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Sigarette elettroniche:Hong Kong tra divieti e occasioni mancate

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A man smokes in front of a "no smoking" sign outside a shopping mall in Shanghai January 10, 2014. Now, rising public awareness about the hazards of smoking, coupled with China's hardening stance on smoking in public, is opening up an opportunity for e-cigarettes to make inroads into the world's biggest tobacco market. Picture taken January 10, 2014. REUTERS/Aly Song (CHINA - Tags: POLITICS BUSINESS) - GM1EA1F1T4J01

Hong Kong, è un territorio autonomo nel Sud-est della Cina con una popolazione di circa 7 milioni di abitanti ed un passato da colonia britannica. Il suo ruolo geopolitico, insieme alla fragile ricerca di equilibrio tra la pesante influenza di Pechino e le tentazioni occidentali, ne fanno un esempio paradigmatico delle attuali politiche di Riduzione del Danno nel continente.

Mentre la contrapposizione tra sostenitori delle sigarette elettroniche e i suoi detrattori catalizza l’informazione negli Stati Uniti ed in Europa, dove si combatte una “battaglia” informativa sui vantaggi e gli svantaggi dei prodotti alternativi alle sigarette internazionali, in Asia la Riduzione del Danno da Tabacco rimane bloccata su posizioni oltranziste di opposizione “tout court” a tali prodotti.

Eppure il terreno di scontro, lì dove è fondamentale ampliare tutte quelle politiche tese a ridurre il numero di fumatori, rimane proprio il continente asiatico. Più della metà dei fumatori globali e il 60% delle morti causate dal fumo di sigaretta sono infatti concentrati in Asia.

 Il continente ospita una vasta gamma di politiche sulla nicotina, che vanno da approcci innovativi a cui il mondo dovrebbe prestare attenzione a severi divieti, talvolta anche immotivati.

E’ questo il caso di Hong Kong, territorio autonomo nel Sudest della Cina con una popolazione di circa 7 milioni di abitanti ed un passato da colonia britannica. Il suo ruolo geopolitico, insieme alla fragile ricerca di equilibrio tra la pesante influenza di Pechino e le tentazioni occidentali, ne fanno un esempio paradigmatico delle attuali politiche di Riduzione del Danno nel continente.

Nel 2019, il governo di Hong Kong annunciava l’intenzione di applicare un divieto generale su tutte le sigarette elettroniche ed i prodotti smokeless all’interno del Paese, secondo il quale chiunque importasse e vendesse Ecig, rischiava sei mesi di carcere o una multa di 50.000 HK$ (6.370 dollari).

La proposta da legge, da subito criticata dalle associazioni a protezione dei consumatori come draconiana e priva di benefici per i fumatori, da allora si è arenata a causa di tensioni interne e la pandemia da Covid-19. 

Nel frattempo, secondo una ricerca condotta da Youth Quitline, centro telefonico di aiuto per la cessazione del fumo all’interno dell’Università di Hong Kong, almeno l’86% dei fumatori nel Paese al di sotto dei 25 anni ha utilizzato almeno una volta sigarette elettroniche o dispositivi a tabacco riscaldato.

Come conseguenza principale, la discussione pubblica ad Hong Kong si è nuovamente spostata sui rischi delle ecig come porta d’accesso ai giovani verso il fumo, nonostante non vi siano evidenze scientifiche a confermarlo e numerose associazioni a difesa dei consumatori si oppongano alla criminalizzazione di tali dispositivi.

Secondo i detrattori, il ritardo nell’applicazione del divieto non ha fatto altro che agevolare l’accettazione delle sigarette elettroniche tra i giovanissimi. Secondo i sostenitori invece, ha dimostrato come i divieti immotivati siano inutili nella lotta contro il fumo e non dissuadono i consumatori a ricercare alternative meno dannose rispetto alla sigaretta convenzionale.

Nel mezzo di questa contrapposizione, lo scorso 2 Giugno il Consiglio Legislativo di Hong Kong ha abbandonato definitivamente il disegno di legge per vietare i prodotti da svapo nel paese, sancendo una vittoria per i sostenitori della Riduzione da danno da fumo.

Una decisione che si spera finalmente possa portare un cambio di rotta nella regione se il tasso di fumatori nel Paese, già estremamente basso con circa il 10% della popolazione totale, dovesse ulteriormente abbassarsi grazie alla disponibilità di prodotti da svapo e senza combustione.

Una vittoria che, inoltre, potrebbe avere una influenza positiva per tutti quei paesi asiatici che continuano a sostenere un immotivato divieto per tutti quei prodotti da Riduzione del Danno da Fumo.

Pandemia, distanza sociale, sexting: dipendenza o comportamento adattivo?

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Uno studio qualitativo del CoEHAR e dell’Università degli Studi di Catania evidenzia come gli italiani percepiscano il sexting come una dipendenza.

Catania: Nei primi mesi del 2020 lo scoppio della pandemia e le successive restrizioni tese a limitare la propagazione del virus Covid-19 hanno limitato fortemente non solo le libertà di movimento degli italiani ma anche molte attività sociali, ludiche, personali. Tra le tante sfere della socialità umana quella che però ha più risentito delle limitazioni imposte dall’auto-isolamento è stata quella inerente la sessualità ed il sesso.

