mercoledì, Novembre 5, 2025
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Non si può parlare di correlazione fumo e COVID-19. Li Volti: “Stiamo solo facendo confusione”

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Un recente studio del Prof. Brake SJ ha studiato la correlazione tra il fumo e l’enzima 2 convertitore dell’angiotensina e le relative implicazioni per il COVID-19. L’ipotesi dell’autore collegherebbe l’aumento del rischio di COVID-19 per i tabagisti. Ma non è così.

A dimostrarlo una nuova pubblicazione dei ricercatori del CoEHAR.

Secondo l’articolo “Smoking and SARS-COV-2 Disease: Dangerous Liaisons or Confusing Relationships?” del Prof. Giovanni Li Volti (e in collaborazione con il prof. Massimo Caruso e il prof. Riccardo Polosa) tale ipotesi presenterebbe alcuni problemi.

Ad oggi, non esistono dati o prove sperimentali che suggeriscano un impatto significativo del fumo nel complesso meccanismo di correlazione tra l’enzima ACE-2 e il virus SARS-COVID-2.

Dati sperimentali suggeriscono che l’infezione da COVID-19 generi una deplezione dell’attività dell’ACE-2, dannosa poiché aumenterebbe l’attività non controllabile dell’enzima in oggetto.

È stato osservato che la diminuzione della presenza di ACE-2 contribuisce allo sviluppo di lesioni polmonari e BPCO. Al contrario, una maggiore espressione dell’enzima potrebbe paradossalmente proteggere da lesioni polmonari gravi causate dal COVID-19.

Secondo studi recenti, il fumo, o meglio, la nicotina presente nel fumo, potrebbe avere un’azione protettiva, invece che dannosa, in termini di possibilità di contrarre l’infezione da coronavirus.

Ma il fumo di sigaretta convenzionale, come sappiamo, contiene migliaia di altre sostanze cancerogene dovute al processo di combustione.

A tal proposito, secondo Brake, le sigarette elettroniche, e similari, sembrerebbero non più sicure di quelle convenzionali, poiché causa di danni equiparabili in un organismo che ha contratto il COVID-19.

“Associazione quanto mai sbagliata – sostiene il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR dell’Università di Catania – perché in primo luogo le sigarette elettroniche come sappiamo sono meno dannose di quelle convenzionali e ancora più importante: non esiste nessuno studio che correli l’utilizzo di tali dispositivi con un rischio maggiore di contrarre forme gravi di coronavirus”.

“Lo studio di Brake – spiega Li Volti – parte dall’assunto che i pazienti con BPCO sono più ricettivi al Covid 19. Non tutti i fumatori però sono affetti da BPCO e questo ci porta a pensare che le affermazioni seguite alla pubblicazione dello studio del collega siano speculative. Oggi non esistono dati che dimostrano che i fumatori siano più sensibili al contagio di coronavirus, anzi. I dati epidemiologici che provengono dalla Cina ci dicono proprio il contrario, che i fumatori sono in larga maggioranza i meno colpiti dal Covid-19. Ed il ruolo protettivo della nicotina sembra essere molto rilevante“.



“La nicotina allontana il virus”: il commento del prof. Polosa

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Oggi vogliamo partire da quel binomio caffè e sigaretta, il rito quotidiano per eccellenza, fonte di piacere e relax per la maggior parte dei fumatori, ma che in realtà dovrebbe essere un’abitudine da non prendere, per arrivare ad affrontare delle questioni molto attuali come la tossicità delle sigarette, causata dalla combustione e non dalla nicotina.

È risaputo che una sostanza psicoattiva come la nicotina causi dipendenza e che questo sia il motivo per cui molte persone trovino molto difficile smettere di fumare, ma anche la caffeina è una sostanza che crea dipendenza e che non bisogna sottovalutare.

Nulla di nuovo in questo, ma è utile sapere che la dipendenza causata dalla nicotina non è tanto inferiore rispetto a quella causata dalla caffeina.

Recentemente abbiamo letto di diversi studi che vedono una correlazione tra il COVID-19 e il tabagismo, ma anche di nuovi studi che non solo affermano la non correlazione tra il virus e il tabacco, ma precisano che il fumo potrebbe addirittura svolgere una funzione protettiva.

