato l’effetto tossico sul metabolismo cellulare dei vapori di questi liquidi su cellule epiteliali bronchiali umane, confrontandolo con il fumo di una sigaretta convenzionale. Il sistema di esposizione al fumo di sigaretta ed al vapore di e-cig utilizzato nei laboratori catanesi consente di riprodurre l’esposizione umana delle cellule polmonari all’utilizzo quotidiano di sigaretta e sigaretta elettronica, riportando dunque risultati certi e inconfutabili.
Per generare il fumo di sigaretta e l’aerosol delle ecig, sono state utilizzate rispettivamente una smoking machine e una vaping machine. L’esposizione delle cellule bronchiali al fumo di sigaretta ed al vapore delle e-cig è stata effettuata utilizzando una camera di esposizione biologica contenete le cellule e collegato alle macchine in modo da simulare una esposizione fisiologicamente rilevante per un fumatore o uno svapatore.
In seguito, è stata valutata la citotossicità utilizzando due tecnologie differenti: la tecnologia Real-Time Cell-based Assay (strumento xCELLigence) e la tecnologia High Content Screening (strumento Operetta). Quest’ultima è stata utilizzata anche per la valutazione del danno mitocondriale (ricordiamo che i mitocondri sono le centrali energetiche della cellula).
In seguito, i ricercatori hanno valutato l’effetto dell’aerosol sullo stress ossidativo, misurando la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) direttamente nei vapori di e-cig prodotti dai 4 liquidi analizzati (“Dolce Bacco”, “Red Bacco”, “Deciso” e “Otello”) eda una sigaretta tradizionale.
Il Prof. Massimo Caruso dell’Università di Catania e autore dello studio si è detto: “soddisfatto del significativamente ridotto (circa l’80% in meno) effetto citotossico dell’aerosol di tutti e quattro i liquidi rispetto al fumo di sigaretta” .
Dato confermato anche dal prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR che ha aggiunto: “Le cellule esposte ai vapori di e-cig mantenevano anche un’ottima integrità dei mitocondri, evidenziando un effetto irrisorio, non significativo anche sul metabolismo cellulare. Inoltre, non è stata rilevata alcuna produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e dunque di stress ossidativo nell’aerosol di sigaretta elettronica”.
Risultati che supportano sempre di più i dati internazionali che confermano la ridotta tossicità delle sigarette elettroniche rispetto al fumo convenzionale e i benefici, in termini di salute, per quei fumatori che decidono di utilizzarle per smettere di fumare.
ANSA – Anche dopo aver avuto un infarto, smettere di fumare può salvarti la vita. Secondo una ricerca coordinata dall’Amsterdam University Medical Centre e presentata al congresso scientifico dell’Esc (Società Europea di Cardiologia), smettere di fumare dopo un infarto fa guadagnare oltre 4 anni di vita senza malattie cardiache senza neanche ricorrere all’assunzione di una terapia preventiva.
Lo studio ha utilizzato i dati di 989 pazienti dai 45 anni in su che avevano continuato a fumare nei sei mesi successivi ad un infarto o a un intervento per l’impianto di stent o bypass.
I pazienti etrano generalmente trattati con farmaci per prevenire altri eventi cardiaci, in particolare con antiaggreganti, statine e farmaci per abbassare la pressione. “Questo gruppo è particolarmente a rischio di avere un altro infarto o un ictus. Per loro smettere di fumare è potenzialmente l’azione preventiva più efficace”, ha affermato Tinka Van Trier, tra gli autori dello studio.
Nel dettaglio, i ricercatori hanno utilizzato un modello in grado di stimare il guadagno in anni di vita passati in salute, cioè senza infarto o ictus, per i pazienti che smettono di fumare. Ne è emerso che il beneficio derivante dall’abbandono del fumo era sovrapponibile a quello derivante dalla terapia con tutti e tre le classi di farmaci. In particolare smettere di fumare avrebbe comportato ai pazienti un guadagno di 4,81 anni senza infarto o ictus, mentre l’assunzione dei tre farmaci insieme avrebbe fornito un guadagno di 4,83 anni.
“Questo indica che smettere di fumare è molto importante per aggiungere anni in salute alla propria vita”, ha commentato Van Trier. “È importante sottolineare che la nostra analisi non ha tenuto conto degli altri vantaggi sulla salute derivanti dalla rinuncia al fumo, ad esempio sulle malattie respiratorie e il rischio di cancro. Sappiamo che il fumo di sigaretta è responsabile del 50% di tutti i decessi evitabili tra i fumatori, di cui la metà è dovuta a malattie cardiovascolari”.
“Se non si riesce a smettere di fumare – ha concluso il dottor Fabio Bandini, direttore dell’unità operativa complessa di neurologia dell’ospedale Villa Scassi di Genova – le alternative al fumo di sigaretta possono non portare al rischio zero ma sicuramente ad una riduzione del rischio perché i prodotti nocivi della combustione sono quelli più dannosi in generale per l’organismo. D’accordo che la nicotina ha un effetto di dipendenza ma quantomeno gli aspetti più tossici, più nocivi per le arterie e per il resto dell’organismo vengono sicuramente ridotti in maniera significativa. Quindi non rischio zero ma rischio diminuito”.
Oggi, 7 Aprile, si celebra la Giornata Mondiale della Salute, un evento internazionale istituito dall’OMS, il cui scopo è sensibilizzare l’umanità su argomenti riguardanti la salute pubblica e il bene comune. Slogan di quest’anno è “Il nostro pianeta, la nostra salute”. Un claim scelto per mettere in luce le problematiche legate all’inquinamento atmosferico che ogni anno, come afferma l’OMS, causa più di 13 milioni di vittime.
L’inquinamento atmosferico, infatti, è responsabile di tumori ai polmoni, malattie cardiache, asma e ictus. Oltre all’inquinamento da rifiuti, traffico, impianti per la produzione di energia e attività industriali, anche la cattiva abitudine al fumo contribuisce all’inquinamento atmosferico.
I nostri mari e l’intero suolo terrestre, ogni anno, vengono inquinati da numerosissimi mozziconi di sigaretta che vengono incivilmente gettati con estrema indifferenza.
Anche il fumo di sigaretta è dannoso per l’ambiente, poichè rilascia biossido di azoto, anidride carbonica e metano, inquinando, così, l’atmosfera terrestre.
Inoltre, esso libera residui che, depositandosi sulle superfici, possono nuocere a bambini e animali.
La produzione di sigarette è anche una delle tante cause di deforestazione: ogni anno, infatti, milioni di alberi vengono abbattuti, ricavando così terreno per la realizzazione di piantagioni di tabacco.
La coltivazione del tabacco richiede anche l’utilizzo di pesticidi, fertilizzanti e sostanze chimiche che alimentano l’inquinamento ambientale.
Smettere di fumare contribuisce a migliorare in modo significativo sia le condizioni ambientali marittime e terrestri che la speranza di vita di chi li abita, garantendo una migliore qualità dell’aria.
Meno fumo nell’aria ridurrebbe il rischio dell’insorgere di malattie cardiovascolari e tumori.
Non è mai troppo tardi per intraprendere uno stile di vita sano, soprattutto smettendo di fumare, per migliorare le problematiche legate all’ambiente e alla nostra salute.
Articolo scritto dalle studentesse dell’Università di Catania, Alessia Cali e Irene Campisano
Catania, 5 aprile 2022 – Lo sviluppo di algoritmi sempre più complessi, interfacce grafiche elaborate e applicazioni evolute dell’intelligenza artificiale, hanno permesso di compiere progressi molto rapidi nell’individuazione e nel trattamento delle dipendenze e delle patologie mentali, anche a distanza. Applicazioni per smartphone, videogiochi e Realtà Virtuale sono oggi strumenti su cui poter contare nella gestione di determinate condizioni cliniche, laddove non sia possibile intervenire a causa della distanza, di costi elevati o di indisponibilità del paziente.
Scopo della ricerca è stato valutare quanto, nel corso degli ultimi anni, le nuove tecnologie hanno influenzato l’approccio alla psicoterapia, alla riabilitazione clinica e al trattamento delle dipendenze. A differenza di quanto si possa pensare, infatti, l’impiego di strumenti digitali avanzati non si basa semplicemente sull’evoluzione dei software impiegati, ma richiede studi scientifici che valutano risposte e risultati delle moderne tecnologie utilizzate, soprattutto nei casi in cui i metodi tradizionali sembrano non sortire effetto.
Tra i vari metodi analizzati, la Realtà Virtuale sembra essere quello di maggior impatto perché consente di creare un’esperienza immersiva complessa e totale, in cui l’interazione con l’ambiente circostante avviene anche attraverso controller o tastiere, rivelandosi particolarmente utile, ad esempio, con pazienti affetti da disturbi dello spettro schizofrenico o affetti dal morbo di Parkinson.
Ma è soprattutto con lo smartphone e le applicazioni in esso contenute che emergono dati interessanti: considerato che circa il 92% degli italiani possiede un telefono cellulare, le app vengono usate sempre più spesso in trattamenti riabilitativi specifici, in particolare se rivolti alla dipendenza da fumo o da alcol.
Su un totale di oltre 3556 articoli in materia, lo studio dei ricercatori del CoEHAR ha incluso nella revisione un totale di 28 ricerche. Quello che è emerso è un quadro scientifico in rapida evoluzione: software sempre più avanzati permettono di ricreare ambienti dettagliati e avatar realistici, garantendo al paziente un’esperienza completa e facendolo interagire con simulazioni di esperienze di vita reale, stimolando comportamenti o abitudini diverse. Inoltre, la drastica riduzione dei costi e la mancanza di ricorso ai farmaci rappresenta un valido motivo per arrivare prima al risultato.
I ricercatori consigliano sempre di affiancare l’uso degli strumenti digitali ad un percorso di psicoterapia, sfruttando dunque un approccio clinico integrato e mettendo in risalto il fatto che l’uso di tali strumenti permette di creare percorsi terapeutici focalizzati sui bisogni dei singoli pazienti, intervenendo anche nei casi di condizioni cliniche non trattabili con farmaci.
“Permettere ai pazienti di entrare digitalmente in esperienze di vita reale con il sostegno di un terapeuta significa aumentare le possibilità di riuscita” spiega Pasquale Caponnetto, autore dello studio “Non solo, ma l’accesso immediato a sostegni di supporto online o su telefono rompe gli schemi classici della terapia, garantendo una supporto costante nella lotta alle dipendenza, soprattutto quando il paziente si trova a gestire fattori di stress o situazioni che innescano il bisogno di fumare. Costi bassi, elevata replicabilità e accesso internazionale: la lotta al fumo deve passare anche dal mondo digitale”.
Con un’applicazione si mette letteralmente nelle mani del paziente un percorso di guarigione, con accesso a un supporto immediato e costante, aumentando le possibilità di monitoraggio delle abitudini, riducendo lo stigma connesso alla terapia e rendendo il percorso molto più personalizzabile. Sorprendentemente, ciò che è emerso dalla review è che non esistono, al momento, app studiate per il supporto al trattamento di dipendenza da droghe o sostanze stupefacenti: molto probabilmente, una volta che i risultati nel trattamento del tabagismo saranno standardizzati, la ricerca e lo sviluppo si rivolgeranno anche a questo settore.
articolo di Alessia Calì e Irene Campisano, studentesse dell’Università di Catania
Catania 30 Marzo 2022 – Si è tenuto questa mattina presso il Liceo Artistico Statale “Emilio Greco” di Catania un altro appuntamento con “LIAF nelle scuole“, il progetto che nelle prossime settimane vedrà la realizzazione di un murales in una delle vie più trafficate del territorio etneo.
A scuola, con i 200 ragazzi del liceo (alcuni di loro collegati in remoto) erano presenti gli esponenti del CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, e i rappresentanti di LIAF, Lega Italiana Anti Fumo.
Tra loro il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR; il prof. Marco Palumbo, ordinario di ginecologia e ostetricia dell’Università di Catania; il dott. Toti Urso, project manager del progetto “Smile Study” del CoEHAR; la dr.ssa Marilena Maglia, psicologa del CPCT Centro per la Prevenzione e Cura al Tabagismo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania e la dr.ssa Valeria Nicolosi, responsabile comunicazione del consorzio CoEHAR.
All’inizio dell’incontro il prof. Li Volti ha presentato ai discenti i singoli progetti in corso e gli obiettivi dell’attività di ricerca del centro universitario e si è poi soffermato sui danni provocati dalle sigarette convenzionali: “Il fumo di sigaretta causa problemi gravissimi – ha detto Li Volti – il CoEHAR studia soluzioni alternative per chi non riesce a smettere di fumare da solo. Si muore per la combustione delle sostanze tossiche e non per la nicotina”.
Come hanno ricordato i rappresentanti ed esperti delle due organizzazioni, i danni provocati dal fumo sono molti. Oltre alle patologie più comuni come quelle cardiovascolari e polmonari, come ha spiegato il prof. Palumbo: “Il fumo incide negativamente sulla sessualità maschile e femminile ed è una delle maggiori cause di impotenza e infertilità. Peraltro, studi dimostrano che il fumo in gravidanza provoca enormi rischi per la salute del feto“.
Fumare inoltre è un fattore di rischio anche per la salute della bocca. Baci e sorrisi sono messi a dura prova. Per questo il progetto “Smile Study”, coordinato dal CoEHAR in collaborazione con 5 Paesi diversi nel mondo, intende studiare l’utilizzo di strumenti meno dannosi per la salute dentale al fine di produrre dati scientifici rilevanti in uno dei settori meno studiati in ambito HArm Reduction. A presentare Smile, il project manager dello stesso progetto, dr. Toti Urso.
Ricordiamo che il progetto “LIAF nelle scuole” nasce con l’obiettivo di diffondere tra gli adolescenti la cultura antifumo, informandoli sui danni causati dall’abitudine al tabagismo sulla salute del corpo e anche sulle relazioni interpersonali.
Il tour di LIAF e CoEHAR nelle scuole continua anche nei prossimi mesi.
Per maggiori informazioni su questo progetto o per fissare un incontro anche nella tua scuola, invia email a: [email protected]
Un caso di cancro su tre è dovuto al fumo. In questi ultimi due anni la paura di contrarre il Covid-19 ha spostato l’attenzione per la prevenzione e la cura di malattie spesso più letali come il cancro ed i tumori fumo correlati.
Il tumore del polmone continua a rimanere una delle neoplasie più letali. Oggi nel mondo si registrano ogni anno oltre 2,2 milioni di casi di questa malattia, mentre in Italia le nuove diagnosi annue sono circa 41.000 (27.550 negli uomini e 13.300 nelle donne), con una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi del 16% circa negli uomini e 23% nelle donne. Per quel che riguarda uno dei tumori più aggressivi e in rapida crescita come quello al polmone la prevenzione è fondamentale.
Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Journal of Thoracic Oncology dai ricercatori guidati da Saverio Caini dell’Istituto per la ricerca sul cancro di Firenze, afferma che smettere di fumare può migliorare la sopravvivenza anche quando è già stato diagnosticato un tumore del polmone. Anche nel caso in cui si sia smesso poco prima della diagnosi.
I tumori del polmone causati dal fumo di sigaretta possono essere trattati con cure meno invasive se presi per tempo, ma evitare di fumare sarebbe significativo per prevenire questo tipo di cancro.
Ciò che emerge dallo studio e dai 21 articoli pubblicati sulla ricerca è che la sopravvivenza generale aumenta del 29% in chi ha smesso di fumare appena prima o dopo la diagnosi di tumore del polmone rispetto a chi invece ha proseguito.
Questa specifica osservazione riguarda tutti i tipi di tumore del polmone, i tumori non a piccole cellule e anche i tumori a piccole cellule. A spiegarlo, Saverio Caini, che mette in evidenza come il fumo di sigaretta possa sostenere crescita, progressione e disseminazione della malattia. Da non sottovalutare anche la riduzione dell’efficacia della chemioterapia e della radioterapia se si continua a fumare durante le cure.
