mercoledì, Luglio 9, 2025
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Genitori italiani a LIAF: dire “smetto quando voglio” non è realistico

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AGe giovani

Sentirsi parte di un gruppo, avere un assaggio di qualcosa di proibito: il vizio del fumo è subdolo e, nel corso dell’ultimo decennio, ha trovato sempre più adepti tra i giovanissimi.

Soprattutto negli anni ’80 e ’90, la simbologia ricorrente associata alla sigaretta identificava il fumo come tipico del mondo degli adulti, un atteggiamento che immediatamente garantiva il raggiungimento di uno status symbol.

Un trend che, negli ultimi anni, ha portato l’età media dei ragazzi che provano per la prima volta a fumare ad abbassarsi ulteriormente: secondo i dati della rilevazione HBSC-Italia del 2018, promossa dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS, circa uno studente su cinque tra i 13 e i 15 anni di età ha fumato più di una sigaretta nel corso del mese precedente l’indagine.

A 15 anni si rileva una spiccata differenza di genere, con il 31,9% delle ragazze intervistate che fuma rispetto al 24,8% dei ragazzi.

Le motivazioni che spingono i ragazzi a provare sono riconducibili alla necessità, in fasi delicate come la preadolescenza e l’adolescenza, di superare quel senso di non appartenenza, quella difficoltà di relazione e interazione che molto spesso si sperimenta nel periodo transitorio di passaggio all’età adulta.

E per quanto riguarda l’acquisto di un pacchetto, il limite di età minimo consentito dalla legge non sembra essere un problema: circa il 15% degli intervistati è riuscito ad acquistare le sigarette al distributori automatici, mentre il 68% degli stessi ammette di aver comprato le sigarette presso i tabaccai.

Non serve uscire di casa per trovare una sigaretta: molti giovani vengono esposti al fumo passivo anche all’interno delle mura domestiche. L’abitudine al fumo degli adulti di casa, inoltre, garantisce che i ragazzi abbiano accesso alle sigarette facilmente: e pensare che nel nostro apparato normativo l’istigazione viene sanzionata o punita.

Ma come approcciarsi nei confronti di un figlio che fuma?

Sicuramente non attraverso il divieto: meglio un approccio più fondato sul dialogo e sulla percezione dei rischi connessi al fumo, magari sfruttando attività come il gaming e la realtà virtuale per aumentare l’impatto dialogico.

Per meglio comprendere che relazione intercorre tra giovani e fumo anche all’interno del contesto famigliare, abbiamo intervistato Rosaria D’Anna, Presidente Nazionale AGe, Associazione Genitori italiani.

Rosaria D’Anna, Presidente Nazionale AGe

Che dati possediamo in merito alla diffusione del fumo tra i giovani italiani?

Dai dati in nostro possesso, recepiti durante la Giornata Mondiale contro il tabacco, l’approccio alla prima sigaretta è sceso ulteriormente in termini di età , ben al di sotto dei 18 anni. È un dato preoccupante perché l’approccio medio in molti casi avviene a partire dai 12 anni.

Quali sono i fattori di rischio che aumentano le probabilità di approccio?

Innanzitutto, credo che in generale si sia abbassata la guardia: nelle scuole si avviavano progetti di prevenzione che informavano sui pericoli connessi al tabagismo. Adesso percepisco una vera e propria mancanza di campagne educative all’interno delle scuole. Noi privilegiamo l’approccio educativo rispetto al mero divieto: inutile vietare senza instillare nei ragazzi la consapevolezza che stanno approcciando un atteggiamento molto dannoso. Grazie al confronto con pediatri e medici, abbiamo rilevato che il fumo è strettamente connesso a problematiche relative allo sviluppo, se si accende la prima sigaretta troppo presto.

Quali azioni si potrebbero implementare per evitare che i ragazzi inizino a fumare, anche all’interno del contesto famigliare?