Il fumo allontanerebbe il contagio da COVID-19?

A tal proposito, il prof. Riccardo Polosa, direttore del CoHEAR, è stato ospite della trasmissione televisiva regionale siciliana Insieme, per chiarire e specificare alcune questioni sull’argomento e tanto altro.

“Alcuni ricercatori si sono resi conto che prendendo in considerazione i primi pazienti ospedalizzati per malattia da COVID-19, si è notata una prevalenza di pazienti fumatori quattro volte inferiore a quello che normalmente si registra nella popolazione cinese” – ha spiegato Polosa in diretta.

Stiamo parlando di una riduzione del quattrocento per cento, di un dato veramente impressionante per uno scienziato che – come Polosa – ha sempre creduto che il fumo di sigaretta fosse un fattore di rischio per le malattie infettive polmonari e ne è ancora pienamente convinto.

Proprio in questi giorni, i ricercatori dell’Università di Catania stanno conducendo degli studi in laboratorio per cercare di capire cosa ci sia di vero in questo interessante fenomeno.

Quello che si chiedono è: la protezione della nicotina è un fatto reale?

In verità, una risposta certa non c’è ancora ma i dati lasciano pensare di si.

“Sicuramente quello che non dobbiamo dimenticare è che la nicotina è percepita dalla popolazione come uno psicostimolante al pari della caffeina. Dunque, stiamo parlando di una sostanza che al dosaggio comunemente utilizzato può risultare tranquilla” – ha aggiunto lo scienziato.

Sebbene la nicotina non sia particolarmente dannosa, sappiamo bene che i fumatori attraverso la combustione delle sigarette convenzionali assumono migliaia di sostanza tossiche che causano le più gravi malattie fumo correlate. Ma usare metodi alternativi, non solo potrebbe ridurre il danno da fumo ma, in questo caso – secondo i primi dati – potrebbe addirittura influire come fattore protettivo nei confronti del virus.

Sesso e fumo: quanto influisce il COVID sulle coppie?

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Se qualche mese fa ci avessero detto che avremmo passato i successivi 50 giorni chiusi in casa, forse avremmo per tempo provveduto a organizzarci meglio. C’è chi avrebbe comprato libri, chi set per la pittura o chi avrebbe anticipato tutti ordinando su Amazon gli ormai introvabili set da palestra. Quello su cui proprio non potevamo lavorare era smussare i lati più spigolosi del nostro carattere: eh si, perché siamo chiusi in casa con uno dei nostri peggiori nemici, noi stessi. Ansie, paure, stress, comportamenti ritualistici, abitudini, il pregresso: abbiamo imbottigliato tutto all’interno di quattro mura. E per quanto la maggior parte del popolo italiano viva in case più o meno comode e funzionali, ci siamo dovuti adattare e confrontarci H24 con le persone con cui conviviamo, molto spesso il/la partner. 

Per alcuni la quarantena si è trasformata in una riscoperta dell’altro e delle gioie della vita insieme, influenzando positivamente il rapporto sessuale, quell’intimità che ci lega alla persona che abbiamo scelto. Per altri invece, esser confinati in casa e gestire un carico sempre maggiore di stress emotivo si è tradotto in un progressivo allontanamento dalle lenzuola.

Cosa ha influito veramente sull’approccio al sesso delle coppie? Tra 9 mesi avremo un boom di nascite o sarà il contrario??

Per rispondere a questa serie di domande ci siamo rivolti al Prof. Emmanuele Jannini, ordinario di Endocrinologia e Sessuologia Medica all’Università di Roma Tor Vergata. Il Prof. Jannini ha reso disponibile online un survey in forma anonima, ad oggi già compilato da oltre 8000 persone, dove i comportamenti sessuali e sentimentali vengono messi in relazione con la personalità.

Prof. Emmanuele Jannini

“Lo studio vuole spiegare per quale motivo molti sperimentano un calo di desiderio mentre per altri vale esattamente l’opposto. Non siamo tutti uguali: gli stili di attaccamento, ovvero le modalità con cui la nostra personalità si è formata, le nostre esperienze pregresse, influenza in maniere estremamente precisa quali saranno i nostri comportamenti da adulti, soprattutto in condizioni di crisi. Uno studio che alla fine regala anche una piccola sorpresa: un profilo di personalità psicosessuologica per meglio capire quale carattere conferisce una sorta di immunità, per utilizzare un termine che va per la maggior in questo periodo, nei confronti dell’obbligo di essere tutti i giorni accanto al nostro compagno o compagna, spiegando il motivo per cui per alcuni tale situazione è frustrante, trasformandosi in noia e insofferenza, mentre per altri vale l’opposto”.