Non fumare, fare movimento, seguire una corretta alimentazione sono fondamentali nella lotta ai tumori perché rappresentano l’arma più potente per sconfiggerli.
Spiegare ai pazienti l’importanza di smettere di fumare e dare loro consigli su come fare sono momenti di fondamentale importanza e condivisione, soprattutto durante gli screening medici.
I risultati dei più noti studi nel campo delle ecig sono necessari per impostare le linee guida delle principali politiche di salute pubblica.
Notando una crescente disinformazione nel campo delle sigarette elettroniche e della riduzione del danno e accorgendosi che molti organizzazioni internazionali, in prima l’OMS, non recepiscono correttamente i messaggi lanciati dagli esperti di settore, un gruppo di ricercatori internazionali, guidati dal CoEHAR, ha voluto valutare se alcuni tra i principali studi del settore fossero condotti nella giusta maniera.
Il risultato?
Gran parte delle ricerche nel campo del vaping contengono errori metodologici importanti, da cui discende un flusso di informazioni fuorvianti che alimenta il caos e la disinformazione soprattutto tra coloro che sono timorosi nell’approcciare il vaping per smettere di fumare.
Un problema che determina una diffusione capillare di notizie cosiddette “acchiappaclick”, basate su studi che contengono rilevazioni errate o soggetti di studio di cui non si considera la pregressa storia clinica o il precedente status di fumatori: insomma, un guazzabuglio metodologico che non facilita il compito di chi invece conduce seriamente le ricerche nel campo del vaping.
Sotto la supervisione della dott.ssa Cother Hajat, dell’Università degli Emirati Arabi Uniti, i ricercatori hanno analizzato i 24 studi più popolari sul vaping e pubblicati sulle più autorevoli riviste internazionali di medicina.
Gli scienziati hanno notato una pletora di errori disastrosi: ogni lacuna è stata identificata, categorizzata e accuratamente studiata.
Lo studio “Analysis of common methodological flaws in the highest cited e-cigarette epidemiology research” non lascia spazi a fraintendimenti: la quasi totalità delle ricerche più note del settore ha rilevato difetti metodologici, mancando di una chiara ipotesi, utilizzando un metodo inadeguato, non rilevando dati essenziali e non correggendo i risultati considerando ovvi fattori di confondimento.
Molti degli studi analizzati contenevano informazioni soggettive e, analizzando nel dettaglio i lavori che valutavano la possibilità che lo svapo fosse o meno uno strumento valido nei percorsi di harm reduction o cessazione, sono emerse problematiche legate a metriche valutative poco idonee.
“La maggior parte degli studi inclusi nella ricerca non ha beneficiato di una appropriata progettazione e non ha dato risposta alle ipotesi e alle domande iniziali presentate. Nel nostro lavoro offriamo delle raccomandazioni pratiche che possono migliorare enormemente la qualità e il rigore della ricerca futura nel campo della riduzione del danno” spiega la dott.ssa Hajat.
Gli autori concludono che molte delle ricerche più influenti sulle sigarette elettroniche sono di scarsa qualità e inadeguate a indirizzare le scelte di salute pubblica e offrire raccomandazioni pratiche per migliorare al ricerca in questo campo.
“Siamo orgogliosi di annunciare l’analisi più completa mai pubblicata sui difetti metodologici comuni nella ricerca sulla sigaretta elettronica!” dichiara il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.
“Invitiamo ricercatori, revisori, redattori scientifici e responsabili politici di tutto il mondo a leggere questo articolo e imparare come prevenire la propagazione di errori comuni che generano una distorsione della verità scientifica.
La reiterazione sistematica degli stessi errori che conducono a una scienza priva di informazioni utili è la nuova pandemia! Sono sbalordito che studi di così bassa qualità abbiano passato la revisione editoriale di prestigiose riviste scientifiche. È in gioco la credibilità degli scienziati nel campo del controllo del tabacco e della loro attività di ricerca!”
Secondo un’interessante teoria, l’associazione tra gruppi di emoji sul famoso servizio di messaggistica istantanea potrebbe non essere del tutto casuale.
Tra i disagi causati dal fumo di sigaretta, ce n’è uno che riguarda in maniera particolare le persone che ci stanno vicino. La puzza di sigaretta, che precede il tabagista, è tra i principali fastidi che chi non fuma può subire.
E se anche lo smartphone, il braccio armato della comunicazione e delle relazioni sociali odierne, avesse qualcosa da ridire in merito?
Sì, stiamo parlando di tecnologia. Sappiamo che tra i tanti aiuti per avviare la propria crociata contro il fumo, se ne trovano diversi anche sul versante tecnologico, in particolare se parliamo di cellulari.
Esistono infatti varie applicazioni per smartphone che si propongono come validi strumenti per aiutare i fumatori a smettere definitivamente di fumare.
Ma i telefonini potrebbero essere portatori di una valida, quanto inaspettata, campagna antifumo, soprattutto per i più giovani.
La teoria che Whatsapp sia contro le sigarette, e il fumo in generale, nasce dall’osservazione della disposizione delle emoji all’interno dell’applicazione di messaggistica. Avete mai notato che la maggior parte delle emoji sono disposte in modo da mettere vicine quelle che hanno una particolare correlazione? Questa impostazione nasce per facilitare il più possibile la persona nella ricerca quando scrive un messaggio.
La teoria è interessante perché alla base di questa osservazione c’è la vicinanza tra due emoji correlate sulla base di un principio di correlazione concettuale: nel caso della sigaretta, l’emoji è associata a quella della bara, che richiama a sua volta il concetto di morte.
Altro fattore interessante è che, dopo l’ultimo aggiornamento dell’applicazione, si è aggiunta un’altra icona ad arricchire il tutto: una lapide. Sembrerebbe non esserci alcun dubbio sul messaggio che si vuole veicolare.
Messaggi ironici e leggeri come questi veicolati da app ormai famosissime come Whatsapp potrebbero riuscire ad accendere una sana riflessione sui danni fumo correlati?
Se fosse proprio quella sigaretta in più ad aver rovinato l’aspetto di un semplice sorriso? Secondo uno studio dei ricercatori del CoEHAR, i denti dei fumatori sono molto meno bianchi rispetto a chi non ha mai fumato. Ma smettere può invertire la tendenza
Sin dall’antichità, la necessità di prendersi cura del proprio sorriso ha richiesto capacità di inventiva e di adattamento: sono giunti fino a noi reperti risalenti all’epoca egizia, e anche precedenti, che ritraggono antiche tecniche odontoiatriche.
Basilari, chiaramente, ma che denotano la volontà di prendersi cura dei propri denti con miscele di erbe e spezie, per contrastare l’alito cattivo e limitare la diffusione di batteri nel cavo orale.
Sebbene esistano testimonianze storiche di precursori dello spazzolino in Cina già attorno al 1500, per ottenere un prodotto più resistente dobbiamo saltare direttamente al XIX secolo.
Eppure, nonostante la lotta per avere denti più bianchi sia stata una vera e propria conquista del genere umano, ad oggi esistono cattive abitudini che ne pregiudicano la salute e il colore.
Quali? Il fumo in primis.
Secondo una ricerca condotta dai ricercatori del CoEHAR, intitolata “Repeatability of dental shade by digital spectrophotometry in current, former, and never smokers“, condotta in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Bologna coordinati dal prof. Giovanni Zucchelli, docente di Paradontologia, i denti dei fumatori sono significativamente meno bianchi di quelli dei non fumatori.
Tuttavia, l’aspetto del sorriso migliora dopo aver smesso di fumare.
L’obiettivo finale di migliorare il colore dei denti può diventare un motivo molto più convincente per smettere di fumare, soprattutto tra coloro che ritengono che la questione dell’aspetto dei loro denti sia di fondamentale importanza (aspetto generale rovinato a causa dello scolorimento dei denti e delle macchie di catrame o di tabacco).
In genere, la valutazione del colore dei denti viene eseguita “ad occhio”, mediante il confronto visivo con scale di colore predefinite: un metodo soggettivo ed impreciso.
Durante lo fase di ricerca è stata invece utilizzata la tecnica della spettrofotometria digitale di ultima generazione è stata utilizzata per misurare con grande precisione gli indici di tonalità del bianco dei denti, al fine di confrontarli tra fumatori, ex-fumatori e non fumatori.
“Siamo orgogliosi dei risultati della nostra ricerca che dimostrano che i denti dei fumatori sono molto meno bianchi di quelli dei non fumatori. Inoltre, l’indice di tonalità del bianco dentale degli ex-fumatori si è collocato in una posizione intermedia tra fumatori e non fumatori” – spiega il prof. Giovanni Zucchelli, docente di Paradontologia dell’Università di Bologna.
Le discromie dentali causate dal fumo di sigaretta non sono permanenti e il processo può essere invertito smettendo di fumare.
Secondo la ricerca, la spettrofotometria digitale potrebbe risultare vantaggiosa anche per altre valutazioni, in quanto può misurare con precisione le alterazioni nelle tonalità del bianco dei denti.
In termini di salute pubblica, questi studi potrebbero avere un impatto enorme, secondo Riccardo Polosa, professore di Medicina e fondatore del CoEHAR dell’Università di Catania. Le persone che ritengono che problemi quali l’alito cattivo o l’aspetto del proprio sorriso siano questioni importanti, potrebbero essere fortemente influenzate da considerazioni estetiche nella loro decisione di smettere di fumare.
Per esempio, che differenze esistono nel sorriso di chi passa dalle sigarette convenzionali ai prodotti senza combustione? Passando a strumenti a rilascio di nicotina prive di catrame (come sigarette elettroniche o prodotti a tabacco riscaldato) è possibile migliorare la salute orale e il bianco dei denti dei fumatori?
Per dare risposta a queste domande, i ricercatori del CoEHAR stanno conducendo uno studio internazionale che mira a valutare l’impatto dell’utilizzo delle sigarette elettroniche e dei prodotti a tabacco riscaldato sulla salute orale e sull’estetica del sorriso su un campione di oltre 600 persone.
Al centro dell’ultimo incontro online promosso nei giorni scorsi da Scohre, l’Associazione Internazionale per il Controllo del Fumo e la Riduzione del Danno, “Un nuovo sguardo sulla salute pubblica” (A new gaze of public health), temi come la tassazione o il divieto dei prodotti tradizionali del fumo.
La sessione prevista per il 2 marzo e promossa in forma mista sia in presenza che online, era inserita all’interno del PANHELLENIC CONGRESS OF PUBLIC HEALTH 2022, evento durante il quale è stata messa in risalto la necessità di un approccio più ampio e meno frammentato alle politiche di riduzione del danno anche in Europa, dove il fumo di nuova generazione rischia di andare incontro a norme europee più stringenti.
A coordinare l’evento la prof.ssa Anastasia Barbouni, docente di salute pubblica e prevenzione delle malattie all’Università “West Attica” di Atene e il prof. Ignatios Ikonomidis, docente di cardiologia presso la National and Kapodistrian University di Atene.
Tra gli ospiti, alcuni tra i maggiori esperti di salute pubblica a livello internazionale: Dimitri Richter, capo del dipartimento di cardiologia presso l’Euroclinic Hospital di Atene, Karl Fagerström, professore emerito e membro fondatore di SCOHRE, e Andrzej Fal, presidente della Polish Society of Public Health.
Cosa ne sarà dell’utilità dei prodotti a basso rischio?
Ad emergere è la questione del ruolo dei dispositivi alternativi al fumo tradizionale nelle politiche di controllo del fumo come le sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato, che hanno un diverso profilo di rischio, indubbiamente più basso.
Andrej Fal, Presidente della Polish Society of Public Health e membro di Scohre, ha affermato: “Garantire a questi prodotti una tassazione inferiore rispetto a quella delle sigarette tradizionali può aiutare nel percorso di abbandono del fumo tradizionale”.
Secondo gli esperti, si pensa che possa risultare vincente seguire l’esempio della FDA (Food and Drug Administration) americana, che adotta già un riferimento alla riduzione del danno, ovvero un approccio che considera i prodotti alternativi alle sigarette tradizionali come mezzo meno tossico e nocivo per affrontare il problema della dipendenza dal fumo.
L’Europa dovrebbe fare lo stesso e non mantenere un approccio così frammentato.
Questo risulta essere un limite per i prodotti a rischio ridotto perché secondo gli esperti della Riduzione del Danno, tanti approcci tutti diversi risultano molto limitanti.
Richter riporta come validi esempi da seguire i casi del Regno Unito e della Svezia, dove nel primo caso le sigarette elettroniche vengono offerte come strumento complementare alle terapie sostitutive con la nicotina per smettere di fumare e nel secondo perché si parla del primo Paese europeo che ha raggiunto l’obiettivo di abbassare il tasso di fumatori sotto la soglia del 5 per cento, proprio grazie all’utilizzo dei prodotti da fumo alternativi.
Quello che si evince da quest’ultimo confronto è che mantenere una pressione fiscale elevata sui dispositivi alternativi al fumo tradizionale può disincentivare chi vuole smettere di fumare.
L’Università Statale di Milano ha pubblicato i risultati del questionario sulle abitudini al fumo in università somministrato agli studenti dell’ateneo milanese nei mesi scorsi.
Lo studio rientra nell’ambito del progetto “La Statale smoke-free per stili di vita liberi dal fumo” condotto dalla prof.ssa Silvia Fustinoni, docente di Medicina del Lavoro dell’Ateneo, e dalla ricercatrice Laura Campo. Si tratta di una campagna per diffondere conoscenza e consapevolezza sull’abitudine al fumo da parte della sua comunità studentesca.
Il questionario, che ha avuto più di 7mila risposte è solo il primo step di questa campagna e i risultati sono stati di grande impatto.
Ecco come hanno risposto gli studenti:
Il 64% dei partecipanti si è dichiarato non fumatore, il 19% fumatore di sigarette tradizionali, il 10% ex-fumatore, il 3% utilizzatore di sigaretta elettronica o prodotti a base di tabacco riscaldato e il 4% utilizzatore duale.
Si sono osservate notevoli differenze tra le facoltà: si fuma di più a Scienze Politiche Economiche e Sociali (SPES) (35%) e Giurisprudenza (33,6%) e di meno a Medicina e Chirurgia (19%) e Scienze del Farmaco (20,2%).
La pandemia da Covid-19 ha cambiato le abitudini al fumo del 18% degli studenti: tra questi, il 58% ha smesso di fumare o ha diminuito il numero di sigarette convenzionali o elettroniche al giorno, mentre il 33% ha iniziato a fumare o ha aumentato il numero giornaliero di sigarette tradizionali o elettroniche.
Le sigarette elettroniche o i prodotti base di tabacco riscaldato sono utilizzate principalmente perché ritenute dai più giovani un’alternativa alla sigaretta tradizionale (43 e 46%), perché sono di moda o per curiosità (35 e 29%) e perché sono ritenute meno pericolose per la salute rispetto alla sigaretta tradizionale (43%).
Il 41% dei partecipanti ha dichiarato di essere stato esposto a fumo passivo nell’ultima settimana. Il fumo passivo di sigaretta tradizionale è ritenuto dannoso per la salute dal 94% dei rispondenti.
Altrettanto importante, oltre questi dati, è quello che emerge dal questionario riguardo le normative nazionali. Gli studenti sono a conoscenza delle normative nazionali sul fumo, ma risultano invece poco conosciute le normative che riguardano la scuola. Interessante, però, che partecipanti si sono dimostrati favorevoli ad accogliere nuove iniziative dell’Ateneo per proteggere la salute dei non fumatori e per aiutare chi vuole smettere di fumare.
Il World No Tobacco Day 2022 si avvicina. Il 31 Maggio, come ormai i nostri lettori sanno bene, si celebra la Giornata mondiale contro il fumo organizzata dall’Oms con l’obiettivo di sensibilizzare il mondo sugli effetti che il fumo di sigaretta convenzionale ha sulla salute.
Oltre all’impatto devastante che ha sulla nostra salute, il consumo di tabacco ha conseguenze estremamente gravi anche dal punto di vista ambientale e sociale.