Uno studio recente condotto dal Prof. Pasquale Caponnetto docente di Clinica delle Dipendenze presso il Dipartimento di Scienze della Formazione (Disfor) e ricercatore del Centro di Eccellenza per la Riduzione del rischio (CoEHAR), pubblicato all’interno della rivista internazionale Journal of Addictive Diseases, ha esplorato le abitudini sessuali degli italiani ed in particolare il loro approccio al sexting, ovvero l’atto di inviare/ricevere messaggi, foto o video sessualmente espliciti tramite smartphone e PC.

Una pratica sicura che consente un certo livello di intimità eliminando qualsiasi possibilità di contagio ma che potrebbe portare con se conseguenze a livello psicofisico tra cui una dipendenza. La ricerca, coadiuvata dalla dr.ssa Marilena Maglia e dalla dr.ssa Flavia Gervasi, mira quindi a stabilire se questo fenomeno sia percepito come una potenziale dipendenza o semplicemente un comportamento di adattamento sociale, considerate le politiche di distanziamento sociale e coprifuoco dettate dalla pandemia.

Una ricerca qualitativa che, attraverso interviste condotte su un campione di 37 soggetti di età compresa tra i 19 ed i 39 anni, ha evidenziato come la percezione sia quella di una vera e propria dipendenza piuttosto che una conseguenza della situazione causata dal Covid-19.

Le domande a cui la ricerca ha cercato di trovare risposta sono in relazione all’attuale condizione sociale dei partecipanti ed, in particolare: sul come viene percepito il sexting; se tale fenomeno sia da considerare come un tentativo di provvedere al benessere sessuale dell’individuo nel rispetto delle norme anti-Covid-19 o se il sexting possa diventare una dipendenza.

Attraverso una tecnica di campionamento probabilistico, sono stati reclutati con i social media trentasette soggetti divisi omogeneamente tra uomini e donne (50/50). Le modalità di somministrazione delle domande sono state quelle dell’intervista classica, utilizzando un colloquio semi-strutturato per accedere alla prospettiva personale dell’intervistato. Tra le altre caratteristiche del campione in esame, il 73% ha ammesso di aver utilizzato la pratica del sexting, con la stragrande maggioranza dei partecipanti (97.30%) che ha affermato di non essere sposato.

L’analisi tematica del campione ha evidenziato la presenza di quattro categorie e temi correlati tra cui: la percezione pre e post lockdown; la dipendenza dal sexting durante la pandemia; i pro e i contro della pratica del sexting; il sexting come adattamento alle restrizioni o potenziale dipendenza.

Secondo il prof. Pasquale Caponnetto: “I risultati della ricerca hanno confermato le ipotesi di studio, ovvero che la percezione riguardo al sexting sia cambiato a causa della situazione di emergenza sanitaria creata dal Covid-19. Le evidenze sottolineano infatti come alcuni partecipanti abbiano praticato sexting per la prima volta durante il lockdown, mentre la maggioranza del campione ha affermato di aver percepito un aumento nel bisogno di tale pratica”.

Tra gli aspetti positivi emersi, il sexting viene considerato dagli intervistati come una buona strategia di “sollievo” e come aiuto nella riduzione della distanza percepita rispetto agli altri. Tra gli aspetti negativi, la maggior parte del campione in esame (85%) considera il fenomeno più come una potenziale dipendenza che come un comportamento adattivo rispetto alla situazione creata dalla pandemia.

LINK allo studio: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34196603/

Fumatori incalliti: per uno studio UK, cessazione duratura grazie alle ecig

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Iniziare un percorso per smettere di fumare e pensare di raggiungere l’obiettivo nel giro di poco tempo è una concezione troppo semplicistica: circa l’80% dei fumatori continua a fumare per anni, nonostante si sottoponga a trattamenti intensivi

È indubbio che il beneficio anche di una singola sigaretta in meno si traduca in un sostanziale miglioramento delle condizioni di salute e della qualità di vita, ma proprio perchè una sigaretta può fare la differenza, così il continuare a fumare reitera comportamenti dannosi.

Metodi tradizionali come i cerotti alla nicotina, gli inalatori o gli spray nasali, se abbinati alla giusta terapia cognitivo-comportamentale possono funzionare, ma i risultati sono modesti: ogni anno, delle migliaia di fumatori che raggiungono i centri antifumo, solo un’esigua percentuale avvia con successo per un percorso di cessazione.

I ricercatori della Queen Mary University of London hanno dunque deciso di indagare quali siano le percentuali di successo se si paragonano i metodi tradizionali alle sigarette elettroniche.

Nello studio “E-cigarettes versus nicotine replacement treatment as harm reduction interventions for smokers who find quitting difficult: Randomised controlled trial”, pubblicato sula rivista Addiction, sono stati reclutati 135 fumatori cosiddetti “incalliti”, ovvero che non erano stati in grado di smettere con le terapie convenzionali.

