venerdì, Marzo 29, 2024
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Come affrontare la fase 2: quale mascherina indossare nella nostra nuova quotidianità?

Finalmente ci si appresta a uscire di casa e ritornare alla quotidianità. Ma non illudiamoci, la nuova normalità che ci attende sarà differente da quella vissuta prima che la tumultuosa e rapida diffusione del coronavirus condizionasse le nostre vite.

Ci aspetta un periodo caratterizzato da una forte attenzione alle misure di distanziamento sociale e igienico-sanitarie che devono essere adottate per prevenire una eventuale ripresa del numero dei contagi. A queste misure vanno aggiunte quelle di protezione personale.

Data la natura particolarmente aggressiva del coronavirus e la dinamica della sua diffusione, è opportuno affrontare seriamente il tema delle misure di protezione personale: le mascherine sono il primo vero scudo di difesa individuale.

Nelle settimane passate, si è parlato incessantemente di mascherine. La loro domanda ha raggiunto picchi elevatissimi con ricadute importanti sia sull’approvvigionamento del prodotto che sul loro prezzo di vendita.

Una situazione che ha allarmato già da tempo Federfarma nazionale, che richiede non solo un controllo maggiore sui prezzi, ma anche l’abolizione dell’IVA, allo scopo di evitare speculazioni sia per i farmacisti che le vendono che per i cittadini che le acquistano.

“Purtroppo – dichiara Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma – il Paese deve affrontare gli eventi senza un’adeguata preparazione. Ad oggi in molte farmacie le mascherine non sono arrivate. La distribuzione intermedia avrebbe dovuto distribuire quelle della Protezione civile ma, a causa dei ritardi degli enti certificatori, non può ancora immetterle nel circuito. Le mascherine continuano a essere vendute nelle poche farmacie che ne sono fornite, ad un prezzo pubblico di 50 centesimi più Iva, quindi a 61 centesimi, non essendo stata ancora abolita, come promesso dal governo, l’aliquota del 22%”.

Con la riapertura graduale delle attività, il ritorno agli ambienti di lavoro e la maggiore libertà di circolazione, le mascherine diventeranno un accessorio obbligatorio, parte integrante del nostro nuovo abbigliamento quotidiano. Nelle prossime settimane saremo in tanti ad essere “mascherati”. Forse anche una opportunità per i nostri bravi stilisti da Armani a Gucci, da Prada a Dolce&Gabbana, che potranno contribuire – con la loro creatività – a questa lotta contro il coronavirus sfoderando mascherine “stilose” e di elevata indossabilità a tutto vantaggio di una migliore aderenza al loro uso quotidiano.

Ma quali mascherine indossare? Quali scegliere per proteggersi dall’odiato coronavirus?

Le classiche mascherine chirurgiche sono state spesso oggetto di raccomandazioni variegate e contrastanti. Proprio oggi in tv è partita la campagna informativa nazionale che ne spiega meglio l’utilizzo. E’ bene sapere che sono progettate per filtrare l’aria che viene espirata (non quella inspirata) e pertanto sono generalmente indicate per le persone infettate e quelle che sospettano di essere a rischio di infezione.

In questo caso le mascherine – fungendo da schermo – evitano la dispersione di saliva o di microparticelle infette da parte di chi le indossa. E riducono quindi la possibilità di eventuali contagi.

Di contro le mascherine protettive di tipo FFP2 (denominate anche di tipo N95 negli standard americani), sono concepite per filtrare l’aria in entrambe le direzioni (quindi anche quella inspirata) e pertanto indicate per quelle persone sane che intendono proteggersi dal contagio (ad esempio il personale medico-sanitario in forza ai reparti allestiti per fronteggiare la emergenza COVID-19).

Tutto chiaro? Non proprio… In realtà, vanno fatte alcune importanti considerazioni alla luce delle evidenze scientifiche che – sorprendentemente – non dimostrano alcuna significativa differenza tra i due tipi di mascherina in termini pratici.

Cumulativamente tutti gli studi (tre in totale) sulla mascherine protettiva di tipo FFP2 dimostrano oltre un 80% di riduzione del rischio di contagio. Ottima protezione quindi. Ma, le analisi riassuntive su studi (sette in totale) condotti con le classiche mascherine chirurgiche dimostrano pure una importante riduzione del rischio di contagio, quasi il 70%.

Questi studi – condotti nel corso dell’epidemia di SARS del 2002 – rimettono in discussione il dogma della inefficacia delle mascherine chirurgiche nel prevenire il contagio e incidendo fortemente sul dibattitto su quale tipologia di mascherina indossare per la Fase 2.

In previsione della crescita esponenziale nella domanda di mascherine per i prossimi mesi, fornire una raccomandazione specifica per le elaborate e costose FFP2 comporterebbe problemi sia in termini di scarso approvvigionamento del prodotto che di controllo del loro prezzo di vendita. Quindi rassicurare il pubblico sulla efficacia delle mascherine chirurgiche è di fondamentale importanza.

Prescindendo dalla tipologia di mascherina, un punto fondamentale sul quale va posto l’accento è che bisogna indossarle sempre e in modo appropriato, coprendo naso e bocca. Il loro uso è limitato nel tempo, quindi bisogna cambiare mascherina almeno una volta al giorno. Infine, non dimentichiamoci di lavare bene le mani prima di indossarle e subito dopo averle rimosse.

Interpellato al riguardo, il Prof. Riccardo Polosa docente dell’Università di Catania, ha dichiarato:

“Sono convinto che una delle misure chiave da adottare nel corso della Fase 2 sia quella dell’uso su larga scala di mascherine chirurgiche, per proteggere noi stessi e gli altri.

Se indossate correttamente e quotidianamente da larghe fasce della popolazione, si potrà interrompere la diffusione del coronavirus sino ad eradicarlo completamente già nel giro di 6-8 settimane. In pratica, si potrà ritornare velocemente alle nostre abitudini – senza essere costretti a rinunciare a importanti limitazioni della libertà personale e favorendo sin da subito la ripresa di numerose attività produttive e ricreative.”

Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.

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