Lo slogan della campagna globale di quest’anno: “Il tabacco: una minaccia per il nostro ambiente”, ha lo scopo di sensibilizzare i fumatori sull’impatto ambientale del tabacco, dalla coltivazione, dalla produzione, dalla distribuzione e dai rifiuti. L’obiettivo sarà quello di dare ai consumatori di tabacco un motivo in più per smettere.
Con un contributo annuale di gas serra di 84 megatoni equivalenti di anidride carbonica, l’industria del tabacco contribuisce al cambiamento climatico e riduce la resilienza climatica, sprecando risorse e danneggiando gli ecosistemi.
Ogni anno vengono distrutti circa 3,5 milioni di ettari di terreno per la coltivazione del tabacco. La coltivazione del tabacco contribuisce alla deforestazione, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
“L’impatto ambientale dell’uso del tabacco aggiunge una pressione non necessaria alle già scarse risorse e agli ecosistemi fragili del nostro pianeta. Questo è particolarmente pericoloso per i paesi in via di sviluppo, poiché è lì che avviene la maggior parte della produzione di tabacco”, ha affermato il dottor Ruediger Krech, Direttore della promozione della salute. “Ogni sigaretta che fumi, sta letteralmente bruciando risorse, risorse da cui dipende la nostra stessa esistenza”.
L’industria del tabacco ha investito molto per “pulire” le loro pratiche dannose per l’ambiente segnalando l’impatto ambientale e finanziando progetti e organizzazioni di responsabilità sociale delle imprese ambientali. Per questo la riduzione del consumo di tabacco deve essere identificata come una leva fondamentale per il raggiungimento di tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile, non solo quelli direttamente correlati alla salute.
Il CoEHAR e LIAF quest’anno torneranno in aula con un evento che metterà insieme esperti di ogni settore e di ogni ambito accademico. Ma non solo: novità in arrivo.
Catania 2 Marzo 2022 – Riparte il progetto LIAF nelle scuole. Dopo i due anni di pandemia che hanno impedito l’organizzazione di seminari in presenza, finalmente anche la promozione della salute torna tra gli adolescenti. Ieri mattina, infatti, alcuni rappresentanti della LIAF, insieme agli esperti del CoEHAR hanno tenuto il primo seminario post-pandemia presso il Liceo Linguistico e delle Scienze umane “F. de Sanctis” di Paternò, in provincia di Catania.
Presenti all’incontro il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR; il dott. Toti Urso, project manager dell’Università di Catania; il prof. Massimo Caruso, ricercatore del CoEHAR; il prof. Pasquale Caponnetto, del CPCT del Policlinico di Catania e la ginecologa dr.ssa Elisa Caruso. Con loro, a moderare la giornalista, Valeria Nicolosi.
Obiettivo del ciclo di seminari “LIAF nelle scuole” è illustrare ai ragazzi i danni tangibili causati dal fumo su tutto il corpo e l’incidenza delle patologie fumo correlate sulla qualità della vita.
“Vogliamo invitare i ragazzi a non iniziare a fumare e a smettere se hanno già iniziato. Ma vogliamo anche illustrare loro le possibilità che il mondo della ricerca può aprire per il futuro. Si tratta di un mondo in continua evoluzione che può condurre a percorsi accademici di successo su ogni ambito della conoscenza scientifica” – così il presidente LIAF, Ezio Campagna.
I vari lockdown, l’ansia e gli stati d’animo contrastanti provocati dal diffondersi della pandemia hanno riacceso le luci sull’allarme tabagismo sia per gli adulti, sia per i giovani.
“La sigaretta convenzionale sprigiona una enorme quantità di sostanze tossiche che sono responsabili di molte gravi patologie” ha spiegato il prof. Li Volti. “Fare ricerca significa trovare risposte efficaci per debellare una delle piaghe peggiori dell’ultimo secolo e per trovare soluzioni alternative utili a far smettere di fumare milioni di persone” ha aggiunto.
Test e giochi di società condotti dal prof. Caponnetto hanno permesso ai ragazzi di partecipare al seminario in maniera attiva e coinvolgente.
Per partecipare al progetto “Liaf nelle scuole”: scrivere a [email protected]
Articolo di Irene Campisano e Alessia Calì, studentesse dell’Università di Catania
L’abitudine al fumo incide molto sulle relazioni sentimentali tra individui, per via dei suoi effetti negativi relativi all’alitosi, all’impotenza maschile e all’infertilità sia maschile che femminile. Viene in questo modo compromessa non solo la sfera fisica della vita di un individuo, ma anche la sfera sociale e relazionale e smettere di fumare non è che l’unica soluzione.
Il fumo è una delle principali cause dell’alito cattivo questo perché esso provoca cambiamenti all’interno della cavità orale, come la riduzione di produzione di saliva da parte delle ghiandole salivari che rende la bocca più secca, luogo ideale per la moltiplicazione di batteri.
Per questa ragione l’alitosi potrebbe influire sulla possibilità di baciare e la vita di coppia potrebbe esserne compromessa, soprattutto quando si tratta di una relazione tra un fumatore e un non fumatore. Il non fumatore potrebbe essere infastidito dall’alito del proprio partner, e la possibilità di conflitti di coppia potrebbe indurre il fumatore a smettere di fumare o passare all’uso di sigarette elettroniche.
Il fumo, oltre agli effetti già noti come il tumore ai polmoni, problemi cardiovascolari e invecchiamento precoce della pelle, incide anche sulle prestazioni sessuali soprattutto per gli uomini perché può causare impotenza e infertilità.
Secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Catania, il fumo blocca la mobilità e altera il DNA degli spermatozoi. Per constatare questa tesi i ricercatori hanno esposto per 24 ore degli spermatozoi prelevati da non fumatori al condensato di fumo di sigaretta, arrivando in questo modo a notare la non mobilità degli spermatozoi e l’alterazione del loro DNA.
Quest’alterazione non compromette solo i processi di fecondazione ma può provocare anche ripercussioni negative sulla vitalità dell’embrione, come l’arresto dello sviluppo e la conseguente interruzione spontanea di gravidanza.
Come detto in precedenza, il fumo è anche una delle principali cause d’impotenza.
Esso peggiora la qualità dell’erezione, danneggia la fase di mantenimento dell’erezione e allunga il periodo refrattario.
Secondo il Massachusetts Male Aging Study, che è stato il primo studio effettuato su scala globale sulla popolazione, il fumo di sigaretta aumenta il rischio di disfunzione erettile a causa di danni ai vasi sanguigni che comportano un ridotto afflusso di sangue.
L’impotenza potrebbe essere la causa della carenza d’intesa sessuale all’interno di una coppia che, molte volte, viene considerata uno dei pilastri più importanti in una relazione.
Le sostanze tossiche che sono contenute all’interno della sigaretta incidono anche sulla fertilità femminile, perché provocano una riduzione degli ovociti; di conseguenza una donna che fuma impiega più tempo a rimanere incinta rispetto ad una donna non fumatrice.
Inoltre, il fumo danneggia il DNA degli ovociti maturi ed è in grado di invecchiare le ovaie anche di 10 anni.
Nelle donne incinte, poi, il vizio del fumo aumenta il rischio di aborti, di nascite e morti premature, di riduzione del latte materno con presenza di nicotina in esso.
Data l’infertilità che il fumo causa sia negli uomini che nelle donne e le problematiche provocate dal fumo durante la gravidanza, nel caso in cui si desideri formare una famiglia le possibilità si riducono di molto.
Le relazioni sociali sono alla base della vita di individuo, ma il fumo potrebbe compromettere relazioni stabili e durature allontanando chi si ama. L’invito che si dà è sempre quello di smettere di fumare per salvaguardare non solo sè stessi ma anche le persone che si hanno vicino e che si amano.
La rimodulazione della tassa sui prodotti liquidi da inalazione, dal 1° aprile al 31 dicembre 2022, approvata con un emendamento al DL Milleproroghe, soddisfa solo in parte ANAFE, l’Associazione Italiana Produttori Fumo Elettronico aderente a Confindustria. Il decreto, infatti, pur disinnescando per soli 9 mesi gli aumenti entrati in vigore dal 1° gennaio 2022 (+ 200% sui liquidi senza nicotina e +100% sui liquidi con nicotina), dispone comunque un raddoppio del carico fiscale rispetto al 2021. Le accise infatti aumenteranno in ogni caso del +100% sui liquidi senza nicotina e del +50% sui liquidi con nicotina. Il tutto mentre le sigarette tradizionali, la principale causa di morte al mondo, restano ancora una volta esenti da qualsiasi rincaro.
“Come fa un’Associazione di imprese a esprimere soddisfazione rispetto a un raddoppio delle tasse sui propri prodotti? Senz’altrosentiamo il dovere di ringraziare il Senatore Matteo Salvini,il Sottosegretario Federico Freni e l’On. Massimo Bitonci, per aver capito la gravità della situazione: un aumento del 200% della tassazione è in grado di distruggere qualunque filiera. Forse l’intenzione di alcuni è proprio questa. Sicuramente abbiamo evitato una catastrofe, ma restiamo sconfortati e perplessi da vari elementi. In primis, dal fatto che i prodotti liquidi da inalazione – cioè prodotti innovativi a rischio ridotto che ormai anche l’Unione europea ha riconosciuto come validi strumenti per smettere di fumare – siano ancora puniti dalle scelte di politica fiscale di questo Paese che, in questo modo, potrebbe indurre 1.5 milioni di utilizzatori di e-cig a preferire le sigarette tradizionali, prodotti che al contrario sono senza alcun dubbio dannosi per la salute”. Ha dichiarato Umberto Roccatti, il Presidente di ANAFE Confindustria.
“L’altro elemento che desta preoccupazione” – ha proseguito Roccatti – “è l’impianto normativo generale: tra dieci mesi infatti, senza un ulteriore intervento del legislatore, scatteranno nuovi aumenti per il settore che raddoppieranno ulteriormente il carico fiscale (circa +100%). Tale contesto obbliga tutti gli operatori e l’intera filiera – composta da oltre 45.000 persone –a vivere nella più completa incertezza, senza aver modo di poter pianificare attività e investimenti”.
“In tutto questo contesto, continuiamo a leggere sui vari giornali notizie completamente errate sull’entità degli aumenti fiscali, che sarebbero solo del 5%. Ebbene, non tutti hanno ancora capito che questa percentuale rappresenta l’aumento dell’aliquota, che – nonostante l’emendamento di rimodulazione – passa dal 10% al 15% sui prodotti con nicotina (ovvero un aumento in termini assoluti di tassazione del +50%) e sui prodotti senza nicotina – cosa ancor più assurda – passa dall’aliquota del 5% al 10% (ovvero un aumento in termini di tassazione del +100%). C’è una differenza colossale!”. “Infine – ha concluso Roccatti – siamo stanchi di essere utilizzati dalle multinazionali del tabacco come veicolo per portare avanti i loro obiettivi commerciali, cosa accaduta anche in quest’ultimo provvedimento in cui nottetempo sono spuntate in coda all’emendamento sulle sigarette elettroniche norme che nulla avevano a che vedere con il nostro settore”.
Che le sigarette facciano male alla salute è cosa risaputa ma quanto fanno male esattamente al portafoglio?
Secondo un recente sondaggio, il 55% dei fumatori non sa effettivamente quanto potrebbe risparmiare se smettesse di fumare. Un dettaglio, quello economico, che spesso viene sottovalutato ma che a conti fatti riserva un notevole risparmio specie se in famiglia ci sono più persone con questa cattiva abitudine.
Si calcola che acquistando un pacchetto al giorno, in un anno un fumatore spende circa 2000 euro (in base alla marca delle sigarette). Se invece in una settimana si consumano 2 pacchetti di sigarette, la spesa annuale è di circa 576 euro mentre 4 pacchetti a settimana, circa 10 sigarette al giorno, corrispondono ad una spesa mensile di circa 96 euro, e annuale di quasi 1200 euro.
Insomma, smettendo di fumare ci si paga più di metà di un affitto medio. Si può un bel viaggio all’anno, si possono scegliere due bellissime borse costose, si possono pagare serenamente le bollette … e potremmo continuare ancora per molto.
Ricordiamo infatti che proprio LIAF insieme a Skyscanner nel 2016 ha pubblicato una ricerca che dimostra come dopo solo un mese senza fumare si risparmia l’equivalente di un volo in Ungheria o a Malta, e con due mesi ci si può andare in Grecia, Spagna, Regno Unito e moltissime altre destinazioni europee. Ma con un anno di risparmi da fumo, si può volare in Thailandia!
Ci siamo chiesti anche: ma quanto costa in media svapare in Italia?
Per iniziare è sufficiente una spesa di 50 euro, un kit e-cig base ha dei costi che si aggirano tra 33 e 84 euro a seconda del modello e per i liquidi il prezzo sfiora i 6 euro con la durata della ricarica di circa una settimana.
Il costo al mese per svapare è mediamente di 40 euro, ovvero meno di 500 euro l’anno. Sostituendo scomposti ed aromi ai liquidi pronti si ottiene questo conteggio: scomposti 36 euro al mese ovvero 431 € all’anno. Aromi concentrati 21,6 € al mese ovvero 259 € all’anno.
In conclusione, passare a prodotti meno dannosi, riduce il danno in innumerevoli modi.
Il prossimo 15 febbraio, a Bruxelles, la commissione BECA presenterà il report contenente le direttive per il piano europeo di lotta al cancro. Il fronte del vaping europeo trattiene il fiato, in attesa di scoprire la posizione ufficiale sul fumo elettronico in materia di tassazione e produzione
Lo stigma che circonda le sigarette elettroniche sembra essere incredibilmente radicato all’interno delle scelte sanitarie comunitari, anche quelle non direttamente correlate alle politiche antifumo, come nel caso del Beating Cancer Plan, un insieme di direttive comunitarie da sviluppare per combattere una delle patologie più aggressive dei nostri tempi, il cancro.
La Commissione speciale denominata BECA ha lavorato sulle linee guida per arginare una malattia che nel corso del 2022 si prevede causerà la morte di circa 1 milione e 300 mila europei: per farlo, si stanzieranno circa 4 miliardi di euro da destinare a prevenzione, trattamento e cura.
Proprio riguardo la prevenzione, l’idea è intervenire su quei comportamenti e su quelle abitudini, alimentari e di salute in generale, che concorrono nello sviluppo di diverse forme di cancro, in primis il fumo, con l’obiettivo di raggiungere la percentuale del 5% di consumatori di tabacco entro il 2040.
In una bozza presentata a nel corso degli ultimi mesi del 2021, il fumo di sigaretta è stato equiparato al vaping e all’utilizzo di prodotti a rischio ridotto, alimentando il coacervo di fraintendimenti che regna nel settore del consumo di tabacco.
E proprio questa errata concezione aveva sollevato le critiche degli esperti di harm reduction che sostenevano la necessità di regolamentare non l’uso del tabacco in generale, quanto insistere sul danno causato dal fumo combusto a differenza di quello elettronico. La commissione ha dovuto così ammettere la necessità di valutare attentamente le sigarette elettroniche alla luce delle ricerche ne dimostrano la relativa sicurezza rispetto al fumo di sigarette.
Un chiaro tentativo di non riconoscere formalmente le sigarette elettroniche e i dispositivi elettronici a rilascio di nicotina, nonché le altre forme di consumo del tabacco alternative al fumo, come strumenti utili nella lotta al tabagismo.
Le direttive contenute nel documento saranno necessarie per sviluppare ulteriori aggiornamenti all’interno di due documenti principali, la TPD (Tobacco Products Directive), incentrata sulla vendita dei prodotti legati al tabacco, e la TED ( Tobacco Excise Directive), relativa alla tassazione dei prodotti da fumo.
Relativamente al dato produttivo, il settore alternativo al fumo combusto è stato oggetto di una crescita costante nell’ultimo decennio, complice l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica. Una limitazione dei meccanismi produttivi comporterebbe non solo la contrazione del mercato, ma, come dimostrato da precedenti storici, alimenterebbe i canali sottobanco illegali, con conseguenti ripercussioni in termini di salute.
