venerdì, Aprile 26, 2024
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La comunicazione in pandemia: come riconquistare la fiducia?

Fake news, incertezze, statistiche, provvedimenti: la comunicazione in epoca pandemica non è qualcosa da prendere sotto gamba. Una delle sfide che la comunicazione scientifica in epoca covid ha dovuto affrontare sin dal primo lockdown è stata quella di bilanciare la necessità di fornire indicazioni chiare e precise con la volontà di rassicurare le persone.

In articolo pubblicato dal Centro per la ricerca e la politica sulle malattie infettive (CIDRAP) del Minnesota, il ricercatore Peter Sandman spiega quali sono stati gli errori in campo nella comunicazione scientifica della pandemia e quali le strategie da utilizzare in questo particolare periodo storico per ripristinare la fiducia nella scienza.

Tralasciando il dibattito su quanto il metodo scientifico abbia bisogno di una temporalità che non coincide né con gli interessi umani né tantomeno con quelli politici, quello a cui assistiamo oggi è una sorta di cultura fai da te, dove l’utente medio preferisce raggranellare informazioni e formarsi una propria opinione basandosi su contenuti provenienti da fonti diverse e uniformandosi al comportamento di massa.

Stiamo assistendo dunque alla nascita di fenomeni di scetticismo e disinformazione tra la popolazione, alimentati da una informazione scientifica confusionaria.

Molti degli errori comunicativi in epoca pandemica a cui si può porre rimedio, per riconquistare la fiducia di chi legge e si informa, sono questi.

1. Estrema fiducia

L’errore più scontato: ci siamo trovati ad affrontare una situazione senza precedenti, di cui era chiaro non si sarebbero potute avere informazioni precise. Un errore manifestatosi soprattutto quando si iniziava a parlare di vaccini.

Si è preferito indicare il vaccino come soluzione, identificarla come il traguardo finale, invece di scoprire il fianco e ammettere che avremmo dovuto aspettare e monitorare quali sarebbero stati i primi risultati su larga scala. Ad oggi, la crescente sfiducia nelle soluzioni vaccinali dipende anche dai limiti degli stessi, non comunicati efficacemente.

Nel comunicare bisogna saper dosare la relativa sicurezza nel possedere e maneggiare le informazioni con la possibilità di ammettere una relativa ignoranza o non-conoscenza.

2. Mancata prevenzione

Nella comunicazione in periodi di crisi, anticipare quello che potrebbe venire significa preparare psicologicamente ed emotivamente le persone ai momenti più difficili.

Anche fornire algoritmi comportamentali può aiutare le persone a comprendere, ad esempio fornendo indicazioni chiare: “se il tasso di positività risale a una data soglia, sarà necessario rimettere le mascherine”. Spiegare alle persone il perché di una norma e quando attuarla è meglio che introdurre un obbligo di punto in bianco.

3. Falso consenso

Come spesso accade, l’opinione che ci viene comunicata è quella che mette d’accordo almeno l’80% degli esponenti di una data categoria. E  generalmente l’opinione di minoranza non è indagata o non le si presta particolare attenzione.

Certo è importante riuscire a trovare una linea comune, ma questo non significa calpestare prove o fornire dati rassicuranti quando la situazione non è chiara.

Il falso consenso è alimentato almeno inizialmente da una posizione scientifica condivisa. 

Dopodiché quando si vira sul “cosa fare”, si iniziano a manifestare delle crepe. Come ad esempio nel caso del richiamo del vaccino: le posizioni scientifiche si sono intersecate con opinioni transcientifiche, come ad esempio che atteggiamento adottare nei confronti dei non vaccinati o se attendere prove più solide prima di richiedere l’obbligo vaccinale.

4. Dare priorità alla salute rispetto ad altri valori

Questo è un punto molto importante: la crisi pandemica ha posto le basi per rendere l’interesse sanitario quello principale. Ma ciò non significa che esistano valori alternativi.

Per guadagnarsi di nuovo la fiducia delle persone, si devono prendere in considerazione altri criteri, oppure accettare che la comunità scientifica debba semplicemente essere portatrice di consigli e rimandare le decisioni agli organi politici o di governo, trattenendosi dal rendere l’opinione scientifica un qualcosa da sensazionalizzare.

5. Dare priorità ala salute rispetto alla verità 

Ci sono casi in cui la salute pubblica decide chiaramente di omettere informazioni per tutelare la salute sopra ogni altra cosa. Come nel caso della poliomielite e delle possibili controindicazioni associate al vaccino per via orale.

Molte volte si ha la convinzione sbagliata che la menzogna o l’omissione possano di fatto produrre un effetto positivo, come quello di salvare vite. Ma in realtà ciò che si ottiene è una costante e progressiva erosione della fiducia.

6. Incapacità nel gestire gli errori

Esiste una sistema per riconquistare la fiducia: ammettere i propri errori. Ma il più delle volte la linea di comportamento prevede altre soluzioni, ad esempio quella di non correggere l’errore. Altre volte invece si corregge l’errore in maniera tale che non sia dia risonanza alla notizia, come avviene su molti siti web di salute pubblica, dove vengono pubblicate nuove raccomandazioni in orari serali o notturni.

Altre volte si ammette di aver cambiato posizione, ma non si danno notizie sul perchè la decisione venga cambiata.

Spesso viene negata la posizione precedente adducendo motivazioni esterne, come una citazione sbaglia o un fraintendimento,

7. Sbagliare nel trattare la disinformazione

Bisogna saper trattare la disinformazione, con credibilità ed empatia. Esiste un solo tipo di vera disinformazione, ovvero quella delle falsità dimostrabili. 

Il resto può essere frutto degli stessi strumenti e delle stesse modalità che si sono usate per comunicare un dato messaggio. E allora bisogna porsi l’obiettivo di confutare le informazioni sbagliate mettendosi nell’ottica che si potrebbe anche non raggiungere l’obiettivo, ovvero quello di convincere le persone della validità di una linea di azione.

È fondamentale sopra ogni cosa dimostrare empatia nei confronti delle opinioni diametralmente opposte, senza eccedere nell’identificare gli altri come soggetti che sbagliano per ignoranza o per mancata informazione.

Nel frattempo, si deve avviare un processo di raccolta e disseminazione di dati veritieri e credibili per ricostruire la fiducia e la base di consenso. 

8. Politicizzazione

Uno dei rischi intrinsechi della comunicazione in un periodo così particolare, risiede nel fatto che la politica possa trasformare le informazioni in maniera tale da ottenere consensi da parte dell’elettorato. 

Ma se la comunità scientifica fosse davvero allineata su una comunicazione veritiera più che rassicurante, si diminuirebbe la possibilità da parte della componente politica di riutilizzare le informazioni con secondi scopi.

In conclusione, comunicare in epoca pandemica significa accettare di sottoporsi a un processo di continuo adattamento, imparando e ammettendo i propri errori. Alla base, rimane la necessità di voler comunicare la verità nel modo più trasparente possibile, portando alla luce dati decontestualizzati e significativi.

Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.

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