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L’importanza degli aromi per i vapers

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Da un recente sondaggio europeo, condotto a Bruxelles dall’associazione Independent European Vape Alliance (IEVA), si apprende che l’80% dei fumatori che sono passati alle ecig ha smesso completamente di fumare e che il 65% degli svapatori utilizza aromi fruttati o liquidi dolci. A partecipare al sondaggio, 3.300 vapers europei.

L’indagine mette in evidenza l’importanza di questo valido strumento alternativo rappresentato dalle sigarette elettroniche. L’81% degli svapatori ha completamente smesso di fumare tabacco e il 12% ha ridotto il fumo delle sigarette tradizionali grazie all’aiuto delle ecig. L’86% dei partecipanti al sondaggio pensa che le sigarette elettroniche siano meno dannose delle sigarette tradizionali e il 2% ritiene che le sigarette elettroniche siano uguali o più dannose rispetto alle sigarette combustibili.

Qual è l’importanza degli aromi?

La varietà degli aromi è sicuramente uno dei motivi più importanti per cui gli svapatori utilizzano le sigarette elettroniche. Il 40% usa liquidi aromatizzati alla frutta e il 25% preferisce, invece, sapori più dolci. Un terzo dei vapers sceglie liquidi aromatizzati al tabacco (35%).

L’associazione IEVA (European Independent Vape Alliance) ha chiesto ai partecipanti al sondaggio come reagirebbero se tutti gli aromi liquidi, eccetto quelli al tabacco, fossero vietati. Dai risultati appresi, solo il 20% degli svapatori passerebbe ai gusti del tabacco. Un divieto simile comporterebbe un effetto negativo, difatti il 31% ha affermato che avrebbe acquistato aromi liquidi sul mercato nero. Il 9% ricomincerebbe a fumare.

“Il nostro sondaggio conferma la ricerca precedente che sosteneva che i sapori delle sigarette elettroniche sono cruciali per i fumatori adulti. Un divieto di aromi deve essere evitato a tutti i costi, perché porterebbe molti vapers ad acquistare prodotti non regolamentati sul mercato nero o addirittura a ricominciare a fumare. Questo risultato metterebbe in pericolo la grande opportunità che hanno molti fumatori, ovvero quella di smettere di fumare con l’aiuto della sigaretta elettronica”, ha dichiarato Dustin Dahlmann, Presidente di IEVA.

Un rapporto condotto nel Regno Unito per conto di Public Health England ha dimostrato che le e-cig sono per il 95% meno dannose rispetto alle sigarette convenzionali e possono contribuire a salvare migliaia di vite ogni anno.

SHARPER 2020: La Notte dei Ricercatori anche per il CoEHAR

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Anche la Notte Europea dei Ricercatori si adatta alla pandemia. L’appuntamento annuale, promosso dalla Commissione Europea, quest’anno si svolgerà online il 27 novembre 2020 e ancora una volta il CoEHAR – Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania e la LIAF Lega Italiana Anti Fumo saranno tra i protagonisti dell’evento.

Lo sviluppo della ricerca scientifica e l’implementazione dei suoi risultati sono al centro della questione mondiale e mai come in questi mesi è stato così importante sostenere l’attività dei ricercatori di tutto il mondo.

SHARPER (SHAring Researchers’ Passions for Evidences and Resilience), è uno dei sette progetti sostenuti dalla Commissione Europea e coordinato dalla società Psiquadro, che ha l’obiettivo di coinvolgere i cittadini nella scoperta del mestiere di ricercatore e del ruolo che i ricercatori hanno nel costruire il futuro della società attraverso l’indagine.

L’edizione 2020 proporrà attività che legano le azioni della ricerca ai Sustainable Development Goals. A causa dell’emergenza della pandemia, troveremo in primo piano temi molto attuali come il diritto alla salute e un’educazione di qualità per tutti. Le 13 città italiane coinvolte all’interno del progetto SHARPER sono: Catania, Ancona, Cagliari, Camerino, L’Aquila, Macerata, Nuoro, Palermo, Pavia, Perugia, Terni, Torino e Trieste.

Le attività dell’edizione 2020 saranno promosse attraverso una serie di formati online, dal live streaming al webinar, dal virtual gaming alla citizen science a distanza, dai virtual tour alle performance artistiche, fino a nuove forme di dialogo tra ricercatori e mondo della scuola, coinvolgendo oltre 500 ricercatori. L’utilizzo di nuove tecnologie e linguaggi innovativi porteranno a un rinnovamento che sarà anche l’occasione per potenziare la dimensione di rete del progetto.

