mercoledì, Settembre 10, 2025
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Commit to Quit: la campagna antifumo dell’OMS sarà efficace?

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OMS COMMIT TO QUIT

Una recente pubblicazione ha analizzato il possibile impatto della nuova campagna dell’OMS che si ripromette di aiutare oltre 100 milioni di fumatori nel mondo, in paesi dove il fumo rappresenta una vera e propria piaga.
A firmare l’articolo Derek Yach, presidente della Foundation for a Smoke Free World, e Chitra Subramaniam, esperta internazionale di comunicazione e coordinatrice del progetto “Catania Conversation”, due autorità nel settore dell’harm reduction e della relativa comunicazione.

Quanto sarà efficace questa campagna?

Da anni l’OMS, si è fatta portavoce di progetti e iniziative per combattere la dipendenza tabagica. Come spesso accade, di fronte a organizzazioni le cui decisioni hanno risonanza mondiale, i processi di validazione delle terapie sono lunghi e molto spesso vanno a scapito di forme innovative di trattamento.

Un discorso universalmente valido, che, nel caso delle sigarette, ha permesso che per anni le terapie tradizionali nei percorsi di cessazione si basassero sull’utilizzo di farmaci o terapie sostitutive che prevedono l’uso della nicotina. 

Siamo oramai nel 2021 e sono molte le prove che indicano come terapie efficaci nella lotta la tabagismo non solo quelle tradizionali, abbinate a un’attività di counselling, ma anche quelle, ormai non più innovative, come l’utilizzo della sigaretta elettronica o dei prodotti a tabacco riscaldato.

Lascia dunque perplessi la campagne annunciata a dicembre dall’OMS, “Commit to Quit”, un approccio multisettoriale che, secondo previsioni, permetterà di aiutare oltre 100 milioni di fumatori nel mondo a smettere.

Una campagna che lascia alquanto perplessi, sia per i partner scelti che per le strategie da intraprendere.

L’OMS cita infatti come partner nel progetto colossi come Amazon Web Services, Facebook e goole. Per quanto possa risultare interessante la scelta di utilizzare alcuni dei colossi di comunicazione della nostra era, queste società non hanno esperienza nel settore della cessazione. Peggio ancora, nella lista risulta esserci anche Allen Carr’s Easyway, che molto spesso pubblicato studi di dubbia reputazione e validità scientifica, oltre che ostacolare l’uso della nicotina nelle terapia sostitutive.

Parte della strategia consiste nell’utilizzo di Florence, un’assistente vocale robotico in grado di fornire supporto a chi vuole smettere: scelta interessante, se non che l’algoritmo su cui si basa l’azione della voce non riesce ad elaborare le situazioni di vita reale, fornendo di conseguenza consigli privi di quella complessità di cui necessita un percorso di cessazione.

Che dire die paesi che l’OMS indica come di maggior attenzione?

Molte di queste nazioni non solo non ammettono l’utilizzo di strumenti a rischio ridotto, ma addirittura non hanno ancora inserito le terapie sostitutive a base di nicotina nei loro formulari nazionali. 

Ad aggiungere benzina sul fuoco, interviene anche un report pubblicato dall’OMS il 23 di dicembre, elaborato dal Comitato di esperti sulla regolamentazione dei prodotti del tabacco: di fatto, nel report si raccomanda di bandire i prodotti a tabacco riscaldato e le sigarette elettroniche.

Un’affermazione in netto contrasto con le evidenze scientifiche e validate riportato nel Global State of Tobacco Harm Reduction, che riporta come i prodotti a tabacco riscaldato e le sigarette elettroniche si dimostrino molto più efficaci nei percorsi di cessazione delle terapie tradizionali, garantendo un’esposizione di molto inferiore ai prodotti tossici derivanti dalla combustione della sigarette convenzionali e del bidis.

Analizziamo inoltre un’ulteriore resistenza dell’OMS: l’appoggio delle terapie che si incentrano sui concetti di riduzione del danno ai prodotti elaborati dalle major dell’industria del tabacco.

Come è possibile fidarsi di prodotti che vengono sviluppati da quelle stesse aziende che 20 anni fa abbiamo combattuto strenuamente?

Un’obiezione giustissima. Ma è un’obiezione che non tiene conto dell’innovazione tecnologica e dell’attenzione che ormai si pone sulla salute umana, che hanno reso questi colossi leader nella produzione di strumenti a rischio ridotto.

