mercoledì, Giugno 25, 2025
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Vapril, l’iniziativa UK che consiglia il vaping per smettere

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Il mese di aprile, in Inghilterra, è dedicato alla cessazione: Vapril è la campagna che si rivolge direttamente ai fumatori e li incoraggia a passare ai dispositivi a rischio ridotto, organizzata dalla UKvia, UK Vaping Industry Association.

Un’attività giunta ormai alla quarta edizione e che vede il forte supporto di Public Health England, la più importante autorità di salute pubblica inglese che da anni ormai promuove il vaping come strumento nei percorsi di smoking cessation.

L’edizione del 2021 sarà interamente online, ma ciò non modifica l’obiettivo finale: raggiungere quanti più fumatori possibili convincendoli a smettere grazie alla sigaretta elettronica.

Una campagna che negli ultimi anni, secondo quanto riportato da una ricerca di One Poll, ha permesso a molti tabagisti di smettere: su un campione di 2000 adulti, il 72% ha dichiarato di essere passato al vaping grazie alla campagna.

Un grande obiettivo in un paese, l’Inghilterra, dove si contano circa 3 milioni di svapatori e dove le autorità di salute pubblica non solo incoraggiano la cessazione attraverso i dispositivi a rischio ridotto, ma consigliano al personale medico e sanitario di promuovere questa alternativa nei percorsi di smoking cessation.

L’edizione di quest’anno si è aperta con un webinar a cui hanno partecipato alcuni tra i maggiori esperti internazionali, tra cui Clarence Mitchell, John Dunne, Mark Pawsey, Patricia Kovacevic e Clive Bates, che hanno fornito una panoramica generale del settore e delle sfide che devono essere compiute per combattere la disinformazione sui prodotti a rischio ridotto.

Il sito di Vapril offre una panoramica a 360° del mondo del vaping e permette all’utente di navigare in tutta facilità tra le diverse sezioni: si possono conoscere le esperienze di chi ha smesso, si possono scaricare piani per lo switch e trovare i negozi per svapatori più vicini alla propria posizione. 

Un’iniziativa che permette alla Gran Bretagna di essere ancora la capofila di un movimento che incentiva attivamente i fumatori a provare alternative al fumo, incoraggiando al contempo scelte di vita più salutari.

UNICEF e LIAF: milioni di bambini a rischio nelle piantagioni di tabacco

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Fumare una sigaretta regala una piacevole, ma effimera, sensazione di piacere. Quando fumi di certo non pensi a come quel prodotto è stato creato. Ma dietro ad un pacchetto di sigarette convenzionali esiste un’industria che mette a rischio le categorie più vulnerabili, anche i minori.

L’articolo 32 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza recita: “Gli stati parte riconoscono il diritto di ciascun bambino, bambina, ragazzo e ragazza ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e non essere costretto ad alcun lavoro che rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo…

Indonesia, Malawi, Zimbabwe, Filippine sono Paesi in cui crescere significa iniziare a lavorare sin da piccoli per collaborare al mantenimento economico della famiglia. Nel mondo, sono 152 i milioni di bambini vittime di sfruttamento, di cui circa 73 milioni sono costretti a lavori pericolosi e dannosi per lo sviluppo e la salute. Una piaga, quella del lavoro minorile, che affonda le sue radici nella necessità, nella fame e nel bisogno: domanda e offerta, in una logica dura da spezzare.

Spesso si tratta di lavori massacranti, in alcuni settori più di altri. E tra questi, ad esempio, i lavori svolti nelle piantagioni di tabacco da migliaia di ragazzini, e il cui ricavato alimenta un’industria da miliardi di dollari l’anno.

Qualche anno fa, Human Rights Watch denunciava l’impiego di lavoratori adolescenti nelle piantagioni di tabacco in USA (North Carolina, Tennesse, Virginia e Kentucky). Ragazzi di 16 e 17 anni che venivano assunti senza sapere quale fosse il prezzo che pagavano in termini di salute. 

Ma spostiamoci verso aree più lontane da noi, come l’Indonesia. In una intervista pubblicata sempre da Human Rights Watch a parlare è Ayu, una ragazzina di 13 anni. Ora, l’Indonesia è uno stato con una regolamentazione tra le più importanti per quanto riguarda il lavoro minorile nel sud-est asiatico. Sappiamo che la logica stringete della domanda e dell’offerta purtroppo sfugge alle maglie legali nelle aree più lontane e rurali, dove la fame e il bisogno sono una realtà quotidiana. Ma le condizioni di lavoro che Ayu racconta testimoniamo una vita dove la necessità rende prigionieri ragazzi che molto spesso abbandonano lo studio per aiutare le proprie famiglie. 