La famiglia dovrebbe essere il primo esempio, cercando di sviluppare un dialogo costruttivo per evitare le problematiche che abbiamo individuato. Dal nostro punto di vista, inoltre, non basta mettere semplici foto sui pacchetti di sigaretta: servono campagne preventive serie, iniziando sin dalle scuole medie. Gli adolescenti provano per sentirsi grandi, ma più vanno avanti più si ritrovano ad essere prigionieri di un vizio. Dovremmo iniziare con campagna preventive e di sensibilizzazione: senza un’opportuna consapevolezza dei pericoli della dipendenza non possiamo creare un cambiamento significativo. Non sarebbe quindi meglio educare prima piuttosto che trovarci con un problema più grande dopo?

Che invito si sente di rivolgere ai ragazzi?

Credo, per quanto mi riguarda, che i ragazzi prima di approcciare le sigarette dovrebbero essere più consapevoli delle conseguenze a lungo termine e della difficoltà di smettere. Molti pensano di poter smettere quando vogliono, in realtà quando si fuma si sviluppa sin da subito una dipendenza con gravi conseguenze a livello di salute.

Come mamma e come Presidente posso dire questo: non approcciate, nemmeno per scherzo, pensando di riuscire a smettere quando volete, perché non è cosi”.

Stato del Maryland: quando anche lo svapo diventa un atto discriminatorio

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Ocean City (Stato del Maryland) – Il caso Black Lives Matter torna al centro delle mobilitazioni mediatiche a causa di un agente di polizia che usa il teaser su un adolescente per imporre il divieto di svapo.

A un anno dalla morte dell’afroamericano George Floyd, un altro incidente ripreso in video è diventato subito virale sui social.

Adrienne A. Jones, portavoce del partito democratico nel Maryland, ha dichiarato:

“Il video di questo fine settimana a Ocean City è profondamente inquietante. Svapare sul lungomare non è un reato penale. Nessun adolescente dovrebbe essere tasato mentre le loro mani sono alzate. Gli ufficiali non dovrebbero inginocchiarsi sulla schiena di un minore. Lo svapo non dovrebbe condurre ad un atto razziale né discriminatorio”.

Dalle dichiarazioni della città di Ocean City, si evince che i codici locali vietano lo svapo e il fumo in quel tratto, e che un gruppo di adolescenti ha rispettato i comandi originali degli ufficiali per smettere di svapare mentre si trovavano lungo la strada, hanno detto i funzionari. Ma mentre si allontanavano, un ragazzo del gruppo ha ricominciato a svapare, portando a un altro scontro, secondo la dichiarazione della città.

L’episodio non sembrerebbe l’unico, altri video testimoniano che quanto accaduto nei giorni precedenti è quello che sta accadendo spesso sul lungomare di Ocean City. Tre video di due incidenti, avvenuti sabato 12 giugno e domenica 6 giugno, hanno iniziato a circolare sui social media durante il fine settimana, suscitando indignazione. Almeno quattro diciannovenni sono stati arrestati in quell’incidente e ulteriori filmati catturati da astanti mostrano che un taser viene utilizzato su uno di loro.

Il presidente della NAACP Maryland State Conference, Willie Flowers, ha chiesto che gli ufficiali coinvolti nell’incidente vengano rimossi dai loro incarichi fino al completamento dell’indagine. 

L’arresto per un atto come svapare non può e non dovrebbe portare alla violenza verso nessuno, né tantomeno nei confronti di un minore.

Los Angeles: voto unanime per vietare la vendita di tabacco aromatizzato

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los angeles

La preoccupazione principale in terra statunitense è quella di proteggere i più giovani dal rischio di cadere nella dipendenza da nicotina. La strenua opposizione dell’assunzione di tabacco in tutte le forme ha portato molti stati americani a vietare o diminuire fortemente il mercato dei prodotti aromatizzati a base di tabacco, incluse tutte le alternative meno dannose, come le sigarette elettroniche.

La città di Los Angeles ha deciso di intraprendere una serie di azioni per “proteggere i più giovani dalla dipendenza da tabacco, favorire l’uguaglianza sanitaria e salvare delle vite, soprattutto tra la popolazione di colore”.

Il consiglio comunale di una delle più grosse città americane ha deciso dunque di votare all’unanimità (14 voti a zero) a favore di un’ordinanza indirizzata al procuratore affinché si vieti la vendita di prodotti al tabacco aromatizzati, incluse sigarette elettroniche, sigarette al mentolo e sigari aromatizzati.

