mercoledì, Novembre 5, 2025
Home Blog Pagina 31

Prodotti senza combustione: sensibilizzare per un futuro senza fumo

0

Futuro senza fumo, le dichiarazioni degli esperti dell’evento organizzato da Formiche e Philip Morris Italia: “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”.

(ITALPRESS) – “Presentiamo un percorso di lavoro che si è avvalso e vorrà avvalersi di tante collaborazioni con l’obiettivo di produrre un codice di autoregolamentazione per la filiera della distribuzione e della produzione dei prodotti senza combustione. La nostra attività è volta a una maggiore valorizzazione della riduzione del rischio all’interno delle politiche della sanità pubblica“. Così Alberto Baldazzi, vicedirettore di Eurispes ha aperto “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”. L’evento, organizzato da Formiche con il contributo di Philip Morris Italia, è stato l’occasione per discutere insieme a esperti, rappresentanti della filiera dei prodotti senza combustione e ospiti istituzionali, quali siano le modalità di comunicazione più opportune riguardo ai prodotti senza combustione, alternativi alle sigarette, in modo da garantire ai consumatori di effettuare una scelta consapevole tutelando, al contempo, giovani e non fumatori. “Nonostante i prodotti senza combustione siano legalmente in commercio, si scontrano con l’avversione dell’autorità sanitaria a prenderli in considerazione nella lotta all’impatto del tabagismo, che ritiene la cessazione senza se e senza ma l’unica politica. Rispetto a questa chiusura totale noi non siamo d’accordo – continua Baldazzi – poiché l’offerta sociosanitaria e i centri anti fumo si sono rivelati inefficienti. Quasi 12 milioni di italiani fumano e continuano a fumare“.

(askanews) – “La Sanità non sposa il concetto di rischio ridotto in nome di un eccessivo principio di precauzione, mentre i governi inglese e neozelandese mandano spot in tv. Nel Regno Unito, le sigarette elettroniche sono addirittura distribuite negli ospedali: fanno parte dei trattamenti del tabagismo”. Lo ha detto Umberto Roccatti, presidente ANAFE, nell’ambito del tavolo di lavoro “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”, organizzato da Formiche e Philip Morris Italia, alla presentazione del “Codice di autoregolamentazione per la comunicazione e vendita dei prodotti senza combustione”, elaborato da Eurispes e da soggetti associativi rappresentativi della filiera di distribuzione dei prodotti senza fumo, quali ANAFE – Associazione Nazionale produttori di Fumo Elettronico (Confindustria), FIT – Federazione Italiana Tabaccai, con il contributo di importanti personalità giuridiche, tecniche e sanitarie.

Il 91% dei fumatori italiani, 10 milioni, non riesce a smettere di fumare e per questo riteniamo la sigaretta elettronica sia complementare alle sacrosante politiche sanitarie nazionali. Ben venga la cessazione, ma è uno strumento che non è ricevibile per la stragrande maggioranza dei fumatori. Un fumatore su mille si rivolge a un centro antifumo in Italia e un fumatore su duemila smette di fumare attraverso i centri antifumo“, ha aggiunto. “Fra i nostri principi, non comunicare la sigaretta elettronica come un prodotto privo di rischi e non attuare campagne di comunicazione attrattive per i giovani – ha proseguito Roccatti-. Il mantra deve essere: se non fumi, non iniziare. Non fumare nulla: né tabacco combusto, né tabacco riscaldato, né sigarette elettroniche. Se fumi, smetti. Se non riesci a smettere, allora valuta un prodotto a rischio ridotto“.
Per Roccatti, “i costi sociali del fumo sono pazzeschi, 24 miliardi di euro, e fa 93 mila vittime all’anno. Come ANAFE chiediamo di comunicare nel senso di informare e che sia bandita la comunicazione commerciale aggressiva. Informazione nel senso di rischio ridotto“. “ANAFE è favorevole a questo osservatorio a patto che ci sia un’ampia sottoscrizione da parte delle varie filiere associative e distributive. Perché essendoci un monitoraggio dei firmatari, non possiamo essere noi gli unici monitorati“, ha concluso.

(askanews) – “Abbiamo pensato a un codice di autoregolamentazione per i prodotti senza combustione che possono essere un’alternativa per chi non riesce a smettere di fumare; il codice è ancora in via di definizione e aperto a ulteriori contributi“. Lo ha detto la vice presidente di Eurispes Raffaella Saso, nell’ambito del tavolo di lavoro “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”, organizzato da Formiche e Philip Morris Italia, alla presentazione del “Codice di autoregolamentazione per la comunicazione e vendita dei prodotti senza combustione“, elaborato da Eurispes e da soggetti associativi rappresentativi della filiera di distribuzione dei prodotti senza fumo, quali ANAFE – Associazione Nazionale produttori di Fumo Elettronico (Confindustria)FIT – Federazione Italiana Tabaccai, con il contributo di importanti personalità giuridiche, tecniche e sanitarie. “L’unica posizione delle istituzioni rimane far smettere di fumare, però concretamente il numero di fumatori negli ultimi anni di fatto è rimasto sostanzialmente stabile. Abbiamo un altissimo numero di fumatori che alla domanda ‘vorrebbe smettere di fumare’ risponde ‘assolutamente no’. Il risultato ideale è non iniziare oppure smettere, ma è con questa realtà che ci dobbiamo confrontare“, ha osservato Saso. “Il nostro obiettivo è la valorizzazione della riduzione del rischio all’interno della Sanità pubblica. Ormai non è più solo il sistema britannico finalizzato ad ottenere la riduzione del danno“, ha dichiarato il vice direttore di Eurispes Alberto Baldazzi.