L’evento che negli ultimi anni ha coinvolto milioni di visitatori, quest’anno sarà a tutti gli effetti digitale e avrà una durata di 24 ore.

Il CoEHAR (Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da fumo ) dell’Università degli Studi di Catania, sarà presente con un talk dal titolo: “Tra indipendenza e dipendenza: Harm Reduction”.

Quali sono gli strumenti più efficaci per smettere di fumare secondo gli studi più recenti? E quali sono i progetti di internazionalizzazione che il CoEHAR sta conducendo insieme ad altri 100 ricercatori nel mondo?

Durante l’evento, la giornalista Valeria Nicolosi intervisterà il prof. Pasquale Caponnetto, coordinatore del Centro per la Cura e Prevenzione al Tabagismo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania e ricercatore del CoEHAR.

Al termine della video intervista il CPCT rimarrà disponibile per info e consulenza gratuita dalle ore 10 alle ore 13. Gli utenti potranno contattare il numero 0953781537 e ricevere assistenza da parte dei ricercatori del CoEHAR. 

Oltre all’Università di Catania, tra gli organizzatori locali sono coinvolti cinque enti di ricerca: il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il Centro Siciliano di Fisica Nucleare e di Struttura della Materia (CSFNSM), l’Istituto Nazionale di Astrofisica, con l’Osservatorio Astrofisico di Catania, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, presente con i Laboratori Nazionali del Sud e con la Sezione INFN di Catania, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, presente con la Sezione di Catania – Osservatorio Etneo. Tra i partner dell’edizione 2020, presente il Comune di Catania, che quest’anno si è unito agli organizzatore dell’iniziativa, la Ferrovia Circumetnea (FCE), l’associazione EPS-Young Mind Sezione di Catania e l’associazione Officine Culturali.

Per ulteriori informazioni clicca qui.

Rimedi naturali per i polmoni

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rimedi

Mai come quest’anno la vaccinazione è considerata importante: per il controllo dell’influenza e per evitare che questi contagi si sovrappongono alla possibile seconda ondata del coronavirus.

Attraverso i polmoni inspiriamo ed espiriamo immettendo ossigeno nel sangue, inoltre regolano la temperatura corporea e proteggono il cuore. Durante il periodo freddo dell’anno, le vie respiratorie sono esposte al rischio di infiammazioni. Depurandoci, diminuiamo notevolmente il rischio di ammalarci.

Ma quali sono i rimedi naturali per depurare i polmoni? Ecco alcuni consigli:

Eucalipto, una delle piante più efficaci contro le infiammazioni bronchiali e polmonari. Possiede un’azione antisettica e balsamica che facilita l’espulsione del muco e calma la tosse, consigliato soprattutto se si soffre d’asma.

Lavanda, grazie all’olio essenziale dei suoi fiori, liberano polmoni e bronchi dalle tossine e prevengono la secrezione del catarro. È un calmante naturale da usare se si è stressati.

Menta, le sue foglie disinfiammano le vie respiratorie disintossicando i polmoni, ottimo rimedio per le cefalee ed è anche considerato un buon digestivo.

Timo, con le sue foglie contenenti il timolo si ottiene un potente antisettico delle vie respiratorie, adatto in caso di laringiti, faringiti, tosse e catarro. È utile soprattutto quando serve un efficace azione antibatterica e sedativa della tosse. Una tisana disintossicante è molto utile per ripulire i polmoni dalle tossine accumulate.

Ecco le dosi necessarie alla preparazione di una tazza:

  • Eucalipto, foglie 15 g.
  • Timo, foglie 15 g.
  • Lavanda, fiori 10 g.
  • Menta, foglie 10 g.

Procedimento: mettere un cucchiaio del mix di erbe in una teiera, versare sopra 200 ml di acqua bollente e lasciare in infusione per circa 10 min. Quindi filtrare e bere la tisana al naturale, senza dolcificanti. Bere 2-3 tazze al giorno per almeno 10 giorni, meglio se lontano dai pasti.

Infine il consiglio più importante è quello di non “appesantire” i nostri polmoni con il fumo, causa di molte malattie a carico dall’apparato respiratorio, basta provarci e tirare su un bel respiro!

Medici ed ecig: in quanti consigliano i dispositivi a rischio ridotto?