Lotta portata avanti da diverse associazioni anti-tabacco nel corso dell’ultimo anno: secondo diversi esperti, la targettizzazione delle fasce più sensibili e più volubili della popolazione avverrebbe attraverso la sponsorizzazione di gusti e aromi alternativi, in grado di esercitare un forte appeal sui ragazzi. Si stima che circa l’83% dei giovani americani che svapa utilizzi liquidi aromatizzati.

A tali motivazioni, si aggiungono anche i timori per una sorta di “apartheid” causato dall’industria del tabacco. In accordo con alcuni filoni di pensiero americani, le sigarette al mentolo rappresenterebbero un modo per attirare la popolazione di colore verso il fumo, attuando un vero e proprio razzismo istituzionale e aumentando le disparità sanitarie nel paese.

Un’altra stoccata al mercato del fumo elettronico, parte di una vera e propria crociata che mira a vietare la vendita in toto dei derivati del tabacco. Una scelta che, alla luce di quanto emerge dagli studi internazionali, potrebbe seriamente compromettere le finalità delle strategie e delle politiche di cessazione.

GFN 2021 – Lo scenario “smetti o muori” non aiuta chi non riesce a smettere

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Global Forum of Nicotine 2021

Il Global Forum on Nicotine (GFN)- quest’anno all’ottava edizione- segna il graduale ritorno alla normalità dopo lo stop forzato causato dalla pandemia da Covid-19.

Quest’anno, si è deciso di integrare la partecipazione a Liverpool con la possibilità di seguire la diretta streaming del GFN, mettendo a disposizione accanto a specifiche sezioni di approfondimento e di interazione con i relatori, oltre 40 brevi presentazioni inviate dai ricercatori e dagli esperti di Harm Reduction.

Focus del 2021 il ruolo futuro della nicotina e lo sviluppo di nuove ed efficaci politiche di Harm Reduction, che da anni cercano di trovare il proprio posto all’interno delle scelte regolamentativi dei paesi impegnati nella lotta al tabagismo.

Nonostante nel corso dell’ultimo ventennio, le scelte politiche hanno riflettuto la necessità di combattere gli effetti disastrosi del fumo di sigaretta, gli oltre 8 milioni di morti per patologie fumo correlate parlano chiaro.

Di conseguenza, il settore dei dispositivi a rischio ridotto sembra essere una via alternativa facilmente percorribile per coloro che non riescono a smettere: passare dalle sigarette a prodotti più sicuri a base di nicotina, come le sigarette elettroniche, lo snus e i prodotti a tabacco riscaldato, si traduce in un immediato beneficio in termini di salute.

Sotto i riflettori del palcoscenico del GFN, le scelte politico-sanitarie che riguardano indistintamente sia i paesi a reddito elevato, dove il fumo è causa di ineguaglianza sanitaria, sia i paesi a basso e medio reddito, dove si concentra l’80% dei fumatori di tutto il mondo.

Il GFN rappresenta il climax del dialogo legislativo e scientifico ed è l’occasione per indirizzare gli sforzi dell’intera platea legata alle alternative più sicure della sigaretta.

GFN 2021: la prima giornata

Ad aprire l’evento, Harry Shapiro, direttore di Drugwise, ed i relatori Martin Cullip, esperto di Harm Reduction, e Sarah Cooney, della British American Tobacco, che dialogano sull’interazione tra scienza e regolamentazione.

La difficile interazione con le autorità sanitarie internazionali impedisce alle associazioni di consumatori e agli esperti di riduzione del danno di accedere alla cabina di regia che opera nel settore. Allo stesso tempo, i risultati della ricerca scientifica non trovano il giusto canale comunicativo e i fumatori rischiano di non avere accesso a scelte più sicure.

Sfida argomentativa che Martin Cullip accoglie immediatamente, evidenziando come le scelte dell’OMS non siano in linea con i risultati degli studi internazionali: “L’OMS sembra concentrarsi principalmente sulla nicotina piuttosto che sul fumo”. Il continuo ignorare le politiche di riduzione del danno non favorisce di fatto la lotta al fumo, soprattutto in quei paesi dove la sigaretta esercita ancora un forte ascendente.