I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: al primo, è stata data la possibilità di scegliere una tipologia di terapia sostitutiva a base di nicotina a propria scelta per un periodo di 8 settimane, al secondo è stata fornito un vaping starter pack con l’indicazione di acquistare i liquidi senza restrizioni sugli aromi o sulle concentrazioni di nicotina da utilizzare.

Entrambi i gruppi hanno ricevuto un supporto comportamentale minimo da abbinare ai metodi scelti.

Quali sono stati i benefici di questo approccio?

I fumatori che hanno dichiarato, al follow up dei sei mesi, di aver smesso completamente di fumare o di aver ridotto di almeno la metà il numero di sigarette fumate sono stati invitati a sottoporsi a misurazioni dei livelli di monossido di carbonio.

Basandosi sui dati e sulle misurazioni effettuate, i risultati sembrano parlare chiaro: dopo sei mesi, nel gruppo di fumatori che ha utilizzato le sigarette elettroniche, circa il 27% ha ridotto il numero di sigarette consumate di almeno la metà, a differenza del 6% del gruppo delle terapie convenzionali.

Stesso discorso per i tassi di cessazione, ottenuto da circa il 19% degli utilizzatori di ecig contro il 3% del secondo gruppo.

Questi risultati dimostrano importati implicazioni cliniche per i fumatori che non sono stati in grado di smettere in precedenza con i trattamenti convenzionali” dichiara la dottoressa Katie Mayers Smithy, prima autrice dello studio “si dovrebbero raccomandare le ecig per coloro che hanno avuto difficoltà a smettere con altri metodi, soprattutto quando vi è un limitato accesso a terapie comportamentali di supporto”.

Dal mondo britannico, un altro importante studio che conferma come le terapie alternative, che si basano sul principio dell’harm reduction, rappresentino un’arma efficace non solo per coloro che si occupano di cessazione, ma per tutti i fumatori che non hanno alternative.

Passi: diminuisce la prevalenza dei fumatori tra i medici

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Da uno studio condotto sui dati 2014-2018 del sistema di sorveglianza PASSI i cui risultati sono stati pubblicati a giugno 2021 sugli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) nell’articolo “Smoking prevalence among healthcare workers in Italy, PASSI surveillance system data, 2014-2018”, si evince che rispetto agli operatori sanitari non medici, la prevalenza dei fumatori tra i medici è leggermente diminuita.

Un risultato sicuramente positivo dato che dall’analisi del campione preso in esame, all’interno del gruppo dei medici la prevalenza del fumo è del 16,0%. A confermarlo diverse caratteristiche demografiche: le donne fumano meno degli uomini, i medici ultra 50enni fumano meno dei più giovani, i medici del Nord fumano meno di quelli del Sud Italia.

Invece, tra gli operatori sanitari non medici, la prevalenza è del 25,3% e non varia con l’età e il genere, ma dipende dalle variabili socio economiche: una migliore condizione economica e un miglior livello di istruzione sono fattori protettivi.

Ma qual è il motivo per cui si fanno studi di questo tipo? Sicuramente perché i medici e tutti gli operatori sanitari svolgono, rispetto ad altre categorie lavorative, un ruolo chiave nella prevenzione al tabagismo. Il personale medico rappresenta un esempio per i pazienti che vorrebbero smettere di fumare e iniziare un percorso di smoking cessation, e il loro supporto è per questo di fondamentale importanza. I medici e gli infermieri che fumano risultano invece più restii nell’affrontare il problema del fumo dei loro pazienti e nel raccomandare i metodi per smettere.

Grazie a questo studio sappiamo oggi che la prevalenza di fumo tra i medici (16% nel periodo 2014-2018) è inferiore a quella dei lavoratori di altri settori (28,6%).

Le campagne di sensibilizzazione dovrebbero partire in primis dal personale medico sanitario e successivamente dalle buone campagne promosse dai centri antifumo che informano sui danni provocati dal fumo di sigarette; tenendo in considerazione che questo aspetto dovrebbe sempre andare a migliorare, magari diffondendosi all’interno di altre categorie lavorative.

In conclusione possiamo infatti affermare che questi risultati indicano che è sempre importante migliorare la competenza del personale sanitario sui danni del fumo di tabacco, ma anche il ruolo dell’industria del tabacco, delle politiche di controllo e sui metodi per smettere di fumare.

Viso e fumo, tutto quello che c’è da sapere

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“Faccia da fumatore” con questo termine, in inglese smoker’s face, si identificano tutti coloro con sigaretta in bocca e che portano i segni evidenti di chi per anni ha fumato. Tutta la pelle del nostro corpo ne risente, ma il viso in modo particolare, dimostrando dieci anni in più per colpa di un enzima prodotto dal fumo che ne degrada il collagene.

Secondo numerosi studi le polveri sottili e le impurità presenti nell’aria si depositano nell’epidermide penetrando in profondità, valorizzando i segni caratteristici dell’invecchiamento con discromie, colorito spento, rughe e secchezza, messe ancor di più in risalto in chi fuma. Il cosiddetto stress ossidativo viene combattuto da uno stile di vita sano, sostanze antiossidanti come frutta e verdura di stagione, un’attività fisica costante, una buona qualità del sonno e soprattutto dire stop alla sigaretta.

