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I cerotti alla nicotina sono strumenti utili per smettere di fumare?

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cerotti nicotina

La nicotina, sebbene dimostrato non sia causa delle patologie connesse al fumo di sigaretta, è sicuramente causa delle dipendenza tabagica.

Tra i metodi per smettere di fumare, le terapie tradizionali sostitutive della nicotina sono tra quelle più efficaci e consentono di attenuare i sintomi da astinenza, compensando la dose quotidiana di nicotina che viene a mancare non fumando più. 

Tra i vari dispositivi che possono essere acquistati in farmacia senza ricetta, ci sono i cerotti alla nicotina, da utilizzare sempre sotto controllo medico, che ne stabilisce tempi e dosi di somministrazione.

Rispetto ad altre terapie, il cerotto permette il rilascio della nicotina in maniera costante durante tutta la giornata, più lentamente rispetto alle compresse o alle gomme da masticare. Di contro, la necessità di fumare del tabagista non è un desiderio costante: ecco perchè, ormai, i cerotti vengono abbinati ad altri strumenti o terapie.

I cerotti vengono consigliati nei Centri Antifumo? Meglio utilizzarli da soli o insieme ad altre terapie?

Abbiamo intervistato a questo proposito il dott. Fabio Lugoboni, Responsabile Medicina delle Dipendenze dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Verona.

Esistono studi pubblicati in merito all’efficacia dei cerotti alla nicotina nei trattamenti di cessazione?

Certamente. I cerotti sono strumenti, e a volte sono usati come termine di paragone con cui confrontare i trattamenti più recenti, per dimostrarne l’efficacia. 

Quali sono le indicazioni che vengono fornite nei Centri Antifumo sull’uso dei cerotti?

I cerotti vengono consigliati, anche se la letteratura ha cambiato le indicazioni classiche: parliamo infatti di uno strumento over the counter, che viene ottenuto da qualsiasi persona in farmacia senza ricetta. Ormai la letteratura è orientata nel dire che per i fumatori medio-forti, il cerotto da solo non è efficace. Il cerotto da infatti una copertura stabile, simile ad una irrorazione a gocce a goccia, per 24 o 18 ore a seconda della tipologia. Naturalmente il fumatore ha bisogno di un fabbisogno di nicotina diverso durante al giornata: questo fabbisogno di nicotina crea una discrepanza e tante volte si preferisce associare al cerotto degli strumenti che diano nicotina al bisogno, come gli spray orali o le gomme o le pipette.

Dunque un’azione combinata con altri strumenti?

Se ne vogliamo aumentare l’efficacia, si. Anche le linee guida internazionali concordano nell’associare il cerotto ad altri strumenti. Questo comporta però un aumento dei costi: i cerotti costano più o meno come un pacchetto di sigarette al giorno, ma se ci aggiungiamo un ulteriore trattamento,  chiaramente il costo diventa più rilevante. Sappiamo che i fumatori sono molto disponibili a spendere per le sigarette, un po’ meno per curarsi.

Che feedback ci provengono dai fumatori che usano i cerotti?

L’efficacia è discreta. Ci sono strumenti più efficaci, come la vareniclina. Nel nostro centro, il più grosso del Triveneto, è raro che raccomandiamo solo l’uso del cerotto. O usiamo il cerotto combinato con altri strumenti oppure consigliamo vareniclina o citisina, farmaci che agiscono sui recettori della nicotina.  Ci sono persone, però, che hanno usato il cerotto con successo e chiedono che venga reimpiegato. Nel paziente ordinario non è la mia prima scelta.

Attualmente, i fumatori forti che utilizzano il cerotto vengono lasciati fumare per qualche giorno, due o tre circa, per avvicinarsi più gradualmente al momento di abbandono totale della sigaretta. 

C’è anche un problema connesso al tipo di cerotto: alcuni cerotti vengono proposti per le 18 ore altri per le 24 ore. A favore delle 24 ore, vi è il fatto che il fumatore forte non si sveglia con l’impellente bisogno di fumare. Quello che vale per 18 ore crea diversi problemi da considerare: è sconsigliato tenerlo di notte perché la nicotina è eccitante, mentre il non tenerlo durante il riposo si traduce nella necessità di fumare al risveglio. Ecco perchè consigliamo sempre l’uso del cerotto combinato.

Fumatori negli ospedali UK: fornito vaping starter pack per smettere

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Una nuova sperimentazione inglese mira ad aiutare il maggior numero di fumatori possibili, distribuendo negli ospedali uno starter pack per il vaping

Nel Regno Unito, le sigarette elettroniche sono considerate a tutti gli effetti un valido strumento per promuovere percorsi di smoking cessation che partano dall’utilizzo di strumenti meno rischiosi delle sigarette convenzionali.