Possiamo davvero impedire che il pregiudizio condanni un possibile cambiamento epocale?

Perché non è possibile mettere a confronto il Comitato di esperti dell’OMS con gli scienziati che da anni si occupano di harm reduction per poter validare dei protocolli che siano efficaci ed universalmente validi?

La sfida dell’OMS dovrebbe essere tesa all’innovazione: non serve cercare nuovi metodi comunicativi per proporre terapie che iniziano a dimostrare scarsa efficacia se prese singolarmente. Approcciare i paesi dove la piaga del fumo ad oggi rappresenta un vero e proprio problema sociale con le scelte elaborate 20 anni fa, significa porre la basi affinché tra 20 anni queste nazioni abbiamo gli stessi problemi di cui noi stiamo discutendo ora. 

Ciò non significa che le terapie tradizionali debbano essere abbandonate. Significa semplicemente che ad oggi possiamo avere diverse frecce al nostro arco, e tutte vanno sfruttare.

Ancora una volta sono i numeri che dobbiamo considerare: perché pensare di aiutare “solo” 100 milioni di fumatori, se abbracciando le terapie innovative e implementando le normative nei paesi considerati potremmo aiutarne molti di più?

L’interesse rimane la salute pubblica: se dobbiamo tutelarla, è necessario inviare a cambiare approccio.

Link all’articolo originale

Milano: STOP al fumo all’aperto

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A Milano scatta il divieto di fumare all’aperto: sarà vietato accendere la sigaretta nei parchi, alle fermate dei mezzi pubblici, nelle aree gioco per bambini, nelle aree per cani, nei cimiteri e nelle strutture sportive come gli stadi.

Lo ha stabilito il comune milanese con l’approvazione del nuovo regolamento per la qualità dell’aria in cui sono contenuti una serie di azioni per migliorare la qualità ambientale.

Si inizia così, per poi passare nel 2025, con l’estensione del divieto in tutte le aree pubbliche all’aperto.

Il fumatore diventa così sempre più emarginato poiché la distanza fa la differenza, ok alla sigaretta se nelle vicinanze non c’è nessuno, ma bisogna mantenere una distanza di 10 metri dalle altre persone, ponendo massima attenzione alle multe che vanno dai 40 ai 240 euro, con controlli serrati.

Nel frattempo è partita una campagna di informazione notevole con il Ministero della Salute e l’Oms che ribadiscono ad alta voce come il tabacco sia responsabile del 25% di tutti i decessi per tumore al livello mondiale, sottolineando anche che il fumo passivo uccide oltre 1milione di persone ogni anno.

Una notizia che ha accolto i milanesi increduli e rassegnati, soprattutto in questi tempi di restrizioni anti covid, dove ormai le bionde in strada sono rimaste solo le belle ragazze!

Un ordinanza che fa già discutere, ma che tutela la salute pubblica, ponendo Milano prima città “Smoking Free” dandone l’esempio di come, se si vuole, si può migliorare la qualità della vita.

OLANDA: divieto sugli aromi dei liquidi per le sigarette elettroniche

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Bruxelles In Europa, circa il 65% degli svapatori adulti fa uso di liquidi per sigarette elettroniche dolci o fruttati.

La grande varietà degli aromi è una delle ragioni più importanti che spinge i fumatori a passare alle sigarette elettroniche e a non tornare sui loro passi.

Ignorando questo fatto, il segretario di Stato olandese Paul Blokhuis ha annunciato il divieto di commercializzazione di tutti i liquidi per sigarette elettroniche contenenti aromi diversi dal tabacco, all’interno del paese, in quanto si suppone attraggano maggiormente all’uso i più giovani.

Il rischio è che queste misure portino a conseguenze molto gravi per la Sanità Pubblica e per la riduzione dei danni da tabacco: con il solo aroma del tabacco lasciato a disposizione degli svapatori, il ritorno al fumo aumenterebbe pericolosamente. La consultazione pubblica sulla manovra terminerà il 19 gennaio 2021 e la grande maggioranza dei commenti finora riscontrati sono da parte di svapatori e scienziati che si oppongono alla proposta del Governo.