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medici ed ecig

Il mondo della smoking cessation comprende soluzioni diverse, nate con il comune scopo di aiutare i fumatori ad uscire per sempre dalla porta del tabagismo. Il Ministero della Salute indica una serie di terapie efficaci per smettere di fumare, prima tra queste la consulenza professionale dei centri antifumo che, sulla base delle singole esigenze, possono consigliare le terapie e gli strumenti più efficaci per smettere di fumare (tra questi ci sono i farmaci, i prodotti sostitutivi della nicotina e anche la sigaretta elettronica).

Nell’ultimo decennio, l’avvento sul mercato dei dispositivi a rischio ridotto ha riscontrato un enorme successo e ha dimostrato (come mostrano anche diversi studi condotti presso il CPCT del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania) grande efficacia di risultati, aiutando migliaia di persone a smettere di fumare definitivamente. 

Ma come si approcciano i medici e gli operatori sanitari alla sigaretta elettronica?

Molto spesso, sono proprio i medici di base che consigliano ai propri pazienti di smettere, soprattutto se il paziente Riporta patologie cliniche che necessitano l’abbandono dell’abitudine per prevenire aggravamenti.

Una recente sondaggio, “Tobacco Harm Reduction: In Pursuit Of Awareness And Training For Health Care Professionals”, ha voluto indagare le opinioni dei medici e degli operatori sanitari sulle strategie di riduzione del danno e, nello specifico, sull’utilizzo o meno della sigaretta elettronica nei percorsi di cessazione. 

Per meglio inquadrare l’argomento, abbiamo intervistato il Dr. Fabio Beatrice, Direttore del Centro Antifumo San Giovanni Bosco di Torino, interpellato dallaivista americana Journal of Community Medicine & Public Health Caresull’argomento.

Buongiorno dr. Beatrice, ci racconta come  nasce l’idea del sondaggio?

Buongiorno, mi è stato richiesto un parere sull’argomento da una rivista americana, con l’obiettivo di chiarire al pubblico americano se la tossicità residuale del fumo elettronico fosse un problema o un’opportunità. L’idea nostra è che, se correttamente applicato, rappresenti un’opportunità, poiché l’alternativa è che i fumatori continuino a fumare e rimanere cronicamente in balia della loro dipendenza, aggravata dal catrame e dai componenti tossici della sigaretta convenzionale.

Dall’articolo emerge che le percentuali di medici che forniscono informazioni in materia di cessazione sulla sigaretta elettronica sono solo il 12%: questo perché c’è confusione o perché vi è una generale mancanza di informazione?

Innanzitutto vi è un deficit di informazione e un’informazione confusa, perché si sentono suonare diverse campane: le campane istituzionali suonano infatti in maniera contraria. Se andiamo a valutare ciò che succede sul campo, però, gli addetti hai lavori hanno un problema, ovvero la stragrande maggioranza di insuccessi di trattamento al fine di cessazione. I

Il problema nasce proprio dall’insuccesso delle linee guida istituzionali: i fumatori che si rivolgono ai centri antifumo sono pochissimi, parliamo di 10 mila fumatori l’anno su un totale di 12 milioni di fumatori. Di questi, il 55-60%, anche aiutati, anche con i farmaci, nell’ottemperanza delle linee guida, non riesce a smettere. Quindi, abbiamo una quantità elevata di persone abbandonate a loro stesse, non riuscendo infatti a lavare nemmeno il 30-40% di coloro che fumano. Dunque questo è l’insuccesso delle linee guida: tutte quelle indicazioni funzionano sul piano teorico, ma non su quello pratico.

In secondo luogo, la sigarett elettronica non nasce per la cessazione: l’idea alla base della sua creazione era quella di cercare di ridurre i danni derivati dalla combustione, creando un dispositivo alternativo e meno dannoso. 

Tutti i lavori che mettono al centro della questione la tossicità, non comprendono che non stiamo parlando di un farmaco, ma di un prodotto a supporto di coloro che non riescono a smettere. Se un prodotto mi riduce il rischiodel 50%, è già un successo. Le ecig lo riducono addirittura del 90% quasi. E dunque dove sta il problema? Nel continuare una dipendenza? Ma tanto continuerebbe comunque perché finché gli stati produrranno sigarette avremo comunque una dipendenza sdoganata a livello sociale.

La ricerca

Tre società scientifiche italiane hanno condotto una serie di sondaggi tra gli operatori del sistema sanitario, medici di base, angiologi, pneuomologi ed operatori sanitari, per valutare la loro opinione sul fumo elettronico. 