Sono ormai numerose le ricerche inglesi che diffondono dati solidi relativi all’utilizzo delle ecig per smettere, attestando il minor rischio dei dispositivi elettronici su una percentuale di ben il 95% in meno rispetto alle sigarette convenzionali.

In autunno, parità un nuovo trial clinico che mira ad aiutare concretamente i fumatori, anche chi non aveva ancora considerato di smettere. 

Come? Fornendo gratuitamente dei vaping stater pack.

Il trial, condotto dall’Università di Oxford e dai ricercatori dell’University of East Anglia, consisterà nel fornire a tutti i pazienti fumatori che si recano in ospedale per qualunque ragione, un vaping starter pack per principianti, contenente una sigaretta elettronica, liquido sufficiente per una settimana e le informazioni per il più vicino centro antifumo.

In alternativa, i partecipanti riceveranno delle informazioni scritte sui servizi di cessazione locali.

Il trial clinico durerà in tutto 30 mesi e valuterà lo status dei fumatori al follow up di uno, tre e sei mesi.

I cinque ospedali coinvolti sono dislocati tra Inghilterra e scozia: Norfolk and Norwich University Hospital, Royal London Hospital and Homerton University Hospital a Londra, Leicester Royal Infirmary and il Royal Infirmary di Edimburgo.

I reparti di pronto soccorso in Inghilterra ricevono 24 milioni di persone ogni anno, di cui circa un quarto sono fumatori“, spiega il dott. Ian Pope, co-leader dello studio e parte della Norwich Medical School dell’University of East Anglia.

Essere al pronto soccorso rappresenta una possibilità per i fumatori per ricevere il supporto corretto per smettere, una possibilità che non solo aumenta le chances di miglioramento e recupero, ma anche permette di prevenire patologie future”.

Regno Unito e svapo: l’eccezionalità britannica

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Se un approccio innovativo nell’ambito della sanità pubblica riuscisse a debellare alcune patologie e rendere benefici alla società, non ci si aspetterebbe che il governo di quel paese la adottasse su larga scala e che fosse recepita anche in altre nazioni?

La risposta probabilmente è si.

Invece, il braccio di ferro che si consuma tra Regno Unito e resto del mondo racconta un altra storia, con Londra che da anni rappresenta l’esempio di come l’attuazione di efficaci politiche di Riduzione del Danno da Fumo possano rappresentare un punto di svolta, e il resto del mondo che continua nel suo approccio cauto.

Lo scontro non si limita solo sul piano dei regolamenti e delle leggi nazionali, ma riguarda una visione opposta di concepire le politiche di Tobacco Harm Reduction e le sue applicazioni all’interno dei vari sistemi sanitari nazionali.


Sinergia tra governo e aziende


A differenza della maggior parte dei membri dell’Unione Europea e a livello globale- in cui seppur con differenti gradazioni- vi è una costante contrapposizione tra enti pubblici e aziende produttrici di tabacco, negli anni il governo britannico ha coinvolto l’industria in una serie di accordi volontari che regolavano la pubblicità, le etichette e il livello di catrame e nicotina delle sigarette, al fine di tutelare e sensibilizzare i consumatori.

Questi accordi nel tempo hanno man mano sostenuto e portato avanti una tradizione tutta britannica di ricerca di soluzioni attraverso il consenso con l’industria ed hanno permesso una sintesi ottimale tra il dovere del governo di promuovere la salute pubblica con il bisogno di assicurare le proprie entrate fiscali derivanti dal monopolio sul tabacco.


Un attitudine, quella nei confronti dell’Harm Reduction, esemplificata dalla dichiarazione rilasciata da Martin Dockrell- Capo del Tobacco Issues presso il Public Health England, un’agenzia del Dipartimento della salute del Regno Unito- nel Settembre 2019: “Se sei un fumatore e non hai smesso di fumare, prova a svapare.


UK e svapo

Nel Regno Unito, a differenza di tante altre nazioni, non vi sono particolari restrizioni per lo svapo da un punto di vista commerciale come, ad esempio, la vendita delle sigarette elettroniche e degli aromi. Così come sotto un’ottica di accettazione sociale, con la maggior parte dei luoghi pubblici del Regno Unito che permettono lo svapo.