La manovra olandese ignora fatti importanti:

  • Il numero dei giovani in Olanda che abbiano mai provato le sigarette elettroniche è diminuito del 25% negli ultimi cinque anni;
  • Il numero degli adolescenti olandesi che svapano è molto basso. Solo lo 0,2% di ragazzi tra i 14 e i 16 anni hanno fatto uso regolare di sigarette elettroniche nel 2019;
  • Il 99,8% degli utilizzatori olandesi di sigarette elettroniche sono ex fumatori di tabacco.

“Rimuovere gli aromi non intaccherà la percentuale di uso delle sigarette elettroniche fra i giovani. Tuttavia, ridurrà certamente le opzioni disponibili per tutti quegli adulti che cercano di smettere di fumare e trovano efficacia nell’uso di liquidi aromatizzati” dice Riccardo Polosa, Professore Ordinario di Medicina Interna, Specialista in Malattie Respiratorie e Immunologia Clinica presso l’Università di Catania.

Il fumo elettronico offre una riduzione dei danni per i fumatori adulti

Le sigarette elettroniche offrono ai fumatori un’alternativa significativamente meno dannosa del fumo tradizionale, come già enfatizzato da enti come il Consiglio Economico Sociale e Ambientale francese (CESE), l’Istituto Nazionale per la Salute Pubblica e l’Ambiente olandese (RIVM) , il Public Health England e il Royal College of Physicians. La Public Health England, in una importante analisi, ha affermato che le sigarette elettroniche rappresentano il 95% della riduzione del danno rispetto alle tradizionali sigarette.

Gravi conseguenze alla riduzione del danno per tabacco

La conferenza tra i partecipanti della Convenzione Quadro dell’OMS per la Lotta al Tabagismo (WHO FCTC) avrà luogo a novembre a L’Aia, in Olanda.

“L’implementazione del divieto degli aromi potrebbe avere effetti negativi sulla conferenza. Piuttosto, COP9 dovrebbe soffermarsi sull’argomento della riduzione del danno grazie alle sigarette elettroniche, in modo che il numero dei fumatori si riduca significativamente ovunque” dice Dustin Dahlmann, Presidente dell’Alleanza Indipendente Europea per il Fumo Elettronico (IEVA). “L’aroma non è un tramite per iniziare i più giovani al fumo. Non ci sono prove che dimostrino l’associazione tra gli aromi e la conseguente iniziazione al fumo. Chiediamo al Governo olandese di abbandonare la proposta. Non ci saranno vincitori con il divieto, solo sconfitti”.

Fonte ANSA.it

Quali sono le voci più autorevoli per aiutare i fumatori a smettere? Quali fonti sono considerate più autorevoli per ricevere informazioni sui rischi connessi al fumo?

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Il 45,1% del campione si affida ai documenti ufficiali (Ministero della Sanità, Organizzazione Mondiale della Sanità, ecc.); circa un intervistato su cinque ripone particolare fiducia nel medico curante (21,1%) e poco più di uno su dieci giudica autorevoli le informazioni ottenute dal web (11,3%).

Il 3,8% dei fumatori preferisce le informazioni provenienti da familiari, amici e conoscenti e il 3,2% si fida delle opinioni degli altri fumatori. Ancor meno attendibili sono considerate la radio e la televisione (2,3%); giornali e/o riviste (2%) e i produttori, tabaccai e operatori del settore (1,7%).

L’1,2% dei fumatori cita altre fonti di informazione, lo 0,3% afferma di non aver mai ottenuto informazioni sui rischi connessi al fumo e l’8,1% non sa indicare una risposta.

Il questionario ha successivamente approfondito alcuni argomenti riguardanti la tassazione: il 64,7% del campione si dichiara certo che sarebbe incentivato a continuare a consumare i nuovi prodotti in caso di abbassamento dei prezzi dovuto ad una minore tassazione e il 25,7% probabilmente continuerebbe ad utilizzarli; per il 5,2% un abbassamento dei prezzi non rappresenterebbe probabilmente un incentivo valido e per il 4,3% non lo sarebbe sicuramente.

Il passaparola sembra essere il principale canale di diffusione tra gli utilizzatori di e-cig, con il 57% dei consumatori che dichiara di esserne venuto a conoscenza perché utilizzate da amici/conoscenti/parenti. L’esperienza con i prodotti senza combustione viene valutata molto positivamente dal 74,7% del campione, mentre lo è abbastanza per il 23,8%; solo l’1,1% afferma di aver avuto un’esperienza abbastanza negativa.