Si dovrebbe semplicemente cercare di capire se si vuole che i consumatori si rivolgano ad alternative più sicure nel breve periodo o se si vuole che continuino a fumare sigarette”. Sarah Cooney rimarca con forza come il connubio scienza-innovazione possa creare prodotti efficaci nel competere con le sigarette e aiutare i fumatori a orientarsi verso dispositivi più sani e sottolinea come “l’alternativa quit or die non aiuta chi non riesce a smettere di fumare”.

Ma sono altri gli ostacoli che la scienza si trova a dover superare: in primis, la mancanza di una formazione scientifica autorevole nei procedimenti di revisione e approvazione degli studi internazionali. Molto spesso, i paper relativi alla ricerca di settore vengono valutati da persone non formate e, di conseguenza, rischiano di non essere approvati.

Formazione e consapevolezza: due armi che devono essere dottate dalla comunità di esperti del settore per garantire l’accesso al tavolo del dibattito internazionale e indirizzare le sfide che si devono affrontare.

Appuntamento per domani, alle ore 12.45, con un panel dedicato al fallimento della Framework Convention of Tobacco Control nel ridurre il tasso di fumatori adulti.

Le ciliegie, la frutta che ci aiuta a smettere di fumare

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È tempo di ciliegie, un frutto che appartiene alla famiglia delle Rosacee, con innumerevoli proprietà per la nostra salute.

Di origine asiatica, sin dal VII secolo A.C. si è diffusa in Grecia e poi in Italia. I romani la chiamarono “Cerasus” il nome che porta ancora oggi. Se ne coltivano diverse varietà come le tenerine, amarene, visciole e in Sicilia le ciliegie dell’Etna DOP,  Durone, oltre la Mastrantonio, dal colore rosso brillante e bassa acidità.  

Il fumatore ha una particolare necessità di vitamina C per contenere l’effetto ossidante del fumo, la frutta, come le ciliegie, lo aiuta anche ad avere una dieta in grado di bilanciare gli effetti dell’aumento di peso nel processo di cessation.

25-30 ciliegie al giorno a digiuno ci permettono di perdere kili poiché soddisfano la voglia di dolce avendo poche calorie, con un’azione drenante di fegato e depurazione del sangue, aiutando il nostro organismo nelle difese immunitarie.

Sono dissetanti, e aiutano chi soffre di stipsi. Contengono antocianine, sostanza che aiuta i radicali liberi con un’azione protettiva sulla salute delle cellule incrementando il processo anti tumorale, la frutta, infatti, abbassa il rischio di avere un cancro al polmone, la malattia strettamente correlata alle sigarette.

Antocianine è quel pigmento rosso blu, tipico nelle ciliegie che si confermano alla base dell’alimentazione dei fumatori, poiché ripuliscono le arterie dalle tossine del fumo.

Depurative,  disintossicanti, diuretiche e antireumatiche. Le ciliegie, inoltre, racchiudono la melatonina l’ormone che regola il ciclo sonno veglia, importante fattore in chi decide di smettere di fumare, donando una qualità di vita migliore. Dentro le ciliegie troviamo acido folico, calcio, potassio, magnesio, fosforo e flavonoidi.

Un frutto apprezzato in tutto il mondo per forma, sapore e ingredienti che in modo naturale ci aiutano a vivere meglio. 

Covid-19 ed ecig: studio USA prova la non correlazione

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La comunità scientifica che, durante quest’anno, ha dibattuto molto sulla correlazione tra fumo e Covid-19, si è esposta con diversi studi anche sulla possibile correlazione tra l’uso di sigarette elettroniche e infezione SARS-CoV-2.

A fare ulteriore chiarezza ci pensa uno studio americano pubblicato su SAGE Journal: “Electronic Cigarette Use Is Not Associated with COVID-19 Diagnosis”. Da questo studio, durato quasi un anno, si evince che i fumatori di sigarette elettroniche non sono più esposti al virus Covid-19.

Lo scopo di questo studio è stato testare l’ipotesi se l’uso di sigarette elettroniche fosse associato a un rischio maggiore di contrarre il COVID-19. A sottoporsi allo studio i pazienti che durante l’anno 2019/2020 hanno cercato cure mediche presso la Mayo Clinic di Rochester, negli Stati Uniti.