Sebbene non ci siano leggi scritte, tuttavia, ci sono ancora luoghi in cui non è consentito usare sigarette elettroniche. La scelta se consentire o meno lo svapo è quella del proprietario dell’immobile. Per questo motivo, alcuni ristoranti, bar, ecc, hanno scelto di includere le sigarette elettroniche nelle loro politiche anti-fumo anche se, nel caso di trasgressione da parte dell’individuo, non vi è alcuna sanzione pecunaria ma, semplicemente, un avvertimento o in casi estremi l’allontanamento.

È anche importante notare che lo svapo generalmente non sia possibile su aerei, autobus o treni nel Regno Unito così come nelle metro delle grandi città come Londra.

Secondo stime recenti, per la prima volta insieme al declino della sigaretta convenzionale anche l’uso corrente di sigarette elettroniche è diminuito di anno in anno, dal 7,1% al 6,3% della popolazione adulta in Gran Bretagna, pari a 3,2 milioni di persone.

Oltre la metà (58,9%) degli attuali svapatori sono ex fumatori e la percentuale è cresciuta di anno in anno, mentre la percentuale di vapers che fumano anche (noti come utenti doppi) è scesa al 38,3% nel 2020. Oltretutto, anche la percentuale di fumatori adulti che non avevano mai provato le sigarette elettroniche è diminuita rapidamente dal 2010 al 2014 e ha continuato a diminuire, ma gradualmente, dal 2015 in poi.

Tutti numeri che indicano come le politiche di Harm Reduction nel paese siano effettivamente funzionali ad una più ampia politica anti-fumo tesa a far divenire il paese smoke-free entro il 2030.

UK e resto del mondo

Con il Regno Unito ufficialmente fuori dall’UE da gennaio 2021, molti sostenitori dello svapo suggeriscono come il Regno Unito abbia ora una opportunità storica per evolvere il proprio approccio alla riduzione del danno da fumo. Infatti, non più sotto la direttiva comune dell’Unione Europea sulla regolamentazione del tabacco, il paese può potenzialmente migliorare la sua posizione già all’avanguardia e trasformarsi nel leader mondiale nella riduzione del danno da tabacco (THR).

“L‘uscita dall’Unione europea apre nuove opportunità per riformare tutte le politiche anti-fumo e porre una maggiore attenzione alla riduzione del danno da tabacco nel Regno Unito, senza vincoli legali nei confronti dell’UE, su cui in precedenza si è basata la legge britannica” così Gerry Stimson, uno dei principali esponenti del Tobacco Harm Reduction nel Regno Unito, ha scritto sull’International Journal of Drug Policy.

Cosi, mentre alcuni tra i sostenitori della Riduzione del danno da fumo nel paese si spingono oltre lanciando proposte radicali quali revocare il divieto di tabacco da fiuto e altri prodotti alternativi e regolamentarli così come consentire la pubblicità nei prodotti a basso rischio sempre all’interno di una comunicazione efficace di prevenzione, i segnali provenienti da Westminster sono incoraggianti.

All’inizio di aprile, un gruppo parlamentare che comprende una rappresentanza di tutti i partiti presenti in Parlamento, ha invitato il governo britannico a sfidare l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a causa della sua opposizione allo svapo come alternativa al fumo in vista di una prossima conferenza globale sul controllo del tabacco. La proposta dei parlamentari inglesi era quella di tagliare i fondi all’OMS fino a quando non cambierà il proprio approccio nei confronti delle politiche di Harm Reduction. Una sfida che sembra essere stata accettata dal governo britannico.

Finlandia 2030: normative più restrittive sul tabacco

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La Finlandia doveva essere la prima nazione a raggiungere il traguardo di nazione smoke-free in Europa, ma la Svezia è arrivata per prima approvando l’uso dello snus.

Nonostante le restrizioni sul tabacco già relativamente rigide, il paese sta ora cercando di intensificare ulteriormente le restrizioni sul fumo per arrivare ad un tasso zero di fumatori entro il 2030.

Un recente rapporto dell’Istituto finlandese per la salute e il benessere (THL) ha esaminato l’uso di sigarette convenzionali (che sono ancora il tipo predominante di tabacco consumato in Finlandia), tabacco da fiuto, e sigarette elettroniche, durante il periodo che va dal 2000 al 2019. I risultati hanno evidenziato una riduzione nell’uso di sigarette e sigarette elettroniche e un aumento del consumo di tabacco da fiuto.

Nonostante le cifre promettenti, il Ministero degli Affari Sociali e della Salute ha comunque annunciato una proposta che rafforzerà ulteriormente le restrizioni sul fumo all’aperto a partire dal 1 gennaio 2022. I divieti includerebbero luoghi pubblici come fermate degli autobus, spiagge, parchi giochi per bambini e alcune terrazze all’aperto.