Paesi lontani tra loro, alcuni più sviluppati altri meno. Ma ciò che colpisce è un fattore comune: tutte le storie, da quella americane a quelle indonesiane o brasiliane, parlano di sofferenza e dolore. 

I ragazzi costretti a lavorare nelle piantagioni, senza dispositvi di sicurezza adeguati, sperimentano nausea, vomito, vertigini. Senza parlare dello stato di intossicazione prodotto da pesticidi e agenti chimici utilizzati per massimizzare la produzione.

L’esposizione a sostanze tossiche ha sia effetti immediati sul corpo, che risvolti più subdoli sullo sviluppo fisico e cognitivo di questi ragazzi. A ciò, si somma la stanchezza e il pericolo di lavorare ore ed ore in condizioni di umidità e caldo insopportabili.

E se questo era lo scenario qualche anno fa, la situazione attuale potrebbe essere peggiorata: secondo un report di UNICEF e ILO, la pandemia e la conseguente estrema povertà potrebbero aver aumentato i numeri riguardanti lo sfruttamento minorile.

Ma come possiamo tutelare i bambini e i ragazzi che crescono in contesti simili? E come possiamo proteggerli se cresciuti in contesti a rischio dipendenza?

Abbiamo intervistato la Presidente Nazionale UNICEF Italia, Carmela Pace, prima donna a ricoprire questa carica nella storia dell’organizzazione in Italia.

1) Quali dati esistono in merito allo sfruttamento del lavoro minorile in Italia e negli altri paesi del Mondo?

A livello globale, 152 milioni di bambini – 64 milioni di bambine e 88 milioni di bambini – sono coinvolti nel lavoro minorile, vale a dire 1 su 10; questa proporzione aumenta nei paesi più poveri del mondo, dove poco più di 1 bambino su 4 è coinvolto nel lavoro minorile. Secondo un recente studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e dell’UNICEF, a causa della pandemia da COVID-19 milioni di bambini in più rischiano di essere spinti verso il lavoro minorile.

Per quanto riguarda l’Italia non ci sono dati aggiornati su questo fenomeno e sarebbe necessario avviare un’indagine a livello nazionale per inquadrare il fenomeno nel nostro paese. 

Come UNICEF Italia riteniamo opportuno ricordare che quando un bambino viene sfruttato perde l’istruzione, le famiglie, talvolta anche la vita. Il lavoro minorile interferisce con l’istruzione ed è pericoloso per lo sviluppo fisico, mentale, sociale e/o morale di un bambino. Sono ancora troppi i bambini privati della loro infanzia, vittime, loro malgrado, di una realtà spietata che li costringe a diventare improvvisamente adulti e li espone a pericoli inimmaginabili. 

2) Qual è la politica di UNICEF nel tutelare i bambini che provengo da situazioni famigliari a rischio (come per esempio contesti di dipendenza)?

I bambini sono bambini sempre a prescindere da dove provengano o si trovano e i loro diritti devono essere rispettati. I bambini dovrebbero vivere e crescere in contesti sicuri dove poter essere ascoltati, compresi e guidati al fine di sviluppare il proprio potenziale e diventare degli adulti consapevoli. 

Ciò che non dovrebbe mai succedere è che un bambino che vive in un contesto a rischio venga dimenticato, lasciato indietro. L’UNICEF lavora con le Istituzioni, le comunità, i governi in tutto il mondo affinchè nessun bambino venga lasciato solo, sia protetto e siano rispettati i suoi diritti. 

3) UNICEF ha mai attivato delle collaborazioni con organizzazioni internazionali che si occupano di controllo del tabacco?

Nelle sue partnership e collaborazioni l’UNICEF ha degli standard di selezione molto elevati, orientati al rispetto dei diritti dei bambini e dell’ambiente. Sulle aziende operanti nel settore del tabacco, l’UNICEF ha delle linee guida molto rigorose che escludono la possibilità di collaborazioni. 

La Convenzione dei diritti dell’infanzia sottolinea il diritto del bambino a godere del “più alto standard di salute raggiungibile” e include obblighi dettagliati per gli Stati, molti dei quali sono rilevanti per proteggere i bambini dagli effetti nocivi del tabacco.

4) Quale messaggio positivo la vostra Presidente vuole lanciare per promuovere la tutela e la salvaguardia dei bambini che crescono negli ambienti a rischio? 