Ma come incidono le sigarette elettroniche sull’abitudine di fumare le sigarette tradizionali? Il 66,4% degli intervistati dichiara di aver completamente smesso di fumarle dopo aver provato i prodotti senza combustione e il 22,6% ne ha diminuito il consumo. La valutazione positiva dell’esperienza con la sigaretta elettronica viene confermata dal 92,8% degli utilizzatori che ha consigliato ad altri fumatori di provare tali prodotti.

Tra le motivazioni che spesso scoraggiano l’utilizzo dei prodotti senza combustione, vi sono i costi ad essi associati. È stato quindi chiesto se un abbassamento dei prezzi dovuto ad una minor tassazione di questi prodotti potrebbe essere un incentivo nel proseguire ad utilizzarli: la maggior parte (76,2%) è certo che un provvedimento di questo tipo ne favorirebbe l’uso.

Agli intervistati è stato infine chiesto di indicare quale fra le fonti citate sia la più autorevole per ricevere informazioni sui rischi connessi al fumo. Il 30,6% del campione si affida al medico curante; il 24,2% ai documenti ufficiali del Ministero della Sanità o dell’Oms e il 16,6% considera più affidabili le informazioni trovate su Internet. I giornali o le riviste sono la fonte più qualificata per il 6,8% degli intervistati; gli operatori del settore per il 4,5%; radio e televisione per il 4,2%; il 3,4% ha fiducia nell’opinione di familiari/amici/conoscenti e il 2,3% in quella degli altri fumatori. Solo lo 0,4% del campione afferma di non aver mai ottenuto informazioni a riguardo; mentre l’1,9% sia affida a fonti diverse da quelle elencate e il 5,1% non sa esprimere un’opinione.

Eurispes: I medici di base dovrebbero supportare di più la cessazione da fumo

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EURISPES

L’Istituto Eurispes che opera nel campo della ricerca, si è interrogato su come le politiche antifumo possano evolversi affiancando ai trattamenti usuali, incentrati sulla cessazione, anche politiche volte alla riduzione del danno per quei fumatori adulti che non vogliono smettere, nonostante siano ormai riconosciuti i danni per la salute dovuti al fumo.

Nello specifico sono state condotte due indagini campionarie sui fumatori (2018-2019) e, allo stesso tempo, tre indagini sugli utilizzatori degli strumenti senza combustione (2018-2020).

La maggior parte dei dati racchiusi nel Rapporto “Il fumo in Italia tra abitudini consolidate e nuove tendenze. Il ruolo dei nuovi strumenti nella logica di riduzione del rischio” è inedita.

L’indagine sui fumatori ha messo in evidenza come la sigaretta convenzionale sia il prodotto più diffuso (81,4%) e che la sigaretta elettronica sia usata da circa un fumatore su cinque (20,8%). A crescere, rispetto al 2018, il numero degli utilizzatori di prodotti a tabacco riscaldato.

I prodotti alternativi alla classica bionda sono conosciuti dal 64,3% e a esserne completamente all’oscuro è il 35,7%. Il 39%, invece, appartiene al campione delle persone che si è dichiarato molto o abbastanza informato.

Ma tra queste persone quante di loro ha provato la sigaretta elettronica e il tabacco riscaldato? Il 34,8% del campione non l’ha mai provata e il 29,3% l’ha provata ma decidendo di non continuare a utilizzarla. Il 23,6% dei fumatori l’ha utilizzata per un periodo limitato di tempo e il 12,3% la usa regolarmente.

Sebbene l’utilizzo costante della sigaretta elettronica resti limitato a poco più di un fumatore su dieci, rispetto al 2018 si osserva una diminuzione di quanti non hanno mai provato questo prodotto (-4,4%) ed un incremento di fumatori che l’hanno utilizzata per un periodo limitato (+5%) e che continuano ad usarla regolarmente (+0,7%).

Ma quanti vogliono realmente smettere di fumare?

Quasi un terzo del campione (30,5%) afferma che dovrebbe smettere di fumare, ma non vuole farlo; il 26,3% dovrebbe, ma non crede di riuscirci. Poco più di un fumatore su cinque (21,9%) non ha alcuna intenzione di smettere di fumare, mentre il 12,3% degli intervistati vorrebbe smettere, ma non in tempi brevi e solo il 9% si prefigge di farlo entro sei mesi.