Il convegno è proseguito con Giovanni Risso, presidente nazionale FIT, che ha affermato: “Ci rendiamo conto che stanno cambiando gli stili di vita e i consumatori guardano con più attenzione a prodotti di nuova generazione per la riduzione del danno, mi riferisco tanto a prodotti a base di tabacco riscaldato quanto alle sigarette elettroniche“. “Vogliamo portare avanti un concetto nuovo che è quello della prevenzione parziale – ha aggiunto Johann Rossi Mason, giornalista scientifica e direttrice di Mohre – l’Osservatorio sulle strategie di riduzione del rischio – Sarebbe stato bello che i player fossero stati tutto allo stesso tavolo. La nostra perplessità è la volontà di mettere sotto un unico cappello tutti i prodotti alternativi“. “Io incoraggerei tutti ad aderire, anche un operatore soltanto, perché gli altri poi seguiranno – riflette Laura Galli di Adiconsum – Vaping, sigarette elettroniche, in questa fase possiamo accettare che si stiano tutti quanti sotto lo stesso cappello, perché si mettono insieme mercati diversi e prodotti diversi per iniziare una forma di responsabilizzazione della filiera“. “La comunicazione è fondamentale, perché è fondamentale la prevenzione primaria. Il fumo produce al mondo 8 milioni di morti l’anno. In Italia, con 11 milioni e mezzo di fumatori, si consideri che una buona parte dei tumori è legata al fumo. Oggi stiamo parlando di salvaguardare e proteggere i soggetti che comunque continuano a fumare“, ha aggiunto Francesco Cognetti, Primario di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Regina Elena di Roma. “La riduzione del danno è un principio importante, come è importante che questi strumenti possano essere commercializzati con tutte le precauzioni del caso”, ha concluso l’oncologo. “Non è possibile dall’oggi al domani eliminare il fumo completamente, per quanto auspicabile. Adesso c’è una consapevolezza diversa. Lo Stato può investire in campagne di informazione“, ha osservato l’onorevole Giorgio Lovecchio, proseguendo nel convegno. “Sì alla informazione, no alla proibizione. Per non favorire prodotti illeciti, dove non sappiamo cosa c’è all’interno“, ha concluso il deputato.

Bloomberg Philanthropies: opportunismo o attivismo?

0
bloomberg philanthropies

Micheal Bloomberg non è un nome sconosciuto: ex sindaco di New York, ha alle spalle una fallimentare, ma costosa, campagna alle presidenziali statunitensi del Marzo 2020.

Ma ancora più conosciuto è il suo impegno filantropico, promosso attraverso la Bloomberg Philanthropies, che comprende le attività filantropiche della sua fondazione, delle sue società e personali, oltre che quelle della Bloomberg Associate, una società di consulenza che lavora a stretto contatto con i sindaci di diverse città nel mondo.

Parte dell’attività dell’impero Bloomberg è orientata a combattere l’uso del tabacco in qualsiasi forma, grazie all’organizzazione no profit Campaign for Tobacco-Free Kids, il cui scopo è contrastare la diffusione del fumo tra i più giovani, sia sul territorio americano, sia nei paesi a basso e medio reddito, soprattutto in quelli dove la piaga del tabagismo è più diffusa.

Attività che ha portato la Bloomberg Philanthropies ad intessere rapporti molto stretti con i governi di molti stati, creando una vera e propria rete di connessioni internazionali.

Ma come si articolo l’influenza dell’organizzazione?

Secondo il recente articolo di Michelle Minton, pubblicato su Competitive Enterprise Institute, l’ingerenza della Campaign for Tobacco-Free Kids nelle politiche dei paesi a basso e medio reddito andrebbe ben oltre le raccomandazioni e le misure in materia di tassazione, pubblicità e restrizioni sull’età minima di acquisto del tabacco.

In questi paesi, i fondi destinati al settore della salute pubblica non sono sufficienti e qualunque organizzazione con un’importante base monetaria a cui attingere ottiene subito notevole considerazione nei territori in cui opera.

Molto spesso i sovvenzionamenti in ambito sanitario che alcune organizzazioni riescono ad immettere nei paesi sono superiori ai budget degli stessi governi. Secondo l’articolo della Minton, il do ut des della Bloomberg Philanthropies riguarderebbe uno scambio di favori tra le attività dell’organizzazione e l’approvazione di misure e leggi più o meno restrittive nei confronti dei prodotti a base di tabacco.

Considerando che la Bloomberg Philanthropies ha speso quasi 700 milioni di dollari per incentivare l’adozione di misure importanti contro il fumo, comprese quelle che di fatto vietano o limitano la promozione e la vendita di tutti i prodotti connessi al vaping, si delinea uno scenario in cui l’attività della Bloomberg può essere paragonata alla corruzione.

I finanziamenti dunque non solo al settore sanitario, ma anche ad università e al settore dei media, per permettere la giusta veicolazione del messaggio in paesi come Nigeria, Brasile e Cina.

Ingerenza che elimina di fatto valide alternative al fumo tradizionale, ormai riconosciute dalla ricerca in tutto il mondo, e rappresentate principalmente dai dispositivi a rischio ridotto, come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato.

L’attività della Bloomberg impedisce o limita pesantemente la vendita di questi prodotti in Cina, Brasile, Uruguay, Perù, Uganda, Nigeria e Filippine e di fatto allontanandosi dall’obiettivo dichiarato di proteggere semplicemente i più giovani dai danni della sigaretta.