I questionari sono tutti psicometrici validati: invece di rispondere semplicemente alla domanda “quante volte fai sesso?”, con scarsa rilevanza scientifica, si misurano lo stato di ansia, depressione, la capacità erettile, l’orgasmo o la mancanza di desiderio, cioè tutti quei parametri che sono oggetto si crisi durante la quarantena. 

L’obiettivo è superare quota 10.000 questionari compilati per poter procedere sulla base di un dato statisticamente rilevante e correlare le abitudini sessuali della quarantena alle caratteristiche indogene della personalità, elaborando un modello che aiuti a superare le situazioni di crisi.

“Non c’è animale più plastico dell’uomo: le nostre capacità di adattamento sono straordinarie. Ci lamentiamo tanto di essere confinati in una casa più o meno confortevole mentre ci sono popolazioni che da millenni resistono in condizioni più estreme come gli inuit negli igloo.

Uno dei trucchi dell’adattamento è non borbottare o lamentarsi. E resistere al desiderio infantile di trovare un colpevole a tutti i costi. L’idea della personalità è una cifra di ognuno di noi: iniziare a valutare le scelte considerando che sono dettate da una spettro predominante nel nostro carattere può aiutarci a modificare le nostre risposte future”.

Stress e ansia che giocano un ruolo fondamentale anche nelle dipendenze, come quelle da fumo: la quarantena potrebbe aver fatto ricadere nel vizio molti ex fumatori, oppure averli dissuasi dall’intraprendere un percorso di smoking cessation grazie all’ausilio di strumenti a rischio ridotto, come le e-cig. E il fumo è un fattore che incide sulla vita sessuale in quarantena?

“Difficile immaginare un nemico peggiore della sessualità del fumo si sigarette bruciata.

L’associazione diabolica dei veleni che esso contiene e della nicotina sono dimostrati essere feroci nemici del sesso. Abbiamo anche in mente di allargare il survey a questi comportamenti mal adattativi, quali il fumo. Pensiamo ad atteggiamenti autolesionisti: di fronte alla scelta di metterci a dieta, alcuni riescono mentre altri desistono. Di fronte a tali situazioni stressanti, la nostra reazione dipende dal carattere, dalla personalità. Ci sono persone che approfittano di questa situazione per fare sacrifici, ci sono invece altri che rimangono totalmente schiacciati dalla situazione. Anzi avendo magari pianificato di cambiare stile o smettere di fumare, sdraiati o schiacciati dall’epidemia non lo fanno e falliscono. E questo è uno degli effetti collaterali del COVID-19: lo dovremo documentare, ma potremo inserire anche la relazione con il fumo da sigaretta”

Come ti propago il virus: parlando emettiamo lo stesso numero di gocce di saliva di quando tossiamo

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goccioline di saliva conversazione

Un nuovo studio pubblicato sul The New England Journal of Medicine ha valutato la dinamica di movimento e propagazione delle goccioline di saliva emesse quando si parla.

Molto è stato detto e studiato sulle goccioline che vengono emesse con i colpi di tosse o con gli starnuti. Ma come si muovono le goccioline di saliva durante una normale conversazione?

Comprendere con chiarezza quale siano le modalità di movimento e di propagazione di queste goccioline equivale a capire meglio il rischio di contagio interpersonale da coronavirus e le consequenziali misure di distanziamento sociale.

Ogni qualvolta pronunciamo una parola, emettiamo un invisibile micro spray di particelle dalle dimensioni variabili, che sono un vero e proprio veicolo di diffusione per agenti patogeni, quali batteri e virus.

Mentre le goccioline di dimensioni più grandi cadono a terra dopo aver percorso una breve distanza per effetto della gravità, quelle più piccole tendono a disidratarsi e perdere volume assumendo le peculiarità di un fine aerosol e rimanendo quindi sospese nell’aria per un certo periodo di tempo andando a coprire distanze maggiori prima di scomparire del tutto.