Molto spesso, i medici rivolgono ai pazienti consigli generici, contenti semplicemente un’indicazione a smettere di fumare e consigliando percorsi o strategie che ricalcano il percorso delle linee guida internazionali. Linee guida che, come rimarcato anche dal Dr. Beatrice, hanno dimostrato la propria inefficacia.

Dati alla mano, infatti, mentre il numero di fumatori elettronici è in ascesa, rimane altrettanto alto il numero di morti che ogni anno si registrano a causa di patologie fumo-correlate.

Secondo i sondaggi in questione, Il 7% degli intervistati ha dichiarato di essere un fumatore, il 70% un non-fumatore mentre il 20% un ex-fumatore.

Nell’approccio medico paziente, il 76% degli intervistati consiglia ai pazienti di smettere completamente, ma solo il 9% si informa se il soggetto è esposto al fumo passivo che, ormai si sa, essere pericoloso quanto il fumo diretto.

Il dato che incuriosisce, però, riguarda le sigarette elettroniche: solo il 12% degli intervistati le consiglia come strumento di cessazione. Nonostante molti si dichiarino favorevoli a una maggior informazione in materia, le ecig non godono della popolarità che hanno, ad esempio, in Inghilterra dove, invece, i medici sono invitati a consigliarle nell’ambito dei percorsi di smoking cessation.

Sostenere la ricerca scientifica di settore e permettere alla classe medica di ricevere una maggior informazione significa agire su un rapporto privilegiato, quello medico-paziente, spesso il primo punto di contatto che un tabagista ha con il mondo della cessazione. 

Pochi infatti sono i fumatori che spontaneamente si presentano nei centri antifumo: molto spesso è proprio il medico di base a consigliare di smettere, ma se il medico stesso non possiede le informazioni necessarie per consigliare possibilità alternative, allora anche il paziente rimarrà all’oscuro.

L’approccio da parte del fumatore la fumo elettronico, se supportato dall’oggettività e dalla trasparenza intrinseca del rapporto medico-paziente, oltre che rafforzare l’alleanza terapeutica potrebbe implementare l’orizzonte delle strategie di cessazione.

Dati incoraggianti sulla diffusione del Coronavirus a Troina

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Si è conclusa la prima parte dello studio condotto dal CoEHAR dell’Università degli Studi di Catania, in collaborazione con la Duke University (USA), l’Irccs Oasi Maria SS. di Troina, il Comune stesso e la Lega Italiana Anti Fumo (LIAF) su un ampio campione di residenti Troinesi e su centinaia di dipendenti dell’Istituto Oasi per valutare la prevalenza delle avvenute infezioni da coronavirus.

Ricordiamo che Troina era stata dichiarata zona rossa dal 29 Marzo al 1 Maggio 2020 per via dell’elevato numero di casi di contagio registrati presso l’Irccs. 

Gli operatori del progetto hanno effettuato valutazioni sierologiche e hanno somministrato questionari non solo per valutare la prevalenza delle pregresse infezioni da coronavirus ma anche per valutare l’impatto del fumo sulle infezioni da SARS-COV-2 e sulla sintomatologia da COVID-19. Tutti i test sono stati offerti gratuitamente alla popolazione e al personale dell’Oasi.

Nell’indagine su base volontaria, sono stati coinvolti 1312 cittadini, distribuiti per sesso ed età e pari a circa il 14% del totale degli abitanti, mentre per l’Istituto Oasi 474 dipendenti pari a circa il 70% degli operatori attivi. Dai risultati è emerso che dei 1312 volontari, solo 26 (il 2%) sono venuti a contatto con il virus, mentre tra i dipendenti dell’Istituto Oasi sono state rilevate 71 positività su un totale di 474 operatori sanitari sottoposti al test (il 15%)

Questa prima fase della ricerca è iniziata il 27 luglio scorso e si è conclusa a fine settembre. L’indagine proseguirà nei prossimi mesi per valutare se l’immunità acquisita con il contatto del coronavirus viene mantenuta nel tempo e si muoverà su due direttrici parallele: una per tutti coloro che sono risultati positivi e l’altra su un numero ristretto di negativi, al fine di costituire un gruppo di controllo che sarà individuato con metodo casuale (random). Anche in quest’ultimo caso il reclutamento delle persone individuate sarà sempre sulla base di un consenso volontario. La collaborazione tra i vari enti coinvolti ha rappresentato un importante valore aggiunto per il raggiungimento di questo primo obiettivo. 