In recenti articoli, abbiamo esaminato quanto le campagne privative non solo impediscano l’accesso ad alternative meno dannose per coloro che non riescono a smettere di fumare, ma alimentino proprio il vizio che vogliono combattere: molti fumatori, scoraggiati dal non riuscire a smettere, preferiscono continuare con le sigarette.

La strategia di Campaign for Tobacco-Free Kids, e del più ampio sforzo contro il tabacco finanziato da Bloomberg” nota Michellesembrano orientati più a vincere battaglie politiche e all’approvazione di leggi, piuttosto che considerare se effettivamente si raggiunga una diminuzione dei tassi sul fumo o si verifichino miglioramenti per la salute”.

Un attivismo che si lega intrinsecamente a interessi politici e relazioni internazionali, e che agisce ciecamente, influenzando il corso della lotta al tabagismo, che dovrebbe vedere uniti tutti i diversi fronti, invece che rendere ancora maggiore il gap tra chi crede nel vaping e chi invece lo ostacola.

Un bicchiere di Borgogna, una bagno caldo, i sassi… i nuovi consigli per smettere dal The Guardian

0

Qualche anno fa, nel numero della rivista “For Men”, veniva pubblicata la lista completa dei 30 metodi efficaci per smettere subito di fumare. In quattro pagine interamente dedicate al fumo, la giornalista Roberta Maresci, con il supporto dei ricercatori della Lega Italiana Anti Fumo, elencava gli strumenti più e meno noti che consentono di uscire dalla porta del tabagismo.

La lista con i 30 metodi consigliati da “For Men” e commentati dai ricercatori dell’Università di Catania e della Lega Italiana Anti Fumo prevedeva metodi noti come l’action plan, che consente di stabilire una data di cessazione da fumo e di essere più motivati ad abbandonare; l’alimentazione perché esistono alimenti che aiutano a smettere e altri viceversa che fanno fumare di più; le app che grazie al monitoraggio attraverso lo smartphone dell’abitudine possono aiutare a smettere; il counselling antifumo in quanto metodo più sicuro dal punto di vista motivazionale con una percentuale di successo che si attesta tra il 20 e il 35%; i farmaci perché il parere di un medico per questo metodo è indispensabile.

Senza mai sottovalutare l’importanza di uno strumento come la sigaretta elettronica che, a detta del massimo esperto in smoking cessation, il prof. Riccardo Polosa, è 96 volte meno dannosa rispetto alla sigaretta convenzionale. Da considerare, quindi, il primo tra i metodi più efficaci.

Quest’anno vorremo però condividere con voi una lista un po’ insolita che arriva da alcuni ex fumatori. Secondo le loro testimonianze, raccontate al The Guardian, esisterebbero dei metodi più alternativi. Se i cerotti, l’ipnosi e i libri di auto-aiuto non funzionano, forse è il momento di pensare lateralmente.

Di seguito l’elenco delle testimonianze, a partire dal cambiamento delle abitudini più personali:

Quando ti viene voglia di fumare una sigaretta, prendi un bicchiere d’acqua

Fumavo dalle 10 alle 20 sigarette al giorno, ma alla fine ho smesso 11 anni fa. Ho scoperto che prendere un bicchiere d’acqua quando sentivo la voglia di fumare funzionava davvero bene. Quando andavo in cucina e lo bevevo, il picco del desiderio di solito passava. Mi ha anche aiutato a capire che puoi superare un desiderio. Le prime tre settimane sono state le più difficili. Michael, artista ed educatore, Scozia

Fare una doccia

Avevo l’abitudine di fumare 40 sigarette al giorno e ho iniziato a 15 anni. Ecco i miei consigli per smettere. 1) Riconosci i fattori scatenanti che ti fanno venire voglia di fumare e sappi che passeranno entro due minuti. (Uno dei miei più grandi fattori scatenanti è stato aprire il finestrino della macchina, poiché lo aprivo per far uscire la cenere.) 2) Se stai davvero pensando di accendere una sigaretta, fai una doccia – non ci sarà nessun grilletto lì, poiché è impossibile fumare sotto la doccia. 3) I massaggi rilassanti aiutano. Sono riuscito a smettere di fumare al mio primo tentativo, a 46 anni. Andrew, graphic designer, Peak District

Una bottiglia di Romanée-Conti come premio se smetteste per un anno

Era da tempo che desideravo assaggiare il raro e leggendario borgogna Romanée-Conti. Nel 1991 mio marito disse che mi avrebbe comprato una bottiglia se avessi smesso di fumare per un anno. Dopo sei mesi, ho trovato una bottiglia all’aeroporto Charles de Gaulle. All’epoca costava più o meno quanto spenderei in sigarette in un anno. Mio marito ha detto che se avessi fumato adesso, l’avrebbe bevuta davanti a me – e poi sarebbe scappato! Alla fine dell’anno, l’abbiamo bevuto ed è stato favoloso. Negli anni successivi mangiammo una volta all’anno in un ristorante tre stelle Michelin con i soldi che avrei speso in sigarette. Trova qualcosa che desideri più delle sigarette: non ho mai più fumato. Lynne, ingegnere in pensione, Folkestone

Inzuppare le sigarette in acqua e sapone

Butta via le sigarette o il tabacco: io ho messo a bagno le mie in acqua e sapone. Se tu buttassi le sigarette nel cestino, ancora nella loro confezione, le riprenderesti subito. Per le prime due settimane, ho scritto il numero di giorni trascorsi dalla mia ultima sigaretta sulla mano con quale fumavo ed è stato un promemoria visivo davvero utile dei miei progressi. Anonimo, Surrey