Gli autori dello studio in questione – Philip Anfinrud e Valentyn Stadnytskyi – hanno utilizzato una videocamera posta all’estremità di uno sfondo di colore nero che permetteva di filmare il percorso delle microparticelle (20-50 micrometri) visualizzandole tramite una luce laser a flusso laminare.

È stato chiesto a un volontario di ripetere diverse volte una frase ricca di consonanti (“Stay Healthy”): la luminosità del fascio di luce rifletteva la grandezza delle particelle e la frazione di tempo in cui rimanevano inquadrate in un dato segmento del video

Il numero di flash luminosi in una singola porzione di video era maggiore quando veniva pronunciato il suono /TH/. della parola “healthy”, la ripetizione per tre volte di questa frase, con brevi pause, ha prodotto uno schema simile di particelle: si è notato però che il numero di flash aumentava all’aumentare del tono di voce.

Quando invece il soggetto ripeteva la frase con un panno umido sulla bocca, il numero di goccioline di saliva disperse in forma di aerosol diminuiva.

Dunque, quali conclusioni possiamo trarre? In primis, un tono di voce più alto o più basso influenzava in maniera crescente il numero di goccioline di saliva emesse. Anche specifici fonemi, come ad esempio il /th/ della frase “Stay Healthy” dell’esperimento, determinano il numero di goccioline presenti nell’aria. 

Studi che aumentano le possibilità di capire i diversi stadi e modalità di propagazione nell’aria dei virus, con applicazioni nell’ambito degli strumenti medici indossabili, come mascherine e simili.

Come comportarci dunque in questo periodo? Mentre rimane imperativo contenere le interazioni sociali, il rispettare con attenzione la distanza di “sicurezza” di 2 metri è valido sopratutto quando si parla con qualcuno.

Tabagismo e COVID-19: per un nuovo studio non esiste correlazione

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tabagismo e covid-19

Nel corso di queste settimane di emergenza, diverse fonti hanno paventato la possibilità che i soggetti fumatori avessero probabilità maggiori di contrarre il COVID-19 e andare incontro a un elevato tasso di complicazioni.

Ebbene, secondo un nuovo studio che sta per essere pubblicato, e di cui daremo notizia con comunicato stampa a breve, non solo non esisterebbero correlazioni tra il COVID-19 e il tabagismo, ma addirittura il fumo svolgerebbe una funzione diametralmente opposta.

In attesa del comunicato stampa, il Prof. Riccardo Polosa direttore del COEHAR ha dichiarato:

“Fumo e Covid non hanno correlazione. Un nuovo studio (di cui daremo nota anche tramite comunicato stampa nei prossimi giorni) dimostra ufficialmente che non solo non esiste correlazione tra tabagismo e COVID-19, ma sorprendeNtemente il fumo di sigarette risulta essere protettivo nei confronti della malattia e dei suoi stadi di gravità“. 

Lo stato di emergenza causato dalla diffusione del COVID-19 ha richiesto, nel giro di breve tempo, una modifica dei protocolli medici e assistenziali. Ad oggi, il miglior modo che abbiamo per confrontarci con questa epidemia rimane quello di fornire linee guida contenitive e terapeutiche, che informino sull’evoluzione della malattia nei pazienti.

Sia chiaro, il fumo non fa morire di Covid ma fa morire per le malattie fumo correlate. Smettere di fumare l’unica vera regola importante. Ma ad oggi dire che il fumo aumenta il rischio di COVID non è scientifico.   

Tasse sul tabacco: l’impatto tra sistema economico e sanitario post quarantena come sarà?

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ripresa econmica covid 19 coronavirus

Avete pensato alla serie di implicazioni che la pandemia del Covid-19 causerà sul sistema economico? Crediamo di si. Ma come immaginate il post-quarantena in termini economici? In realtà le proposte sono tante ma pochi sanno davvero come andrà.

Il dato concreto è che al momento sono tante le persone che non lavorano e che non recepiscono stipendi, altre ancora lo recepiscono ridotto.
Molti di noi stanno passando le proprie giornate a riflettere, e stanno approfittando del tempo a disposizione per capire cosa merita la nostra attenzione e cosa no.