Ci sono milioni di bambini che vivono in condizioni di forte insicurezza e a rischio in Siria, in Yemen, in Repubblica Democratica del Cogno, solo per fare alcuni esempi. I bambini sono quelli che spesso pagano il prezzo più alto di scelte che non hanno fatto, di violenze a cui non dovrebbero essere esposti o guerre che non hanno mai voluto. È nostro dovere essere presenti e vigili e assicurare ad ogni bambino la giusta opportunità di vita. Noi dell’UNICEF operiamo in oltre 190 paesi e territori in tutto il mondo. L’obiettivo della nostra organizzazione è di raggiungere fino all’ultimo bambino e non lasciare indietro nessuno. 

Tobacco Harm Reduction: esiste un “colonialismo filantropico” nei confronti dei paesi in via di sviluppo?

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Cosa lega una iniziativa privata tesa a prevenire il fumo tra gli adolescenti negli Stati Uniti con l’implementazione di Politiche da Riduzione del Danno da Fumo nei paesi maggiormente colpiti da questa piaga? Apparentemente nulla. In realtà, vi è una marcata linea rossa che unisce le due dinamiche.

La Bloomber Philantropies

Nel Settembre 2019 la Bloomberg Philanthropies stanziava 160 milioni di dollari per una campagna dalla durata di tre anni tesa a promuovere politiche anti-fumo tra gli adolescenti statunitensi. Tra gli obiettivi dell’iniziativa, il divieto di commercializzazione delle sigarette elettroniche (e relativi aromi) e il blocco delle attività di tutte le società produttrici di Ecig nel Paese.

Negli anni successivi, il messaggio anti-vaping dominava la discussione politica tra i media statunitensi insieme alla paura crescente di rischi per la salute erroneamente collegate all’uso di sigarette elettroniche. Insieme agli Stati che vietavano tout-court la commercializzazione e l’uso di tali dispositivi montava, infatti, una progressiva campagna di demonizzazione delle e-cig e dei rischi collegati al loro utilizzo.

Tutto questo ha portato un risultato concreto: tra il 2019 e il 2020 si è assistito ad un drastico calo nell’utilizzo di ecig tra gli adolescenti statunitensi.

Una storia di successo, che ha visto l’iniziativa filantropica di un privato raggiungere un obiettivo di salute pubblica.

Ma è davvero cosi’?

Quando la filantropia diventa dannosa

In realtà, secondo molti esperti internazionali, le iniziative del miliardario Michael Bloomberg promuovono un approccio distorto al Tobacco Harm Reduction ed hanno ripercussioni politiche per tutte le politiche di Riduzione dal Danno da Fumo a livello globale.

La scienza deve servire la verità, non gli interessi e le ideologie – ha commentato il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR e considerato lo scienziato più citato al mondo nel campo degli studi scientifici sulle sigarette elettroniche – “È facile fare allarmismo ingannando chi non ha conoscenze adeguate per valutare le informazioni in modo critico, e trovo che sia molto disonesto che eminenti scienziati e filantropi abusino della loro posizione e della loro conoscenza per disorientare cittadini, giornalisti e governi.”

Numerosi studi scientifici hanno ormai appurato come le sigarette elettroniche siano uno strumento meno dannoso per la salute rispetto alle sigarette convenzionali. Il mercato di riferimento a cui principalmente si rivolgono tali strumenti è quello dei fumatori adulti che non riescono a smettere di fumare da soli e scelgono di passare a soluzioni prive di combustione.

Vietare integralmente l’uso di sigarette elettroniche per stoppare l’utilizzo tra gli adolescenti non sembrerebbe la scelta più opportuna poiché, secondo molti esperti del settore, produce più danni che benefici per tutti gli adulti che cercano di smettere di fumare.

Qualsiasi crociata contro lo svapo è contro gli interessi della salute pubblica. Ed è tanto più odioso quando sostenuto da milioni di dollari milioni infatti è la parola chiave. Milioni di persone vogliono smettere di fumare ma non ci riescono, quindi continuano con un’abitudine che ne ucciderà la metà a causa di tutte le sostanze cancerogene rilasciate dalla combustione. È il fumo che uccide, non la nicotina. Lo svapo aiuta le persone a smettere” ha dichiarato a LIAF Harry Shapiro, giornalista internazionale e rinomato esperto di Tobacco Harm Reduction.