Tenere in mano una molletta del bucato può risultare soddisfacente

Sono stato un forte fumatore per più di 20 anni e ho smesso quasi un anno fa. Ho sempre scoperto che era più il rituale che la voglia vera di accendere una sigaretta. Ho trovato che le mollette di legno del bucato hanno aiutato. Ne tenevo una sola quando sentivo di aver bisogno di una sigaretta; è stato sorprendentemente soddisfacente. Puoi anche masticarle e farle schioccare sotto il pollice, il che è stato molto utile. Di solito ne tenevo qualcuna in tasca. Anonimo, Londra

Lavare i denti dopo i pasti aiuta a non sentire la voglia di fumare

Ho sempre sentito la voglia di fumare dopo ogni pasto, fino a quando mi sono reso conto che lavare i denti e usare subito il collutorio poteva aiutare. Di solito non fumo mai dopo aver lavato i denti di notte, quindi questo è stato qualcosa che mi ha davvero aiutato dopo aver mangiato. Un altro consiglio più ovvio è l’esercizio, che mi ha aiutato molto. Javier, ricercatore, Swansea

Iniziare a dipingere sassi

Dopo decenni di tentativi infruttuosi di smettere di fumare fino a 20 al giorno, ho iniziato a dipingere i sassi. L’idea era che, se avessi avuto un pennello in mano, non avrei potuto tenere una sigaretta. Si è rivelato un successo fenomenale e molto terapeutico. Ci sono voluti circa tre giorni prima che il desiderio di nicotina si placasse e non fumo una singola sigaretta da più di tre anni. Mi concedo spesso i soldi che risparmio non comprando sigarette – e il mio hobby di pittura è passato anche alla pittura su tela. Elaine, in pensione, Grecia

Scegliere un amico con il quale smettere di fumare

Controlla che non ci siano pacchi dimenticati nascosti in casa o in macchina e pensa a cosa potrai fare o divertirti quando avrai smesso. Per me è stato salire la Jacob’s Ladder nel Derbyshire senza fermarmi a riprendere fiato ogni 10 gradini. Quindi, fai un patto con un amico per smettere insieme e fissa una data non negoziabile. Inoltre, usa un’app che conta le tue sigarette non fumate e calcola i tuoi risparmi. Anonimo, Germania

Tutto il fumo vien per nuocere ma sicuramente i benefici di alternative così promettenti per smettere di fumare iniziano da subito e acquistano oggi un efficacia maggiore.

Leggi anche: LIAF e “For Men”: ecco i 30 modi per smettere di fumare

Kate Winslet e Rosamund Pike, due protagoniste che svapano a confronto nel cinema

0

Agli appassionati di cinema e serie televisive sarà già capitato di “divorare” intere stagioni di film e serie tv con protagonisti che svapano invece di fumare. Anche il cinema infatti, come racconta la storia dell’abitudine al tabagismo, si adatta alle nuove convenzioni, e agli stili di vita più comuni. È per questo che ormai molte serie tv scelgono di raccontare i protagonisti attraverso stereotipi meno comuni che aiutano però nella nuova narrazione dei vari personaggi.

Oggi vogliamo parlarvi di quello che succede quando questi strumenti alternativi ormai molto diffusi, arrivano sugli schermi e di conseguenza entrano nella bolla mediatica di fumatori, non fumatori ed ex fumatori.

Uno dei primi esempi sullo schermo dell’uso della sigaretta elettronica è tratto dal film del 2010, The Tourist, che presenta il personaggio di Johnny Depp che usa una sigaretta elettronica su un treno.

Quello che ci siamo chiesti è: come si approcciano media come il cinema e le serie tv allo “svapo”? La scelta di fare svapare un personaggio piuttosto che un altro, è una strategia di marketing?

A prima vista sembra che l’industria dello svapo stia semplicemente ripetendo le strategie di marketing del tabacco di grande successo del passato.

Per rispondere a queste domande metteremo a confronto due medium televisivi ben riusciti e che hanno riscontrato molto successo: I Care A Lot (Amazon Prime Video) e Mare Of Easttown (distribuita da HBO negli USA e da Sky Atlantic in Italia).

In I Care A Lot, la protagonista (Rosamund Pike) è una truffatrice che si guadagna da vivere approfittando di anziani rimasti da soli a cui sottrae ogni bene. L’uso della sigaretta elettronica per lei è un tratto caratterizzante. L’attrice, infatti, ha spiegato che il suo personaggio utilizza l’elettronica proprio per assumere un atteggiamento più duro ma allo stesso tempo sofisticato. Svapare dava al mio personaggio l’aria di un drago che sputava fumo”, ha dichiarato. La sigaretta elettronica diventa così uno strumento che ricorda a chi la usa, quantomeno nella fiction, di non arrendersi e che bisogna sempre aspirare al meglio.