Già nel 2010, la Finlandia aveva annunciato l’intenzione di voler eliminare l’uso dei prodotti del tabacco entro la fine dell’anno 2040. A seguito delle misure emanate ai sensi della legge sul controllo del tabacco del 2016, il paese doveva essere il primo stato membro dell’UE a raggiungere questo obiettivo e diventare una nazione smoke-free entro il 2030.

Tuttavia, la vicina Svezia è arrivata per prima ed è nota per aver raggiunto questo status adottando una strategia di riduzione del danno approvando l’uso dello snus come metodo alternativo per smettere di fumare.

In tutta l’UE, questo prodotto è legale solo in Svezia, Danimarca e Norvegia e, dato che il suo consumo non richiede combustione, è considerato un efficace strumento di riduzione del danno da tabacco. In effetti, lo snus non ha solo portato la Svezia a vantare i tassi di fumo più bassi in Europa, ma soprattutto a segnalare i tassi più bassi di cancro al polmone in tutto il continente.

Leggi anche: 2034: la Scozia punta allo smoke free, aprendo il dibattito sulle ecig

FOOD Rec: l’app sviluppata dai ricercatori del CoEHAR premiata da IMPROVE

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food, culinary, technology and people concept - woman hands with smartphone photographing panini sandwich at restaurant

Un altro meritato riconoscimento internazionale per i ricercatori del CoEHAR: l’APP sviluppata per il progetto di ricerca FOOD Rec è stata premiata nell’area Application di IMPROVE, la conferenza internazionale di image processing e vision engineering

Catania, 5 Maggio 2021 – I progetti di ricerca del CoEHAR, Centro di Eccellenza per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, ottengono un altro prestigioso riconoscimento internazionale: l’APP sviluppata per il progetto Food Rec, che analizza le abitudini alimentari dei fumatori, ha vinto il premio nella categoria Applications di IMPROVE, conferenza internazionale dedicata all’elaborazione delle immagini e alle applicazioni pratiche in ambito digitale.

A ricevere il premio il team del CoEHAR guidato dal prof. Sebastiano Battiato, project leader di FOOD Rec e professore ordinario di informatica dell’Università di Catania:

Sono orgoglioso che il progetto Food Rec abbia ottenuto un così importante traguardo internazionale. Il settore dell’applicazione digitale del rilevamento immagini è in continua crescita: sempre più spesso usare le app per analizzare ciò che vediamo e tradurlo in numeri permette di ricavare dati necessari per la comprensione di abitudini e atteggiamenti dannosi come il fumo.

Sviluppare applicazioni che possano aiutare nel quotidiano i tabagisti, ci aiuterà ad implementare le strategie e i percorsi di smoking cessation, contribuendo alla lotta contro il fumo”. 

Lo studio “Food Recognition for Dietary Monitoring during Smoke Quitting” ha fornito il punto di partenza del lavoro ed è stato utilizzato per il premio conquistato dal team etneo già capitanato da Riccardo Polosa e composto da: Alessandro Ortis, Pasquale Caponnetto, Oliver Giudice, Mazhar Hussainn e Roberto Leotta. 

FOOD RECOGNITION      

Il progetto di ricerca nasce con l’intento di sviluppare un sistema digitale di riconoscimento e analisi delle abitudini alimentari di soggetti fumatori, analizzando eventuali correlazioni con i processi di smoking cessation.

Le tecniche di computer vision aiutano nel riconoscimento delle tipologie di cibo e delle quantità assunte, correlando questi dati con l’analisi del numero e della frequenza dei pasti, le quantità di tempo che si trascorre a mangiare e, nel complesso, tutti i comportamenti ritualistici connessi a fumo e cibo.

IMPROVE

IMPROVE è una conferenza incentrata sulle tecniche di elaborazione delle immagini, sulla visione artificiale e le loro applicazioni pratiche. La conferenza riunisce scienziati e professionisti che lavorano allo sviluppo di nuove tecnologie e soluzioni innovative nel campo dell’elaborazione delle immagini e della visione artificiale in diversi contesti applicativi.

Candele mangiafumo

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Per rendere il più possibile accogliente la nostra casa non c’è niente di meglio che accendere una candela verso sera, quando sentiamo il bisogno di staccare la spina dopo il lavoro.

Il New York Times ha segnalato che ultimamente c’è stato un boom di acquisti di candele profumate e diffusori per l’ambiente perché svolgono un ruolo cruciale in questo periodo, creando un ambiente rilassante che aiuta a raggiungere uno stato mentale meditativo.

L’incorporazione di oli essenziali infonde fragranze che aiutano a calmare i nervi e restituire energie.