Cento milioni di persone in tutto il mondo hanno già intrapreso questa via (della sigaretta elettronica) per evitare il fumo, ma questa è solo una piccola parte rispetto al miliardo di persone che ancora fumano in tutto il mondo. Un’agenda morale contro l’uso della nicotina non fa nulla per ridurre il bilancio delle vittime del fumo che- secondo le stime dell’OMS – causerà un miliardo di vittime entro la fine del secolo” ha aggiunto l’editore esecutivo del Global State of Tobacco Harm Reduction report.

Una crociata contro i poveri

Le attività filantropiche di Bloomberg non si limitano all’Occidente ma, attraverso una complessa rete di organizzazioni senza scopo di lucro che finanziano ed influenzano il processo di definizione delle politiche di salute pubblica, si ramificano anche in molte paesi in via di sviluppo.

Il dibattito sulle Ecig e, in particolare, sul diritto dei fumatori ad avere alternative piu’ sicure rispetto alla sigaretta tradizionale non si limita solo ad una questione di salute pubblica ma fa parte di un più ampio dibattito di giustizia sociale per i paesi più poveri. La maggior parte dei fumatori si concentra infatti nei paesi a medio e basso reddito.

L’80% di fumatori vive nel Sud-Est Asiatico, Africa, Medio Oriente e nell’area Mediterranea. In paesi come Cina, India e Indonesia i fumatori nazionali rappresentano il 46% di tabagisti globali. In queste regioni, anche la mortalità da fumo è la più alta al mondo.

Nonostante la filantropia sia necessaria nei paesi in via di sviluppo, quando viene utilizzata per influenzare la politica e raggiungere obiettivi ostili agli interessi di un paese, le conseguenze possono essere disastrose.” Così si esprime a proposito del “colonialismo filantropico” Samrat Chowdhery, Presidente dell’International Network of Nicotine Consumer Organisations (INNCO).

Ed è proprio un recente report dell’INNCO a confutare tutte le argomentazioni fornite dall’Unione, finanziata da Bloomberg, sul divieto di alternative a basso rischio nei Paesi in via di Sviluppo.

“Il termine filantropicapitalismo si applica in particolare alle modalità con cui Bloomberg Philanthropies sostiene tutte le politiche anti-svapo nei paesi in via di sviluppo, di fatto privando i fumatori locali di un’alternativa meno dannosa. La discriminazione è evidente perché non propongono gli stessi divieti nel mondo sviluppato” ha dichiarato Chowdhery.

Yoga: raggiungere il benessere mentale e fisico per dire addio alla sigaretta

yoga smettere di fumare conscious design
yoga pic by conscious design

Omeopatia, agopuntura, yoga, aromaterapia, fitoterapia, ayurveda, medicina tradizionale cinese e shiatsu: sono tantissime le discipline olistiche con cui spesso si entra in contatto.

Le diverse pratiche che afferiscono alla medicina olistica comprendono un metodo di cura totale della persona, agendo sugli aspetti fisici, mentali, emotivi e spirituali per riequilibrare lo stato di salute generale e migliorare la qualità della vita. Il soggetto si riappropria di un sano equilibrio psicofisico, stimolando il naturale processo di auto guarigione.

Non solo corpo, quindi, ma anche anima, mente ed emozioni: “olismo” infatti deriva dal greco e significa totalità. 

Certo, smettere di fumare è un percorso che richiede l’aiuto di uno specialista per aumentare le possibilità di riuscita e non abbracciare terapie self made.

Però esistono diverse discipline che possono aiutare il tabagista: il Reiki, ad esempio, è una terapia complementare di tipo energetico, aiuta a disintossicare l’organismo liberandolo dalla nicotina, principale responsabile della dipendenza. Inoltre agisce a livello mentale, modificando i comportamenti legati alla ritualità, alla gestualità e ai sintomi dell’astinenza.

La Moxibustione è una tecnica derivante dalla medicina cinese: come l’agopuntura, stimola dei punti riflessi ma, anziché usare degli aghi, sfrutta le proprietà terapeutiche del calore. In questo modo si inibiscono i centri nervosi dando degli imput al corpo umano e attenuando le tensioni e l’ansia derivanti dall’astinenza.

Un aiuto viene anche dall’Ayurveda, una pratica che spiega come il cibo alcalino, ad esempio avena, spinaci, uova, mandorle e fichi, sia d’aiuto attenuare la voglia di fumare. Utile anche il ginko biloba, un potente antiossidante che permette all’ossigeno di alimentare i vasi sanguigni compromessi.