Uno step fondamentale è la pulizia profonda del viso, la sera prima di andare a dormire, quella beauty routine serale che non va mai trascurata, per eliminare le micro particelle e impurità che si depositano durante l’arco della giornata. Attenzione anche, in questo periodo, all’esposizione dei raggi solari che proprio sul viso intensificano l’invecchiamento cutaneo.

Alcuni componenti del fumo di sigaretta vengono assorbiti così da causare danni al tessuto connettivo e anche di tipo vascolare. Diminuendo il flusso delle arterie e dei capillari nella pelle c’è il rischio di ischemia cronica del derma.

La pelle del viso va protetta tutto l’anno con filtri solari ad alto SPF. Molte donne che fumano hanno in viso, un acne particolare con pori dilatati e accumuli di grasso, ma il segno più evidente è la bocca dei fumatori con il codice a barre particolarmente evidenziato.

Le fumatrici sembrano più vecchie eppure basta solo smettere per riprendere colorito, risanare occhiaie e rughe, ritrovare un viso più giovane e bello da vedere.

I risultati della cessation antifumo regalano la possibilità di motivarsi, dicendo “grazie” allo specchio.

Svizzera: le restrizioni sul fumo non sono un deterrente per i più giovani

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Bandi e aumento dei prezzi: le politiche sociali ed economiche antibagismo di molti governi si fondano sull’assunto che un limitato accesso al prodotto si traduce in un effettiva diminuzione del numero di fumatori, sopratutto tra i più giovani.

Negli ultimi anni, diversi economisti si sono interrogati se effettivamente misure restrittive come quelle sopracitate abbiano un significativo impatto in termini di contenimento nei tassi di tabagisti.

Ultimo in ordine temporale, uno studio dei ricercatori delle università di Basilea e Losanna, in Svizzera, che ha valutato l’impatto delle politiche restrittive di accesso ai prodotti del tabacco sugli adolescenti svizzeri, incrociando i dati dal 2001 al 2016.

Aver impedito ai minori di accedere alle sigarette ha impattato sul numero di fumatori nel paese?

A quanto pare, no: l’impatto dei bandi non ha avuto ripercussioni né in positivo né in negativo. Secondo la ricerca, non solo i giovani, se necessitano di una sigaretta, riescono ad aggirare i divieti, come emerge anche da studi analoghi, ma sebbene considerino il fumo meno “figo”, non cambiano la propria percezione sul rischio legato alla sigaretta.

Lo studio ha analizzato le abitudini di circa 80.000 giovani svizzeri al di sotto dei 21 anni di età tra il 2001 e il 2016. Secondo i ricercatori, le attuali politiche non comportano una diminuzione delle probabilità che questi giovani diventino fumatori in età adulta. 

Non variano nemmeno le percezioni in merito a malattie o decorsi patologici possibili legati al fumo: un dato curioso e allarmante, in un paese dove il 27% della popolazione fuma.

Una possibile spiegazione può risiedere nel fatto che gli adolescenti riescano a trovare modi di aggirare il bando” spiega Alois Stutzer, uno degli autori dello studio.

Sebbene gli acquisti presso i tabaccai siano inferiori per via del bando, rimane invariato l’accesso alle sigarette, che continua attraverso amicizie o, come emerso anche in studi analoghi, all’interno delle famiglie stesse, se sono presenti fumatori.

Dovremo essere consapevoli che i divieti sulle sigarette, se non sono supportati da misure delle forze dell’ordine, non sortiscono un effettivo cambiamento sui tassi di fumatori”, spiega il ricercatore.

Qual è la situazione in Svizzera per quanto riguarda le ecig? 

Nel paese ha sede uno dei centri di ricerca principali della Philip Morris, una delle più grandi aziende del tabacco a livello mondiale. IL “Cube”, una struttura avveniristica legata allo sviluppo dell’IQOS, ha infatti sede a Neuchâtel.

Proprio la presenza di questa azienda  rende la questione sulla limitazione della pubblicità relativa alle sigarette alquanto spinosa: è dal 2016, infatti, che nel paese si cerca di revisionare la la Tobacco Products Law, sopratutto per tutelare i più giovani.

La mancanza di un adeguamento di questa legge, impedisce inoltre al paese di ratificare La Framework Convention of Tobacco Control: all’interno del governo, correnti opposte si interrogano su quanto tali divieti non siano in realtà lesivi della possibilità delle industrie di promuovere i propri prodotti e la presenza di una di queste in territorio non agevola le trattative.

Già nel 2018, un’iniziativa partita su base popolare, sopportata da asscociaizoni come Swiss Cancer League, gruppi di medici e Sucht Shweiz ha richiesto un intervento legislativo per tutelare i minori dalla pubblicità legata al fumo, ma il governo ha rigettato la richiesta, riconoscendo al contempo la necessità di intervenire.

Al monento, nel paese, è vietato fumare negli spazi pubblici al chiuso e negli uffici, oltre che sui mezzi di trasporto, mentre, recentemente, è stata data indicazione per predisporre aree fumatori apposite in corrispondenza delle fermate dei mezzi di trasporto pubblici.