Avremo ancora voglia di spendere i nostri risparmi su determinati prodotti?

Era il 1918, durante le prime fasi della Rivoluzione Russa, quando Lenin diceva che “Ci sono decenni in cui non accade nulla, e settimane in cui accadono decenni”.

Non pensate che la riflessione di Lenin calzi a pennello con quello che sta avvenendo in questo momento? Non conosciamo ancora la portata del danno economico che avrà questa pandemia, ma siamo quasi sicuri che avrà un impatto enorme per anni, se non decenni a venire.

Essendo una malattia respiratoria, è naturale pensare che anche l’approccio al tabagismo subirà delle modifiche. Tra gli impatti a breve e lungo termine che il Covid-19 potrebbe causare al nostro sistema fiscale, c’è chi parla anche dell’aumento delle tasse sul tabacco.

La dott.ssa Kelley Lee, secondo un articolo pubblicato di recente da Prince George Citizen, afferma che al momento la priorità più urgente del Governo, prima di pensare alle imposte, dovrebbe essere quella di diffondere programmi che aiutino a smettere di fumare.

Sappiamo che dallo scorso gennaio il Governo ha aumentato le tasse sul tabacco, incrementando del 20% anche quelle dei prodotti per gli svapatori. Le stesse pubblicità dei prodotti attinenti allo svapo sono diventate più rigorose per cercare di diminuire il numero dei giovani che hanno iniziato a svapare.

Quello che suggerisce la dott.ssa Kelley Lee è che sarebbe controproducente vietare del tutto la vendita delle sigarette perché molte persone sono dipendenti dalla nicotina, motivo per cui sarebbe molto più proficuo ampliare i programmi che aiutano a smettere di fumare. “Anche con il supporto di strumenti meno dannosi” – aggiungiamo noi.

Ricordiamo quello che è avvenuto nello stato del Minnesota quando aumentò le tasse sui prodotti per lo svapo? Probabilmente, in quel caso, diminuì il numero delle persone che acquistavano prodotti alternativi, ma aumentò il numero dei tabagisti che fumavano sigarette tradizionali.

L’aiuto più valido che momentaneamente potrebbe dare lo Stato è quello di incrementare gli accessi alle terapie che forniscono un aiuto concreto per smettere di fumare, contribuendo allo stesso tempo a sostenere il costo dell’acquisto per i farmaci e per gli strumenti meno dannosi che aiutano a sostituire la nicotina. Ma ciò che serve davvero da anni e oggi più che mai è incrementare e supportare le attività dei numerosi centri antifumo sparsi per tutto il territorio nazionale.

La gravità dell’impatto economico dipenderà dalla durata delle restrizioni delle attività. I Governi di tutto il mondo stanno riflettendo e lavorando su come rilanciare le proprie economie, ma la ripresa economica sarà lenta e tanta sull’evoluzione della stessa pandemia.

Una messa a punto del CoEHAR sulle nuove APP per far smettere di fumare: “Sono efficaci”

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Catania, 20 Aprile – Un nuovo articolo dei ricercatori del CoEHAR conferma che le APP per smartphone e gli strumenti di rilevazione e monitoraggio della ritualità legata al tabagismo attraverso nuove smart-tecnologie (i.e. smart-band, smart-watch) sono utili per aiutare le persone a smettere di fumare o a ridurre il consumo di sigarette.  

https://www.mdpi.com/1660-4601/17/7/2614

I ricercatori del CoEHAR Centro di Eccellenza per la Riduzione del Danno da Fumo – guidati dal prof. Sebastiano Battiato, delegato ai Sistemi Informativi e alla Programmazione Strategica dell’Università degli Studi di Catania – hanno valutato ben 32 nuove tecnologie di monitoraggio e tracking atte a contrastare la dipendenza tabagica (12 sistemi di rilevamento e monitoraggio del consumo quotidiano di sigarette e 20 app per smartphone).

La selezione degli strumenti da valutare è avvenuta tra quelle già analizzate in studi pubblicati su PubMed, Scopus e Google Schoolar. E’ così emerso che APP come MyQuitCoach, Quit Smoking, Craving to Quit!, QuitNow!, Quit, Smoke Free e altre possono essere utili a contrastare e ridurre il rischio associato al fumo di sigaretta.  