In Mare Of Easttown Kate Winslet è Mare Sheehan, una detective bravissima e la miniserie è uno studio sul dolore e sulla difficoltà di elaborarlo realizzato all’interno di una storia che si apre e si chiude in maniera perfetta, come un cerchio ricostruito attraverso tutti quei dettagli e indizi che vengono disseminati nel corso delle 7 puntate della serie. Anche in questo caso vediamo la protagonista che fuma di continuo una sigaretta elettronica. La serie è stata molto apprezzata per la minuziosa cura dei dettagli e ha tra questi proprio quella dell’attenzione verso le azioni minime, come quella di svapare. Mare Sheehan fuma la sua sigaretta elettronica durante i momenti di tensione o come direbbero gli addetti ai lavori, nei momenti di suspense. Più che tratto caratterizzante del personaggio, in questo caso la sigaretta elettronica viene utilizzata come alternativa alle sigarette convenzionali ed è la stessa Mare che racconta ad un’amica di essere stata una fumatrice. L’uso della sigaretta elettronica come metodo per aver smesso di fumare quelle convenzionali è abbastanza esplicito quando Mare chiede alla sua amica di farsi offrire una bionda, ma maledicendosi allo stesso tempo per aver ceduto ancora una volta.

Non sappiamo se quando gli autori decidono di scrivere sul copione di un atto come quello di svapare sia una strategia di marketing o se si tratta semplicemente di prendere questo nuovo elemento come una moda, visto che utilizzare prodotti alternativi alle sigarette convenzionali oggi è sempre più diffuso. Non ci sono prove o suggerimenti che lo svapo in Mare of Easttown o I Care a Lot sia direttamente sponsorizzato dall’industria dello svapo o del tabacco. Queste particolari rappresentazioni però ci fanno riflettere accuratamente sulla realtà e sulla diffusione dello svapo come stereotipo della vita quotidiana. Mettere in scena i benefici dell’Harm Reduction e fare utilizzare questi prodotti ad attrici ed attori rinomati, potrebbe aiutare e dare l’esempio ad un attuale fumatore che si ritrova a guardare proprio quella serie tv e che magari vuole smettere definitivamente di fumare.

Leggi anche: Netflix e lo svapo: Broken, il racconto di una tendenza mainstream

Charles Gardner: “Per cambiare l’approccio della riduzione del danno bisogna sottolineare gli aspetti positivi della nicotina”

0


Differenti narrazioni, conclusioni diametralmente opposte sugli effetti delle sigarette elettroniche e della nicotina sul corpo umano, scelte controverse da parte dei legislatori. Tutti elementi che hanno spinto molti consumatori a perdere la fiducia nei governi, nelle istituzioni internazionali e negli scienziati riguardo i prodotti da cessazione da fumo.

Cosa è andato storto? Perché esiste una difficoltà di fondo per il pubblico a trovare una informazione corretta e coerente per quanto riguarda le sigarette elettroniche e, in generale, tutti quei dispositivi di rilascio di nicotina alternativi alla sigaretta convenzionale?

Liaf Magazine intervista Charles Gardner, esperto di lunga data in comunicazione istituzionale, Segretario Generale e Amministratore Delegato della Rete internazionale delle organizzazioni dei consumatori di nicotina (INNCO), ONG internazionale che supporta e rappresenta i diritti di oltre novanta milioni di svapatori in trentacinque paesi.

Mr Gardner, perché esiste un “gap informativo” tra una parte di comunità scientifica e i consumatori quando si tratta di Riduzione del Danno da Tabacco?

Ci sono differenti ragioni dietro questo fenomeno. Il primo è la lotta durata oltre quarant’anni contro le multinazionali del tabacco, che negli scorsi decenni hanno influenzato pesantemente la ricerca scientifica al fine di instillare una “teoria scientifica del dubbio” riguardo la tossicità dei loro prodotti. Questo ha giustamente prodotto una narrazione che ha demonizzato fortemente l’utilizzo della nicotina è ha screditato la credibilità di qualsiasi informazione proveniente dall’industria del tabacco.

Oggi, tuttavia, non è più così poiché anche all’interno di questa industria si è capita l’importanza della riduzione del danno.

Un secondo aspetto riguarda la scarsa conoscenza di una parte della comunità scientifica riguardo i dispositivi alternativi alla sigaretta convenzionale e le false credenze, prive di evidenze, che la nicotina sia la causa di cancro e delle malattie polmonari.

Un ultima considerazione da fare sul perché il grande pubblico non sia informato abbastanza riguardo la Riduzione del danno da Tabacco va ricercata sulla informazione parziale che ricevono dalle Istituzioni Pubbliche a proposito dei benefici e rischi dei prodotti alternativi alle sigarette convenzionali, nonostante questi dati siano ormai assodati da molte ricerche.

Tutti questi elementi, messi insieme, impediscono agli utenti finali non solo di poter fare una scelta informata ma anche, in conclusione, di poter smettere di fumare.

Comunicazione e politica (vedi istituzioni internazionali e pregiudizi di alcuni governi) sono troppo spesso indissolubilmente legate: quali sono le possibilità che questa situazione possa essere modificata a beneficio di tutti?

Secondo la mia esperienza quando si creano delle evidenze scientifiche allo stesso tempo si crea anche politica. Così come la ricerca scientifica, anche le politiche legate ad essa dovrebbero cambiare e migliorare, diventando molto più efficienti nel corso del tempo. Tuttavia, quello che ho imparato negli ultimi tre anni è l’esatto contrario poiché per cambiare l’approccio ad una determinata politica devi prima cambiare la percezione dell’opinione pubblica. Tutto questo può essere fatto attraverso la combinazione di prove scientifiche, storie personali, e dimostrazioni pratiche.

