mercoledì, Dicembre 11, 2024
HomeNewsProibizionismo vs. liberalismo nella lotta al tabagismo

Proibizionismo vs. liberalismo nella lotta al tabagismo

I ruggenti anni ’20: una definizione che ci rimanda immediatamente all’epoca degli speak easy newyorkesi, alla nascita del gangsterismo e al contrabbando di liquori. Un periodo storico vicino abbastanza da poter essere delineato nella nostra testa, ma lontano quanto basta per assumere i contorni di un storia, come spesso succede con i grandi avvenimenti del nostro passato.

Le decisione del governo USA di limitare l’abuso di alcol fu causa, all’epoca, di disordini e problematiche sociali. Il divieto di acquistare alcolici aveva incentivato la popolazione a ricercare un bene che, da un giorno all’altro, non era più accessibile, contribuendo alla produzione e al commercio illegali.

Facciamo un salto avanti di circa 90 anni: oggi, se parliamo di sigaretta elettronica, pensiamo a un mondo i cui contorni svaniscono avvolti una nuvola di vapore, tenuti saldamente legati da titoli sensazionalistici dei media che avvertono dei pericoli di questi strumenti. 

Più di dieci anni fa, mentre la lotta al tabagismo raggiungeva il suo apice e la sigaretta diventava oggetto di una campagna di demonizzazione, causa di malattie e morti, iniziava a prendere piede una tecnologia il cui funzionamento si basava su un’idea completamente diversa, combustion-free. L’abbattimento delle sostanze tossiche generate dalla combustione per via della sostituzione della sigaretta classica in favore delle nuove tecnologie “combustion-free” per la erogazione di nicotina rappresenta la nuova frontiera per la salute dei fumatori che non vogliono o non riescono a smettere. Tutti coloro che per anni si sono battuti contro il fumo di sigaretta dovrebbero celebrare questi nuovi strumenti.

E invece, anni di lotta al fumo di sigaretta hanno dato vita alle basi ideologiche per puntare il dito anche contro le elettroniche. Ogni scusa e’ buona per demonizzare le sigarette elettroniche. Particolarmente negli USA.

L’approccio americano al fumo è equiparato a quello che si ha con una malattia: trovata la causa, proponiamo una cura. Alla base, la concezione semplicistica che l’essere umano non sia in grado di controllare l’impulso verso una dipendenza.

Notate qualche analogia con i ruggenti anni 20?

Un atteggiamento che contrasta però apertamente con l’esperienza europea, dove le sigarette elettroniche non vengono considerate l’ennesima tentazione della lobby dell’industria del tabacco, bensì un valido strumento nei percorsi di smoking cessation, plasmando un nuovo approccio all’universo tabacco.

Molto spesso ci dimentichiamo che il fumatore, e in generale l’essere umano, tenda verso la ricerca del piacere: non siamo semplicemente schiavi di istinti, ma ricerchiamo qualcosa che ci appaghi, seppur brevemente e chi allontani da ansie e stress.

Concederci una scelta, invece che privarci di un’alternativa, aumenta le nostre chances di approcciare il problema in maniera più rilassata, disponendoci al cambiamento. 

Ovvio che se parliamo di tabagismo, un eventuale percorso di abbandono deve essere sostenuto da un aiuto più concreto, che scavi e smantelli i meccanismi psicologici e comportamentali creatisi. Ma se consideriamo le scelte americane, gli effetti quei sono stati?

La nascita di un mercato illegale di vendita di prodotti da svapo negli Stati Uniti, figlio di una regolamentazione meno rigida, insieme all’impossibilità per le piccole aziende del settore di poter accedere alla produzione regolamentata, è stata una delle cause nello scoppio dell’EVALI, la malattia polmonare associata all’utilizzo di liquidi contraffatti. E non solo: il timore che gli aromi dei liquidi potessero attirare i più giovani, senza considerare le statiche reali sul fumo adolescenziale nel paese, ha portato diversi stati a limitare o addirittura vietare il commercio di prodotti da svapo.

Qui ci scontriamo con il paradosso della scelta: le energie che si dovrebbero impiegare per contrastare il fenomeno del tabagismo, investendo su una maggior formazione non solo del pubblico ma anche degli operatori del sistema sanitario, vengono utilizzate per combattere uno strumento di cui ad oggi abbiamo prove che dimostrano sia meno dannoso.

Come tragica conseguenza, mentre vengono vietate le sigarette elettroniche, le sigarette tradizionali continuano ad essere vendute senza grossi cambiamenti.

Il fallimento del modello proibizionista dovrebbe far comprendere la necessità di un approccio più liberale, olistico quasi: il mondo si sta muovendo verso una concezione del benessere a 360°, più healthy, per usare un inglesismo. Dunque perché non immaginare un futuro dove il percorso di advocacy di questi anni nel campo della riduzione del danno, rileghi la sigaretta a prodotto di nicchia e favorisca la nascita e lo sviluppo di dispositivi meno dannosi?

chiara nobis

Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.

Ultimi articoli