“Seppur con metodologie di monitoraggio diverse – commenta Battiato – le APP risultano strumenti molto utili per monitorare l’abitudine tabagica e per motivare a smettere. Gli studi scientifici analizzati dimostrano che questi strumenti possono vantare risultati promettenti. Tuttavia va considerato che la loro applicazione nella vita quotidiana non è priva di difficoltà. Per questi motivi – aggiunge Battiato – sono necessari maggiori investimenti per la ricerca scientifica applicata agli strumenti tecnologici per far smettere di fumare, con l’obiettivo di definire sistemi affidabili in grado di garantire elevate prestazioni nell’utilizzo reale della vita di tutti i giorni”.

L’uso quotidiano di queste tecnologie implica, infatti, la rilevazione da parte dell’APP di un’ampia varietà di azioni, abitudini e gesti eseguiti dall’utente che possono essere complicate dalla sovrapposizione di altre azioni. Per esempio, alcune persone sono abituate a fumare mentre guidano o quando fanno lavori manuali. La bontà della valutazione e del monitoraggio di questi strumenti oltre che in condizioni di base va validata anche in condizioni d’uso realistiche, con tutte le complicazioni che esso comporta.  

Ciononostante, bisogna sottolineare che, mentre la maggior parte delle APP si basa sull’auto-report dei partecipanti (ed esempio l’annotazione su un diario), alcune soluzioni più innovative, come SmokeBeat, che sfruttano sensori indossabili (come gli smartwatch o smartband) ed hanno un approccio più diretto (fornendo un feedback automatico e una verifica obiettiva dell’abitudine al fumo) potrebbero risultare di maggiore impatto grazie alla tecnica cognitivo-comportamentale data dall’auto-monitoraggio. Potersi autovalutare infatti determina un incremento del livello di consapevolezza e un maggior controllo del proprio comportamento da fumo compulsivo di sigarette convenzionali.  

Per il fondatore del CoEHAR, prof. Riccardo Polosa: “Diventa sempre più chiaro come l’innovazione tecnologica stia guadagnando un ruolo centrale nella gestione della nostra quotidianità. La scienza della salute non è una eccezione e deve – attraverso nuovi percorsi creativi e innovativi – evolversi dialogando con le altre discipline scientifiche quali ad esempio l’informatica e l’elettronica. Solo così si potranno trovare soluzioni utili per diffondere stili di vita più sani”. Non a caso il team di ricerca di questo lavoro ha visto la partecipazione di diverse professionalità scientifiche: Alessandro Ortis del Dipartimento di Matematica e Informatica; Pasquale Caponnetto, docente a contratto di Clinica delle Dipendenze presso il corso di laurea in Psicologia, e Toti Urso, Project manager dell’ateneo catanese.  

“Mi vergogno quando fumo”

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Ho visto un film, I Tenenbaum di Wes Anderson, con Gwyneth Paltrow chiusa in bagno e con una sigaretta nella mano, una boccetta di profumo nell’altra e il ventilatore acceso per non farsi scoprire. Il marito, interpretato da Billy Murray, la fa pedinare da un investigatore privato e scopre la sua doppia vita fatta di eccessi.

Ma a scioccarlo non è il tradimento che scopre all’improvviso, il vero tradimento è un altro: “sua moglie fuma”. Il tradimento consiste nella vergogna per averlo scoperto, per pensare a sua moglie mentre commette un atto che fa male alla sua vita ed alla sua salute. Ecco, penso a questa scena ogni volta che mia nipote viene a trovarmi a casa, sapendo che mi dà fastidio il fumo, lei confessa ogni volta: “Ho fumato una sigaretta”.

Vergogna? Senso di colpa? Tantissimo, sempre, ammette. Soprattutto nei miei confronti.

Parto dalla visione di un film, dall’esperienza di mia nipote Clara ma credo che questo sia il periodo storico e il momento più facile per dire basta. Oggi, se ci pensiamo bene, serve anche meno forza di volontà, perché i mezzi per farcela li abbiamo tutti, dai divieti, alle sigarette elettroniche sino ai riscaldatori di tabacco. Fumare è rimasto solo un ricordo intellettuale.

Sappiamo che in molte città, se fumi in pubblico ti senti un mostro, le famiglie ti fissano con disgusto e ci metti un po’ a capire che ti snobbano perché stai fumando.