Molto spesso, quando si decide di smettere di fumare si è restii ad intraprendere un’attività sportiva. Contrariamente a quanto si pensa, invece, i periodi di difficoltà o di cambiamento sono i migliori per introdurre una nuova routine sportiva.

Tra le pratiche olistiche più importanti che fondono il benessere mentale con quello fisico vi è lo yoga

Abbiamo intervistato Michele Pernetta, fondatrice d egli studi Fierce Grace Yoga, basati su un evoluzione dello hot yoga, e insegnante tra le più conosciute nel panorama internazionale. Michele, con nostra sorpresa, ci ha raccontato che proprio chi decide di smettere di fumare può trarre maggiormente giovamento dalla pratica dello yoga.

Buongiorno Michele, lo yoga può davvero essere di aiuto a un fumatore che vuole smettere?

Qualsiasi tipo di esercizio fisico può coadiuvare un percorso di cessazione. Lo yoga però è impareggiabile nel portare il fisico a uno stato di totale benessere e vitalità. Lo yoga, infatti, migliora la capacità e l’elasticità polmonare, aiutando l’ossigenazione nel sangue, migliorando l’equilibrio tra i principali sistemi dell’organismo, contribuendo a disintossicare il corpo, migliorando la digestione e l’assorbimento dei nutrienti, aumentando la resistenza: il tutto corroborato da centinaia di anni di pratica, che rendono lo yoga una disciplina completa.

Esiste anche un aspetto strettamente correlato al rapporto con sé stessi: molto spesso fumando ci dimentichiamo di ascoltare il nostro corpo e ciò che davvero vuole. Attraverso lo yoga re-impariamo a stare bene, e ristabiliamo una relazione con noi stessi che si fonda sul rispetto del nostro copro. 

Su cosa influisce lo Yoga e che giova a un fumatore che ha deciso di smettere?

Lo yoga allontana lo stress sia a livello fisico, attraverso lo stretching e tutte gli esercizi per l’intero corpo, ma anche attraverso le pratiche di respirazione, che aumentano l’apporto di ossigeno agli organi e permettendo di staccare la spina per un po’ di tempo. È provato infatti che il sollievo generato dal fumo dura pochi minuti: una lezione di yoga, al contrario, ci fornisce 90 minuti di detossificazione, generando un benessere tangibile per il fisico, opposto a quello fittizio generato da una sigaretta.

Come convincere un fumatore a smettere?

Un beneficio immediato dell’iniziare un percorso di yoga, mentre si prova a smettere di fumare, è che semplicemente dopo poco tempo si capisce il limite che il fumo crea sul proprio fisico e sulle proprie performance.

Questo è il vero obiettivo per smettere: mano a mano che miglioriamo negli esercizi, siamo più propensi ad abbandonare gli ostacoli che ci impediscono di raggiungere l’obiettivo.

Lo yoga ci fornisce gli strumenti per sentirci a nostro agio, sani, senza stress e pieni di vitalità. Queste sono le ragioni che ci permettono di abbandonare definitivamente le nostre cattive abitudini, lasciando da parte il filo senso di benessere che una dipendenza crea. 

Il modo migliore per cambiare è di non porre tutta la nostra attenzione su quello che vogliamo modificare, ma concentrarci su ciò che c’è di nuovo e di positivo nella nostra vita, così che possiamo gradualmente abbandonare le cattive abitudini ed abbracciare il nostro nuovo io.

Mister Ranieri invita chi vuole smettere di fumare a rivolgersi ad un esperto

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“Per smettere di fumare chiedi aiuto ad un esperto”: è questo il messaggio della nuova campagna sulla disassuefazione dal fumo promossa in 11 Paesi da Pfizer attraverso il sito web Cigaretteless, che raccoglie informazioni e strumenti utili per smettere di fumare.

“Dire addio alla sigaretta è possibile: chi si rivolge ad un medico triplica la probabilità di riuscire a smettere di fumare rispetto a chi prova da solo” – si legge sul sito.

Il video con protagonista il coach Claudio Ranieri, invita chi vuole smettere di fumare a rivolgersi a un Centro antifumo, triplicando così le probabilità di riuscire a raggiungere l’obiettivo. Quello che tante persone decise a dire stop alle sigarette non sanno, infatti, è che possono contare sul supporto degli oltre 290 Centri antifumo attivi in Italia, dove un’équipe formata da medici, psicologi, personale infermieristico e altre figure specializzate può seguire passo dopo passo il fumatore nel percorso di abbandono del fumo.