Prodotti senza combustione: sensibilizzare per un futuro senza fumo

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Futuro senza fumo, le dichiarazioni degli esperti dell’evento organizzato da Formiche e Philip Morris Italia: “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”.

(ITALPRESS) – “Presentiamo un percorso di lavoro che si è avvalso e vorrà avvalersi di tante collaborazioni con l’obiettivo di produrre un codice di autoregolamentazione per la filiera della distribuzione e della produzione dei prodotti senza combustione. La nostra attività è volta a una maggiore valorizzazione della riduzione del rischio all’interno delle politiche della sanità pubblica“. Così Alberto Baldazzi, vicedirettore di Eurispes ha aperto “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”. L’evento, organizzato da Formiche con il contributo di Philip Morris Italia, è stato l’occasione per discutere insieme a esperti, rappresentanti della filiera dei prodotti senza combustione e ospiti istituzionali, quali siano le modalità di comunicazione più opportune riguardo ai prodotti senza combustione, alternativi alle sigarette, in modo da garantire ai consumatori di effettuare una scelta consapevole tutelando, al contempo, giovani e non fumatori. “Nonostante i prodotti senza combustione siano legalmente in commercio, si scontrano con l’avversione dell’autorità sanitaria a prenderli in considerazione nella lotta all’impatto del tabagismo, che ritiene la cessazione senza se e senza ma l’unica politica. Rispetto a questa chiusura totale noi non siamo d’accordo – continua Baldazzi – poiché l’offerta sociosanitaria e i centri anti fumo si sono rivelati inefficienti. Quasi 12 milioni di italiani fumano e continuano a fumare“.

(askanews) – “La Sanità non sposa il concetto di rischio ridotto in nome di un eccessivo principio di precauzione, mentre i governi inglese e neozelandese mandano spot in tv. Nel Regno Unito, le sigarette elettroniche sono addirittura distribuite negli ospedali: fanno parte dei trattamenti del tabagismo”. Lo ha detto Umberto Roccatti, presidente ANAFE, nell’ambito del tavolo di lavoro “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”, organizzato da Formiche e Philip Morris Italia, alla presentazione del “Codice di autoregolamentazione per la comunicazione e vendita dei prodotti senza combustione”, elaborato da Eurispes e da soggetti associativi rappresentativi della filiera di distribuzione dei prodotti senza fumo, quali ANAFE – Associazione Nazionale produttori di Fumo Elettronico (Confindustria), FIT – Federazione Italiana Tabaccai, con il contributo di importanti personalità giuridiche, tecniche e sanitarie.

Il 91% dei fumatori italiani, 10 milioni, non riesce a smettere di fumare e per questo riteniamo la sigaretta elettronica sia complementare alle sacrosante politiche sanitarie nazionali. Ben venga la cessazione, ma è uno strumento che non è ricevibile per la stragrande maggioranza dei fumatori. Un fumatore su mille si rivolge a un centro antifumo in Italia e un fumatore su duemila smette di fumare attraverso i centri antifumo“, ha aggiunto. “Fra i nostri principi, non comunicare la sigaretta elettronica come un prodotto privo di rischi e non attuare campagne di comunicazione attrattive per i giovani – ha proseguito Roccatti-. Il mantra deve essere: se non fumi, non iniziare. Non fumare nulla: né tabacco combusto, né tabacco riscaldato, né sigarette elettroniche. Se fumi, smetti. Se non riesci a smettere, allora valuta un prodotto a rischio ridotto“.
Per Roccatti, “i costi sociali del fumo sono pazzeschi, 24 miliardi di euro, e fa 93 mila vittime all’anno. Come ANAFE chiediamo di comunicare nel senso di informare e che sia bandita la comunicazione commerciale aggressiva. Informazione nel senso di rischio ridotto“. “ANAFE è favorevole a questo osservatorio a patto che ci sia un’ampia sottoscrizione da parte delle varie filiere associative e distributive. Perché essendoci un monitoraggio dei firmatari, non possiamo essere noi gli unici monitorati“, ha concluso.

(askanews) – “Abbiamo pensato a un codice di autoregolamentazione per i prodotti senza combustione che possono essere un’alternativa per chi non riesce a smettere di fumare; il codice è ancora in via di definizione e aperto a ulteriori contributi“. Lo ha detto la vice presidente di Eurispes Raffaella Saso, nell’ambito del tavolo di lavoro “Un futuro senza fumo. Buone pratiche per una corretta comunicazione”, organizzato da Formiche e Philip Morris Italia, alla presentazione del “Codice di autoregolamentazione per la comunicazione e vendita dei prodotti senza combustione“, elaborato da Eurispes e da soggetti associativi rappresentativi della filiera di distribuzione dei prodotti senza fumo, quali ANAFE – Associazione Nazionale produttori di Fumo Elettronico (Confindustria)FIT – Federazione Italiana Tabaccai, con il contributo di importanti personalità giuridiche, tecniche e sanitarie. “L’unica posizione delle istituzioni rimane far smettere di fumare, però concretamente il numero di fumatori negli ultimi anni di fatto è rimasto sostanzialmente stabile. Abbiamo un altissimo numero di fumatori che alla domanda ‘vorrebbe smettere di fumare’ risponde ‘assolutamente no’. Il risultato ideale è non iniziare oppure smettere, ma è con questa realtà che ci dobbiamo confrontare“, ha osservato Saso. “Il nostro obiettivo è la valorizzazione della riduzione del rischio all’interno della Sanità pubblica. Ormai non è più solo il sistema britannico finalizzato ad ottenere la riduzione del danno“, ha dichiarato il vice direttore di Eurispes Alberto Baldazzi.