La vera trasformazione è questa: la sigaretta (e per fortuna, direi) non è più cool, anzi accendersela è quasi un gesto da esibizionisti. Conosco gente che ha smesso facendo un fioretto in chiesa, altri ce l’hanno fatta con la forza di volontà.

La mia amica del cuore, Agata, lotta da anni con la vergogna e il senso di colpa, nascondendosi con sotterfugi in luoghi isolati per poter fumare in santa pace, in posti affollati invece, si sentirebbe inadeguata, fuori luogo. In molti tendono a nascondersi, in terrazza, in bagno, nelle scale, tutto pur di non farsi vedere con l’amata e odiata sigaretta.

Ma tra successi e sconfitte, ci chiediamo perchè? perchè non provare a smettere e vivere in maniera più trasparente? Il come lo conosciaomo, adesso in voi stessi cercate la più giusta motivazione … l’importante è provarci!

COVID-19 e fumatori: sono davvero a rischio o vale il contrario?

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covid-19 fumatori

Molto spesso, durante la formulazione di un’ipotesi, si può partire dal concetto diametralmente opposto, dalla versione più bizzarra e meno probabile.

Una teoria che Platone ben esprime nel Parmenide, l’opera della maturità, che lascia riflettere il lettore con la domanda “che farai dunque della filosofia?”.

La dialettica viene infatti descritta come un processo filosofico in cui, dopo la formulazione dell’ipotesi, si analizzano le conseguenze che ne derivano: se la conseguenza contraddice l’ipotesi, questa va considerata insostenibile e dunque falsa. Un dedalo logico intricato e un esercizio mentale complesso.

Certo, la dottrina del ragionamento logico si è evoluta, scissa dalla ricerca scientifica, basata su un modello empirico per essere ritenuta valida. Ma proviamo per un momento ad esercitarci in questo gioco logico.

Nelle ultime settimane, la diffusione a livello mondiale di un nemico subdolo e invisibile, il COVID-19 ha avuto l’effetto di una testata nucleare, ridisegnando improvvisamente il tessuto economico e sociale, dimostrandone la fragilità. Rapporti umani e monetari sono cambiati e ad oggi non è dato sapere quale saranno le conseguenze sul lungo periodo.

Come mai prima d’ora, medicina ed economia si sono dimostrate essere interconnesse su più livelli, il collasso di una legata a quello dell’altra. Per salvaguardare il fragile sistema economico, la creazione di un vaccino sembra essere la meta di una vera e propria corsa all’oro, la cui lista di partecipanti aumenta giorno dopo giorno.

Ma in attesa di una valida terapia di immunizzazione, dobbiamo ricorrere alle strategie che ad oggi funzionano. 

Garantire che il personale medico sanitario sia in grado di accedere a protocolli non solo contentivi, ma anche terapeutici è ad oggi la nostra migliore possibilità, fornendo dati precisi su quali tipologie di pazienti con il coronavirus andranno incontro a un peggioramento più velocemente di altri.

Ma cosa c’entra in questo discorso su COVID-19 l’esercizio che Platone richiede nel Parmenide?

Bene, partiamo dall’ipotesi che noi sappiamo essere vera che i componenti presenti nelle sigarette convenzionali creano nel lungo periodo un complesso quadro clinico, rappresentando un fattore di rischio per i pazienti affetti da altre patologie.  

Se seguissimo questa ipotesi, i fumatori affetti da COVID-19 andrebbero incontro a un elevato tasso di complicazioni, come molte ricerche sembrano suggerire. Per Platone per dimostrare la veridicità di questa ipotesi dovremmo confermare la falsità dell’ipotesi opposta, ovvero secondo la quale i fumatori sono meno esposti ai rischi da coronavirus.

Secondo un recente studio di Farsalinos, analizzando i dati provenienti dalla Cina sui pazienti ospedalizzati affetti da COVID-19, si è notato un numero insolitamente basso di pazienti tabagisti, soprattutto in un paese come quello asiatico dove il tasso di fumatori è altissimo. Dati simili sono sono emersi anche in USA, dove il CDC parla di un incidenza del Covid-19 tra fumatori dell’1.3% contro il 16.5% di fumatori nella popolazione. 