Entrando a casa di un fumatore, la sensazione è forte perché tutto odora di fumo, dai tappeti alle pareti, questi residui vengono definiti fumo di terza mano che creano un ambiente soffocante e irritante.

Si parla allora di candele mangiafumo che attraverso il processo di combustione ne catturano le particelle. Il tutto si ha quando la paraffina delle candele ha ridotte percentuali di olio e lo stoppino è di ottima qualità, possibilmente di puro cotone. Un’associazione di molecole brevettate e di profumi specifici inibiscono qualsiasi tipo di cattivo odore, in modo particolare anche la “puzza “ da sigaretta.

In questo caso  la candela vegetale, 100% cera di soia, associa alla neutralizzazione del cattivo odore di fumo il bergamotto mixato al cardamomo e al rosmarino.

Ottimo l’odore di lavanda ed eucalipto, la prima per un ambiente calmo e rilassante, il secondo grazie al suo aroma balsamico.

La riprova che una candela è davvero “mangiafumo “ dipende dalla tipologia di fiamma, se questa esce fuligginosa non pulita allora non riesce ad assimilare bene, in caso contrario, fiamma vivace e limpida, via all’assorbimento dei fumi di sigaretta.

UNA CANDELA FAI DA TE. Se volete potete creare una candela mangiafumo fai da te: fate fondere delle vecchie candele bianche e aggiungete al composto qualche goccia di olio essenziale al limone, o alla menta, o al muschio bianco. Mettete il tutto in una ciotola, aggiungete lo stoppino e fate raffreddare. Infine, accendete la candela che, con il suo profumo fresco, assorbirà il cattivo odore del fumo.

ANAFE/CoEHAR/LIAF: rapporto SCHEER incompleto

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scheer anafe

IGNORATO IL VANTAGGIO DELLA SIGARETTA ELETTRONICA

Prof. Riccardo Polosa: “Le conclusioni prodotte dallo SCHEER omettono, in maniera sorprendente, qualsiasi valutazione scientifica

Roma, 04 maggio 2021– “Nel 2021, con ormai numerosi studi scientifici indipendenti a supporto e con il parere favorevole di molteplici autorità sanitarie di tutto il mondo, riteniamo inaccettabile non considerare i vantaggi delle sigarette elettroniche nel processo di cessazione dal fumo tradizionale e tantomeno non analizzare i loro rischi e benefici in maniera comparata rispetto alle sigarette“. Questo il commento di Umberto Roccatti, Presidente di ANAFE Confindustria, l’Associazione nazionale dei produttori di fumo elettronico, in merito alla pubblicazione del parere definitivo dello SCHEER (Scientific Commitee on Health,Environmental and emerging risk) organo consultivo della Commissione europea.

Pur integrando all’interno del suo parere definitivo alcune osservazioni avanzate da ANAFE – prosegue Roccatti – lo SCHEER ha continuato ad avere un approccio conservativo e di massima precauzione, oltre che ad analizzare gli effetti dello svapo solo in termini assoluti, senza procedere a un paragone rispetto alle tradizionali sigarette; che ancora oggi sono la causa di circa 700.000 decessi ogni anno nell’Unione europea.

Inoltre, le conclusioni del report risultano ancor troppo parziali se si considera che quasi tutti i dati e le basi scientifiche richiamate provengono dal mercato USA, dove la regolamentazione è estremamente meno stringente rispetto a quella europea e dove le abitudini di consumo di tali prodotti si sono evolute in maniera sensibilmente differente rispetto al Vecchio Continente. In Europa, infatti, la sigaretta elettronica è già stata riconosciuta da alcune autorità, in primis da quelle di salute pubblica inglese, un valido strumento per la cessazione”.

Pertanto, in considerazione di questo caos di informazioni, abbiamo deciso di promuovere insieme a LIAF (Lega Italiana Antifumo) una petizione che sarà lanciata nei prossimi giorni su Change.org per chiedere al Governo italiano, e in particolare al Ministero della Salute, di farsi portavoce a livello europeo affinché possa essere promossa un’analisi comparata tra svapo e sigarette tradizionali, che una volta per tutte fornisca ai cittadini e ai consumatori informazioni chiare e adeguate sull’impatto sanitario delle sigarette elettroniche.

Per raggiungere, infatti, l’ambizioso obiettivo fissato dalla Commissione Ue – che prevede una riduzione, entro il 2040, della popolazione fumatrice europea dall’attuale 25% al 5% -è necessario fornire ai cittadini- soprattutto ai fumatori che non vogliono o non riescono a smettere di fumare (oggi l’80% del totale) – proposte ricevibili basate su dati scientifici aggiornati e relativi al contesto europeo, che permettano una scelta consapevole circa l’utilizzo dei nuovi prodotti senza combustione e in particolare delle e-cig”. Conclude Roccatti.