Se da un lato la prevenzione e le politiche di cessazione debbano essere mantenute come cardine dell’azione della lotta alla piaga del fumo, di fronte a percentuali stabili di fumatori negli ultimi decenni, ci si dovrebbe interrogare quali possano essere le strade da battere per combattere lo zoccolo duro di tabagisti che non riescono a smettere per conto proprio o grazie ai metodi tradizionali.
“Il lato più amaro della situazione è il trattamento riservato agli svapatori e a coloro che con fatica cercano di smettere di fumare” ha dichiarato il Prof. Riccardo Polosa, Fondatore del CoEHAR “Essere trattati come cittadini di serie B crea disinformazione e disillusione, a fronte di una montagna di evidenze scientifiche che puntano in tutt’altra direzione. Non solo, ma subito al di la del canale della Manica, non così distante da Bruxelles, l’esempio inglese ci potrebbe insegnare molto sul fumo elettronico e sulla cessazione e invece preferiamo rimanere nella sicurezza delle politiche fallimentari degli ultimi dieci anni“.
Le percezioni legate al rischio delle sigarette elettroniche sembrano quasi una “scena del crimine americana” – questo è il titolo di uno degli ultimi articoli firmati dall’esperto internazionale di Harm Reduction, Clive Bates che sul suo blog “The Counterfactual” ha pubblicato una interessante disamina della disinformazione dilagante sulla questione “riduzione del danno”.
“La maggior parte degli americani oggi crede erroneamente che le sigarette elettroniche siano altrettanto o più dannose delle sigarette convenzionali. Le organizzazioni sanitarie statunitensi hanno coltivato in modo immorale questo equivoco e si sono confrontate sfavorevolmente con gli equivalenti britannici“.
Questo è quanto emerge da un sondaggio del National Cancer Institute degli Stati Uniti con cui sono state confrontate le comunicazioni sui rischi del vaping di quattro importanti organizzazioni sanitarie americane e quattro organizzazioni simili del Regno Unito. Il risultato del confronto è schiacciante.
Ma cosa emerge esattamente dal grafico?
Il 27,7% degli americani pensa che le e-cig siano più dannose o molto più dannose delle sigarette, e il 62% pensa che siano altrettanto o più dannose anche su questo non c’è alcuna base sostanziale;
Solo il 2,6% ha una percezione approssimativamente accurata di “molto meno dannosa”;
“Meno dannoso” si trova solo all’8,6%;
“Non so” in questo contesto è probabilmente una barriera significativa al cambiamento. Date le informazioni contrastanti e confuse che circolano, non sapere sarebbe una risposta ragionevole e una ragione per non rischiare di cambiare.
L’epidemia di lesioni polmonari del 2019 negli Stati Uniti, ufficialmente nota come EVALI, ha indubbiamente influenzato i risultati del 2020.
Come sono nate queste percezioni errate?
Le ragioni immediate del disallineamento tra le percezioni pubbliche sul rischio e le valutazioni degli esperti non sono difficili da capire. Alcuni fattori importanti come EVALI e forse le affermazioni relative alla pandemia COVID-19, il modo in cui queste sono state giocate nelle campagne anti-vaping. Ma anche gli infiniti spaventi mediatici e comunicazioni di rischio che sono stati falsi (come il vaping che provoca attacchi di cuore o ossa rotte) o, più comunemente, tecnicamente corretti ma fuorvianti – vedi le varie forme di narrazione “non è un’alternativa sicura”, “si presume che sia più sicuro”, “commercializzato come più sicuro”, “non sappiamo effetti a lungo termine” (come se non sapessimo nulla), e naturalmente sempre lo spettro dell’industria del tabacco.
Da non sottovalutare anche l’enorme proliferazione di studi scientifici spesso condotti con metodi ortodossi e lontani da standard condivisi, gli studi infatti spesso non ripetono le normali condizioni d’uso delle sigarette elettroniche e portano a risultati e dati discordanti. Il progetto Replica, uno dei progetti di ricerca del CoEHAR, ha invece confermato in questi due anni i risultati ottenuti dai maggiori studi internazionali, validandoli con tecniche innovative e testandoli in diversi laboratori internazionali, in condizioni indipendenti, confermando la minor tossicità dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina
Si tratta di una comunicazione dannosa come quella delle Big Tobacco degli anni 70?
Quello che sta succedendo non è etico e non eliminerà il fumo, anzi porterà più morti e malattie.
Qual è la posizione del Regno Unito?
La percentuale di britannici che crede che le sigarette elettroniche siano più o ugualmente dannose delle sigarette era del 37% nel 2020 e del 32% nel 2021. Per gli Stati Uniti nel 2020, quella cifra è del 62%. Quindi molto più sbagliato negli Stati Uniti, ma un livello comunque allarmante nel Regno Unito. Solo l’11-12% degli inglesi crede (correttamente) che le sigarette elettroniche siano molto meno dannose, ma questo si confronta con solo il 2,6% negli Stati Uniti nel 2020.
Una delle sfide che la comunicazione scientifica deve affrontare è equilibrare la necessità di dare informazioni chiare e precise con lo scopo di rassicurare le persone.
La ricerca sugli effetti a lungo termine del vaping mette in evidenza che uno dei possibili effetti collaterali dello svapo è il mal di testa. Ma cosa si intende con il mal di testa da vaping?
Il mal di testa da svapo è un effetto collaterale del vaping abbastanza comune e di solito poco rilevante che viene riscontrato da alcuni neo vapers come effetto collaterale. I mal di testa accusati dagli svapatori, infatti, in genere passano da lievi a moderati ma senza quasi mai diventare acuti.
Come si manifesta il mal di testa da vaping?
La maggior parte delle persone che sperimentano il mal di testa da vaping hanno un dolore sordo, ma i sintomi possono variare.
In alcuni casi, il mal di testa è l’unico effetto collaterale sgradevole che si prova dopo aver svapato, ma in altre occasioni si possono manifestare altri effetti collaterali insieme ad esso. Tra questi:
bocca secca
aumento dell’ansia
insonnia
tosse
irritazione della gola
stordimento
respiro corto
Perché alcune persone hanno mal di testa quando svapano?
Ci sono diverse ragioni per cui il vaping può causare mal di testa in alcune persone. Una delle cause più probabili è il contenuto di nicotina. La nicotina colpisce i vasi sanguigni del cervello, facendoli restringere. Questo riduce il flusso di sangue al cervello e può causare mal di testa in alcune persone. Poiché la nicotina è uno stimolante, può anche rendere i nervi di alcune persone più sensibili al dolore. Anche se i prodotti da vaping possono contenere meno nicotina di altri prodotti del tabacco, è ancora più che sufficiente per dare ad alcune persone un mal di testa. Inoltre, il contenuto di nicotina varia ampiamente tra le diverse marche di vaping e di sigarette elettroniche. La nicotina, però, non è l’unica causa. Due degli ingredienti principali del liquido da vaping, possono portare alla disidratazione e questo può dare una sensazione di bocca secca e, in molti casi, un mal di testa. Gli aromi e gli altri ingredienti, proprio come alcuni profumi o spezie, variano a seconda della marca e potrebbero essere la causa del mal di testa.
Si può prevenire il mal di testa da vaping?
Certo che si e comunque quando la causa è il vaping, e quindi il mal di testa è moderato, non c’è da allarmarsi. Nei casi in cui questo diventa acuto, ovviamente, è meglio rivolgersi al proprio medico e fare le valutazioni per cercarne la causa scatenante.
Quali rimedi?
Svapare con moderazione. Più nicotina si immette nel corpo, più è probabile che si abbiano effetti collaterali, compreso il mal di testa.
Bere molta acqua. Dato che disidratarsi è una preoccupazione, avere acqua a portata di mano è una buona idea.
Leggere le indicazioni dell’e-liquido. Usare un e-liquid con meno nicotina o meno glicole propilenico potrebbe ridurre le possibilità di avere un mal di testa.
Controllare i gusti degli aromi. Gli aromi fanno parte del fascino del vaping, ma possono anche causare mal di testa. Se un gusto ha provocato il mal di testa, si può provare a cambiare e sceglierne un altro.
Un nuovo studio americano promosso dal NIH, il National Institutes of Health, ha valutato l’impatto delle sigarette elettroniche sui fumatori che non hanno intenzione di smettere e ammette finalmente che le probabilità di successo sono più alte tra coloro che usano le elettroniche.
“Si tratta di una ricerca innovativa che apre uno spiraglio verso l’accettazione in suolo americano (da sempre restio alle nuove forme di consumo di tabacco elettronico) alla possibilità che le elettroniche possano coadiuvare i percorsi di smoking cessation” – così il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR ha commentato lo studio.
Forse che si stia riconoscendo sempre di più che le politiche tradizionali non siano efficaci per raggiungere efficacemente il gruppo di fumatori che non hanno intenzione di smettere?
In America, la pubblicazione e la vendita di sigarette elettroniche è legata a doppio filo al cosiddetto Premarket Tobacco Product Application: tra le centinaia di richieste arrivate, solo tre produttori di ecig hanno ottenuto il consenso alla commercializzazione dei propri prodotti ad ottobre 2021.
La decisione basata essenzialmente sugli studi di settore, molto spesso incentrati quasi esclusivamente su campioni di fumatori già disposti a dire addio al tabagismo.
Un team di ricercatori del Roswell Park Comprehensive Cancer Center ha analizzato i dati raccolti tra il 2014 e il 2019 dallo studio PATH, una ricerca di lungo decorso che ha valutato l’impatto degli schemi di consumo del tabacco e dei possibili risvolti in termini di salute, dichiarando che i fumatori abituali di sigarette avevano più probabilità di smettere con le sigarette elettorniche.
Nel loro nuovo studio, condotto su oltre 1600 fumatori adulti che non avevano pianificato di smettere e che non avevano utilizzato sigarette elettroniche, hanno voluto indagare le possibilità che le ecig rivestono per i tabagismi più incalliti.
Circa il 6% di soggetti ha abbandonato le sigarette del tutto durante lo studio. Il 4.5% ha ridotto il numero di sigarette fumate a meno di una al giorno.
Chi aveva usato le sigarette elettroniche quotidianamente alla fine dello studio aveva una probabilità 8 volte maggiore di smettere completamente. Avevano anche aumentato di 10 volte le probabilità di smettere di fumare ogni giorno.
Fake news, incertezze, statistiche, provvedimenti: la comunicazione in epoca pandemica non è qualcosa da prendere sotto gamba. Una delle sfide che la comunicazione scientifica in epoca covid ha dovuto affrontare sin dal primo lockdown è stata quella di bilanciare la necessità di fornire indicazioni chiare e precise con la volontà di rassicurare le persone.
Tralasciando il dibattito su quanto il metodo scientifico abbia bisogno di una temporalità che non coincide né con gli interessi umani né tantomeno con quelli politici, quello a cui assistiamo oggi è una sorta di cultura fai da te, dove l’utente medio preferisce raggranellare informazioni e formarsi una propria opinione basandosi su contenuti provenienti da fonti diverse e uniformandosi al comportamento di massa.
Stiamo assistendo dunque alla nascita di fenomeni di scetticismo e disinformazione tra la popolazione, alimentati da una informazione scientifica confusionaria.
Molti degli errori comunicativi in epoca pandemica a cui si può porre rimedio, per riconquistare la fiducia di chi legge e si informa, sono questi.
1. Estrema fiducia
L’errore più scontato: ci siamo trovati ad affrontare una situazione senza precedenti, di cui era chiaro non si sarebbero potute avere informazioni precise. Un errore manifestatosi soprattutto quando si iniziava a parlare di vaccini.
Si è preferito indicare il vaccino come soluzione, identificarla come il traguardo finale, invece di scoprire il fianco e ammettere che avremmo dovuto aspettare e monitorare quali sarebbero stati i primi risultati su larga scala. Ad oggi, la crescente sfiducia nelle soluzioni vaccinali dipende anche dai limiti degli stessi, non comunicati efficacemente.
Nel comunicare bisogna saper dosare la relativa sicurezza nel possedere e maneggiare le informazioni con la possibilità di ammettere una relativa ignoranza o non-conoscenza.
2. Mancata prevenzione
Nella comunicazione in periodi di crisi, anticipare quello che potrebbe venire significa preparare psicologicamente ed emotivamente le persone ai momenti più difficili.
Anche fornire algoritmi comportamentali può aiutare le persone a comprendere, ad esempio fornendo indicazioni chiare: “se il tasso di positività risale a una data soglia, sarà necessario rimettere le mascherine”. Spiegare alle persone il perché di una norma e quando attuarla è meglio che introdurre un obbligo di punto in bianco.
3. Falso consenso
Come spesso accade, l’opinione che ci viene comunicata è quella che mette d’accordo almeno l’80% degli esponenti di una data categoria. E generalmente l’opinione di minoranza non è indagata o non le si presta particolare attenzione.
Certo è importante riuscire a trovare una linea comune, ma questo non significa calpestare prove o fornire dati rassicuranti quando la situazione non è chiara.
Il falso consenso è alimentato almeno inizialmente da una posizione scientifica condivisa.
Dopodiché quando si vira sul “cosa fare”, si iniziano a manifestare delle crepe. Come ad esempio nel caso del richiamo del vaccino: le posizioni scientifiche si sono intersecate con opinioni transcientifiche, come ad esempio che atteggiamento adottare nei confronti dei non vaccinati o se attendere prove più solide prima di richiedere l’obbligo vaccinale.
4. Dare priorità alla salute rispetto ad altri valori
Questo è un punto molto importante: la crisi pandemica ha posto le basi per rendere l’interesse sanitario quello principale. Ma ciò non significa che esistano valori alternativi.
Per guadagnarsi di nuovo la fiducia delle persone, si devono prendere in considerazione altri criteri, oppure accettare che la comunità scientifica debba semplicemente essere portatrice di consigli e rimandare le decisioni agli organi politici o di governo, trattenendosi dal rendere l’opinione scientifica un qualcosa da sensazionalizzare.
5. Dare priorità ala salute rispetto alla verità
Ci sono casi in cui la salute pubblica decide chiaramente di omettere informazioni per tutelare la salute sopra ogni altra cosa. Come nel caso della poliomielite e delle possibili controindicazioni associate al vaccino per via orale.
Molte volte si ha la convinzione sbagliata che la menzogna o l’omissione possano di fatto produrre un effetto positivo, come quello di salvare vite. Ma in realtà ciò che si ottiene è una costante e progressiva erosione della fiducia.
6. Incapacità nel gestire gli errori
Esiste una sistema per riconquistare la fiducia: ammettere i propri errori. Ma il più delle volte la linea di comportamento prevede altre soluzioni, ad esempio quella di non correggere l’errore. Altre volte invece si corregge l’errore in maniera tale che non sia dia risonanza alla notizia, come avviene su molti siti web di salute pubblica, dove vengono pubblicate nuove raccomandazioni in orari serali o notturni.
Altre volte si ammette di aver cambiato posizione, ma non si danno notizie sul perchè la decisione venga cambiata.
Spesso viene negata la posizione precedente adducendo motivazioni esterne, come una citazione sbaglia o un fraintendimento,
7. Sbagliare nel trattare la disinformazione
Bisogna saper trattare la disinformazione, con credibilità ed empatia. Esiste un solo tipo di vera disinformazione, ovvero quella delle falsità dimostrabili.
Il resto può essere frutto degli stessi strumenti e delle stesse modalità che si sono usate per comunicare un dato messaggio. E allora bisogna porsi l’obiettivo di confutare le informazioni sbagliate mettendosi nell’ottica che si potrebbe anche non raggiungere l’obiettivo, ovvero quello di convincere le persone della validità di una linea di azione.
È fondamentale sopra ogni cosa dimostrare empatia nei confronti delle opinioni diametralmente opposte, senza eccedere nell’identificare gli altri come soggetti che sbagliano per ignoranza o per mancata informazione.
Nel frattempo, si deve avviare un processo di raccolta e disseminazione di dati veritieri e credibili per ricostruire la fiducia e la base di consenso.