Soggetti di studio

A partire dal 15 settembre 2019, i pazienti che si sono sottoposti allo screening di routine dello studio, appartenevano alla categoria dei fumatori e degli svapatori. Durante ogni visita medica di routine, il paziente è stato interrogato sull’uso presente o passato di sigarette elettroniche durante gli ultimi 30 giorni.

Dal 15 settembre 2019 al 30 novembre 2020, i pazienti che si sono sottoposti allo studio hanno rappresentato un totale di quasi 70 mila di età superiore ai 12 anni, tra di loro fumatori e svapatori. Lo studio si è basato sul periodo di osservazione, mentre i medici registravano il possibile uso attuale o passato delle ecig. L’età media dei soggetti di studio era di 51,5 anni e per più della metà, il 62,1%, era composto da donne. L’11,1% era un fumatore o uno svapatore e il 5,1% è risultato positivo al Sars-cov-2.


Conclusioni dello studio

Considerato lo scarso numero di prove sull’associazione ecig e COVID-19, si evince dallo studio americano che i fumatori che utilizzano solo la sigaretta elettronica non hanno una maggiore possibilità di contrarre il virus e che dunque non rischiano maggiormente. Questo dato viene sicuramente confermato anche dagli studi che sono stati condotti durante l’anno 2020, quando in piena pandemia, i fumatori duali (sigarette convenzionali ed elettroniche) rischiavano a metà tra i due gruppi.

In conclusione, lo studio ha messo in evidenza come l’uso di ecig non sembri aumentare la predisposizione all’infezione da SARS-CoV-2. Questo risultato suggerisce l’ipotesi che qualsiasi effetto di fumo di sigaretta convenzionale sulla suscettibilità e predisposizione al virus non sia mediato dalla nicotina. Il futuro lavoro dei ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, dovrebbe continuare a fare chiarezza sul vaping e, nello specifico, di come l’uso della sigaretta elettronica potrebbe moderare i risultati del COVID-19.

Negli scorsi mesi anche il CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, ha valutato se le particelle emesse durante lo svapo possano aumentare il rischio di contagio da coronavirus.

Studiare e comprendere quali sia il ruolo delle diverse attività respiratorie nella trasmissione del virus, è di fondamentale importanza per migliorare le strategie dirette al contrasto della diffusione dell’infezione e per informare correttamente la popolazione”, ha spiegato il prof. Riccardo Polosa, autore dello studio.

Leggi anche: Che ruolo ha la nicotina nella possibilità di contrarre il Covid-19?

Global Burden of Disease 2019: gap regolamentativi da colmare

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global burden of disease 2019

Negli ultimi 30 anni, le morti connesse al fumo di sigaretta sono più di 200 milioni. Un numero esorbitante che, dagli anni 90 ad oggi, ha posto la piaga del tabagismo sotto i riflettori delle politiche sanitarie e regolamentative di molti paesi. 

Oltre all’evidente costo sociale del tabagismo, con effetti diretti sulla salute e sull’ambiente, il fumo di sigarette ha rappresentato dagli anni ’90 una spesa non indifferente per i sistemi sanitari mondiali, che supera il trilione di dollari. 

Nello studio Spatial, temporal, and demographic patterns in prevalence of smoking tobacco use and attributable disease burden in 204 countries and territories, 1990–2019” pubblicato sulla rivista The Lancet, si sono incrociati i dati del Global Burden of Disease del 2019 con quelli del 2015, tracciando l’andamento delle epidemia tabagica negli ultimi trent’anni.

Sebbene molto sia stato fatto, e sebbene l’ampliamento della politiche di controllo le tabacco abbia avuto un impatto significativo riducendo la prevalenza del fumo sia tra gli uomini (27.5%) sia tra le donne (37.7%), l’aumento della popolazione mondiale ha innalzato il numero di fumatori.

Globalmente, nel 2019, l’uso di tabacco è responsabile di circa 7.69 milioni di morti e rappresenta il fattore di rischio di morte principale per gli uomini (20.2%). Sul totale di oltre 7 milioni di morti, circa 6.6 milioni avvengono tra i fumatori attuali.