“Numerose ricerche scientifiche indipendenti hanno dimostrato che l’uso delle e-cig è di gran lunga meno dannoso del fumo”.

Il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, Centro di Ricerca Internazionale per la Riduzione del danno da fumo dell’Università degli Studi di Catania, ha infatti, affermato: “Le conclusioni prodotte dallo SCHEER omettono, in maniera sorprendente, qualsiasi valutazione scientifica della riduzione del danno da fumo e dimostrano l’inosservanza da parte della Commissione di tutte le basilari norme di condivisione e ascolto.

Migliaia di studi scientifici hanno già dimostrato che, per chi non riesce a smettere di fumare da solo, il passaggio a prodotti privi di combustione riduce il danno da fumo correlato fino al 95%. Sappiamo che per i soggetti affetti da alcune patologie (come ipertensione arteriosa, diabete, BPCO e addirittura schizofrenia) il passaggio alle elettroniche rappresenta la soluzione più efficace per ridurre e smettere completamente di fumare”.

Ezio Campagna

Milioni di fumatori nel mondo hanno scelto di passare allo svapo come soluzione meno dannosa. “Questi strumenti garantiscono al fumatore un’esperienza sensoriale simile a quella del fumo ma senza i danni provocati dalla combustione e la presenza degli aromi risulta efficace anche nel processo di cessazione”. Ha concluso il Presidente della Lega Italiana Anti Fumo, Ezio Campagna.

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GTNF/Polosa: “Un rigoroso approccio scientifico nei confronti dell’Harm Reduction è una risorsa”

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GTNF in focus the 2021

Quali sono i dati scientifici a disposizione riguardo i principali prodotti di erogazione di nicotina a rischio ridotto e, in particolare, per le sigarette elettroniche?

Un gruppo di esperti in Harm Reduction e di scienziati ne ha discusso martedì scorso, durante il meeting virtuale In Focus:Tobacco Harm Reduction organizzato dal World Forum on Tobacco and Nicotine (GTNF).

Il panel è stato anche un’opportunità ed una finestra aperta per il pubblico al fine di evidenziare il ruolo fondamentale della scienza nel fornire dati neutri e scevri da pregiudizi, con l’obiettivo di aiutare i consumatori a scelte consapevoli in grado di migliorare la propria salute.

All’evento hanno partecipato alcuni dei nomi più illustri del panorama internazionale, tra cui l’Ambasciatore James K. Glassman, intervenuto a favore della tutela delle scelte dei consumatori: “I consumatori vogliono prodotti che possano migliorare le loro vite, indipendentemente da tutti gli ostacoli che i governi possono creare. Le scelte dei consumatori semplicemente non possono essere negate“, sottolineando al contempo la necessità di combattere la disinformazione e la circolazione di informazioni errate o distorte sulle strategie di Harm Reduction.

Il Dott. Neil Mckeganey, direttore del Centre for Substance Use Research all’Università di Glasgow, ha annunciato il lancio dello studio “The Big Vape Survey“, che verrà condotto nel Regno Unito su un campione di 30.000 fumatori di età pari o maggiore di 30 anni: “Lo scopo dello studio è valutare l’efficacia comparata di diversi dispositivi a rischio ridotto in merito alla capacità di cambiare le abitudini di fumatori adulti, valutando quanto velocemente avviene lo switch dal fumo a questi dispositivi, quando avviene la riduzione nel numero di sigarette fumate e qualsiasi cambiamento in merito alla voglia di smettere di fumare“.

Ad intervenire a nome del CoEHAR, il fondatore Riccardo Polosa, Professore di Medicina Interna presso l’Università di Catania, a testimonianza dell’attenzione che la ricerca del centro catanese sta ricevendo a livello internazionale.

Il professore ha messo in dubbio tutte quelle ricerche scientifiche che stabiliscono un legame certo tra sigarette elettroniche e l’incidenza delle malattie polmonari ostruttive croniche e dell’asma, specificando che l’uso intermittente non è l’ideale modo per valutare un presunto effetto dannoso delle sigarette elettroniche, soprattutto perché tali studi escludono la storia del fumo della coorte studiata. Questi risultati, secondo lo scienziato, lascerebbero perplessi i consumatori sul continuare ad utilizzare questi prodotti o abbandonarli del tutto.

