giovedì, Aprile 25, 2024
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Clive Bates: la disinformazione sulle ecig come una scena del crimine americana

Le percezioni legate al rischio delle sigarette elettroniche sembrano quasi una “scena del crimine americana– questo è il titolo di uno degli ultimi articoli firmati dall’esperto internazionale di Harm Reduction, Clive Bates che sul suo blog “The Counterfactual” ha pubblicato una interessante disamina della disinformazione dilagante sulla questione “riduzione del danno”.

La maggior parte degli americani oggi crede erroneamente che le sigarette elettroniche siano altrettanto o più dannose delle sigarette convenzionali. Le organizzazioni sanitarie statunitensi hanno coltivato in modo immorale questo equivoco e si sono confrontate sfavorevolmente con gli equivalenti britannici“.

Questo è quanto emerge da un sondaggio del National Cancer Institute degli Stati Uniti con cui sono state confrontate le comunicazioni sui rischi del vaping di quattro importanti organizzazioni sanitarie americane e quattro organizzazioni simili del Regno Unito. Il risultato del confronto è schiacciante.

Ma cosa emerge esattamente dal grafico?

  • Il 27,7% degli americani pensa che le e-cig siano più dannose o molto più dannose delle sigarette, e il 62% pensa che siano altrettanto o più dannose anche su questo non c’è alcuna base sostanziale;
  • Solo il 2,6% ha una percezione approssimativamente accurata di “molto meno dannosa”;
  • “Meno dannoso” si trova solo all’8,6%;
  • “Non so” in questo contesto è probabilmente una barriera significativa al cambiamento. Date le informazioni contrastanti e confuse che circolano, non sapere sarebbe una risposta ragionevole e una ragione per non rischiare di cambiare.
  • L’epidemia di lesioni polmonari del 2019 negli Stati Uniti, ufficialmente nota come EVALI, ha indubbiamente influenzato i risultati del 2020.

Come sono nate queste percezioni errate?

Le ragioni immediate del disallineamento tra le percezioni pubbliche sul rischio e le valutazioni degli esperti non sono difficili da capire. Alcuni fattori importanti come EVALI e forse le affermazioni relative alla pandemia COVID-19, il modo in cui queste sono state giocate nelle campagne anti-vaping. Ma anche gli infiniti spaventi mediatici e comunicazioni di rischio che sono stati falsi (come il vaping che provoca attacchi di cuore o ossa rotte) o, più comunemente, tecnicamente corretti ma fuorvianti – vedi le varie forme di narrazione “non è un’alternativa sicura”, “si presume che sia più sicuro”, “commercializzato come più sicuro”, “non sappiamo effetti a lungo termine” (come se non sapessimo nulla), e naturalmente sempre lo spettro dell’industria del tabacco.

Da non sottovalutare anche l’enorme proliferazione di studi scientifici spesso condotti con metodi ortodossi e lontani da standard condivisi, gli studi infatti spesso non ripetono le normali condizioni d’uso delle sigarette elettroniche e portano a risultati e dati discordanti. Il progetto Replica, uno dei progetti di ricerca del CoEHAR, ha invece confermato in questi due anni i risultati ottenuti dai maggiori studi internazionali, validandoli con tecniche innovative e testandoli in diversi laboratori internazionali, in condizioni indipendenti, confermando la minor tossicità dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina

Si tratta di una comunicazione dannosa come quella delle Big Tobacco degli anni 70?

Quello che sta succedendo non è etico e non eliminerà il fumo, anzi porterà più morti e malattie.

Qual è la posizione del Regno Unito?

La percentuale di britannici che crede che le sigarette elettroniche siano più o ugualmente dannose delle sigarette era del 37% nel 2020 e del 32% nel 2021. Per gli Stati Uniti nel 2020, quella cifra è del 62%. Quindi molto più sbagliato negli Stati Uniti, ma un livello comunque allarmante nel Regno Unito. Solo l’11-12% degli inglesi crede (correttamente) che le sigarette elettroniche siano molto meno dannose, ma questo si confronta con solo il 2,6% negli Stati Uniti nel 2020.

Una delle sfide che la comunicazione scientifica deve affrontare è equilibrare la necessità di dare informazioni chiare e precise con lo scopo di rassicurare le persone.

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Martina Rapisarda ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne e la Laurea Magistrale in Comunicazione della Cultura e dello Spettacolo presso l’Università degli Studi di Catania. Ama il cinema, le serie tv e il teatro. Ha fatto parte dell’associazione culturale “Leggo”. Ha lavorato presso il Centro CInAP dell’Università degli Studi di Catania, curandone la comunicazione, i social media e l’organizzazione degli eventi in ambito universitario. L’interesse per la scrittura, e per i temi che riguardano la salute prima di tutto, l’ha portata a collaborare con Liaf dopo un percorso di successo che si è concluso con l’abbandono definitivo della sigaretta convenzionale. Il suo ruolo all’interno del team è quello di copywriter.

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