Questo è quello che è successo nei tre decenni in cui si sono sviluppate le politiche di riduzione del danno da droghe: l’adozione del metadone come terapia alternativa per le persone dipendenti da eroina o l’introduzione della cannabis legale per specifiche patologie. Allo stesso modo, anche la nicotina ha delle proprietà benefiche di cui non si parla e di cui si dovrebbe discutere con il grande pubblico al fine di trovare, come avvenuto per altre sostanze, un utilizzo positivo. La nicotina infatti si è dimostrata efficace nel prevenire il Parkison e la demenzia con relativamente bassi rischi per la salute. Sono sicuro che le sigarette elettroniche e gli altri dispositivi di rilascio di nicotina senza combustione saranno adottati infine da governi e istituzioni pubbliche. E’ solo una questione di tempo.

Perchè nonostante l’80% dei fumatori globali sia concentrato in paesi a basso e medio reddito le istituzioni internazionali continuano a negare od ostacolare lo sviluppo di politiche di riduzione del danno in queste nazioni?

Le politiche di riduzione in tali paesi sono ancora in una fase iniziale nonostante ogni anno si hanno milioni di morti causate dal fumo. Centinaia di milioni di persone in questi paesi continuano ad assumere nicotina nella forma più tossica, ovvero attraverso sigarette combustibili o altri prodotti a base di tabacco. La nicotina è presente e, nonostante divieti e restrizioni, il problema della dipendenza non andrà via facilmente in questi paesi. L’idea paternalistica alla base dell’approccio da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per cui questi paesi non sono pronti per la regolazione di questi prodotti, è assolutamente fuori luogo e non risolverà il problema.

C’è qualche buona pratica che i ricercatori dovrebbero seguire al fine di fornire informazioni scientifiche che siano non solo accurate ed efficaci, ma anche capaci di raggiungere i governi ed i consumatori?

La mia esperienza lavorativa mi ha portato a collaborare con numerosi ricercatori in Africa, Asia, America Latina, su studi condotti per malattie come HIV, malaria, febbre dengue, rabbia, malattie nei bambini e denutrizione. Quello che organizzavo come prassi era l’istituzione di un ufficio di comunicazione all’interno del budget per quel progetto da affiancare alla ricerca pura. Sfortunatamente, molti scienziati hanno l’abitudine di pensare che una volta completata e poi pubblicata la ricerca il loro lavoro sia terminato. La creazione di questo ufficio era quello di organizzare conferenze e meeting che mettessero i ricercatori in grado di “portare fuori” il loro lavoro e raggiungere quante più persone possibili e non solo gli addetti ai lavori. Questo è importante da sottolineare: gli scienziati sono estremamente bravi a comunicare tra di loro ma non abbastanza da raggiungere il grande pubblico. Un linguaggio semplice e chiaro è quello che ci vuole quando bisogna spiegare le proprie ricerche e conclusioni al maggior numero di persone.

La malsana abitudine di fumare prima di dormire

0

Il regista Ferzan Ozpetek nel suo film “La finestra di fronte“ in alcune scene evidenzia la protagonista, Giovanna Mezzogiorno, intenta a fumare prima di andare a dormire guardando proprio la finestra del palazzo di fronte, sognando Raul Bova, l’altro protagonista del film.

La scena si ripete con lei che dopo che fuma spegne la sigaretta nel lavandino della cucina, un abitudine presente in molti tabagisti, accompagnata da quella di fumare prima di dormire.

Fumo e alcol sono da considerarsi i peggiori nemici del riposo notturno.  

Diversi studi hanno dimostrato che la durata del sonno viene ridotta di quasi un’ora, la nicotina essendo stimolante non aiuta in questo processo, anzi, lo peggiora.

Far passare un paio d’ore e sostituire questa malsana abitudine, con un bel bagno rilassante e ovviamente l’intenzione di smettere di fumare, nonostante sia risaputo che l’astinenza da nicotina provochi insonnia e difficoltà ad addormentarsi. Ma questo è solo temporaneo, gli effetti positivi della cessation si vedono già solo dopo una settimana. Soprattutto le donne 40 enni e over 50, che così non rischiano di sviluppare 25 anni dopo, insonnia, dovuta alla quantità e al tipo di sigarette fumate.

L’Associazione Italiana Medicina del Sonno ha rimarcato l’impatto del fumo sull’apparato respiratorio e come l’apnea morfeica ostruttiva possa determinare una pessima qualità del sonno, con microrisvegli e sensazione di soffocamento, dovuta ad una carente aria inspirata.

Attraverso un elettroencefalogramma si è documentata una continua irritazione dei tessuti del cavo orale e nasale, che gonfiandosi inibiscono il flusso d’aria in entrata e rendono i fumatori in una fase di sonno più leggera rispetto a chi non fuma.

Questo vizio abitudinale che ci fa svegliare anche a notte fonda, ci rende schiavi di un rituale che si può interrompere con uno sforzo di volontà, non fumando quando ci si sveglia, passando poi a destarsi e rigirarsi nel letto, alzarsi solo un attimo, fino a quando si riposerà bene non svegliandosi più e soprattutto non sentendo il bisogno di fumare, i nostri polmoni hanno bisogno di rilassarsi, almeno la notte!

Perché la scelta di Biden a favore dell’Harm Reduction per i tossicodipendenti apre nuovi scenari nella lotta al tabagismo?

0

Che un cambio di rotta fosse già nell’aria si era intuito fin dalle prime dichiarazioni del neo-presidente Joe Biden. Adesso, però, è realtà. Per la prima volta nella storia del Paese il Congresso statunitense ha stanziato fondi specifici per programmi di Harm Reduction tesi alla protezione dei tossicodipendenti. Un risultato storico accelerato dalla pandemia, che negli Stati Uniti ha visto un aumento esponenziale dei casi di morte per overdose.