LO STUDIO

I dati ottenuti da questionari e analisi nazionali sui tassi di fumo e sulle politiche di cessazione di 204 paesi sono stati selezionati e analizzati per comprendere l’evoluzione del fenomeno tabagico dal 1990 al 2019.

Oltre 3625 questionari nazionali sono stati presi in considerazione: l’86% dei paesi (171 su 200) considerati ha avuto almeno cinque questionari relativi al consumo di tabacco dal 1980 al 2019, mentre il 71% ha dati che coprono un arco temporale limitato, dal 2015 ad oggi. I criteri considerati nello studio riguardano, tra glia altri, età,sesso, distribuzione gegografica e completano quelli relativi alle abitudini di fumo tra l popolazione (come quantità di sigarette fumate, status di fumatori).

RISULTATI

Ad oggi, si stima ci siano oltre 1.4 miliardi di fumatori nel mondo. Valutando l’uso di tabacco tra uomini e donne di età maggiore di 15 anni, l’incidenza è del 32.7% tra i maschi e del 6.62% tra le femmine. 

Il tasso di incidenza del fumo tra il sesso maschile ha superato il 20% in oltre 151 paesi e in 42 paesi per le donne.

A sorprendere, e preoccupare, l’aumento del tasso di fumatrici donne, sopratutto in Serbia, Cile, Croazia, Bulgaria e Grecia. Mentre per gli uomini di età superiore ai 15 ani, si osservano tassi di fumo elevati in Indonesia, Armenia, Giordania e Georgia.

Questi dati rappresentano purtroppo un nostro insuccesso” commenta Giovanni Li Volti, Direttore del CoEHAR “A causa dell’aumento demografico mondiale, aumenta il numero di fumatori globali. Anche se, parallelamente, va osservato che il numero di persone che smettono di fumare fortunatamente sta aumentando. Da una parte, i dati sono legati a una mancanza da parte di molti governi di norme severe per la regolamentazione sul tabacco. Dall’altra, esiste una scarsa campagna di informazione e prevenzione tra la popolazione.

Credo che si dovrebbe fare chiarezza e parlare con chi si occupa di comunicare i dati relativi alla dipendenza tabagica per capire come riportare in maniera efficace i dati e i risultati della ricerca, per aumentare il grado di consapevolezza su uno stile di vita che causa di milioni di morti”.

Il primato negativo, però, spetta a 10 paesi che presentano tra i più alti tassi di fumo tra popolazione osservati: Cina, India, Indonesia, USA, Russia, Bangladesh, Giappone, Turchia, Vietnam e Filippine.

Dal 1990, si osserva una diminuzione del fumo tra gli uomini in 135 paesi (66%), mentre tra le donne osserviamo un dato significativo solo in 68 paesi (33%). La diminuzione più importante si è manifestata in Brasile, dove i tassi sono scesi di oltre il 70% sia per gli uomini che per le donne.

Nel 2019, si contano oltre 8 milioni di morti attribuibili al fumo. Il fumo è responsabile di circa il 20.2% di tutte le morti tra gli uomini e del 5.8% tra le donne. 

Le politiche di controllo del tabacco hanno ridotto la prevalenza del fumo del 27.5% per il sesso maschile e del 37.7% per quello femminile.

COME INVERTIRE LA ROTTA?

Innanzitutto, prima di analizzare le possibili soluzioni, bisogna osservare che, negli ultimi 30 anni, è aumentata la popolazione globale, il che influisce anche sulle percentuali di fumatori. 

Dall’altro lato, pero, è necessario che le politiche di prevenzione e di sensibilizzazione, procedano di apri passo con le scelte e le strategie di salute pubblica dli paesi, garantendo non solo l’accesso ai trattamenti sanitari ma anche ad alternative che possano efficacemente contrastare il fumo di sigaretta.

A livello mondiale, il calo del fumo tra i pesi più sviluppati è stato compensato dall’aumento nei paesi in via di sviluppo, come l’India o i paesi africani” ci spiega Costanza Nicolosi, esperta di regolamentazione “Esistono gap regolamentativi in molti paesi, che vanno di pari passo con gap nella percezione dei danni del fumo: le sigarette vengono ancora viste come rito di passaggio per i giovani e la dannosità di questa scelta non viene compresa. Trovo allarmante che i tassi di fumo tra le donne siano aumentati.