Lo studio con il test sierologico ha permesso di individuare le persone che sono entrate in contatto con il virus e che hanno sviluppato anticorpi, anche in assenza di sintomi, i cosiddetti asintomatici. 

I risultati emersi – ha detto il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR – sono in linea con i dati che emergono da altri centri europei e ci consentiranno di capire come gestire al meglio le future campagne vaccinali anti-Coronavirus

L’Oasi di Troina ha dato un contributo notevole nell’ambito della gestione del progetto di ricerca mettendo a disposizione personale del proprio Istituto, un referente clinico e ha inoltre gestito tutte le fasi che hanno caratterizzato il processo di analisi dei campioni ematici. Nell’indagine sono stati coinvolti anche lo spin off accademico ECLAT, il Gruppo Volontari Protezione Civile del territorio, la Lega Italiana Anti Fumo e il team dei prelievi della rete Krealab dei laboratori di analisi della C.I.D.E.C. Federazione Sanità. Fermo restando il progetto e l’avvio della sua seconda fase, si confida nella massima collaborazione dei cittadini per il rispetto rigoroso delle regole di prevenzione indicate nel nuovo decreto, il distanziamento sociale e l’uso dei sistemi di protezione. 

Fonte: Ufficio stampa CoEHAR

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PARTE A TROINA IL PRIMO STUDIO TRA CoEHAR, DUKE UNIVERSITY E IRCCS OASI MARIA SS. DI TROINA PER VERIFICARE LA CORRELAZIONE ESISTENTE TRA ABITUDINE AL FUMO E COVID-19

Australia: l’Università del Queensland presenta un piano radicale per eliminare il fumo

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Gli studi condotti dall’Università del Queensland hanno affermato che la prevalenza di fumo in Australia è di poco inferiore al 15 per cento, ma è necessaria una tabella di marcia dettagliata per ridurre tale cifra a zero. Tra le proposte dello stato australiano, la più audace sembrerebbe quella proveniente dal Centre for Research Excellence on Achieving the Tobacco Endgame (CREATE) che suggerisce di ridurre il numero di rivenditori di tabacco e di limitare le vendite a particolari punti vendita come le farmacie.

“L’Australia, leader mondiale nel controllo del tabacco, è stata all’avanguardia in molte nuove politiche”, ha affermato il professor Coral Gartner, direttore del CREATE. “Un’efficace strategia potrebbe aiutare i governi, i rivenditori e le persone che fumano a passare a una società senza fumo”.

ll professore Gartner ha dichiarato che dei piani specifici e un calendario devono ancora essere determinati, ma i ricercatori del Centro hanno suggerito di interrompere le vendite alle persone nate dopo un anno specifico e di eliminare gradualmente le vendite di sigarette.

I dati del Ministero della Salute hanno mostrato che circa 2,3 milioni di persone fumano tabacco ogni giorno in Australia, meno del 15% degli adulti, tale abitudine causa quasi un decesso su sette.

Il Governo federale mira a ridurre tale cifra al 10% entro il 2025.

University of East Anglia: ecig meglio di cerotti e gomme per smettere di fumare

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Una ricerca recente aggiorna i dati della Cochrane Review del 2016, aumentando i numeri degli studi considerati che confermano l’efficacia delle ecig nei percorsi di smoking cessation 

Sempre più studi confermano l’importanza delle ecig, e dei dispositivi a rischio ridotto in generale, come valido supporto a tutti coloro che vogliono smettere di fumare.

Nuovi aggiornamenti provengono infatti da una ricerca dell’University of East Anglia, che aggiorna il numero di studi compresi nella Cochrane Review, non più modificata dal 2016.

La review ora comprende un totale di 50 studi: tre di questi, che comparano l’utilizzo delle ecig con l’utilizzo delle terapie sostitutive come cerotti o gomme, dimostrano come il totale di tassi di abbandono della sigaretta convenzionale sia più alto tra coloro che utilizzano l’elettronica piuttosto che i metodi tradizionali.

In percentuale, 6 persone su 100 smettono grazie alle terapie convenzionali, mentre, se consideriamo le ecig, la percentuale sale a 10 su 100. Altri quattro studi (su un totale di 2312 soggetti) hanno evidenziato come la sola terapia comportamentale, o la totale mancanza di supporto, non portano agli stessi risultati in termini di cessazione rispetto all’utilizzo delle sigarette elettroniche. Percentuali che si attestano sui 4/6 soggetti in più ogni 100 in grado di smettere grazie a i dispositivi a rischio ridotto.