Giornata Mondiale della Salute: cambiare per un futuro più sano, senza fumo

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Il 7 aprile ricorre l’anniversario della Giornata Mondiale della Salute istituita dall’OMS per creare consapevolezza su tematiche specifiche riguardanti la salute.

Motto di quest’anno è “Costruire un mondo più sano e più giusto“: la recente pandemia da Covid-19 ha infatti acuito le disparità sociali, aumentando i tassi di povertà e creando un clima di incertezza sanitario-economica che ha favorito il divario tra classi sociali.

L’OMS stima infatti che la pandemia abbia portato sulla soglia della povertà oltre 100 milioni di persone.

La situazione attuale però può essere sfruttata per creare nuove opportunità: la crisi del sistema sanitario globale ha dimostrato la necessità di porre di nuovo l’attenzione sulla salute del singolo e sulle politiche che possono aiutare ad adottare uno stile di vita più sano.

La salute non è più solo appannaggio della comunità scientifica, ma un bene primario da difendere: perché dunque non cogliere questa occasione per lasciarsi alle spalle le cattive abitudini, come il fumo?

Smettere di fumare è una scelta che sin dall’inizio comporta un netto miglioramento delle condizioni di vita e della salute in generale, diminuendo i classici effetti collaterali delle sigarette convenzionali.

Ma lasciarsi alle spalle un’abitudine non è mai scontato: ecco perchè è importante rivolgersi a centri specializzati o ai professionisti della smoking cessation, che possono costruire un percorso su misura e fornire le indicazioni migliori per cambiare.

La redazione di LIAF in occasione di questa giornata ha realizzato un breve video che spiega quali sono i cinque motivi più importanti per smettere di fumare.

USA: durante il lockdown più fumatori ma anche più svapatori

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lockdown usa ecig

Comprendere le abitudini di fumatori e svapatori durante i periodi acuti di stress, attraverso ricerche e questionari, permette di capire quali fattori esasperano il ricorso alle sigarette e quali soluzioni possono essere d’aiuto.

I ricercatori del CoEHAR sono stati tra i primi al mondo a realizzare una questionario online che ha tracciato le abitudini di fumatori e svapatori durante il lockdown italiano di Marzo 2020.

Un periodo di forte stress, coinciso con alcune decisioni, per fortuna temporanee, di chiusura di alcuni esercizi commerciali essenziali, come i vapeshops.

Ad oggi, anche in altre nazioni sono stati pubblicati i risultati di questionari simili.

Ad Agosto 2020, infatti, è stata condotta una ricerca simile dai ricercatori del Massachusetts General Hospital, in USA, per monitorare i cambiamenti nelle abitudini di fumatori e svapatori durante il lockdown.

È chiaro che questo studio va inserito nel contesto legato al tabagismo negli Stati Uniti: sappiamo che in questo paese vi è una forte opposizione a qualsiasi forma di assunzione del tabacco, sigarette elettroniche incluse, rifiutando le prove scientifiche che indicano invece la relativa pericolosità dei dispositivi elettronici rispetto alle sigarette tradizionali.

Lo studio “Smoking and Vaping Among a National Sample of U.S. Adults During the COVID-19 Pandemia” è stato condotto su un campione di 1024 adulti con una storia di più di sei mesi di fumo o di uso di ecig.

In USA molti correlavano fumo e svapo all’aumento del rischio di contrarre forme gravi di coronavirus: per questo motivo, il 26% di fumatori e ben il 41% di svapori ha dichiarato il tentativo di voler smettere di fumare.

Tra i fumatori, il 45% non ha riportato alcun cambiamento nelle proprie abitudini, mentre il 33% ammette di aver incrementato il consumo di sigarette a causa dello stress e dell’ansia dovuto alla situazione generale.

Tra gli svapatori, il 41% non ha avvertito alcun tipo di cambiamento nelle proprie abitudini, mentre il 23% ha riportato un aumento di consumo di ecig.

Mentre da un alto i ricercatori si auspicano un aumento dei servizi di assistenza per aiutare questi fumatori a smettere di fumare definitivamente, poco viene detto riguardo alla possibilità di consigliare ad un numero purtroppo alto di fumatori che non riesce a smettere di provare a switchare verso prodotti meno dannosi.

Purtroppo, la differente comunicazione e conseguente regolamentazione in materia di vaping tra stati crea un’alone di pregiudizi abbastanza difficile da scalfire, il che impedisce che gran parte dei fumatori possa passare alle ecig e, dunque, ridurre significativamente i rischi correlati alla lora abitudine.