8. Politicizzazione
Uno dei rischi intrinsechi della comunicazione in un periodo così particolare, risiede nel fatto che la politica possa trasformare le informazioni in maniera tale da ottenere consensi da parte dell’elettorato.
Ma se la comunità scientifica fosse davvero allineata su una comunicazione veritiera più che rassicurante, si diminuirebbe la possibilità da parte della componente politica di riutilizzare le informazioni con secondi scopi.
In conclusione, comunicare in epoca pandemica significa accettare di sottoporsi a un processo di continuo adattamento, imparando e ammettendo i propri errori. Alla base, rimane la necessità di voler comunicare la verità nel modo più trasparente possibile, portando alla luce dati decontestualizzati e significativi.
Secondo uno studio condotto da un team di epidemiologi italiani, coordinati dal CESP di Milano Bicocca e con la supervisione del CoEHAR, il numero di anticorpi indotti dal vaccino per il COVID-19 diminuisce in maniera più rapida nei non fumatori
L’avvento dei vaccini ha permesso di arginare, almeno parzialmente, la crisi scatenatasi al seguito della diffusione pandemica del Covid-19. Ma la risposta immunitaria a questi preparati varia a seconda di diversi fattori, abitudini comprese.
Un team di ricercatori italiani ha dunque voluto studiare la possibile correlazione tra fumo di sigaretta e la velocità di decremento del numero di anticorpi: considerato un campione di 162 operatori sanitari volontari, si è scoperto che il loro livello inizia a diminuire già dal secondo mese dopo la vaccinazione in maniera molto più rapida dei fumatori.
«I vaccini si sono dimostrati un’arma efficace contro il Covid-19. Sappiamo che la risposta immunologica è influenzata dai diversi fattori, come una precedente infezione da SARS-CoV-2, ma anche i nostri comportamenti e stili di vita. Abbiamo bisogno di ulteriori conferme dalla ricerca, ma questo studio suggerisce che il fumo contribuisce a indebolire la risposta delle immunoglobuline e con possibili implicazioni sull’efficacia stessa della vaccinazione. E questo può riguardare anche gli altri vaccini oltre a quelli anti-Covid-19» spiega Pietro Ferrara, medico epidemiologo del CESP di Bicocca.
Lo Studio
Lo studio è parte di un più ampio progetto di ricerca, denominato VASCO (Monitoraggio della risposta al Vaccino Anti-SARS-CoV-2/COVID-19 in operatori sanitari) e coordinato dal CESP dell’Università Bicocca diretto dal Prof. Lorenzo Mantovani.
L’obiettivo è stato quello di valutare la risposta al vaccino Pfizer in un campione generale di oltre 400 soggetti, confermando sicurezza ed efficacia della vaccinazione anti-COVID-19.
L’ultima pubblicazione è la terza di una serie di ricerche parte del progetto VASCO, frutto della collaborazione attiva con il CoEHAR.
Nello specifico, questa analisi si è concentrata su 162 soggetti con un’età media di 43 anni e, dei quali, 28 avevano avuto precedente infezione da SARS-CoV-2, in cui sono stati valutati il livello di anticorpi indotti dal vaccino e il suo andamento nel breve-medio termine dopo la vaccinazione.
Tutti i soggetti erano stati precedentemente vaccinati con vaccino a mRNA BNT162b2 di Pfizer-BioNTech.
Per esaminare la risposta anticorpale al vaccino, i volontari sono stati sottoposti a test sierologici seriati per valutare il livello degli anticorpi e come questi cambiano nel tempo.
I risultati sono stati analizzati in funzione di età, sesso e precedente infezione da Covid-19.
Successivamente, i ricercatori si sono chiesti se il fumo avesse potuto giocare un ruolo nel tipo e nella durata della risposta anticorpale, analizzando i dati mensili degli anticorpi.
Le analisi sierologiche hanno dimostrato che il loro livello inizia a diminuire già dal secondo mese dopo la vaccinazione in maniera molto più rapida dei fumatori.
Il Prof. Riccardo Polosa, Fondatore del CoEHAR, guarda alle implicazioni dirette ai fumatori: «La ricerca scientifica in questo particolare periodo storico sta facendo sforzi enormi per trovare le risposte più efficaci per combattere il Covid-19, ma non possiamo dimenticare che ci sono tantissime altre malattie che portano alla morte e che dobbiamo considerare di risolvere i fattori di rischio modificabili, attraverso la corretta prevenzione o il passaggio a soluzioni meno dannose. Tra questi c’è l’abitudine al fumo. I nostri ricercatori stanno valutando quanto il fumo incida sulla progressione del Covid-19 e sull’impatto che Sars-Cov-2 ha sui soggetti fumatori: è evidente che si tratta di una relazione significativa che non possiamo sottovalutare».
Per confermare e rafforzare questa scoperta, gli studiosi sono attualmente impegnati a condurre una revisione della letteratura disponibile sulla risposta ai vaccini contro il Covid-19.
I ricercatori del CoEHAR sono convinti che i risultati saranno indispensabili per aumentare la conoscenza sui meccanismi di risposta alla vaccinazione Covid-19, ma soprattutto per sensibilizzare i fumatori a smettere.
Il fumo costa alla società 17 miliardi di sterline all’anno, quasi 5 miliardi di sterline in più di quanto precedentemente stimato. Ad affermarlo e sostenerlo è oggi è il gruppo inglese Action on Smoking and Health che ha calcolato i costi dell’assistenza sanitaria causati dall’abitudine al fumo.
L’Inghilterra ogni anno spende 17,04 miliardi di sterline rispetto ai 12,5 miliardi di sterline degli anni precedenti.
L’enorme aumento proviene da una rivalutazione dell’impatto del fumo sulla produttività.
Gli esperti di Action on Smoking and Health (ASH) hanno affermato che: “I fumatori hanno più probabilità dei non fumatori di ammalarsi in età lavorativa, aumentando così la probabilità di rimanere senza lavoro e riducendo il salario medio dei fumatori, creando un’ulteriore perdita per l’economia”.
Secondo ASH i costi di produttività per l’economia dovuti al fumo hanno raggiunto i 13,2 miliardi di sterline.
ASH ha anche affermato che i costi sanitari ammontano ad altri 2,4 miliardi di sterline, mentre l’assistenza sociale che include il costo dell’assistenza fornita a casa e, per la prima volta, i costi dell’assistenza residenziale, ammonta a 1,19 miliardi di sterline. A questi si aggiungono i costi legati agli incendi causati dal fumo che ammontano a quasi 283 milioni di sterline.
ASH ha inoltre dichiarato che 6,1 milioni di persone fumano in Inghilterra, spendendo un totale di 11,95 miliardi di sterline all’anno, o poco meno di 2.000 sterline ciascuna.
L’amministratore delegato di Action on Smoking and Health,Deborah Arnott, ha detto: “Il fumo è un drenaggio per la società”.“È un costo per gli individui in termini di salute e ricchezza, ed è un costo per tutti noi perché mina la produttività della nostra economia e pone oneri aggiuntivi sul nostro servizio sanitario nazionale e sui servizi di assistenza”.
L’Università degli Studi di Catania e il CoEHAR hanno aperto le iscrizioni per il Master universitario di primo livello dedicato allo studio e approfondimento delle più efficaci tecniche di trattamento del tabagismo. Il termine per la presentazione delle domande scade il 14 Febbraio 2022.
Le nuove frontiere nel trattamento e nella prevenzione del tabagismo, in Italia e nel Mondo, rendono necessario creare e formare professionisti del settore sanitario che sappiano valutare e comprendere il grave problema medico e sociale rappresentato dal fumo. Un settore in grande fermento con ottimi sbocchi professionali e scientifici.
Approcciarsi a un fumatore che intende smettere richiede conoscenze e competenze a 360°. Entrano infatti in scena principi medici come il decorso patologico delle malattie fumo correlate, l’assistenza psicologica e psicoterapica, gli approcci farmacologici e terapeutici, oltre alle innovazioni del mondo della ricerca e della tecnologia.
Per questi motivi, l’Università di Catania e il CoEHAR, in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dello stesso ateneo, hanno la selezione per il Master universitario di primo livello in “Smoking Cessation e Harm reduction”, il primo al mondo nel suo genere.
Il professionista formato in questo settore avrà la possibilità di accedere a svariati contesti lavorativi: centri medici e riabilitativi, cliniche, scuole, ospedali, centri di ricerca, ovvero tutti i settori che sempre più frequentemente necessitano di figure specializzate che impostino un percorso specifico nel trattamento di questa abitudine, con i relativi benefici che smettere comporta in termini di salute.
Il CoEHAR rappresenta un’eccellenza internazionale nel settore, grazie all’implementazione di approcci metodologici innovativi per contrastare la piaga del tabagismo. Grazie a un team di ricercatori multidisciplinare, alla collaborazione con partner internazionali e l’avvio di numerosi progetti di ricerca, agli studenti verrà data la possibilità di essere parte di un network globale e altamente specializzato.
“A livello internazionale vi è una sempre maggior richiesta di figure competenti che possano affrontare i problemi correlati al tabagismo – dice il prof. Riccardo Polosa, fondatore del COEHAR e coordinatore del master – Assistere e aiutare i fumatori a smettere significa saper valutare attentamente tutte le componenti che influiscono sulla dipendenza tabagica e le conseguenze che questa abitudine comporta. Abbiamo bisogno di professionisti formati e competenti”.
Il master avrà una durata complessiva di 12 mesi per 30 posti disponibili e prevede un percorso di stage di 300 ore presso diverse strutture. Oltre al CoEHAR, infatti, sarà possibile svolgere periodi di formazione pratica presso: il Centro per la Prevenzione e Cura del Tabagismo dell’AOU Policlinico “G. Rodolico-S. Marco”; la struttura di riabilitazione psichiatrica CTA Villa Chiara; l’associazione no-profit Lega Italiana Anti Fumo; ed ECLAT srl, lo spin off dell’Ateneo dedicato alla ricerca e sviluppo nel settore della riduzione del danno da fumo.
5 laboratori diversi in tutto il mondo confermano lo stesso dato: una bassa/nessuna citotossicità in cellule esposte ad aerosol di sigarette elettroniche o prodotti a base di tabacco riscaldato.
“Un successo storico – dice il prof. Riccardo Polosa – ottenuto grazie al lavoro svolto dai ricercatori del CoEHAR e tutti i partner stranieri coinvolti nel progetto REPLICA”.
Tra migliaia di studi con risultati diversi come trovare la verità? Come quantificare la tossicità relativa delle sigarette elettroniche? Una domanda che ha influenzato i dibattiti delle politiche di Harm Reduction in tutto il mondo e che ha spinto il team del CoEHAR dell’Università di Catania ad intraprendere una delle valutazioni più innovative e complicate al mondo: la ripetizione controllata e validata degli studi condotti in questo campo basata su standard specifici e di alta qualità.
Il progetto Replica, uno dei progetti di ricerca del CoEHAR, fondato dal prof. Riccardo Polosa e diretto oggi dal prof. Giovanni Li Volti, ha confermato in questi due anni i risultati ottenuti dai maggiori studi internazionali, validandoli con tecniche innovative e testandoli in diversi laboratori internazionali, in condizioni indipendenti.
Lo studio “Electronic nicotine delivery systems exhibit reduced bronchial epithelial cells toxicity compared to cigarette: the Replica Project” – appena pubblicato su una rivista del gruppo Nature – stabilisce un primato internazionale nel percorso di valutazione della relativa tossicità delle cellule epiteliali bronchiali umane, esposte sia al fumo di sigaretta sia all’aerosol dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina.
Dopo aver garantito il maggior grado di standardizzazione ottenibile, il progetto Replica ha confermato la ridotta tossicità dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina rispetto alle sigarette convenzionali.
“I dati in nostro possesso validano molti degli studi internazionali del settore – spiega il Prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR e project leader del progetto Replica – siamo adesso in grado di fornire dati chiari e omogenei per contribuire a diffondere una corretta informazione nel campo della riduzione del danno. Possiamo aprire la nuova strada verso per percorsi efficaci e sicuri di cessazione”.
Lo studio
I ricercatori del team internazionale del progetto Replica (che, ricordiamo, comprende i laboratori dell’Università di Catania, del CoEHAR, della Grecia, dell’Oman, degli USA e della Serbia), hanno voluto replicare tre dei maggiori studi internazionali, testandoli in maniera indipendente. Tutti i protocolli di esposizione sono conformi agli standard internazionali (ISO, CORESTA e HCI) e le condizioni sperimentali utilizzate in vitro sono compatibili con quelle del fumatore.
Il primo passo è stato quello di studiare la differente tossicità del fumo delle sigarette convenzionali e della sola componente volatile, privata della nicotina. In questo step è stato dimostrato che la tossicità acuta è prevalentemente indotta (circa l’80%) dalle componenti volatili contenute nel fumo di sigaretta piuttosto che dalla nicotina stessa. Dopo, i ricercatori hanno esposto le differenti culture cellulari alle medesime quantità di nicotina proveniente dai diversi prodotti (sigaretta classica e sigaretta elettronica), dimostrando l’assenza di tossicità connessa all’aerosol delle sigarette elettroniche rispetto alla sigaretta classica.
Inoltre, rispetto agli studi originali, i ricercatori hanno condotto un ulteriore paragone tra gli effetti dell’aerosol dalle sigarette elettroniche e dei prodotti a tabacco riscaldato. Risultato: nessun effetto citotossico sulle cellule bronchiali da entrambe le tipologie di prodotti.
“Un passo fondamentale per la ricerca nel settore delle sigarette elettroniche – ha spiegato il prof. Massimo Caruso, ricercatore del CoEHAR impegnato nel progetto Replica – Abbiamo acquisito e condiviso standard di ricerca che potranno essere replicati in futuro per evitare la proliferazione di studi scientifici in questo campo con metodologie sbagliate ed inefficaci”.
Si è tenuta nei giorni scorsi a Dubai la seconda conferenza internazionale sull’otorinolaringoiatria. Tra gli scienziati presenti, il prof. Riccardo Polosa (fondatore del CoEHAR) è intervenuto per la prima volta come l’unico esperto al mondo nel campo dell’Harm Reduction.
Con un intervento dal titolo: “Impact of e-cigarettes and heatedtobaccoproducts on saccharin test: Evidence for harmreversal“, lo scienziato catanese ha ricordato che i danni provocati dal fumo, anche al sistema otorino, non sono dovuti all’assunzione di nicotina ma alla combustione.
Semplici osservazioni cliniche sui fumatori hanno dimostrato che smettere di fumare provoca benefici quasi immediati sulla salute: ad esempio il recupero del gusto ed un miglioramento evidente nella qualità dell’olfatto.
A Dubai, Polosa ha presentato i risultati di uno degli ultimi studi condotto dai ricercatori del CoEHAR e pubblicato ad Agosto di quest’anno. “Impact of exclusive e-cigarettes and heated tobacco products use on muco-ciliary clearance” ha comparato i risultati del test sul tempo di transito della saccarina di fumatori esclusivi di sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato, con quelli di fumatori, ex-fumatori e soggetti che non hanno mai fumato.
Il risultato ha tangibilmente dimostrato che il passaggio a strumenti a rischio ridotto (come sigarette elettroniche e tabacco riscaldato) non comporta comporti effetti dannosi sul sistema mucociliare.
L’esposizione cronica al fumo, infatti, è causa anche di un progressivo deterioramento delle ciglia polmonari, uno dei meccanismi di difesa del sistema respiratorio. Il danneggiamento della clearance mucociliare può contribuire a causare stati infiammatori delle piccole via aeree e può incrementare la suscettibilità dei fumatori alle infezioni respiratorie. Passare a prodotti senza combustione, può però ridurre i danni in maniera vertiginosa.
Accolto da una platea di scienziati ottimisti verso le nuove osservazioni sulla riduzione del danno da fumo, Polosa ha ricordato che la scienza deve seguire il suo percorso ma implementare la ricerca in questo settore specifico potrebbe davvero salvare milioni di vite in tutto il mondo.