Secondo Caitlin Notley, della UEA’s Norwich Medical School, “a differenza delle gomme alla nicotina o dei cerotti, le ecig mimano l’esperienza del fumo perché sono dispositivi che si reggono in mano e producono un vapore simile al fumo della sigaretta … senza esporre chi fuma o chi li circonda al fumo della sigaretta convenzionale ma utilizzandole per fornire l’apporto di nicotina richiesto”.

Secondo la professoressa, l’approcciarsi della stagione invernale, e relative sintomatologie influenzali, e il timore per l’aumento di infezioni da coronavirus, pone l’attenzione, ora più che mai, sulla necessità per i fumatori di smettere di fumare: le ecig rappresentano una possibilità anche per coloro che hanno fallito in passato.

L’autore principale di questo aggiornamento, Jamie Hartmann-Boyce del Cochrane Tobacco Addiction Group,ha dichiarato: “Le ecig sono una tecnologia in continuo sviluppo. Le moderne sigarette elettroniche permettono il rilascio di nicotina in maniera migliore di quelle che sono state utilizzate per gli studi considerati e sono necessarie ulteriori ricerche per verificare se i tassi di abbandono del fumo tradizionale sono influenzati dal tipo di sigarette elettronica utilizzata”.

Il ricercatore sottolinea come siano necessari ulteriori studi per valutare gli effetti a lungo termine delle ecig. Lo scopo è mantenere la review periodicamente aggiornata per permettere ai fumatori, ai ricercatori e al personale sanitario di valutare effetti positivi e negativi dell’utilizzo di un prodotto che, ad oggi, potrebbe rappresentare lo strumento per eccellenza nella lotta al fumo. 

Smettere di fumare per prevenire il cancro al seno

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cancro al seno

Il mese di ottobre si tinge di rosa, per omaggiare e sostenere la ricerca e la prevenzione del cancro al seno. Un evento importante, mai come quest’anno che, segnato dalla pandemia da Covid-19, ha portato molte donne a rinunciare o posticipare i controlli di routine.

Sono tante le campagne e le iniziative attive in questo mese d’autunno: molti ambulatori in tutto il territorio italiano garantiscono la possibilità di sottoporsi a visite senologiche gratuite e, con l’occasione, diventano un momento di condivisione, dove cercare consigli, trovare materiale informativo e ricevere piccoli consigli da attuare nel nostro quotidiano.

Spiegare infatti come effettuare l’autopalpazione, significa sensibilizzare alla prevenzione di questo tipo di neoplasia, che ricordiamo colpisce una donna su nove.

I tumori mammari rappresentano il 30% della totalità di tumori maligni diagnosticati alle donne: nel 2019, i nuovi casi di carcinomi della mammella nel nostro paese sono stati 53.200. Dati che gettano una luce una una patologia con un indice di sopravvivenza a 5 anni pari all’87%.

Oggi prevenzione e informazione sono le armi più affilate che possediamo e, insieme ad analisi sempre più precoci e trattamenti mirati, permettono di aumentare le chance di sopravvivenza al cancro al seno. Purtroppo, molte pazienti aspettano ancora risposte specifiche per le forme più aggressive, che non rispondono alle terapie ad oggi disponibili, come per il tumore al seno triplo negativo, che compare già in giovane età, e per il carcinoma mammario metastatico, che colpisce circa 37.000 donne italiane.

Se avvertite qualcosa di sospetto, non esitate a prendere un appuntamento: la diagnosi precoce riveste infatti un ruolo fondamentale, al pari dei trattamenti diagnostici come la mammografia e l’ecografia, e della chemioterapia e della radioterapia.

Ma prevenzione significa anche avere uno stile di vita sano: smettere di fumare ed avere un’alimentazione equilibrata e ricca di vegetali sono strategie che possono fare la differenza.  

Siete donne fumatrici?

Sappiate che chi smette ha più possibilità di un esito positivo: è stato infatti provato da diversi studi la correlazione tra il fumo di sigaretta convenzionale ed il carcinoma della mammella. Una scelta, quella di smettere di fumare, che deve essere favorita da chi ci circonda: gli effetti negativi in termini di decorso patologico possono presentarsi anche a causa del fumo passivo.