Penso che un rigoroso approccio scientifico nei confronti dell’Harm Reduction non bisogna essere considerato un ostacolo ma una risorsa. Una risorsa che può generare una scienza credibile, che possa rompere le barriere e diminuire le divisioni tra i ricercatori” ha aggiunto il Prof. Polosa

Tra gli interventi dei panelist, importante sottolineare la necessità, secondo molti, che le scelte dei consumatori siano supportate dai risultati e dai dati di studi standardizzati: “Il punto di fondo è che non siamo creature razionali” ha dichiarato David M. Abrams, Professore presso il Dipartimento di Scienze Sociali e Comportamentali della New York University “convinzioni forti e di matrice emotiva possono prevalere sulle raccomandazioni ed sulle evidenze scientifiche, ma dobbiamo essere precisi e scientifici perché in palio ci sono ile vite di circa un miliardo di fumatori nel mondo“.

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Asia e fumo: quando la politica è inefficace

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Con il 60% dei fumatori globali e il 50% delle morti tabacco-correlate a livello mondiale, l’Asia è da anni la cartina tornasole sull’efficacia di qualsiasi politica internazionale di Riduzione del Danno da Fumo.

Tuttavia, secondo un recente report del Global State of Tobacco Harm Reduction, la situazione sarebbe tutt’altro che rosea.

Asia e fumo: una sfida globale

Perchè il continente asiatico viene considerato la prima linea nella lotta contro il fumo? I numeri parlano chiaro.

Settecentoquantatrè milioni di tabagisti. Nazioni come Laos, Indonesia, Myanmar in cui il 70% della popolazione adulta fuma sigarette convenzionali. Circa 4 milioni di morti ogni anno per malattie fumo-correlate. E ancora, oltre 260 milioni di consumatori di prodotti da tabacco senza combustione, tra cui la combinazione altamente nociva di tabacco e betel.

Asia e Tobacco Harm Reduction

Con numeri di tale portata, il problema del fumo dovrebbe essere in cima alle agende dei governi della regione. La realtà è che la questione continua ad essere ampiamente sottovalutata.

Eppure, come sottolineato dal report, un’adozione più ampia di strategie di riduzione del danno potrebbe aiutare a risolvere la crisi del tabacco in Asia, portando importanti guadagni per la salute pubblica in una regione con il più alto tasso di fumatori al mondo.

Il continente invece affronta un profondo gap tra la necessità di implementare politiche di Riduzione dal Danno da fumo e una realtà in cui mancanza di informazioni, limitato accesso alle infrastrutture, assenza di efficaci politiche di contrasto al fumo sono la norma.

Negli ultimi decenni, mentre la maggior parte della politiche anti-fumo si spostava nei paesi in via di sviluppo, ci sono stati tentativi di ripensare le strategie di controllo del tabacco tenendo conto delle popolazioni a cui dovrebbero servire. Sfortunatamente, la maggior parte di questo sforzo è stato guidato da una mentalità paternalistica con tentativi di attuare politiche che non sarebbero mai state suggerite nelle nazioni occidentali, non perché non siano rilevanti ma perché non reggerebbero i test democratici e sui diritti umani di base” ha sottolineato Samrat Chowdhery, Presidente dell’International Network of Nicotine Consumer Organisations (INNCO).

Un buon esempio di ciò è la richiesta di avere dei divieti di svapo nei paesi in via di sviluppo. Il rapporto del Global State of Tobacco Harm Reduction è una contromisura gradita a tali approcci in quanto evidenzia la situazione di base in Asia e in Estremo Oriente. Soprattutto, è importante perché sottolinea il modo in cui le misure di riduzione del danno da tabacco possono aiutare ad affrontare queste lacune” ha poi aggiunto.

La regione tra disinformazione, divieti, interferenza filantropica.

Secondo il report del GSTHR ci sarebbe un offensiva su scala mondiale contro le politiche sulla Riduzione del Danno da fumo con governi e ONG internazionali pronti ad ostacolare l’implementazione e la diffusione di prodotti a rischio ridotto.

Ad aggiungersi al problema, anche lo scarso interesse dei produttori di tabacco locali che non hanno vedono di buon occhio la commercializzazione delle ecig.

Tra le raccomandazioni del report: “E’ importante che i legislatori esercitino l’autodeterminazione nelle proprie politiche sanitarie basandosi su prove scientifiche“.

Quale futuro per il THR in Asia?

Il report sottolinea come favorire l’accesso dei consumatori a prodotti alternativi al tabacco adeguatamente regolamentati porterebbe ad un miglioramento della salute pubblica mondiale. Oltretutto, l’accesso ad alternative più sicure aiuterebbe anche ad alleviare il carico sui sistemi sanitari liberando risorse altrimenti non disponibili.