Le donne ma ultimamente sempre più, anche gli uomini, sono premurosi nella cura delle mani, in modo particolare all’attenzione alla bellezza delle unghie. Una manicure perfetta è indice di dettagli non solo estetici ma anche salutari, infatti delle mani con delle unghie curate, rappresentano un ideale estetico ma non solo.
Dal punto di vista pratico, le unghie, danno alle dita una maggiore sensibilità e protezione. Tra le varie patologie che colpiscono questa parte del corpo, sia mani che piedi, ci soffermiamo sulla Xantonichia, un inestetismo che origina l’alterazione cromatica delle unghie, assumendo il colore giallo.
Le cause sono molteplici, ma primeggia il fumo, che provoca appunto uningiallimento delle unghie, colpendo attraverso la nicotina la lamina ungueale, con strisce lineari singole e multiple o eritema giallastro.
Fumare indebolisce le unghie delle mani con sfaldamenti e disidratazione e un netto cambio di colore. Le cosiddette unghie gialle, infatti, sono tipici del fumatore con la caratteristica di fragilità e poco belle da vedere.
Ci sono dei rimedi della nonna per togliere quel colore giallastro, come ad esempio:
Il succo di limone che è in grado di sbiancarle in poco tempo, basta passarlo con un batuffolo di cotone.
L’olio extravergine di oliva rinforza ed elimina le macchie gialle, soprattutto se usato in combinazione con il limone.
Il bicarbonato di sodio usato come scrub o impacco per le unghie, riesce a dare notevoli risultati, il tutto abbinato anche a l’acqua ossigenata. 7
Tanti trucchi e terapie insomma, ma la parola d’ordine principale rimane quella di spegnere la sigaretta una volta per tutte, per ritrovarsi più sani e belli, soprattutto esponendo delle mani e unghie perfette.
La Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (SERR) fu istituita nel 2009 ed è un’iniziativa volta a promuovere la realizzazione di azioni di sensibilizzazione sulla sostenibilità e sulla corretta gestione dei rifiuti nel corso di una sola settimana nel mese di novembre.
In che cosa consiste?
La SERR consiste in una campagna di comunicazione ambientale che intende promuovere, tra i cittadini, una maggiore consapevolezza sulle eccessive quantità di rifiuti prodotti e sulla necessità di ridurli drasticamente. L’accento è quindi sulla prevenzione dei rifiuti e ogni azione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti mostra come ogni attore della società – compresi i singoli cittadini – possa, in modo creativo, contribuire a ridurre i rifiuti in prima persona e a comunicare questo messaggio d’azione agli altri.
Le azioni attuate durante la SERR sono impostate secondo la regola “3R” (ovvero: riduzione, riuso e riciclo) in base alla quale la riduzione dei rifiuti dovrebbe essere sempre la prima opzione, attraverso una rigorosa prevenzione e riduzione alla fonte. La seconda opzione, in ordine, è il riutilizzo dei prodotti, che comprende anche la preparazione per il riutilizzo, e la terza è il riciclo dei materiali.
Considerato che il numero medio di sigarette fumate da ciascun fumatore è di 15 sigarette al giorno, possiamo affermare che ogni giorno vengono immesse nell’ambiente circa 165 milioni di cicche di sigarette. Senza contare il numero elevatissimo di cicche che ogni anno si accumula nelle nostre città e che rappresentano da sole, circa la metà dei rifiuti mondiali raccolti nelle aree urbane.
LIAF ritiene che il fumo di sigaretta sia un grave danno per la salute delle persone e per il rispetto dell’ambiente. Partendo dal danno da fumo diretto, passando per il fumo passivo fino al fumo di terza mano, LIAF si batte da diversi anni per sensibilizzare l’opinione pubblica anche sul danno causato dal tabagismo all’ambiente e indirettamente sull’uomo.
Ridurre l’inquinamento dovuto ai mozziconi di sigaretta, sensibilizzando chi fuma a cambiare una cattiva abitudine è l’obiettivo. Nel frattempo, usare posaceneri e gettare i mozziconi nell’indifferenziata è un modo per arrivarci.
Da non perdere assolutamente il prossimo 17 novembre, il Webinar dal titolo “Disturbo da uso di sostanze, alcol e fumo in gravidanza. Che fare?”, dal taglio prettamente pratico e con esperti di alto valore ed esperienza, affronterà il tema della gravidanza e degli eventi perinatali nel Disturbo da Uso di Sostanze (DUS).
Il Webinar rientra tra le iniziative di formazione gratuita promosse dall’Unità di Medicina delle Dipendenze di Veronarivolte agli operatori del settore.
Il Servizio di Medicina delle Dipendenze è un servizio pubblico dell’Azienda Ospedaliera di Verona che si occupa di dipendenze da sostanze e dipendenze comportamentali. Il programma terapeutico può essere di tipo ambulatoriale o di ricovero a seconda della specifica situazione. Il Servizio esegue solo ricoveri in regime di elezione: i ricoveri devono pertanto essere adeguatamente programmati.
L’Unità Operativa di Medicina delle Dipendenze è stata fondata nel 2000 dal Prof. Paolo Mezzelani ed attualmente diretta dal Dott. Fabio Lugoboni. Inserita nel Policlinico dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona è pienamente operativa dal gennaio 2002 ed è l’unica in Italia ad avere posti letto interamente dedicati alla cura di qualsiasi tipo di dipendenza sia lecita che illecita.
Informazioni sull’evento:
Moderatori: Fabio Lugoboni e Angelo Pietrobelli
14.15: Introduzione
14.30: Disturbo da Uso di Sostanze in gravidanza. Ina Hinnenthal.
14.50: La gestione dell’uso di oppioidi e benzodiazepine in gravidanza e neonatologia. Alessandra Pistelli.
16.10: Uso di alcol in gravidanza e di Disturbo dello Spettro Fetale Alcolico. Patrizia Riscica.
16.30: Il fumo in gravidanza. Biagio Tinghino.
16.50: La gestione di cocaina e cannabinoidi. Brunella Occupati.
17.10: La Depressione Post-Partum. Giuseppe Imperadore.
“Una mela al giorno aiuta a togliere il fumo di torno“: sebbene non sia questa la versione originale del famoso detto popolare, esiste un fondo di verità.
Le proprietà di questo comunissimo frutto, infatti, aiuterebbero i tabagisti a perseverare nella scelta di smettere, riparando allo stesso tempo alcuni danni provocati dal fumo.
Scoperta che emerge da uno studio pubblicato sulla rivista European Respiratory Journal, nell’ambito di un progetto finanziato dalla Commissione Europea, riguardante le proprietà di frutta e verdura nei percorsi di smoking cessation.
Secondo questa ricerca, il consumo ortaggi e frutta, in particolare delle mele, contribuisce alla riparazione dei danni polmonari causati dal fumo e interviene nel ritardare il normale invecchiamento di questi organi.
Le origini del frutto
La maturazione avviene tra fine agosto e metà ottobre, nella sua forma perfetta, dolce, succosa e soprattutto ricca di tante proprietà.
Nonostante siano presenti in natura oltre 7000 tipi, se ne possono consumare solo 250.
Ben più sicura la sua origine, identificabile con le zone dell’Asia Occidentale.
La coltivazione delle mele è diffusa in particolare in Cina, dove viene coltivata da oltre 4000 anni, e in Kazakistan, dove non a caso esiste la città di Almaty, letteralmente “il posto delle mele“.
Le sue proprietà
Oltre a polifenoli antiossidanti come il betacarotene e licopene, la mela è ricca di vitamine tra le quali spiccano la vitamina C, la A ed la E, oltre quelle del gruppo B, dalle proprietà idratanti e protettive.
Nella polpa, nella buccia e nei semi si trovano potenti principi attivi dall’azione antiche.
Un valido aiuto soprattutto per chi decide di smettere: questo prezioso frutto contiene sostanze antiossidanti che riescono a disintossicare il corpo rapidamente, attenuando gli effetti dell’astinenza e della dipendenza dalla nicotina.
È ormai noto che chi inizia una dieta a base di frutta e verdura ha più possibilità di smettere di fumare, rispetto agli altri. E allora perchè non farsi tentare da questo frutto?
“Faccia da fumatore” con questo termine, in inglese smoker’s face, si identificano tutti coloro che sigaretta in bocca portano i segni evidenti di chi per anni ha fumato. Tutta la pelle del nostro corpo ne risente, ma il viso in modo particolare, dimostrando dieci anni in più per colpa di un enzima prodotto dal fumo che ne degrada il collagene.
Secondo numerosi studi le polveri sottili e le impurità presenti nell’aria si depositano nell’epidermide penetrando in profondità, valorizzando i segni caratteristici dell’invecchiamento con discromie, colorito spento, rughe e secchezza, messe ancor di più in risalto in chi fuma.
Il cosiddetto stress ossidativo viene combattuto da uno stile di vita sano, sostanze antiossidanti come frutta e verdura di stagione, un’attività fisica costante, una buona qualità del sonno e soprattutto dire stop alla sigaretta. Uno step fondamentale è la pulizia profonda del viso, la sera prima di andare a dormire, quella beauty routine serale che non va mai trascurata, per eliminare le micro particelle e impurità che si depositano durante l’arco della giornata.
Alcuni componenti del fumo di sigaretta vengono assorbiti così da causare danni al tessuto connettivo e anche di tipo vascolare.
Diminuendo il flusso delle arterie e dei capillari nella pelle c’è il rischio di ischemia cronica del derma. La pelle del viso va protetta tutto l’anno con filtri solari ad alto SPF.
Molte donne che fumano hanno in viso, un acne particolare con pori dilatati e accumuli di grasso, ma il segno più evidente è la bocca dei fumatori con il codice a barre particolarmente evidenziato.
Le fumatrici sembrano più vecchie eppure basta solo smettere per riprendere colorito, risanare occhiaie e rughe, ritrovare un viso più giovane e bello da vedere. I risultati della cessation antifumo regalano la possibilità di motivarsi, dicendo “grazie” allo specchio.
La correlazione tra il fumo e l’udito è confermata da diversi studi, infatti anche l’apparato uditivo ne risente con diverse patologie e l’esposizione al fumo di sigaretta è uno dei maggiori fattori di rischio per perdere l’udito.
Abbiamo approfondito l’argomento con il prof. Gaetano Paludetti, primario del Dipartimento di Otorinolaringoiatra dell’Università Cattolica di Roma.
Il fumo apporta dei danni al sistema uditivo? Quali e come.
Soltanto nella metà degli anni ottanta l’Organizzazione mondiale della Sanità stimava una prevalenza delle ipoacusie pari a circa 42 milioni di casi nel mondo. Da allora, questo valore si è più che decuplicato e sembrerebbe destinato a superare la soglia dei 900 milioni nelle prossime due o tre decadi.
Negli ultimi anni, la ricerca sperimentale di base e quella clinica hanno permesso non solo di caratterizzare sempre meglio quei fattori di rischio da tempo noti, quali il trauma acustico, l’ototossicità da farmaci, solventi organici volatili o metalli pesanti, ma anche individuare numerose altre condizioni di rischio legate allo stile di vita generale e/o ai comportamenti individuali voluttuari, come il consumo di alcool, tipo di alimentazione, sedentarietà, fumo di tabacco.
Per quanto attiene alla abitudine tabagica, molti studi hanno dimostrato che in tutte le fasce di età ma in modo particolare in età medio-adulta (48/79 anni), il rischio di ipoacusia neurosensoriale risulta essere da 1,3 a 2,1 superiore nella popolazione dei fumatori rispetto ai non fumatori ed appare correlato alla quantità e durata negli anni dell’abitudine tabagica. Recentemente inoltre, stanno emergendo dati interessanti anche sulla possibilità che l’abitudine tabagica influisca negativamente sull’entità di un danno acustico legato primitivamente ad “altri” fattori di rischio. Ciò sembra particolarmente vero per le ipoacusie indotte da esposizione a trauma acustico.
I dati infatti suggeriscono che nei pazienti con storia di esposizione professionale a rumore, il fumo di sigaretta si associa ad un rischio di ipoacusia da 1.7 a 2,4 volte maggiore rispetto ai non fumatori. Inoltre, la relazione tra questi due fattori di rischio sembra essere di tipo sinergico. Ciò significa che l’azione di uno dei fattori considerati, non solo apporta direttamente una quota di danno al sistema uditivo, ma determina anche una particolare “vulnerabilità” di questo alla simultanea azione dell’altro. Altri Autori hanno studiato l’impatto peggiorativo del fumo di sigaretta sulla più importante causa di ipoacusia neurosensoriale acquisita nell’adulto, la ”presbiacusia”, termine con il quale si indica quella condizione di danno uditivo progressivo legato al fisiologico invecchiamento del sistema uditivo.
Il fumo di sigaretta sembra svolgere un ruolo peggiorativo anche su questa condizione, aggravandone significativamente l’entità del deficit uditivo correlato, in particolar modo quando siano contemporaneamente presenti altri fattori concausali peggiorativi come le patologie del sistema cardiovascolare, le dislipidemie, diabete, obesità, esposizione a sostanze ototossiche o il già citato trauma acustico. I meccanismi alla base del danno cocleare indotto dal fumo di sigaretta non sono ancora definitivamente caratterizzati. La combustione del tabacco comporta la produzione di molteplici molecole organiche reattive e specie radicaliche libere, rapidamente inalate. È verosimile che molte di queste sostanze, una volta assorbite nel torrente ematico, raggiungano il distretto cocleare ove produrrebbero un ampio spettro di danno citolitico su base infiammatoria, ossidativa ed apoptotica. Infatti lo studio dei modelli animali ci ha indicato che il fumo di tabacco induce una condizione disenergetica endococleare comunemente indicata come condizione di “Stress Ossidativo” o ”Squilibrio Ossidoriduttivo”, espressione con cui si indica l’insieme di tutte quelle alterazioni metaboliche che si verificano nelle cellule dei tessuti esposti ad una produzione eccessiva di agenti ossidanti, come i radicali liberi dell’ossigeno (ROS) o dell’azoto (RNS). Gli effetti che ne conseguono sono costituiti da numerose alterazioni e fenomeni di morte cellulare a carico di tutte le principali strutture cocleari necessarie per l’udito, tra cui le cellule ciliate, i neuroni del Ganglio Spirale e la Stria Vascularis. È inoltre ipotizzato che l’assorbimento cronico di nicotina possa direttamente turbare la fisiologia cocleare a causa di una alterata sovra-espressione del recettore nicotinico. Infine, altri meccanismi di danno colcare sembrano legati agli effetti ipossiemici e al vasospasmo prodotti dagli elevati livelli di carbossiemoglobina.
A rischio di sordità sono anche i fumatori passivi?
Sembrerebbe proprio di sì. Anche riguardo il rischio di ipoacusia legato all’esposizione passiva al fumo di tabacco abbiamo già numerosi riscontri epidemiologici importanti, in particolar modo per la popolazione in età pediatrica ed adolescenziale, spesso esposta al fumo genitoriale. Nel 2011 nell’Università di New York vennero pubblicati i primi dati relativi ad una possibile associazione tra ipoacusia neurosensoriale e fumo passivo negli adolescenti. Dallo studio di una popolazione in età compresa tra i 12 e i 19 anni, emerse chiaramente che il fumo passivo aumenta l’incidenza di ipoacusia neurosensoriale monolaterale, rispetto a quanto osservato nei soggetti non esposti (11,82% vs 7.53%). Altri studi hanno poi confermato una associazione piuttosto simile anche nella popolazione adulta. In epoca più recente diversi Autori hanno invece focalizzato l’attenzione sul rischio da esposizione a fumo passivo in epoca prenatale e neonatale. Un recente studio condotto nella città di Kobe in Giappone (2018) su 50734 neonati, ha indicato che il rischio di ipoacusia neurosensoriale aumenta di 1,3 volte nei bambini esposti a fumo passivo in epoca post natale (fino ai 4 mesi di vita), di 1,7 volte in quelli esposti in epoca prenatale e di ben 2,4 volte nei bambini esposti in entrambi i periodi. Riguardo il rischio fetale, non conosciamo ancora in dettaglio il modo in cui l’esposizione passiva interferisce con l’anatomo-fisiologia del sistema acustico. Si presume comunque che il danno uditivo derivi dalla condizione ipossica fetale e da alterazioni della fisiologica architettura placentare indotte dalle molteplici sostanze contenute nel fumo di tabacco.