Al campione è stato poi chiesto se il medico curante avesse mai dato loro delle indicazioni sull’abitudine di fumare. Nella maggior parte dei casi (56,6%) questo non è mai capitato; il 31,5% dichiara, invece, di essere stato spronato a smettere di fumare e all’11,9% è stato suggerito di passare ad un prodotto meno dannoso, come la sigaretta elettronica o il tabacco riscaldato.

Nonostante per un fumatore non sia mai facile cambiare le proprie abitudini e i propri gusti, anche nel 2019 si conferma una certa propensione al cambiamento con il 40,4% di fumatori che si dichiarano probabilmente disposti a cambiare tipo di prodotto se venissero a conoscenza dell’esistenza di un prodotto meno dannoso rispetto a quello a cui sono abituati, a cui si aggiunge il 21,5% (in aumento rispetto al 2018) che lo farebbe sicuramente. Le risposte negative provengono invece dal 30,5% del campione che probabilmente non riuscirebbe a cambiare prodotto e dal 7,6% che sicuramente non lo farebbe (-2,2% rispetto al 2018).

Oltre il 90% dei fumatori intervistati dall’Eurispes (2019) dichiara di non essersi mai rivolto ad un centro antifumo.

No alla sigaretta post pasto

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Se la sigaretta post pasto è una delle preferite dei fumatori è anche una delle più pericolose appena dopo quella della mattina. Infatti diversi studi hanno dimostrato che fumare una sigaretta dopo mangiato, equiparerebbe a fumarne dieci in una volta.

Questa malsana abitudine provoca danni notevoli ai polmoni, alla digestione, permettendo al corpo di assorbire più carcinogeni del normale, con il rischio di sviluppare il cancro intestinale e quello ai polmoni.

Altri studi hanno dimostrato anche, che il tabacco, inibisce l’assorbimento di vitamine e minerali da parte dell’organismo. In tutto ciò gioca un ruolo importante la nostra psiche, considerandolo un rituale rilassante e appagando la routine quotidiana.

Ma perché dopo mangiato si sente il bisogno e si deve per forza fumare una sigaretta? Lo abbiamo chiesto al prof. Pasquale Caponnetto, coordinatore del CPCT e ricercatore del CoEHAR (Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo), che così ci ha risposto:

“Per il fumatore le sigarette scandiscono il tempo delle giornate, l’inizio e la fine di ogni cosa. La sigaretta mattutina dà il la alla giornata e quella dopo pranzo ci dice che ci aspetta il pomeriggio da affrontare, così come ogni sigaretta dopo i pasti principali e tipicamente dopo il caffè, ci dicono che la fase delle soddisfazioni orali è finita. Molto è legato al piacere sensoriale e all’appagamento gustativo associato alla delizia di fumare che vive ogni fumatore che all’interno di un processo di disassuefazione dovrebbe essere guidato verso un pensiero ed un comportamento divergente, atto ad implementare le alternative sensoriali miranti a dare soddisfazioni e piaceri alternativi e se possibili più potenti dell’illusorio piacere di gustare una “puzzosa” e “disgustosa” sigaretta”.

Allora se vogliamo evitare che questa abitudine della sigaretta post pasto ci danneggi ancor più rapidamente, aspettiamo almeno un’ora e trenta minuti dopo aver mangiato per accendere una sigaretta, e già che ci siamo se ne approfittiamo per provare a smettere definitivamente, sarebbe anche meglio.  

E se postare sui social aiutasse a smettere di fumare?

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social media and smoking cessation

Ormai i social media sono parte integrante della nostra quotidianità: da un lato rappresentano un nuovo modo di comunicare ed interagire, più veloce e meno stigmatizzato dai canoni delle conversazioni, dall’altro permettono di sviluppare una vasta gamma di interessi personali, oltreché essere uno strumento indispensabile per lavoro e studio.

E proprio questa estrema digitalizzazione potrebbe rivelarsi utile per targetizzare le campagne antifumo, andando ad interagire proprio quella fasce di età che, a seconda dello strumento digitale considerato, più utilizzano la piattaforma.