La tassazione da sola non può fare miracoli. Contro comportamenti socioculturali di queso tipo, fortemente addictive, ci devono essere misure più efficaci, che agiscano sulle prevenzione, laddove possibile, e sul sostegno ai fumatori che non riescono a smettere. La tassazione, come viene provato anche in teorie puramente economiche,  alla lunga comporta effetti controproducenti”.

“Ben: Respira”, il documentario sulla vita di un ex fumatore firmato Amazon Prime Video

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“Respira. Continuavo a ripetermelo in testa ma il corpo non ascoltava, come se si fosse scordato un atto così semplice ma vitale: respirare”.

Così scrive Benjamin Mascolo che annuncia l’uscita del documentario in arrivo su Amazon Prime Video e che parlerà della storia della sua vita, intitolato “Ben: Respira”. Una bellissima notizia che i fan apprendono direttamente dal profilo Instagram del cantante emiliano, ex membro del famoso duo musicale Benji & Fede.

“A 7 anni dal ricovero in ospedale eccomi qui a tentare quello che i dottori definirono impossibile: tornare a correre più forte di prima e tagliare il traguardo della mia prima maratona. Questi 42 interminabili chilometri saranno anche una metafora che mi permetterà di farvi entrare nella mia vita in un viaggio tra amore, famiglia, amicizia, musica, successi e insicurezze”.

La storia di Benj, oggi ventisettenne, è la storia di un ex fumatore che sei anni fa a causa di uno stile di vita sbagliato e il troppo fumo di sigaretta, finì per due interminabili settimane intubato in terapia intensiva con una rara malattia chiamata istiocitosi polmonare. All’epoca ventunenne e allarmato dalle dichiarazione dei medici di non poter praticare sport mai più, decise di cambiare totalmente stile di vita, iniziando con lo smettere definitamente di fumare.

“Sfidate voi stessi, i vostri limiti, le vostre abitudini e nessun altro. Solo così raggiungerete i risultati più importanti”. Un messaggio così forte e profondo può arrivare solo da una persona che ha vissuto qualcosa di sconvolgente. 

Ben: Respira, il docu-film che non vediamo l’ora di vedere, porterà gli spettatori in un lungo viaggio attraverso la vita di Benji, partendo dall’esperienza traumatica della malattia di un giovane ragazzo e scoprendo le ambizioni e la sua determinazione e forza di volontà che lo hanno portato oggi ad essere un vincente nella lotta contro il tabagismo.

Report ETHRA: si smette di fumare grazie ai prodotti a rischio ridotto

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ethra report 2020

Smettere di fumare grazie ai prodotti a rischio ridotto è ormai un dato di fatto per molti fumatori europei: questo ciò che emerge dal report dell’ETHRA, l’associazione europea che si occupa di sensibilizzare la popolazione sulle alternative più sicure al tabagismo.

Dire addio alla sigaretta diventa l’inizio di un percorso dove il focus è sia il risultato sia l’attenzione maggiore verso la propria salute: in questo scenario, i prodotti a rischio ridotto riscuotono sempre maggior successo.

Dal questionario dell’ETHRA, uno tra i più estesi sul consumo di prodotti a base di nicotina emerge come, in Europa, stia crescendo sempre di più la consapevolezza che esistono alternative più sicure e salutari che possono efficacemente aiutare chi vuole smettere di fumare.

Lanciato online negli ultimi mesi del 2020, il questionario ha visto la partecipazione di oltre 35.000 tra fumatori, ex fumatori e utilizzatori di prodotti alternativi come sigarette elettroniche, snus e prodotti a tabacco riscaldato.

Oltre 27.000 partecipanti al questionario hanno completamente smesso di fumare. Tra coloro che fumavano, l’83.5% degli svapatori e il 73.7% degli utilizzatori di snus hanno smesso completamente.

Il report dimostra che il costo ridotto rispetto al fumo tradizionale, la disponibilità di diversi aromi e dei prodotti e il ridotto impatto in termini di salute  sono le motivazioni che spingono i fumatori ad approcciarsi a questi strumenti.