Programmi di assistenza ai tossicodipendenti sono da sempre sotto attacco da differenti fronti interni alla società americana, e hanno limitato negli ultimi decenni qualsiasi tentativo di implementazioni di tali politiche.

Il Presidente statunitense Joe Biden è stato il primo inquilino della Casa Bianca ad aver fatto delle politiche di riduzione del danno una priorità sul fronte delle droghe e tossicodipendenze.

L’American Rescue Act include 30 milioni di dollari specificatamente per la Riduzione del Danno e sebbene sia una somma limitata di denaro, racchiude un significato altamente simbolico per il futuro. Ma soprattutto è un cambio di mentalità che modifica le basi su cui fino ad ora si è affrontato il problema.

Da un approccio repressivo si passa ad uno di supporto: chi fa uso di droghe non viene criminalizzato a priori ma aiutato e supportato per un percorso di riabilitazione.

Una linea di pensiero che si rispecchia in maniera più ampia per tutta una serie di dipendenze tra cui quella dalla nicotina e, in particolare, per i tabagisti affetti da disturbi mentali.

Un contesto nella quale si inserisce il progetto Genesis, coordinato dal prof. Pasquale Caponnetto dell’Università degli Studi di Catania, che cercherà di aiutare i fumatori affetti da schizofrenia a smettere di fumare dando loro supporto con alternative meno dannose rispetto alla sigaretta convenzionale.

Le sigarette elettroniche negli ultimi anni hanno continuato ad aumentare in popolarità e consenso tra tutti quei fumatori che cercano alternative più sicure alla sigaretta tradizionale.

Mentre la sicurezza di questi dispositivi è migliorata notevolmente dalla loro introduzione sul mercato più di 10 anni fa, anche il numero di studi che esaminano l’efficacia di questi prodotti come alternative meno dannose alla sigaretta convenzionale è corposo.

In differenti studi, il prof. Pasquale Caponnetto ha evidenziato come le persone affette da schizofrenia sono maggiormente dipendenti dall’assunzione di nicotina e dall’abitudine al fumo (arrivano a fumare fino a 60 sigarette al giorno) e riscontrano conseguenze molto più gravi.

Nonostante la difficoltà ad inquadrare le motivazioni sottointese alla maggiore incidenza, Caponnetto ha più volte evidenziato come il passaggio a strumenti alternativi, come le sigarette elettroniche, rappresenti per questi pazienti una soluzione meno dannosa per ridurre i danni fumo correlati e per migliorare la loro qualità di vita.

I progressi nella riduzione della prevalenza del fumo nelle persone con diagnosi di salute mentale sono state negli anni molto più lenti rispetto a quelle della popolazione generale.

In primo luogo, perché nelle persone con schizofrenia le conseguenze psicosociali derivanti dalla cessazione del fumo sono molto più accentuate, sfociando in una recidività maggiore. Ma anche e soprattutto perché le strategie di sanità pubblica tese a limitare l’incidenza del fumo tra la popolazione non sono altrettanto efficaci tra le persone con disturbi mentali.

La decisione del Presidente Joe Biden, seppur simbolica, apre nuovi scenari a livello internazionale che possono apportare benefici non solo a chi soffre di dipendenze da droghe, ma anche per i centinaia di milioni di fumatori in tutto il mondo che cercano di smettere di fumare non trovando adeguate politiche di supporto.

Pfizer: sospesa la pillola antifumo Chantix

0

L’azienda farmaceutica Pfizer ha sospeso in tutto il mondo la distribuzione della pillola antifumo Chantix e ha ritirato alcuni lotti dopo aver scoperto che contenevano livelli elevati di un probabile cancerogeno.

A richiedere i test per determinare se alcuni lotti contengano quantità elevate di nitrosammine, l’agente cancerogeno incriminato, è stato l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, Food and Drug Administration.

Chantix: cos’è?

Chantix è un farmaco su prescrizione che è stato approvato dalla FDA nel maggio 2006 e che aiuta gli adulti di età pari o superiore a 18 anni a smettere di fumare. Il farmaco impiegato nei percorsi di smoking cessation, in genere viene utilizzato per 12-24 settimane. Le entrate globali del farmaco sono diminuite del 17% a $ 919 milioni nel 2020 poiché i limiti del COVID-19 hanno ostacolato la domanda e la società ha perso la protezione dei brevetti negli Stati Uniti a novembre. Pfizer ha affermato che la pausa nella distribuzione è dovuta all’abbondanza di cautela e in attesa di ulteriori test.

Anche perché: “I benefici di un farmaco come Chantix superano i rischi potenziali che sono bassi, se presenti, rispetto a quelli posti dall’esposizione alla nitrosamina da vareniclina oltre ad altre fonti comuni nel corso della vita”, ha dichiarato il portavoce di Pfizer, Steven Danehy.

Infatti, quanto alle nitrosammine, le stesse si possono trovare in componenti naturali degli alimenti, come le birre e i salumi o i formaggi, e possono generarsi da pratiche culinarie come la frittura e l’arrostimento.

In attesa di ulteriori chiarimenti, le confezioni giacenti presso le farmacie dovranno essere predisposte per il ritiro.

Fumare il mozzicone? In Nuova Zelanda è allarme

0

In Nuova Zelanda, un articolo pubblicato dalla rivista Herald ha denunciato la tendenza di riutilizzare il tabacco di scarto avanzato nei mozziconi di sigaretta.