Gruppi, pagine, canali di ex-fumatori: il mondo digitale si trasforma e abbatte alcune della barriere che la campagne antifumo si trovano ad affrontare, in primis la possibilità di raggiungere il maggior numero di persone, indipendentemente dal fattore antropologico o geografico.

Il fattore aggregativo assume una connotazione diversa: possiamo interagire e trovare sostegno nelle persone fisicamente a noi più lontane, al sicuro negli ambienti famigliari.

Cadono anche i muri che dividevano i pazienti o coloro che vogliono smettere di fumare dagli esperti del settore: la possibilità di associare un contenuto visivo a un testo scritto, di commentare una notizia, avvicina le persone.

Quali sono i canali social più usati?

Facebook

La forza di Facebook, primo grande predecessore dell’aggregazione sui social, risiede nella possibilità di entrare a far parte di “gruppi”, all’interno dei quali i membri condividono passioni o suggerimenti. E non stupisce sapere che si trovano centinaia di gruppi e di pagine espressamente dedicate a sostenere chi sta cercando di smettere di fumare. Questo genere di supporto permette di accedere a contenuti motivazionali ogni giorno diversi, contando sul sostegno di persone che sono riuscite a mettere oppure stanno cercando di farlo. 

Avere a propria disposizione un pubblico che condivide i nostri stessi fallimenti o applaude i successi garantisce il rafforzamento positivo di un abitudine, e dunque spiana la strada del percorso intrapreso.

Instagram

Immagine, foto, emoticon: ormai la comunicazione verbale si nutre e si espande grazie alla possibilità di associare una foto al testo. Colpisce chi legge e veicola un messaggio in maniera più diretta, garantendone la interiorizzazione.

La memoria fotografica, molto spesso inconsapevolmente attivata dalle immagini da cui siamo bombardati, sopperisce alla voglia di leggere un articolo di giornale o una notizia.

La community di instagram, inoltre, attraverso un’identità in cui si riconosce, permette di condividere anche attraverso le storie, le proprie esperienze, raggiungendo un target di età che va maggiormente dai 16 ai 35 anni con un pubblico interattivo e più pronto a trasformare gli incipit in azioni di cambiamento. 

Canali YouTube 

La comunicazione attraverso il video è diretta ed intuitiva: non stupisce dunque che molti ex fumatori decidano di convogliare il proprio messaggio attraverso questa piattaforma. La possibilità di utilizzare la mimica, la gestualità e le immagini, oltre che impostare il proprio discorso utilizzando strumenti di editing, permette di arrivare può facilmente rispetto alle forme scritte. 

Il potere dell’animazione risiede anche nel tono che si può utilizzare: un filmato divertente e scanzonato, con effetti sonori o interludi musicali cattura, avvince e fa riflettere. 

Nella nostra esperienza, molti esperti di sigaretta elettronica utilizzano in contenuti video, in forma breve su instagram e in forma più lunga su youtube, per valutare prodotti o dare consigli sui percorsi di smoking cessation.

TWITTER

Twitter molto spesso viene associato al mondo giornalistico e dell’informazione. Twittare velocemente e ovunque con un numero di caratteri limitato sembra cozzare con la complessità di un percorso di cessazione. In realtà, la possibilità di assistere in diretta al commento di una notizia, o allo scambio di opinioni diverse tra esperti del settore dell’Harm reduction, vincolati al numero di caratteri da usare e al tono sicuramente più stringato, permette alla news di circolare in maniera più facile e, considerata l’autorevolezza dei profili presenti su questo particolare social, i tweet di medici, esperti ed opinion leader riscuotono quasi sempre particolare successo.

Linkedin

Linkedin è il social del lavoro. Ci si chiede dunque cosa possa centrare un social più serioso con un percorso emotivo e difficile come quella legato all’abbandono del fumo. Ebbene, molte istituzioni aggiornano i propri profili con notizie e informazioni di qualsiasi natura. I personaggi del mondo dell’Harm Reduction e della cessazione da fumo, condividono dati e ricerche, anche circa i dispositivi a rischio ridotto, come le ecig, ormai oggetto di una costante e fruttuosa evoluzione scientifica. 

Tutte le forme di cui abbiamo parlato sono da valutare come opportunità a nostra disposizione. Come canali di informazione spesso riconoscibili e autorevoli che, se analizzati nella giusta prospettiva, e selezionati nel modo corretto, possono contribuire ad accompagnarci in un buon percorso di cambiamento. 