Questionari di questo tipo, in ogni caso, rimangono un ottimo punto di osservazione per capire le abitudini di fumatori e svapatori nel mondo e creare programmi e percorsi ad hoc che possano aiutare tutti coloro che vogliono smettere di fumare .

Nuovo studio Cochrane: chi ha smesso durante il lockdown è più sereno

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Come sappiamo, l’anno che abbiamo vissuto ha causato non poche tensioni. Soprattutto a livello psicologico, è stato fortemente determinante.

Diversi gli studi condotti e tante le ricerche che hanno messo in evidenza le dinamiche che si sono venute a creare a causa del lockdown generalizzato. A cambiare, anche le abitudini della popolazione. Tra gli aspetti positivi, c’è chi ha voluto approfittare del momento per dedicarsi alla cura della propria persona e chi ha deciso di intraprendere uno stile di vita salutare.

E i fumatori, come si sono comportati? Esiste una correlazione tra il fumo e la salute mentale?

Sembrerebbe proprio di sì. A sottolinearlo l’ultima ricerca Cochrane coordinata da Gemma Taylor del gruppo Addiction & Mental Health dell’Università di Bath pubblicata dalla Cochrane Library lo scorso marzo, che rileva la riduzione dei livelli di ansia e depressione tra le persone che smettono di fumare.

La revisione Cochrane parte dall’analisi di 102 studi d’osservazione che hanno coinvolto quasi 170.000 soggetti.

E’ stato rilevato che le persone che hanno smesso di fumare per almeno 6 settimane hanno sperimentato meno depressione, ansia e stress rispetto alle persone che hanno continuato a fumare.

La ricercatrice e autrice dello studio, Gemma Taylor, ha misurato le variazioni dei sintomi di salute mentale nelle persone che hanno smesso di fumare in confronto con quelli osservati in chi non aveva rinunciato al vizio del fumo.

Il risultato? Secondo lo studio, i soggetti che hanno smesso di fumare sono arrivati a provare sentimenti più sani e positivi, migliorando il proprio benessere psicologico.

“Dai risultati ottenuti emerge che il legame tra cessazione del fumo e stato dell’umore sembra essere significativo e, soprattutto, non ci sono prove che le persone con disturbi della salute mentale sperimentano un peggioramento delle loro condizioni se smetteranno di fumare”, ha dichiarato l’autrice dello studio.

Che aggiunge: “Dopo l’anno che abbiamo avuto, alcuni fumatori potrebbero pensare che non sia il momento di smettere. È vero invece il contrario: per chi si lascia il fumo alle spalle si prospetta un futuro luminoso. Usare sostituti della nicotina, che siano cerotti, gomme da masticare o vaporizzatori, può aiutare ad affrontare eventuali sintomi di astinenza, che spariscono in qualche settimana. Certo è che una volta che avrete smesso di fumare non solo sarete più sani, ma anche più felici”.

Pasquale Caponnetto, ricercatore del CoEHAR e docente di Psicologia Clinica e delle dipendenze dell’ Università di Catania, ha così commentato lo studio: “Da anni, proprio come noi all’Università di Catania, il team coordinato dalla prof.ssa Taylor studia i fenomeni di associazione fumo e disagio psichico. Questo studio abbatte il tabù che smettere di fumare enfatizzi il disagio psichico sottostante e anzi promuove il messaggio concreto che smettere di fumare è un inizio per una nuova salute fisica e mentale”.

Leggi anche: Fumo e pandemia: come combattere l’abitudine?

Pensi ad una gravidanza? Ecco perché meglio smettere subito di fumare

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Nei confronti di una vita che sta per arrivare, come quella di un bambino, smettere di fumare è un obbligo. Smettere all’inizio di una gravidanza, è ancora meglio. Riuscirci seguendo il metodo migliore, come quelli naturali, sarebbe l’ideale.

Sapendo, ormai, quanto incida il fumo passivo, a smettere di fumare dovrebbero essere entrambi i genitori, ma la gravidanza, per una donna, significa andare incontro all’inizio di un periodo molto particolare. Anche per questo sarebbe un bene avere il parere dei medici e degli esperti della smoking cessation.

Fumare in gravidanza? No, grazie.

Ma perché non bisogna fumare durante la gravidanza? Il fumo, che è nemico per eccellenza della salute di tutti, lo è anche del feto e della fertilità. Secondo degli studi, le donne che fumano anche molto più degli uomini, non sempre riescono nell’ardua impresa di smettere del tutto. Ci sono delle donne che riescono a smettere solo durante il periodo dell’allattamento, ma sarebbe indicato smettere molto prima.