Una pratica connessa all’innalzamento dei prezzi del fumo, che nella terra dei Kiwi raggiungono il secondo posto nella classifica dei più cari al mondo, secondi solo a quelli australiani.

Abitudine che implica insidie non indifferenti in termini di salute: nel tabacco avanzato, infatti, molto spesso sono presenti le tossine prodotte dalla combustione.

In periodi economici sfavorevoli, questa forma distorta di riciclo è connessa a situazioni sociali svantaggiose, a una scarsa educazione e alla mancanza di un impiego, rappresentando un comportamento tabagico spesso poco conosciuto e studiato.

Nel 2013, il Cancer Institute of New Jersey pubblicava uno studio su un campione di 496 pazienti, il 46% dei quali riportava di riaccendersi le sigarette avanzate o di riutilizzarne il tabacco. Una decisione che, secondo i ricercatori, aumenta le possibilità di sviluppare cancro ai polmoni e bronchiti.

Tra gli intervistati neozelandesi, molti ammettono di ricorrere a questa pratica per impossibilità di sostenere i prezzi elevati dei pacchetti, ammettendo che, di fronte alla scelta se comprare cibo sano o un pacchetto, preferirebbero la sigaretta.

Una situazione che illustra molto bene quanto la scelta di alzare la tassazione sui prodotti del tabacco non crei una soluzione nel lungo periodo, ma agisca a sfavore sopratutto dei substrati sociali più poveri, dando luogo ad atteggiamenti e pratiche malsane.

Prevenzione ed educazione sono le armi che possono creare un cambiamento duraturo nella scelta di accendere o meno una sigaretta: ad oggi, politiche di cessazione efficaci favoriscono l’accesso a soluzioni alternative e meno dannose, veicolando contemporaneamente una corretta informazione sui danni del fumo.

Vaping e disinformazione: quando l’informazione scientifica incontra la politica

0
Lung Cancer. Doctor check up x-ray image have problem lung tumor of patient.

Contrordine per tutti consumatori. Non vi è nessuna associazione tra lo svapare ed avere maggiori probabilità di contrarre il Covid-19. A dirlo uno studio dell’autorevole Mayo Clinic che ha analizzato un campione di 70 mila pazienti in base al loro consumo di differenti prodotti a base di nicotina. L’obiettivo, rilevare se e quali tipi di tabacco potevano portare ad un maggiore rischio di contrarre un infezione da SARS-CoV-2.

Risultato, oltre a non trovare nessuna associazione tra vaping e aumento delle probabilità di contrarre il virus, lo studio ha evidenziato come i fumatori siano risultati meno esposti al rischio di infezione da Covid-19, inclusi gli utilizzatori di sigarette elettroniche. Un ottima notizia, che capovolge totalmente la narrazione portata avanti durante la prima fase della pandemia, quando eminenti testate internazionali come il New York Times, USA Today, e la stessa CNN pubblicavano a suon battente come l’utilizzo delle sigarette elettroniche potesse aumentare le probabilità di contagio.

Eppure, il danno era già stato fatto. Lo scorso anno si è infatti assistito ad un drastico calo nelle vendite – e quindi nell’adozione di alternative maggiormente sicure- delle sigarette elettroniche a causa di notizie incontrollate e poco veritiere.

Lo studio indicato inizialmente, e che ha provocato questa ingiustificata ondata di paura, è quello prodotto dall’Università di Stanford, e pubblicato sul Journal of Adolescent Health. La ricerca indicava come il campione di 4.351 persone di età compresa tra 13 e 24 anni che utilizzavano abitualmente sigarette elettroniche avessero “una probabilità cinque volte maggiore di avere una diagnosi positiva da COVID-19.”

Nonostante le buone intenzioni dello studio (si era in una fase iniziale della pandemia e con poche ed incerte informazioni riguardo il virus) non sono stati pochi gli scienziati che hanno criticato il campione relativamente piccolo e altamente sotto-rappresentativo della popolazione totale. Tra questi, il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di Eccellenza per l’Accelerazione della Riduzione del Danno da Fumo (CoEHAR) dell’Università di Catania che in un tweet dello scorso Marzo rispondeva al Sindaco di New York De Blasio che supportava le conclusioni della ricerca di Stanford.

Il Sindaco di New York afferma che fumare o svapare aumenta le possibilità di avere sintomi gravi da Coronavirus. Ma dove sono le prove? Bisogna smettere di mettere sullo stesso livello il fumo tradizionale con lo svapo. Metti i fatti in ordine, sindaco.

In quell’occasione, il Prof. Polosa andava dritto al punto affermando la mancanza di basi scientifiche a supporto delle dichiarazioni di De Blasio. Le successive ricerche condotte da differenti istituti di ricerca hanno poi confermato le parole dello scienziato catanese.

“Sebbene sia stato dimostrato come il fumo aumenti la suscettibilità alle infezioni respiratorie da agenti patogeni batterici e virali e smettere di fumare sembra ridurre il rischio di infezione respiratoria, lo stesso non si applica allo svapo” aveva aggiunto Polosa durante il suo intervento.

Una recente ricerca statunitense ha confermato come gli studi che non possono essere replicati e quindi con scarsa attendibilità sono citati 153 volte in più rispetto a quelli più autorevoli. Il motivo starebbe nella maggiore capacità di attirare l’attenzione dei lettori.

Sempre secondo lo studio californiano, le ragioni alla base di questa tendenza sarebbero anche la pressione esercitata su giornali e giornalisti nel pubblicare risultati interessanti, situazione che si ripercuote anche per gli accademici in cerca di fondi e prestigio.