Non dimentichiamoci però che non parliamo di aiuti professionali: dobbiamo credere nella forza di un approccio mirato, costruito ad hoc su di noi, da professionisti della smoking cessation, che ci aiutino ad individuare le strade a noi più congeniali, anche attraverso l’utilizzo di strumenti alternativi. 

I social media sono una risorsa in più, una freccia nel nostro feretro.

Insomma cosa aspettate a postare?

Si può vietare ai condomini di fumare?

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vietato fumare

Gli inquilini del condominio fumano troppo. Posso vietarglielo?”

“I nuovi inquilini nell’appartamento a fianco minacciano la mia salute. Sono arrivati a febbraio, hanno iniziato a fumare sul loro balcone in prossimità della ringhiera di confine col mio e da allora io non sono più libero di aprire la mia finestra senza che il loro fumo entri in casa mia”.

Cosa posso fare?

Per rispondere a questa domanda abbiamo chiesto aiuto ad uno dei nostri esperti della Lega Italiana Anti Fumo, il prof. Nando Rapisarda, docente di Medicina del Lavoro presso l’Università degli Studi di Catania e medico del Policlinico Vittorio Emanuele.

Prof. Venerando Rapisarda

Anche essendo pienamente d’accorso sulla nocività del fumo passivo per la salute dell’uomo, bisogna sempre ricordare che le norme sul divieto di fumo di sigaretta non si applicano alle abitazioni private. A meno che l’azione degli altri non arrechi danno ai terzi. Pertanto, nel caso specifico si consiglia di parlare amichevolmente con i propri vicini. Laddove la soluzione al problema non dovesse arrivare si potrà rivolgere, più semplicemente, all’amministratore del condominio che potrebbe applicare delle restrizioni, specie per le aree di pertinenza condominiale. Molto importante, inoltre, rimanere cauti sull’estendere divieti chiaramente definiti per ambienti di lavoro, verso gli ambienti di vita. Anche perché un eventuale danno deve essere sempre provato.

Non si potrà, in questi casi, vietare di fumare, ma è possibile pensare a delle alternative e applicarle per evitare che il fumo entri in casa. Come individuare i punti d’ingresso del fumo passivo e proporre ai vicini un compromesso o usare dei sistemi di termocondizionamento.

Condividiamo il contenuto della risposta affinché i nostri consigli e i nostri suggerimenti siano di supporto e di aiuto per molti di voi che potrebbero, in futuro, ritrovarsi nella stessa spiacevole situazione.

Quali prospettive per la riduzione del danno da fumo sotto l’Amministrazione Biden?

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Il neo-presidente statunitense Joe Biden e la vice-presidente Kamala Harris assumeranno le rispettive cariche in un momento di grande divisione sociale, mentre la pandemia continua a colpire duramente gli Stati Uniti.

Non sorprende, quindi, che i danni provocati dal tabacco siano stati trascurati, messi in secondo piano dalla politica e dall’emergenza sanitaria in corso. Eppure quasi mezzo milione di americani -un numero maggiore delle vittime causate dal Covid-19 fino ad oggi- muoiono ogni anno per cause legate al fumo.

La nuova amministrazione Biden-Harris avrà come obiettivo primario quello di promuovere la salute pubblica basata su prove scientifiche. Tuttavia, mentre la riduzione del Danno da Tabacco rimane controversa, la maggiore sicurezza per la salute delle sigarette elettroniche e dello snus sono solidamente dimostrati.

Qualsiasi obiezione alle politiche di Tobacco Harm Reduction sembrano quindi basarsi su di un opposizione ideologica. Atteggiamento che, in modo preoccupante, sia Biden che Harris hanno reiterato anche in settori non legati al tabacco.

I sostenitori della Riduzione del danno da tabacco, negli Stati Uniti, hanno subito numerose sconfitte legislative durante la Presidenza Trump. A livello nazionale, a partire da Gennaio 2020, vi è stato un parziale divieto degli aromi per gli svapo. A livello locale, invece, sussistono ancora diverse restrizioni e divieti sulle vendite di svapo online.

Le cose andranno meglio o peggio con la nuova amministrazione a Washington?

Il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, risponde alla domanda in un articolo precedentemente pubblicato da FilterMag.