Purtroppo, tra chi utilizza nicotina, la sigaretta è ancora molto diffusa: più del 67%  dei fumatori attuali che hanno risposto al questionario vogliono smettere, ma sono molti gli ostacoli che incontrano nel loro cammino.

Tra gli ostacoli principali, l’impossibilità di accedere a dispositivi a rischio ridotto. Il divieto di vendita di snus in Europa, ad eccezione della Svezia, ad esempio, rappresenta una di queste barriere: il 31% dei fumatori sarebbe interessato a provarlo se fosse legale.

Il 24.3% di quelli che fumano e vogliono smettere riportano come deterrente il prezzo elevato dei prodotti a rischio ridotto. Percentuale che sale al 44.% in quei paesi dove la tassazione sui prodotti del vaping è elevata (Estonia, Finlandia e Portogallo).

Sulla base dei risultati, l’ETHRA si auspica che molte delle politiche restrittive, delle tassazioni elevate, dei limiti sulle concentrazioni di nicotina nei liquidi da svapo possano essere riviste, alla luce di questo trend positivo che vede chi vuole smettere sempre più consapevole che esistono alternative più sicure che possono fare la differenza tra successo e insuccesso nei percorsi di cessazione.

PUNTI CHIAVE DEL REPORT:

  • Tra gli ex fumatori, il 73.7% di chi usa snuss e l’83.5% degli svapatori ha smesso di fumare
  • L’harm reduction è la ragione principale per chi ha usa snus (75%) o svapa (93%). A seguire, la seconda motivazione è rappresentata dallo smettere di fumare per il 60% di chi usa snus e 90% degli svapatori
  • Più del 31% degli attuali fumatori proverebbe lo snus se fosse legalmente accessibile in Europa
  • Più del 67% dei fumatori vorrebbe smettere di fumare. Circa il 24.3% dei fumatori europei è scoraggiato dai prezzi elevati delle alternative a rischio ridotto. Percentuale che sale al 34.5% nei 12 paesi EU con una tassazione sul vaping e al 44.7% nei tre paesi con tasse sul vaping alte (Finlandia, Portogallo ed Estonia)
  • In Finlandia ed Estonia, a causa delle tasse sul vaping, e in Ungheria, a causa del monopolio statale, molti persone trovano difficile smettere di fumare e ricorrono all’acquisto di prodotti alternativi al fumo sul mercato nero o all’estero. In questi tre paesi solo il 45% degli svapatori usa una fonte locale per comprare i liquidi, rispetto al 92.8% degli svapatori nei paesi senza tassazione sul vaping
  • Per gli utilizzatori duali, la tassazione elevata rappresenta un ostacolo alla cessazione. Nei 12 paesi che hanno una tassa sul vaping, la percentuale di duali che non riescono a  passare all’uso esclusivo dei dispositivi elettronici è del 28.1%, contro il 8.6% di duali nei 16 paesi senza accise sullo svapo
  • 2/3 degli svapatori (65.9%) utilizza liquidi con una concentrazione di nicotina sotto i 6 mg/ml. Un trend in larga parte dovuto alle limitazioni sulle concentrazioni a livello europeo. Se il limite di concentrazione fosse alzato, il 24% degli svapatori dichiara che consumerebbe meno liquidi e il 30.3% di svapatori e fumatori pensa che smetterebbe completamente
  • Se il limite dell’acquisto di un flacone da 10 ml venisse abolito, l’87% degli svapatori acquisterebbe bottiglie più grandi per abbattere i costi e l’89% li acquisterebbe per ridurre il consumo di plastica. Solo il 35.5% dichiara che continuerebbe a comprare i soliti flaconi e aggiungere la nicotina per conto proprio
  • Se l’Europa applicasse una tassa sui liquidi da svapo, oltre il 60% degli utenti cercherebbe fonti alternative non tassate
  • Se gli aromi venissero aboliti, oltre il 71% degli svapatori cercherebbe delle alternative
  • La stragrande maggioranza degli svapatori supporta l’accesso pubblico ai database dell’UE sui prodotti da svapo: 83% per gli ingredienti dei liquidi, 56% sulle caratteristiche dei circuiti integrati