Fino ad ora l’adozione di politiche “quit or die” nel campo della prevenzione non hanno minimamente preso in considerazione una terza via, ovvero quello dell’utilizzo di prodotti alternativi alla sigaretta convenzionale come i snus e le sigarette elettroniche. Eppure, se si togliesse la combustione dalla ritualità del fumo, questo potrebbe salvare milioni di persone” ha affermato Harry Shapiro, esperto internazionale di Riduzione del danno da Fumo ed autore del report.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe mostrare nuovamente la sua leadership in tale campo e influenzare positivamente tutte quelle nazioni che non possiedono un forte sistema sanitario nazionale. In particolar modo, incoraggiando tutte queste nazioni a adottare prodotti alternativi al fumo tradizionale. Questo non significa cancellare le politiche portate avanti fino ad ora ma utilizzare tutte le armi a disposizione per arrivare ad un fine condiviso: fare smettere la gente di fumare” ha enfatizzato l’esperto.

Kōwhai: un aiuto dalla cultura Maori per smettere di fumare

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kowhai maori nuova zelanda

In Nuova Zelanda, l’impegno per promuovere una cultura della cessazione che si basi sulle strategie di harm reduction ha dato il via ad alcuni progetti governativi che consigliano le ecig come strumento utile per smettere.

Oltre alle campagne Vaping Facts and Quit Strong, l’approccio del governo neozelandese si muove su due direttrici: da un lato ridurre la percentuale di nicotina nelle sigarette di oltre il 90% e, notizia di qualche giorno fa, vietare il commercio di sigarette ai minori nati dopo il 2004

L’obiettivo? Una nazione smoke free. 

Per raggiungerlo, l’attenzione del governo si sposta verso la popolazione Maori, dove le percentuali di fumatori sono insolitamente alte.

Secondo le stime del 2020, infatti, il 28% della popolazione Maori fuma, con una percentuale più alta tra le donne che tra gli uomini (32%).

Per aiutarla, un aiuto sembra provenire dal mondo vegetale. È già da diversi anni che si conoscono gli effetti della citisina, un alcaloide vegetale proveniente dalla pianta del Maggiociondolo. 

Uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Addiction e condotto dai ricercatori dall’Università di Auckland, ha valutato gli effetti di questa sostanza diffusa in una pianta tipica del territorio neozelandese, conosciuta i lingua maori come Kōwhai, ufficiosamente uno dei simboli della Nuova Zelanda insieme al ben più famoso kiwi.

La pianta produce dei bellissimi fiori gialli e, oltre all’uso ornamentale, è anche impiegata nella medicina tradizionale Maori per combattere dolori muscolari e articolari.

Secondo lo studio, il 12% di coloro che ha assunto pillole a base di citisina non hanno più fumato, anche al follow up dei sei mesi, a dispetto dell’8% curato con la terapia promossa dal governo a base di vareniclina.

Eliana Golberstein, Chief Scientist presso Myriad Pharmaceuticals, ci aiuta a comprendere l’importanza di questo studio per la popolazione Maori.

Kōwhai significa giallo in lingua Maori, dal colore dei fiori della pianta, diffusa ovunque nella Nuova Zelanda e molto conosciuta dai locali. Quello che non si conosceva era l’aiuto farmaceutico della citisina nei percorsi di smoking cessation” ci spiega la ricercatrice “la citisina ha alcune affinità con i recettori attivati dalla nicotina.

A differenza della vareniclina, la citisina ha un costo inferiore, oltre che avere un’origine naturale. Per quanto riguarda la cultura Maori questo è fondamentale: secondo la tradizione, l’albero di kōwhai favorisce il giusto bilanciamento tra danno e guarigione. Un aiuto della terra neozelandese ai propri nativi”.

Qual è l’obiettivo delle campagne di cessazione neozelandesi?

La Nuova Zelanda ha l’obiettivo di diventare smoke free entro il 2025, ma con i trend attuali sicuramente non sarà così. Fortunatamente, nel 2020 è stato approvato il Vaping Bill, che permette di regolamentare il vaping in modo che i benefici dello svapo possano essere distribuiti tra la popolazione a rischio, riducendo allo stesso tempo l’appeal sui più giovani.

Due sono le campagne attive in Nuova Zelanda ad oggi: Vaping Facts, una campagna unica nel suo genere lanciata nel 2019 per combattere la disinformazione sul mondo del vaping, e Quit Strong, nata con l’intento di accelerare i percorsi di smoking cessation usando le ecig come strumento per raggiungere l’obiettivo finale di creare il primo paese smoke free nel mondo“.