Sebbene l’ideologia e la politica continueranno a massimizzare il rischio (e ridurre al minimo i benefici) associati alla sigaretta elettronica, in un mondo perfetto Biden dovrebbe affidarsi all’imparzialità della scienza su come lo svapo può ridurre gli effetti nocivi del tabacco. Biden ha bisogno di ascoltare tutti gli attori in gioco (e in particolare i consumatori) e allontanarsi da chi continua a diffondere paura, confusione e dubbi”.

“La nuova amministrazione dovrebbe prima di tutto nominare un leader carismatico per la Food and Drug Administration, e non solo un altro burocrate. Successivamente, si dovrebbero rivedere tutti i requisiti pre-mercato per i prodotti a basso rischio di tabacco e nicotina. Nella loro forma attuale, questi regolamenti fungono da barriera all’ingresso per tutte le società ad eccezione delle multinazionali del tabacco, che hanno risorse finanziarie tali da passare attraverso il processo di approvazione”.

“La Health e Human Services dovrebbe inoltre istituire un comitato per regolamentare l’uso dei prodotti, mentre la riduzione del danno da tabacco dovrebbe essere considerata una vera e propria strategia”.

Quanto preoccupa la mutazione inglese del SARS-CoV-2?

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covid19 mutazione

Negli ultimi giorni, la notizia della diffusione di una variante più contagiosa del Covid-19 in Inghilterra ha destato molta preoccupazione, soprattutto dopo che tale variante è stata rilevata anche negli USA, in un ragazzo 22enne del Colorado, senza precedenti di viaggio oltreoceano.

Il panico ha iniziato a serpeggiare, portando alla decisione di chiudere i voli per l’Inghilterra.

Ma cosa rappresenta questa mutazione? È davvero così pericolosa?

Innanzitutto, una delle caratteristiche principali di tutti virus a base di RNA è quella di mutare in continuazione sfruttando le cellule che infettano e, molto spesso, questi cambiamenti non creano problemi. 

I virus a base di RNA, come il coronavirus causa del Covid-19, sono molto vulnerabili alle mutazioni poiché le molecole di RNA sono meno stabili di quelle di DNA.

Solitamente queste mutazioni non hanno conseguenze rilevanti per la salute umana, assumendo un interesse maggiore, al contrario, per gli scienziati, che le studiano per monitorare la diffusione del virus tra la popolazione.

Altre volte, invece, come sembra stia avvenendo in questo caso, le mutazioni aumentano la trasmissibilità del virus.

Tornando alla variante inglese, ormai rilevata anche in altri paesi come USA, Italia, Spagna, gli scienziati ne parlano come più virulenta. Perché?

Innanzitutto, nell’area inglese di diffusione si è evidenziato un aumento di casi: e questo non perché improvvisamente gli abitanti hanno iniziato a non osservare le norme di distanziamento e protezione. In secondo luogo, questa variante pare implichi una carica virale più alta. In terzo luogo, l’andamento dei tassi di contagio della variante rispecchia quello della mutazione rilevata in Sud Africa, associata a un aumento di casi.

Insomma piccoli indizi che, nell’insieme, confermano l’ipotesi per la quale la mutazione rappresenta un rischio aggiunto.

Ma dobbiamo davvero avere paura?

Molti sono preoccupati che il vaccino non sia efficace nei confronti di questa variante. Certo è un’eventualità da considerare, ma molte rassicurazioni ci arrivano da esperti e scienziati i quali affermano che il vaccino manterrebbe la sua efficacia anche nei confronti della variante inglese della SARS-CoV-2. Inoltre, questa variante non è più pericolosa e quindi basta affrontarla con le stesse strategie che da mesi sono state messe in atto per la SARS-CoV-2, ovvero attendendosi alle norme di distanziamento sociale e all’utilizzo dei dispositivi di sicurezza personale.

A tale proposito, il fondatore del CoEHAR, Riccardo Polosa, ha dichiarato:

“La nuova variante inglese del coronavirus non deve preoccuparci più di tanto: stiamo parlando del solito nemico, ora dotato di una mimetica leggermente diversa. Ma non per questo più letale. Indossare la mascherina, evitare gli assembramenti e rispettare il distanziamento rimangono le nostre migliori armi di difesa. Dobbiamo avere pazienza e accettare il fatto che questo nuovo stile di vita ci accompagnerà ancora per diversi mesi”.