Il convegno è proseguito con Giovanni Risso, presidente nazionale FIT, che ha affermato: “Ci rendiamo conto che stanno cambiando gli stili di vita e i consumatori guardano con più attenzione a prodotti di nuova generazione per la riduzione del danno, mi riferisco tanto a prodotti a base di tabacco riscaldato quanto alle sigarette elettroniche“. “Vogliamo portare avanti un concetto nuovo che è quello della prevenzione parziale – ha aggiunto Johann Rossi Mason, giornalista scientifica e direttrice di Mohre – l’Osservatorio sulle strategie di riduzione del rischio – Sarebbe stato bello che i player fossero stati tutto allo stesso tavolo. La nostra perplessità è la volontà di mettere sotto un unico cappello tutti i prodotti alternativi“. “Io incoraggerei tutti ad aderire, anche un operatore soltanto, perché gli altri poi seguiranno – riflette Laura Galli di Adiconsum – Vaping, sigarette elettroniche, in questa fase possiamo accettare che si stiano tutti quanti sotto lo stesso cappello, perché si mettono insieme mercati diversi e prodotti diversi per iniziare una forma di responsabilizzazione della filiera“. “La comunicazione è fondamentale, perché è fondamentale la prevenzione primaria. Il fumo produce al mondo 8 milioni di morti l’anno. In Italia, con 11 milioni e mezzo di fumatori, si consideri che una buona parte dei tumori è legata al fumo. Oggi stiamo parlando di salvaguardare e proteggere i soggetti che comunque continuano a fumare“, ha aggiunto Francesco Cognetti, Primario di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Regina Elena di Roma. “La riduzione del danno è un principio importante, come è importante che questi strumenti possano essere commercializzati con tutte le precauzioni del caso”, ha concluso l’oncologo. “Non è possibile dall’oggi al domani eliminare il fumo completamente, per quanto auspicabile. Adesso c’è una consapevolezza diversa. Lo Stato può investire in campagne di informazione“, ha osservato l’onorevole Giorgio Lovecchio, proseguendo nel convegno. “Sì alla informazione, no alla proibizione. Per non favorire prodotti illeciti, dove non sappiamo cosa c’è all’interno“, ha concluso il deputato.

Bloomberg Philanthropies: opportunismo o attivismo?

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bloomberg philanthropies

Micheal Bloomberg non è un nome sconosciuto: ex sindaco di New York, ha alle spalle una fallimentare, ma costosa, campagna alle presidenziali statunitensi del Marzo 2020.

Ma ancora più conosciuto è il suo impegno filantropico, promosso attraverso la Bloomberg Philanthropies, che comprende le attività filantropiche della sua fondazione, delle sue società e personali, oltre che quelle della Bloomberg Associate, una società di consulenza che lavora a stretto contatto con i sindaci di diverse città nel mondo.

Parte dell’attività dell’impero Bloomberg è orientata a combattere l’uso del tabacco in qualsiasi forma, grazie all’organizzazione no profit Campaign for Tobacco-Free Kids, il cui scopo è contrastare la diffusione del fumo tra i più giovani, sia sul territorio americano, sia nei paesi a basso e medio reddito, soprattutto in quelli dove la piaga del tabagismo è più diffusa.

Attività che ha portato la Bloomberg Philanthropies ad intessere rapporti molto stretti con i governi di molti stati, creando una vera e propria rete di connessioni internazionali.

Ma come si articolo l’influenza dell’organizzazione?

Secondo il recente articolo di Michelle Minton, pubblicato su Competitive Enterprise Institute, l’ingerenza della Campaign for Tobacco-Free Kids nelle politiche dei paesi a basso e medio reddito andrebbe ben oltre le raccomandazioni e le misure in materia di tassazione, pubblicità e restrizioni sull’età minima di acquisto del tabacco.

In questi paesi, i fondi destinati al settore della salute pubblica non sono sufficienti e qualunque organizzazione con un’importante base monetaria a cui attingere ottiene subito notevole considerazione nei territori in cui opera.

Molto spesso i sovvenzionamenti in ambito sanitario che alcune organizzazioni riescono ad immettere nei paesi sono superiori ai budget degli stessi governi. Secondo l’articolo della Minton, il do ut des della Bloomberg Philanthropies riguarderebbe uno scambio di favori tra le attività dell’organizzazione e l’approvazione di misure e leggi più o meno restrittive nei confronti dei prodotti a base di tabacco.

Considerando che la Bloomberg Philanthropies ha speso quasi 700 milioni di dollari per incentivare l’adozione di misure importanti contro il fumo, comprese quelle che di fatto vietano o limitano la promozione e la vendita di tutti i prodotti connessi al vaping, si delinea uno scenario in cui l’attività della Bloomberg può essere paragonata alla corruzione.