Certo, la situazione emergenziale che gli operatori del settore si trovano ad affrontare e i numeri elevati di pazienti gestiti (ad oggi i casi da coronavirus nel mondo superano i 2 milioni) non garantisce la totale sicurezza scientifica.

Ma se seguissimo questa pista dovremmo arrivare all’assunto che il fumo abbia una funzione protettiva anzichè distruttiva, in relazione all’epidemia.

Dobbiamo forse incentivare al fumo? Ipotesi non giustificabile nemmeno di fronte all’emergenza.

Ma quello che i dati ci suggeriscono porta all’idea di un percorso terapeutico controllato a base di nicotina, che sappiamo non essere dannosa se assunta in dosi minime e controllate, a maggior ragione se scissa dai componenti tossici contenuti nelle sigarette convenzionali. Secondo gli autori dello studio, la nicotina, interagendo con i recettori responsabili della risposta immunitaria,  impedisce di contrarre forme gravi del virus.

Nessuno, in una situazione emergenziale come quella attuale, si lancerebbe nel proporre soluzioni medico-sperimentali che nel lungo periodo potrebbero risultare dannose, ma perché non monitorare con attenzione i dati che provengono da paesi come la Svezia, dove la percentuale di utilizzatori di snus è elevata? Alla stessa maniera, si potrebbero analizzare i dati di utilizzo di sistemi alternativi a base di nicotina, come le sigarette elettroniche.

Siamo in una fase di stallo e non possiamo permetterci di tralasciare nulla di intentato. Scienziati e ricercatori di tutto il mondo devono mettere da parte le loro remore sia scientifiche che ideologiche e abbracciare la possibilità di intraprendere tutti i percorsi di validazione scientifica possibili anche quelli meno ortodossi.

Risparmiare in quarantena? Un pacchetto in meno fa felice il portafoglio

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risparmiare quarantena covid-19

Rinunciare alle proprie abitudini è un percorso complesso, quanto rimanere in linea con i propri obiettivi: l’ansia generata dal pensiero dei mesi che verranno aumenta lo stress a cui siamo sottoposti. Ma se c’è qualcosa che questa quarantena ci sta insegnando e che ogni medaglia ha due facce: tutto dipende dall’angolazione da cui le guardiamo.

Essere a casa significa aver rinunciato a una serie ritualistica di piccole spese che facevano parte della nostra routine. Piccole spese, importi talvolta minimi ma a che a fine mese pesano sul nostro budget.

Ad esempio: se vi dicessi che la media delle spese per un fumatore si aggira sui 100 euro mese? Cifra non altissima, ma che si alza se aumentiamo anche di poco il numero di sigarette fumate giornalmente. In media si parla di un risparmio di almeno 1200/1500 euro all’anno. Cambiano le cose vero?

E allora perché non sfruttare il periodo di isolamento, lontani dalle nostre piccole tentazioni quotidiane, per modificare qualcuna di queste abitudini e risparmiare? E se quel pacchetto che abbiamo acquistato oggi durasse qualche giorno in più?

E quale migliorare motivazione se non quella di un progetto futuro: essere in lockdown non significa non avere più progetti a lungo termine. Potrebbe essere un viaggio, una cena oppure una ristrutturazione. Oppure semplicemente la felicità di vedere qualche numero in più sul conto in banca.

Secondo alcuni esperti del mondo della finanza, stare in casa potrebbe rappresentare il momento giusto per dare un’occhiata alle proprie spese mensili e verificare quali sono i servizi che paghiamo e di cui possiamo fare a meno. Quello che nella frenesia di tutti i giorni etichettiamo come una piccola ricompensa quotidiana, oggi viene visto sotto una luce diversa.

Certo nessuno incentiva un’austerità totale: non bisogna eliminare le piccole cose divertenti e superflue tutte in una volta, che rappresentano l’insieme delle nostre piccole scappatoie.

Unica difficoltà potrebbe essere quella di non visualizzare il risparmio: mettiamo i soldi risparmiati in un busta oppure utilizziamo una delle innumerevoli app che esistono, come Gimme5, dove addirittura i nostri amici possono  contribuire a un progetto con delle donazioni. 

Piccoli espedienti che aiutano a risparmiare mentre ci fanno passare il tempo.