Alcuni consigli per tutelare l’apparato auricolare.
Questo è un argomento molto complesso. È sempre importante, quando possibile, identificare specifici fattori di rischio individuali, in modo da poter adottare efficaci misure preventive o terapeutiche. Il tema della prevenzione, è da sempre caro all’Otologia sperimentale e clinica e sta trovando pieno supporto nelle recenti stime fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (2018) secondo cui almeno il 50% dei pazienti ipoacusici nel mondo “avrebbe potuto” giovarsi di una adeguata prevenzione. Esiste una prevenzione cosiddetta primaria, il cui scopo è quello di prevenire il deficit uditivo prima che questo si manifesti. Nella prevenzione secondaria l’obiettivo è invece quello di identificare il deficit uditivo quanto prima possibile, in modo da minimizzarne i possibili effetti. La prevenzione terziaria ha lo scopo di riabilitare adeguatamente un paziente affetto da ipoacusia permanente.
In ambito preventivo primario, un adeguato counselling genetico in età fertile, lo screening in gravidanza per le infezioni del complesso TORCH, le vaccinazioni obbligatorie e quella anti meningococcica (per la prevenzione delle meningiti), rappresentano per il bambino uno strumento di prevenzione importante. Ridurre le fonti di rumore ambientale, e proteggersi adeguatamente da queste, sono principi validi “sempre” e per “chiunque”.
È bene infine tener conto anche di altri “consigli” generali che, sulla base di quanto abbiamo appreso negli ultimi decenni riguardo la fisiopatologia del sistema uditivo, è importante ribadire. Molti micronutrienti e composti vitamici fra i quali vitamina A, B2, B9, B12, C, D ed E, acidi grassi omega-3, magnesio, selenio e potassio sembrano svolgere un ruolo importante nella preservazione dell’udito. Al contrario, ridotti livelli di HDL, ipercolesterolemia, elevata trigliceridemia e diete alimentari ipercaloriche o eccessivamente ricche di carboidrati e zuccheri semplici si associano ad aumentato rischio di danno uditivo. In generale quindi, è auspicabile controllare periodicamente lo stato di salute generale con particolare riguardo all’assetto cardio-metabolico e alle dislipiedemie.
Favorire uno stile di vita e una dieta sani, evitando regimi dietetici ipercalorici, prediligere l’assunzione di alimenti ricchi di sostanze antiossidanti (frutta, verdure) e minerali (magnesio, potassio, ferro), moderare il consumo di alcolici ed astenersi dal fumo di sigaretta certamente contribuiscono a garantire un elisir di lunga vita dell’udito.
SHARPER (SHAring Researchers’ Passions for Evidences and Resilience), è uno dei sette progetti sostenuti dalla Commissione Europea e coordinato dalla società Psiquadro, che ha l’obiettivo di coinvolgere i cittadini nella scoperta del mestiere di ricercatore e del ruolo che i ricercatori hanno nel costruire il futuro della società attraverso l’indagine.
L’appuntamento annuale, promosso dalla Commissione Europea, quest’anno si svolgerà venerdì 24 settembre 2021 e ancora una volta il CoEHAR – Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania e la LIAF Lega Italiana Anti Fumo saranno tra i protagonisti dell’evento.
In linea con le tematiche dell’edizione 2020, SHARPER rinnova l’attenzione verso il rapporto tra ricercatori e le sfide dei Sustainable Development Goals. All’indomani della crisi globale innescata dalla pandemia, emerge con sempre maggiore evidenza il ruolo dei ricercatori come mediatori consapevoli tra le comunità di cittadini e le sfide imposte dalla contemporaneità, tradotte dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile in prospettive per il futuro: dal diritto alla salute a un’educazione di qualità per tutti, dall’urgenza delle questioni climatiche alle tematiche legate al gender gap. Approfondire la riflessione sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile rappresenterà anche l’occasione per proiettare il progetto nell’orizzonte temporale a lungo termine dell’Agenda 2050.
L’edizione 2021 segna il tanto atteso ritorno degli eventi dal vivo, per recuperare quel dialogo informale e immediato, ma sempre rigoroso, che caratterizza l’evento, conservando e implementando i formati digitali che nel 2020 hanno aperto nuove prospettive di interazione con il pubblico. In particolare, dopo il successo dello scorso anno, si arricchisce la maratona online, evento corale che ha visto le città coinvolte dare vita a un vero e proprio palinsesto della comunicazione scientifica; quest’anno SHARPER rafforzerà la dimensione europea del format, includendo nella maratona dei collegamenti con le Notti organizzate in altre nazioni.
Tra gli eventi online, l’intervista della giornalista Valeria Nicolosi che discuterà con Giovanni Li Volti, Massimo Caruso e Pasquale Caponnetto delle frontiere della ricerca antifumo in Italia e nel mondo. Lo stesso Caponnetto, inoltre, condurrà alle ore 19:00 un mini talk dal titolo “Harm Reduction: dalla dipendenza verso l’indipendenza” che si terrà presso le aule del Rettorato dell’Università di Catania.
I ricercatori del CoEHAR invece saranno presenti presso il Cortile Platamone (Palazzo della Cultura), in via Via Vittorio Emanuele II, a partire dalle 16:00,per darvi informazioni su come smettere di fumare e partecipare alle nostre ricerche.
Catania, 16 Settembre 2021 – Al via la seconda edizione di ISPM, lascuola internazionale sul project managament organizzata da ECLAT, spin off dell’Università di Catania, in collaborazione con CoEHAR(Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dello stesso Ateneo). Partner ufficiale di questa nuova edizione anche il prestigioso PMI-SIC, il Project Management Institute, sezione Sud-Italia.
Da Lunedì 20 Settembre a Sabato 25, presso l’UNA Beach Hotel di Giardini Naxos (Taormina), 30 studenti provenienti da oltre 20 Paesi diversi parteciperanno ad una full immersion di alta formazione sulle tecniche avanzate del project management e con un focus specifico sulla gestione di progetti in ambito di ricerca antifumo.
“ISPM, ancora una volta totalmente gratuita – ha spiegato il project leader, Daniela Saitta – offre ai partecipanti un’opportunità concreta per apprendere e mettere in pratica conoscenze e competenze specifiche acquisite durante il corso. Esperti internazionali e project manager selezionati tra i miglior profili al mondo condurranno in aula lezioni interattive e dinamiche con specifiche soluzioni di best practices”.
I 30 giovani, già selezionati nel 2020 tramite procedura di evidenza pubblica, sono stati scelti dalla commissione di valutazione secondo criteri di alto livello scientifico. Al termine del corso, infatti, gli studenti saranno in grado di sviluppare, pianificare e coordinare progetti di ricerca soprattutto nel settore medico scientifico della Riduzione del Danno da Fumo. “Un ambito ancora poco esplorato e che rappresenta una grande opportunità di ricerca ed una occasione unica per entrare nel mondo del lavoro con competenze sempre più specifiche” – così il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR.
A garanzia di un’offerta formativa specialistica e avanzata, inoltre, da quest’anno ISPM gode della partnership con il prestigioso PMI-SIC, il Project Management Institute sezione Sud-Italia, la più importante associazione al mondo di settore. A presiedere la commissione che sceglierà il miglior progetto realizzato in aula quest’anno, il presidente di PMI sud Italia, Paola Mosca, che sarà affiancata dallo stesso prof. Li Volti e dalla dott.ssa Saitta, esperta in progettazione e gestione in ambito di ricerca clinica presso l’Ateneo.
Ricordiamo che la lezione inaugurale di ISPM 2020 si è tenuta online già lo scorso Ottobre, alla presenza dei rappresentanti istituzionali dell’Ateneo, per via delle restrizioni dovute all’emergenza COVID-19. Solo adesso, grazie alla diffusione di misure di sicurezza standardizzate, ISPM può di nuovo accogliere in Sicilia gli studenti provenienti da tutto il mondo al fine di condividere esperienze, idee e cultura, in uno scambio reciproco e continuo di conoscenza.
Ai microfoni di LIAF, il regista Daniele Gangemi ci racconta della sua lotta contro il fumo.
Lavori stressanti, scadenze impellenti e una stile di vita frenetico sono elementi che influenzano le abitudini dei fumatori.
Un’esperienza di cui si fa portavoce il regista, sceneggiatore e direttore del fotografia Daniele Gangemi, che ha raccontato a LIAF la sua vittoria contro il fumo.
La testimonianza di Daniele, ex fumatore che è arrivato a fumare anche 4 pacchetti di sigarette al giorno, è una fonte di ispirazione per tutti coloro che fanno fatica ad abbandonare le cattive abitudini.
Anche se siamo in agosto in vacanza e il Covid ha rallentato le donazioni di sangue, ricordiamo che ogni due secondi nel mondo, qualcuno ha bisogno di sangue, soprattutto nel periodo estivo per il maggior flusso di turisti presenti.
Incidenti stradali, trapianti e interventi chirurgici rappresentano alcune delle circostanze più comuni dove una trasfusione può rendersi necessaria, nei servizi di primo soccorso e di emergenza, nelle cure di malattie oncologiche ed ematologiche, in forme di anemia cronica, immunodeficienze e emofilia.
Ogni ricerca, ogni cura, sarebbe vana senza il contributo fondamentale dei donatori di sangue.
Per offrire il proprio contributo bisogna avere: età minima 18 anni e massima 65 per sangue intero, 60 per donazioni in aferesi, un peso di almeno 50 kg, buone condizioni generali di salute con abitudini e stili di vita corretti, 6 ore minimo senza aver consumato pasti pesanti. La donazione è una pratica clinica sicura: tutto il materiale impiegato (aghi, tubicini e sacche) sono sterili e monouso, per cui non esiste il rischio di contrarre infezioni. La cadenza è calcolata in modo da non creare squilibri all’organismo, tra l’altro alcuni studi suggeriscono che stimolando questo ricambio, si favorisce la riduzione degli zuccheri e dei grassi nel sangue, prevenendo il rischio di diabete e malattie cardiovascolari. Il sangue è uguale per tutti, anche se i gruppi sanguigni sono distribuiti in modo differente nelle varie etnie e popolazioni. Per questo possono donare le persone di ogni comunità.
Ma i fumatori possono donare il sangue?
Sì, il fumo di sigaretta non è una controindicazione. L’unica accortezza sarebbe quella di astenersi, dal fumare, nelle ore precedenti alla donazione. Alla lunga, però, il fumo può incidere su alcune caratteristiche generali del potenziale donatore, per esempio alterando pressione arteriosa e frequenza cardiaca. Infatti, se i valori vanno troppo fuori norma, si rischia di avvertire qualche disturbo nel recupero successivo alla donazione. Insomma, conviene smettere di fumare e avere l’opportunità di salvare una vita.
Demonizzare la nicotina senza evidenze scientifiche è un ostacolo al miglioramento delle politiche di riduzione del danno da tabacco in tutto il mondo. La nostra missione è salvare milioni di vite dalle sigarette convenzionali e dal catrame, quindi dovremmo fornire le migliori informazioni disponibili su questo argomento. Riccardo Polosa, fondatore CoEHAR
La sigaretta uccide: una evidenza scientifica ed inconfutabile. Così come inconfutabile è lo sforzo che governi e istituzioni internazionali compiono ogni giorno al fine di eradicare questa terribile piaga.
Guardiamo i numeri: a livello globale ci sono circa 1.3 miliardi di persone che fumano e otto milioni che muoiono ogni anno per malattie collegate al fumo di sigaretta. Il costo sociale e pecuniario per gli Stati è altissimo sia per l’assistenza sanitaria che per le conseguenze intrinseche al consumo di tabacco per i cittadini.
Tuttavia, se da una parte il vizio del fumo continua a mietere vittime per l’esposizione diretta e indiretta alla sigaretta dall’altra esistono alternative che potrebbero alleviare ed, in parte, risolvere la questione.
La sigaretta tradizionale contiene nicotina, un componente naturale del tabacco, ma anche e soprattutto numerose sostanze chimiche che una volta entrate nel processo di combustione diventano nocive per il corpo umano.Come evidenziato da studi scientifici internazionali è infatti il processo di combustione – e non la nicotina – ad essere la causa principale delle patologie legate al consumo di sigarette. In particolar modo, per quanto riguarda le conseguenze cliniche a livello cardio-circolatorio e tutte quelle patologie respiratorie acute.
Secondo esperti internazionali la lotta al fumo dovrebbe essere focalizzata verso la combustione piuttosto che la nicotina che – di per sè – non ha particolari controindicazioni sulla salute. La demonizzazione della nicotina da parte dei governi, istituzioni internazionali, e istituti filantropici ha infatti acuito il problema piuttosto che risolverlo.
“Il decennale scontro tra le aziende produttrici di tabacco e chi lotta contro il fumo di sigaretta ha pesantemente influenzato la ricerca scientifica producendo conclusioni contrastanti riguardo la tossicità dei loro prodotti. Una situazione che ha aiutato la creazione di una narrativa che ha demonizzato l’uso della nicotina” ha dichiarato Charles Gardner, esperto di comunicazione istituzionale e amministratore delegato dell’International Network of Nicotine Consumer Organizations (INNCO), ONG internazionale che sostiene e rappresenta i diritti di oltre novanta milioni di consumatori in trentacinque paesi.
“La scarsa conoscenza scientifica dei sostituti delle sigarette e le false credenze, prive di fondamento scientifico, che la nicotina sia la causa del cancro e delle malattie polmonari ha poi minato qualsiasi possibilità per gli utenti di fare una scelta informata, mentre milioni di fumatori vedono negata la possibilità di smettere a causa di questa falsa credenza” ha poi aggiunto.
La guerra globale contro i prodotti alternativi a base di nicotina, come ad esempio le sigarette elettroniche, continua però senza sosta con ulteriori restrizioni, divieti, e tasse su tutti i prodotti che contengono nicotina.
Le varie agenzie a protezione della salute pubblica continuano a sostenere come tutte queste misure abbiano il solo scopo di eradicare l’epidemia di svapo tra i giovani, mentre gli attivisti a sostegno della Riduzione del Fumo da Tabacco affermano come la demonizzazione della nicotina porti ad un unico risultato: quello di eliminare la possibilità per molti svapatori di smettere di fumare e riportare milioni di persone al fumo di sigaretta tradizionale
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of General Internal Medicine, che ha esaminato più di 1.000 medici tra settembre 2018 e febbraio 2019 riguardo la loro conoscenza sul tabagismo e l’uso del tabacco, l’80% degli intervistati riteneva che fosse la nicotina a causare direttamente il cancro. Di questi, l’83% dei medici credeva fermamente che la nicotina contribuisse direttamente alle malattie cardiache mentre l’81% pensava che contribuisse alla malattia polmonare ostruttiva cronica (BPCO).
Convinzione che ha quindi negli anni portato al rifiuto categorico di qualsiasi prodotto contenente nicotina, tra cui tutti quei prodotti smoke-free alternativi alla sigaretta convenzionale. Come evidenziato dal Prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di Eccellenza per la Riduzione del Danno da Fumo (CoEHAR)
“Dal nostro punto di vista, l’errata percezione della nicotina è il principale ostacolo alla creazione di un ambiente più sicuro per tutti i fumatori che intendano smettere. Demonizzare la nicotina senza evidenze scientifiche è un ostacolo al miglioramento delle politiche di riduzione del danno da tabacco in tutto il mondo. La nostra missione è salvare milioni di vite dalle sigarette convenzionali e dal catrame, quindi dovremmo fornire le migliori informazioni disponibili su questo argomento“.