I senologi (cosi tutti gli operatori sanitari in realtà) hanno il dovere di avvertire tutte le loro pazienti sui danni causati dal fumo e sulle possibili strade da intraprendere per uscire dal tabagismo.

Affidarsi ad un centro specializzato in smoking cessation è la prima scelta, il primo vero grande passo. In Italia, esistono tantissimi centri antifumo con personale specializzato che accompagna i fumatori verso un percorso si cessazione personalizzato ed efficace. Ti basta scegliere quello più vicino a casa tua per trovare una consulenza specifica e scegliere insieme ad un operatore lo strumento più efficace per iniziare una nuova vita senza fumo.

CDC: il declino dello svapo tra i giovani

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Un recente articolo pubblicato su Filtermag analizza la vicenda che ha visto protagonista il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC).

Il CDC ha reso pubbliche le ultime ricerche americane riguardanti il declino dello svapo tra i giovani e si è scoperto che il numero dei giovani statunitensi che svapano è diminuito di quasi 2 milioni.

Il CDC ha dichiarato che il 19,6% degli studenti provenienti dalle scuole superiori e il 4,7% degli studenti provenienti dalle scuole medie fa un uso frequente delle sigarette elettroniche, ma che la grande maggioranza, invece, non ne fa un uso quotidiano. Solo il 38,9% dei vapers delle scuole superiori e il 20% dei vapers delle scuole medie ha dichiarato di svapare almeno 20 giorni in un mese.

Secondo Robert Redfield, direttore del CDC di Atlanta (Georgia), è un risultato positivo che il numero dei giovani svapatori sia in diminuzione, ma in un comunicato stampa ha recentemente affermato che: “Anche se l’uso delle sigarette elettroniche tra i giovani della nostra nazione è diminuito, e questo è un risultato notevole per la salute pubblica, il nostro lavoro non si è affatto concluso”.

L’obiettivo del CDC è quello di impegnarsi a sostenere gli sforzi per proteggere i giovani da tutti i rischi attraverso il controllo e la prevenzione per la salute.

Ma ad attaccare il CDC, è stato David Sweanor, professore di diritto e presidente del comitato del Centro per il diritto della salute presso l’Università di Ottawa, in Canada. Secondo il docente, il CDC non sarebbe stato obiettivo nella valutazione a causa delle diverse pressioni amministrative.

Nonostante queste posizioni, resta comunque la prospettiva validata scientificamente della enorme percentuale di riduzione del danno a cui sono comunque esposti questi giovani, che, diversamente, avrebbero consumato solo sigarette convenzionali. I dati mostrano, infatti, che l’uso frequente e la dipendenza dalla nicotina sono comunque rari tra i giovani che non hanno mai fumato.

“Il fumo, che è di gran lunga il comportamento più pericoloso, continua a essere in declino durante l’era della popolarità dello svapo tra gli adolescenti”, ha dichiarato Kenneth Warner, professore presso la School of Public Health dell’Università del Michigan.

“I media e la politica dovrebbero continuare ad adoperarsi per ridurre l’esposizione dei giovani a tutti i prodotti a base di nicotina e tabacco”, hanno scritto Mendez e Warner. “Ma, non dovrebbero farlo a scapito di limitare il potenziale di tali prodotti per aiutare i fumatori adulti a smettere”.

“Esistono prove a dimostrazione del fatto che l’aumento della vaporizzazione giovanile sia associato a un rapido declino del fumo”.

Clive Bates, consulente ed ex direttore di Action on Smoking and Health (Regno Unito), ha affermato che il CDC aveva omesso una determinante area dai suoi set di dati.

“I dati chiave mancanti riguardano ciò che è successo ai giovani fumatori”, questo è quello che è stato rilasciato sula rivista Filter. “Quei dati sono stati trattenuti, quindi non sappiamo se il declino della vaporizzazione sia stato accompagnato da un aumento del fumo. Dato che il fumo è probabile che sia almeno venti volte più dannoso dello svapo, piccoli aumenti del fumo possono facilmente compensare il grande calo di vaporizzazione”.

Per Bates, i numeri dello svapo giovanile potrebbero rappresentare una cattiva notizia, ma non per le ragioni presentate dal CDC.

Ad agosto, il CDC ha anche pubblicato i risultati dell’indagine più ripetuta nell’ultimo periodo riguardo il Sistema di Sorveglianza dei Comportamenti a rischio Giovanili, che serve come fonte significativa di informazioni sui comportamenti a rischio più comuni tra i giovani.