I finanziamenti dunque non solo al settore sanitario, ma anche ad università e al settore dei media, per permettere la giusta veicolazione del messaggio in paesi come Nigeria, Brasile e Cina.

Ingerenza che elimina di fatto valide alternative al fumo tradizionale, ormai riconosciute dalla ricerca in tutto il mondo, e rappresentate principalmente dai dispositivi a rischio ridotto, come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato.

L’attività della Bloomberg impedisce o limita pesantemente la vendita di questi prodotti in Cina, Brasile, Uruguay, Perù, Uganda, Nigeria e Filippine e di fatto allontanandosi dall’obiettivo dichiarato di proteggere semplicemente i più giovani dai danni della sigaretta.

In recenti articoli, abbiamo esaminato quanto le campagne privative non solo impediscano l’accesso ad alternative meno dannose per coloro che non riescono a smettere di fumare, ma alimentino proprio il vizio che vogliono combattere: molti fumatori, scoraggiati dal non riuscire a smettere, preferiscono continuare con le sigarette.

La strategia di Campaign for Tobacco-Free Kids, e del più ampio sforzo contro il tabacco finanziato da Bloomberg” nota Michellesembrano orientati più a vincere battaglie politiche e all’approvazione di leggi, piuttosto che considerare se effettivamente si raggiunga una diminuzione dei tassi sul fumo o si verifichino miglioramenti per la salute”.

Un attivismo che si lega intrinsecamente a interessi politici e relazioni internazionali, e che agisce ciecamente, influenzando il corso della lotta al tabagismo, che dovrebbe vedere uniti tutti i diversi fronti, invece che rendere ancora maggiore il gap tra chi crede nel vaping e chi invece lo ostacola.

Un bicchiere di Borgogna, una bagno caldo, i sassi… i nuovi consigli per smettere dal The Guardian

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Qualche anno fa, nel numero della rivista “For Men”, veniva pubblicata la lista completa dei 30 metodi efficaci per smettere subito di fumare. In quattro pagine interamente dedicate al fumo, la giornalista Roberta Maresci, con il supporto dei ricercatori della Lega Italiana Anti Fumo, elencava gli strumenti più e meno noti che consentono di uscire dalla porta del tabagismo.

La lista con i 30 metodi consigliati da “For Men” e commentati dai ricercatori dell’Università di Catania e della Lega Italiana Anti Fumo prevedeva metodi noti come l’action plan, che consente di stabilire una data di cessazione da fumo e di essere più motivati ad abbandonare; l’alimentazione perché esistono alimenti che aiutano a smettere e altri viceversa che fanno fumare di più; le app che grazie al monitoraggio attraverso lo smartphone dell’abitudine possono aiutare a smettere; il counselling antifumo in quanto metodo più sicuro dal punto di vista motivazionale con una percentuale di successo che si attesta tra il 20 e il 35%; i farmaci perché il parere di un medico per questo metodo è indispensabile.

Senza mai sottovalutare l’importanza di uno strumento come la sigaretta elettronica che, a detta del massimo esperto in smoking cessation, il prof. Riccardo Polosa, è 96 volte meno dannosa rispetto alla sigaretta convenzionale. Da considerare, quindi, il primo tra i metodi più efficaci.

Quest’anno vorremo però condividere con voi una lista un po’ insolita che arriva da alcuni ex fumatori. Secondo le loro testimonianze, raccontate al The Guardian, esisterebbero dei metodi più alternativi. Se i cerotti, l’ipnosi e i libri di auto-aiuto non funzionano, forse è il momento di pensare lateralmente.

Di seguito l’elenco delle testimonianze, a partire dal cambiamento delle abitudini più personali:

Quando ti viene voglia di fumare una sigaretta, prendi un bicchiere d’acqua

Fumavo dalle 10 alle 20 sigarette al giorno, ma alla fine ho smesso 11 anni fa. Ho scoperto che prendere un bicchiere d’acqua quando sentivo la voglia di fumare funzionava davvero bene. Quando andavo in cucina e lo bevevo, il picco del desiderio di solito passava. Mi ha anche aiutato a capire che puoi superare un desiderio. Le prime tre settimane sono state le più difficili. Michael, artista ed educatore, Scozia

Fare una doccia

Avevo l’abitudine di fumare 40 sigarette al giorno e ho iniziato a 15 anni. Ecco i miei consigli per smettere. 1) Riconosci i fattori scatenanti che ti fanno venire voglia di fumare e sappi che passeranno entro due minuti. (Uno dei miei più grandi fattori scatenanti è stato aprire il finestrino della macchina, poiché lo aprivo per far uscire la cenere.) 2) Se stai davvero pensando di accendere una sigaretta, fai una doccia – non ci sarà nessun grilletto lì, poiché è impossibile fumare sotto la doccia. 3) I massaggi rilassanti aiutano. Sono riuscito a smettere di fumare al mio primo tentativo, a 46 anni. Andrew, graphic designer, Peak District