Una ricerca del CoEHAR ha confrontato diversi metodi che permettono di valutare la potenziale tossicità dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina. Secondo i ricercatori italiani, al metodo più comunemente utilizzato, il cosiddetto neutral red uptake, è meglio associare altri strumenti (indicati nello studio) che definiscono meglio il profilo di tossicità dei dispositivi e consentono di evitare una valutazione approssimativa ed a volte errata.
Catania, 28 luglio 2021 – Valutare la potenziale tossicità dell’aerosol delle sigarette elettroniche per poterle effettivamente comparare al fumo di quelle tradizionali rappresenta una delle sfide più importanti nel campo della ricerca sulla Riduzione del danno da fumo. Attualmente, per valutare questo aspetto vengono utilizzati gli standard validi per i prodotti tradizionali a base di tabacco ma la rapida evoluzione tecnologica in questo campo, e la rapida ascesa sul mercato di nuovi prodotti, rende difficile l’adozione di protocolli standard e sempre efficaci per valutarne la tossicità.
Secondo i ricercatori del CoEHAR: “Sono necessari standard specifici per i test di laboratorio in modo che l’eventuale tossicità di tali strumenti possa esser valutata in maniera precisa ed ottenere prodotti sempre più sicuri”.
“Il punto fondamentale è capire quanto l’aerosol delle sigarette elettroniche si differenzi dal fumo tradizionale, per farlo occorre avere a disposizione parametri di ricerca definiti che ovvino alla naturale evoluzione tecnologica nel campo delle ecig” – ha spiegato il direttore del CoEHAR, prof. Giovanni Li Volti. Nel paper sono stati indagati diversi metodi di valutazione della potenziale tossicità dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina. E paragonando diversi metodi per la valutazione delle tossicità, continua il direttore: “E’ stato confermato che le elettroniche sono più sicure rispetto ad altri dispositivi in commercio”.
LO STUDIO
Per la ricerca, sono stati messi a confronto, in diversi regimi di esposizione, una sigaretta tradizionale, due tipologie di sigarette elettroniche e due diverse tipologie di prodotti a tabacco riscaldato.
La nicotina, per le sue proprietà chimiche, tende ad aumentare il pH intracellulare potendo così inficiare la valutazione effettiva della tossicità con i metodi di laboratorio routinari.
I ricercatori hanno deciso di abbinare al test neutral red uptake, altri test di citotossicità che non risentirebbero della variazione di pH.
Il primo test permette di valutare oltre alla tossicità cellulare anche la morte per apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata, che il neutral red non riesce a misurare. Il secondo test si basa invece sulla capacità delle cellule sane a restare adese sul fondo dei dispositivi utilizzati per la coltura cellulare.
Quest’ultimo test ha il grosso vantaggio di poter effettuare sullo stesso campione più misurazioni risolte nel tempo e quindi poter identificare eventuali tossicità a tempi brevi o più lunghi rispetto alle 24 ore, tempistica che viene invece utilizzata come standard anche per prodotti di cui non si conosce il comportamento una volta entrata nell’organismo.
“I risultati dello studio – ha aggiunto Li Volti – hanno confermato che il neutral red uptake è un ottimo test per la valutazione della tossicità dando risultati sovrapponibili a quelli citofluorimetrici. La tecnologia xCELLIGENCE ha invece permesso di definire la tempistica con cui si osserva tossicità ed ha mostrato profili diversi per i dispositivi testati”.
In conclusione, lo studio suggerisce di associare al classico neutral red uptake anche altri profili risolti nel tempo in modo tale da poter definire con maggiore dettaglio il profilo di tossicità ed evitare di sovra o sottostimare la tossicità del prodotto testato.
Qualche anno fa, nel numero della rivista “For Men”, veniva pubblicata la lista completa dei 30 metodi efficaci per smettere subito di fumare. In quattro pagine interamente dedicate al fumo, la giornalista Roberta Maresci, con il supporto dei ricercatori della Lega Italiana Anti Fumo, elencava gli strumenti più e meno noti che consentono di uscire dalla porta del tabagismo.
La lista con i 30 metodi consigliati da “For Men” e commentati dai ricercatori dell’Università di Catania e della Lega Italiana Anti Fumo prevedeva metodi noti come l’action plan, che consente di stabilire una data di cessazione da fumo e di essere più motivati ad abbandonare; l’alimentazione perché esistono alimenti che aiutano a smettere e altri viceversa che fanno fumare di più; le app che grazie al monitoraggio attraverso lo smartphone dell’abitudine possono aiutare a smettere; il counselling antifumo in quanto metodo più sicuro dal punto di vista motivazionale con una percentuale di successo che si attesta tra il 20 e il 35%; i farmaci perché il parere di un medico per questo metodo è indispensabile.
Senza mai sottovalutare l’importanza di uno strumento come la sigaretta elettronica che, a detta del massimo esperto in smoking cessation, il prof. Riccardo Polosa, è 96 volte meno dannosa rispetto alla sigaretta convenzionale. Da considerare, quindi, il primo tra i metodi più efficaci.
Quest’anno vorremo però condividere con voi una lista un po’ insolita che arriva da alcuni ex fumatori. Secondo le loro testimonianze, raccontate al The Guardian, esisterebbero dei metodi piùalternativi. Se i cerotti, l’ipnosi e i libri di auto-aiuto non funzionano, forse è il momento di pensare lateralmente.
Di seguito l’elenco delle testimonianze, a partire dal cambiamento delle abitudini più personali:
Quando ti viene voglia di fumare una sigaretta, prendi un bicchiere d’acqua
Fumavo dalle 10 alle 20 sigarette al giorno, ma alla fine ho smesso 11 anni fa. Ho scoperto che prendere un bicchiere d’acqua quando sentivo la voglia di fumare funzionava davvero bene. Quando andavo in cucina e lo bevevo, il picco del desiderio di solito passava. Mi ha anche aiutato a capire che puoi superare un desiderio. Le prime tre settimane sono state le più difficili. Michael, artista ed educatore, Scozia
Fare una doccia
Avevo l’abitudine di fumare 40 sigarette al giorno e ho iniziato a 15 anni. Ecco i miei consigli per smettere. 1) Riconosci i fattori scatenanti che ti fanno venire voglia di fumare e sappi che passeranno entro due minuti. (Uno dei miei più grandi fattori scatenanti è stato aprire il finestrino della macchina, poiché lo aprivo per far uscire la cenere.) 2) Se stai davvero pensando di accendere una sigaretta, fai una doccia – non ci sarà nessun grilletto lì, poiché è impossibile fumare sotto la doccia. 3) I massaggi rilassanti aiutano. Sono riuscito a smettere di fumare al mio primo tentativo, a 46 anni. Andrew, graphic designer, Peak District
Una bottiglia di Romanée-Conti come premio se smetteste per un anno
Era da tempo che desideravo assaggiare il raro e leggendario borgogna Romanée-Conti. Nel 1991 mio marito disse che mi avrebbe comprato una bottiglia se avessi smesso di fumare per un anno. Dopo sei mesi, ho trovato una bottiglia all’aeroporto Charles de Gaulle. All’epoca costava più o meno quanto spenderei in sigarette in un anno. Mio marito ha detto che se avessi fumato adesso, l’avrebbe bevuta davanti a me – e poi sarebbe scappato! Alla fine dell’anno, l’abbiamo bevuto ed è stato favoloso. Negli anni successivi mangiammo una volta all’anno in un ristorante tre stelle Michelin con i soldi che avrei speso in sigarette. Trova qualcosa che desideri più delle sigarette: non ho mai più fumato. Lynne, ingegnere in pensione, Folkestone
Inzuppare le sigarette in acqua e sapone
Butta via le sigarette o il tabacco: io ho messo a bagno le mie in acqua e sapone. Se tu buttassi le sigarette nel cestino, ancora nella loro confezione, le riprenderesti subito. Per le prime due settimane, ho scritto il numero di giorni trascorsi dalla mia ultima sigaretta sulla mano con quale fumavo ed è stato un promemoria visivo davvero utile dei miei progressi. Anonimo, Surrey
Tenere in mano una molletta del bucato può risultare soddisfacente
Sono stato un forte fumatore per più di 20 anni e ho smesso quasi un anno fa. Ho sempre scoperto che era più il rituale che la voglia vera di accendere una sigaretta. Ho trovato che le mollette di legno del bucato hanno aiutato. Ne tenevo una sola quando sentivo di aver bisogno di una sigaretta; è stato sorprendentemente soddisfacente. Puoi anche masticarle e farle schioccare sotto il pollice, il che è stato molto utile. Di solito ne tenevo qualcuna in tasca. Anonimo, Londra
Lavare i denti dopo i pasti aiuta a non sentire la voglia di fumare
Ho sempre sentito la voglia di fumare dopo ogni pasto, fino a quando mi sono reso conto che lavare i denti e usare subito il collutorio poteva aiutare. Di solito non fumo mai dopo aver lavato i denti di notte, quindi questo è stato qualcosa che mi ha davvero aiutato dopo aver mangiato. Un altro consiglio più ovvio è l’esercizio, che mi ha aiutato molto.Javier, ricercatore, Swansea
Iniziare a dipingere sassi
Dopo decenni di tentativi infruttuosi di smettere di fumare fino a 20 al giorno, ho iniziato a dipingere i sassi. L’idea era che, se avessi avuto un pennello in mano, non avrei potuto tenere una sigaretta. Si è rivelato un successo fenomenale e molto terapeutico. Ci sono voluti circa tre giorni prima che il desiderio di nicotina si placasse e non fumo una singola sigaretta da più di tre anni. Mi concedo spesso i soldi che risparmio non comprando sigarette – e il mio hobby di pittura è passato anche alla pittura su tela. Elaine, in pensione, Grecia
Scegliere un amico con il quale smettere di fumare
Controlla che non ci siano pacchi dimenticati nascosti in casa o in macchina e pensa a cosa potrai fare o divertirti quando avrai smesso. Per me è stato salire la Jacob’s Ladder nel Derbyshire senza fermarmi a riprendere fiato ogni 10 gradini. Quindi, fai un patto con un amico per smettere insieme e fissa una data non negoziabile. Inoltre, usa un’app che conta le tue sigarette non fumate e calcola i tuoi risparmi. Anonimo, Germania
Tutto il fumo vien per nuocere ma sicuramente i benefici di alternative così promettenti per smettere di fumare iniziano da subito e acquistano oggi un efficacia maggiore.
Agli appassionati di cinema e serie televisive sarà già capitato di “divorare” intere stagioni di film e serie tv con protagonisti che svapano invece di fumare. Anche il cinema infatti, come racconta la storia dell’abitudine al tabagismo, si adatta alle nuove convenzioni, e agli stili di vita più comuni. È per questo che ormai molte serie tv scelgono di raccontare i protagonisti attraverso stereotipi meno comuni che aiutano però nella nuova narrazione dei vari personaggi.
Oggi vogliamo parlarvi di quello che succede quando questi strumenti alternativi ormai molto diffusi, arrivano sugli schermi e di conseguenza entrano nella bolla mediatica di fumatori, non fumatori ed ex fumatori.
Uno dei primi esempi sullo schermo dell’uso della sigaretta elettronica è tratto dal film del 2010, The Tourist, che presenta il personaggio di Johnny Depp che usa una sigaretta elettronica su un treno.
Quello che ci siamo chiesti è: come si approcciano media come il cinema e le serie tv allo “svapo”? La scelta di fare svapare un personaggio piuttosto che un altro, è una strategia di marketing?
A prima vista sembra che l’industria dello svapo stia semplicemente ripetendo le strategie di marketing del tabacco di grande successo del passato.
Per rispondere a queste domande metteremo a confronto due medium televisivi ben riusciti e che hanno riscontrato molto successo:I Care A Lot (Amazon Prime Video) e Mare Of Easttown (distribuita da HBO negli USA e da Sky Atlantic in Italia).
In I Care A Lot, la protagonista (Rosamund Pike) è una truffatrice che si guadagna da vivere approfittando di anziani rimasti da soli a cui sottrae ogni bene. L’uso della sigaretta elettronica per lei è un tratto caratterizzante. L’attrice, infatti, ha spiegato che il suo personaggio utilizza l’elettronica proprio per assumere un atteggiamento più duro ma allo stesso tempo sofisticato. “Svapare dava al mio personaggio l’aria di un drago che sputava fumo”, ha dichiarato. La sigaretta elettronica diventa così uno strumento che ricorda a chi la usa, quantomeno nella fiction, di non arrendersi e che bisogna sempre aspirare al meglio.
In Mare Of Easttown Kate Winslet è Mare Sheehan, una detective bravissima e la miniserie è uno studio sul dolore e sulla difficoltà di elaborarlo realizzato all’interno di una storia che si apre e si chiude in maniera perfetta, come un cerchio ricostruito attraverso tutti quei dettagli e indizi che vengono disseminati nel corso delle 7 puntate della serie. Anche in questo caso vediamo la protagonista che fuma di continuo una sigaretta elettronica. La serie è stata molto apprezzata per la minuziosa cura dei dettagli e ha tra questi proprio quella dell’attenzione verso le azioni minime, come quella di svapare. Mare Sheehan fuma la sua sigaretta elettronica durante i momenti di tensione o come direbbero gli addetti ai lavori, nei momenti di suspense. Più che tratto caratterizzante del personaggio, in questo caso la sigaretta elettronica viene utilizzata come alternativa alle sigarette convenzionali ed è la stessa Mare che racconta ad un’amica di essere stata una fumatrice. L’uso della sigaretta elettronica come metodo per aver smesso di fumare quelle convenzionali è abbastanza esplicito quando Mare chiede alla sua amica di farsi offrire una bionda, ma maledicendosi allo stesso tempo per aver ceduto ancora una volta.
Non sappiamo se quando gli autori decidono di scrivere sul copione di un atto come quello di svapare sia una strategia di marketing o se si tratta semplicemente di prendere questo nuovo elemento come una moda, visto che utilizzare prodotti alternativi alle sigarette convenzionali oggi è sempre più diffuso. Non ci sono prove o suggerimenti che lo svapo in Mare of Easttown o I Care a Lot sia direttamente sponsorizzato dall’industria dello svapo o del tabacco. Queste particolari rappresentazioni però ci fanno riflettere accuratamente sulla realtà e sulla diffusione dello svapo come stereotipo della vita quotidiana. Mettere in scena i benefici dell’Harm Reduction e fare utilizzare questi prodotti ad attrici ed attori rinomati, potrebbe aiutare e dare l’esempio ad un attuale fumatore che si ritrova a guardare proprio quella serie tv e che magari vuole smettere definitivamente di fumare.
Programmi di assistenza ai tossicodipendenti sono da sempre sotto attacco da differenti fronti interni alla società americana, e hanno limitato negli ultimi decenni qualsiasi tentativo di implementazioni di tali politiche.
Il Presidente statunitense Joe Biden è stato il primo inquilino della Casa Bianca ad aver fatto delle politiche di riduzione del danno una priorità sul fronte delle droghe e tossicodipendenze.
L’American Rescue Act include 30 milioni di dollari specificatamente per la Riduzione del Danno e sebbene sia una somma limitata di denaro, racchiude un significato altamente simbolico per il futuro. Ma soprattutto è un cambio di mentalità che modifica le basi su cui fino ad ora si è affrontato il problema.
Da un approccio repressivo si passa ad uno di supporto: chi fa uso di droghe non viene criminalizzato a priori ma aiutato e supportato per un percorso di riabilitazione.
Una linea di pensiero che si rispecchia in maniera più ampia per tutta una serie di dipendenze tra cui quella dalla nicotina e, in particolare, per i tabagisti affetti da disturbi mentali.
Un contesto nella quale si inserisce il progetto Genesis, coordinato dal prof. Pasquale Caponnetto dell’Università degli Studi di Catania, che cercherà di aiutare i fumatori affetti da schizofrenia a smettere di fumare dando loro supporto con alternative meno dannose rispetto alla sigaretta convenzionale.
Le sigarette elettroniche negli ultimi anni hanno continuato ad aumentare in popolarità e consenso tra tutti quei fumatori che cercano alternative più sicure alla siga