Quali sono i rischi che si corrono? Tra i rischi più comuni c’è quello dell’aborto, della gravidanza extrauterina e la morte prematura ma anche una lenta e scorretta crescita del feto.

Il percorso della smoking cessation è un percorso molto lungo e difficile, ma dal momento che i rischi sono diversi e molto gravi, è il primo passo da compiere per affrontare serenamente la gravidanza anche quando non è ancora arrivata.

Rinunciare al fumo immediatamente si può. Farlo naturalmente, pure. Come? Approfittando dell’arrivo della primavera per uscire a fare delle passeggiate all’aperto, praticando sport e cambiando in meglio la propria routine, traendo così dei benefici sia per la mamma che per il nascituro.

Leggi anche: Donne e fumo, prevenire si può

IEVA: che sfide attendono il mondo del vaping prima del COP9?

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ieva cop9

Ogni due anni, la Conferenza delle Parti (COP) si riunisce per modificare le linee guida della Framework Convention on Tobacco Control, un vero e proprio insieme di norme e suggerimenti per mitigare la diffusione del fumo e tentare di porre un freno al numero di morti per patologie fumo correlate.

Il COP9 previsto in Olanda è stato rimandato a Novembre e, sebbene non sia chiaro in che modo sarà organizzato per via delle restrizioni previste dalla pandemia, si sa che l’apertura o meno della Convenzione alle strategie di riduzione del danno influenzerà le decisioni in materia di regolamentazione a livello globale.

Per questo motivo la IEVA, la Independent European Vape Alliance, ha promosso lo scorso 30 Marzo un webinar che ha avuto come speakers tre esperti di politiche pubbliche internazionale sull’Harm Reduction. “Quali sfide attendono il mondo del vaping nei prossimi mesi?” – si sono chiesti.

A partecipare all’incontro, Harry Shapiro, autore del Global State of Tobacco Control, Atakan Befrits, membro di INNCO e Peter Beckett, esperto europeo di politiche di harm reduction.

“Il vaping viene accomunato al fumo tradizionale, con la conseguenza che i fumatori che decidono di smettere sono dubbiosi se approcciarsi o meno ai dispositivi a rischio ridotto, preoccupati dei possibili risvolti per la loro salute” – questo l’assunto di lancio del meeting.

Ad aggravare la situazione, in questi mesi, è stata la circolazione di notizie e studi relative alla diffusione della pandemia che citano tra i fattori di rischio di contrarre il Covid-19 anche il fumo ed il vaping. Notizie, però, basate – come spesso spiegato dai ricercatori del CoEHAR – su studi fatti senza seguire standard basilari di riferimento e che hanno avuto come esito negativo quello di dissuadere molti tabagismi dal passare a soluzioni meno dannose rispetto al fumo di sigarette convenzionali.

Il COP9 invita tutte le parti a considerare l’applicazione di misure normative come quelle a cui si fa riferimento nella Framework Convention on Tabacco Control per proibire o limitare l’uso dei dispositivi elettronici a rilascio di nicotina” – ha dichiarato Peter Beckett durante l’incontro promosso da IEVA.

Come sottolineato da Harry Shapiro durante il suo intervento, si assiste al fallimento della strategia di controllo della convenzione dell’OMS: “Nel mondo, 8 milioni di persone muoiono per patologie fumo correlate: più che per l’HIV, la tubercolosi e la malaria combinate“.

L’OMS ammette che il 70% dei fumatori nel mondo non ha accesso ai servizi, e i tassi di fallimento delle terapie sostitutive a base di nicotina e dei farmaci rimane alto. Questo perché approvare le leggi è economico, aiutare concretamente le persone lo è meno“, ha aggiunto Shapiro.

Un altro argomento trattato è stata la “guerra ai consumatori di nicotina da parte delle autorità“, negata ripetutamente in nome dei diritti dei consumatori. È un dato di fatto: “Durante i processi decisionali e legislativi i diritti dei consumatori e dunque i consumatori stessi sono poco rappresentati. Come INNCO, abbiamo il diritto di discutere il futuro dei consumatori e di partecipare ai processi decisionali”, ha dichiarato Atakan Befrits.

Il messaggio di cui si fa portavoce la IEVA è chiaro: il futuro della cessazione passa attraverso l’adozione di strategie alternative che possano fornire un aiuto concreto a tutti quei fumatori che non riescono o non vogliono smettere di fumare da soli.