È emerso che quasi un terzo degli studenti delle scuole superiori intervistati ha svapato. Nel frattempo, solo il 6% fumava sigarette, mentre un numero simile fumava sigari. Dato che lo svapo è circa il 95% più sicuro del fumo, secondo un’analisi spesso citata dalla Public Health England, la recente prevalenza comparativa del primo tra i giovani consumatori di nicotina è significativa.

Resta da vedere se gli sforzi stabiliti dall’istituzione sanitaria pubblica statunitense volti a ridurre i tassi di vaporizzazione dei giovani avranno conseguenze indesiderate.

ISPM – la scuola per Project Manager in ambito clinico promossa dal CoEHAR di Unict riparte per la sua seconda edizione

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I numeri della prima edizione della ISPM, International Summer School on Project Management del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, avevano già lasciato intendere che sarebbe stata un successo. Quindici giovani project manager nel 2019, arrivati da più di 10 Paesi diversi, due contratti di collaborazione in corso, una community attiva ogni giorno sui temi del project management e tre progetti già al vaglio di grandi aziende del settore. Su queste basi, la seconda edizione di ISPM non poteva non partire con numeri raddoppiati. 

Su 140 domande di partecipazione arrivate da più di 40 Paesi diversi, sono stati selezionati quest’anno 30 partecipanti provienienti da tutto il mondo. Vista la pandemia di COVID-19 che rende ancora poco agevoli gli spostamenti, l’edizione 2020 è stata posticipata a Marzo 2021 ma la lezione inaugurale si terrà on-line Giovedì 8 ottobre alle ore 14 e vedrà la partecipazione degli studenti, dei docenti e di tutti i partner istituzionali. 

Per l’Ateneo, ad aprire i lavori ci sarà la prof.ssa Vania Patanè, Pro-Rettore dell’Università degli Studi di Catania. Con lei anche il direttore del CoEHAR, prof. Giovanni Li Volti; il suo fondatore, prof. Riccardo Polosa ed il coordinatore di ISPM, dott.ssa Daniela Saitta.  

Durante l’evento, due ex studenti, Hesham Nasr e Marta Mangione, racconteranno della loro esperienza lavorativa iniziata grazie a ISPM nel 2019.  

Lezione Inaugurale 

Programma 

Intervento delle Istituzioni accademiche

Testimonials di ISPM 2019: Hesham Nasr e Marta Mangione (Project Managers)

Docenti ISPM

  • Daniela Saitta (CoEHAR – Coordinatore di ISPM)
  • Giacomo Franco (PMI- SIC, Project Management Institute Southern Italy Chapter)
  • Edoardo Grimaldi (PMI- SIC, Project Management Institute Southern Italy Chapter)
  • Paolo Fidelbo (PMI- SIC, Project Management Institute Southern Italy Chapter)
  • Rosario Faraci (Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Catania)
  • Lorenzo Vetrano (Agile Coach, Bax Energy)
  • Denise Stevens (Presidente e fondatrice di Matrix Population Health Strategies)
  • Axel Klein (Research Fellow, Global Drug Policy Observatory)

Presentazione degli studenti ISPM

Usha Rani (India), Giada Li Calzi (Italia), Nicola Pizzichillo (Italia), Ankit Parolia (India), Andrea Amenta (Italia), Margarita Flores (Guatemala), Joseph Magero Omoto (Kenya), Zubair Malik (Pakistan), Kishore Kumar Subramanian (India), Anela Plescan (Romania), Manpreet Kaur (India), Nadia Angelska (Bulgaria), Vesara Ardhe Gatera (Indonesia), Maria Paula Oshio Mariano (Brasile), Olatunji Uche (Nigeria), Hubert Put (Polonia ), Maciej Sobczyk (Polonia), Silvia Boffo (USA), Alba Corina Romeo (El Salvador), Maria Ahmed Qureshi (Pakistan), Viktoria Kostova (Bulgaria), Bonifacio Monti (Italia), Vincent Makwiti (Malawi), Nwaka Mwambene (Malawi), Alaa Ben Abdallah (Tunisia), Husam Rajab (Palestina), Walid Ihadjadjen (Algeria), Slobodanka Kostic (Bosnia ed Erzegovina), Vanessa Susana Gonçalves da Cunha (Portogallo), Clara Vieira (Portogallo)