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2034: la Scozia punta allo smoke free, aprendo il dibattito sulle ecig

Il progetto del governo scozzese di creare un paese smoke free nasce nel 2013 dall’analisi dei numeri sul fumo di sigaretta tra la popolazione. Un’idea non basata sull’intento di stigmatizzare chi fuma o chi non riesce a smettere: la necessità è quella di provocare un costante e graduale cambiamento, fino ad arrivare a una nuova concezione nuova.

Quale? Che il fumo non sia necessario, che sia qualcosa di cui fare a meno. 

Ogni anno, secondo le stime ufficiali, circa 15000 nuovi fumatori tra i 13 e i 24 si approcciano alla sigaretta in Scozia. Una scelta che preoccupa: un fumatore che inizia presto ha molte più probabilità di diventare un accanito tabagista in età adulta e, di conseguenza, più probabilità di andare incontro a gravi danni alla propria salute fisica. 

Ed è qui che l’approccio scozzese riqualifica un insieme di iniziative antifumo, dalla prevenzione all’awareness fino alle strategie alternative, che riducano l’appeal del fumo sui più giovani, con un obiettivo preciso in mente: cambiare le abitudini per cambiare l’approccio, aiutando i giovani a non essere più così attratti dal fumo.

Arrivare così entro il 2034 con una percentuale di fumatori sul territorio scozzese pari o inferiore al 5%.

Dal 2013, ovviamente, le attività e le collaborazioni collegate al piano originale si sono modificate e, attualmente, il dibattito si è spostato verso la possibilità, o meno, di prendere in considerazione l’aiuto che le sigarette elettroniche possono apportare alla causa generale.

Nel 2017, il NHS Health Scotland pubblicava in una nota in collaborazione con altre 21 organizzazioni che il vapingera sicuramente meno dannoso del fumo tradizionale”.

Un passo avanti, per un governo vicino, almeno geograficamente, al Regno Unito, dove gli studi sulle sigarette elettroniche e la loro applicazione in ambito di cessazione e riduzione del danno da anni consentono agli operatori sanitari di consigliarle come valida, e meno dannosa, alternativa al fumo.

Il fronte scozzese è chiaramente diviso tra  chi si dichiara apertamente sfavorevole, preoccupato per le possibili conseguenze sui minori e per la prospettiva di sostituire una dipendenza con un’altra, e chi invece sostiene che sia sbagliato privarsi di una possibilità così valida.

Ad intervenire a favore delle ecig è invece il professore Neil McKeganey, Founding Director del Centre for Drug Misuse Use Research: “Non esiste in commercio un prodotto che sia così tossico e che causi così tante morti e patologie come le sigarette convenzionali! (…) Penso che siamo obbligati a considerare quale ruolo possano avere le ecig nella riduzione dei tassi di fumo”.

La disinformazione che aleggia intorno alle sigarette elettroniche riduce di molto la velocità con cui questi prodotti sono efficacemente introdotti nei programmi ufficiali di cessazione, nonostante le prove della loro efficacia e della relativa minor dannosità siano ormai evidenti.

L’identificazione tra il fumo tradizionale e lo svapo crea un insanabile gap tra le evidenze scientifiche e la diffusione delle stesse tra al popolazione. Se nella mente si collegano entrambe le tipologie di fumo alla stessa matrice, non si supererà mai l’empasse ideologica.

È per questo che la promozione di una sana cultura della cessazione è un impegno quotidiano e costante, che deve essere abbracciato a più livelli per poter efficacemente arrivare a porre le basi di una costante diminuizione del numero dei tabagisti nel mondo.

Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.

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