Una bottiglia di Romanée-Conti come premio se smetteste per un anno

Era da tempo che desideravo assaggiare il raro e leggendario borgogna Romanée-Conti. Nel 1991 mio marito disse che mi avrebbe comprato una bottiglia se avessi smesso di fumare per un anno. Dopo sei mesi, ho trovato una bottiglia all’aeroporto Charles de Gaulle. All’epoca costava più o meno quanto spenderei in sigarette in un anno. Mio marito ha detto che se avessi fumato adesso, l’avrebbe bevuta davanti a me – e poi sarebbe scappato! Alla fine dell’anno, l’abbiamo bevuto ed è stato favoloso. Negli anni successivi mangiammo una volta all’anno in un ristorante tre stelle Michelin con i soldi che avrei speso in sigarette. Trova qualcosa che desideri più delle sigarette: non ho mai più fumato. Lynne, ingegnere in pensione, Folkestone

Inzuppare le sigarette in acqua e sapone

Butta via le sigarette o il tabacco: io ho messo a bagno le mie in acqua e sapone. Se tu buttassi le sigarette nel cestino, ancora nella loro confezione, le riprenderesti subito. Per le prime due settimane, ho scritto il numero di giorni trascorsi dalla mia ultima sigaretta sulla mano con quale fumavo ed è stato un promemoria visivo davvero utile dei miei progressi. Anonimo, Surrey

Tenere in mano una molletta del bucato può risultare soddisfacente

Sono stato un forte fumatore per più di 20 anni e ho smesso quasi un anno fa. Ho sempre scoperto che era più il rituale che la voglia vera di accendere una sigaretta. Ho trovato che le mollette di legno del bucato hanno aiutato. Ne tenevo una sola quando sentivo di aver bisogno di una sigaretta; è stato sorprendentemente soddisfacente. Puoi anche masticarle e farle schioccare sotto il pollice, il che è stato molto utile. Di solito ne tenevo qualcuna in tasca. Anonimo, Londra

Lavare i denti dopo i pasti aiuta a non sentire la voglia di fumare

Ho sempre sentito la voglia di fumare dopo ogni pasto, fino a quando mi sono reso conto che lavare i denti e usare subito il collutorio poteva aiutare. Di solito non fumo mai dopo aver lavato i denti di notte, quindi questo è stato qualcosa che mi ha davvero aiutato dopo aver mangiato. Un altro consiglio più ovvio è l’esercizio, che mi ha aiutato molto. Javier, ricercatore, Swansea

Iniziare a dipingere sassi

Dopo decenni di tentativi infruttuosi di smettere di fumare fino a 20 al giorno, ho iniziato a dipingere i sassi. L’idea era che, se avessi avuto un pennello in mano, non avrei potuto tenere una sigaretta. Si è rivelato un successo fenomenale e molto terapeutico. Ci sono voluti circa tre giorni prima che il desiderio di nicotina si placasse e non fumo una singola sigaretta da più di tre anni. Mi concedo spesso i soldi che risparmio non comprando sigarette – e il mio hobby di pittura è passato anche alla pittura su tela. Elaine, in pensione, Grecia

Scegliere un amico con il quale smettere di fumare

Controlla che non ci siano pacchi dimenticati nascosti in casa o in macchina e pensa a cosa potrai fare o divertirti quando avrai smesso. Per me è stato salire la Jacob’s Ladder nel Derbyshire senza fermarmi a riprendere fiato ogni 10 gradini. Quindi, fai un patto con un amico per smettere insieme e fissa una data non negoziabile. Inoltre, usa un’app che conta le tue sigarette non fumate e calcola i tuoi risparmi. Anonimo, Germania

Tutto il fumo vien per nuocere ma sicuramente i benefici di alternative così promettenti per smettere di fumare iniziano da subito e acquistano oggi un efficacia maggiore.

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Kate Winslet e Rosamund Pike, due protagoniste che svapano a confronto nel cinema

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Agli appassionati di cinema e serie televisive sarà già capitato di “divorare” intere stagioni di film e serie tv con protagonisti che svapano invece di fumare. Anche il cinema infatti, come racconta la storia dell’abitudine al tabagismo, si adatta alle nuove convenzioni, e agli stili di vita più comuni. È per questo che ormai molte serie tv scelgono di raccontare i protagonisti attraverso stereotipi meno comuni che aiutano però nella nuova narrazione dei vari personaggi.

Oggi vogliamo parlarvi di quello che succede quando questi strumenti alternativi ormai molto diffusi, arrivano sugli schermi e di conseguenza entrano nella bolla mediatica di fumatori, non fumatori ed ex fumatori.

Uno dei primi esempi sullo schermo dell’uso della sigaretta elettronica è tratto dal film del 2010, The Tourist, che presenta il personaggio di Johnny Depp che usa una sigaretta elettronica su un treno.

Quello che ci siamo chiesti è: come si approcciano media come il cinema e le serie tv allo “svapo”? La scelta di fare svapare un personaggio piuttosto che un altro, è una strategia di marketing?

A prima vista sembra che l’industria dello svapo stia semplicemente ripetendo le strategie di marketing del tabacco di grande successo del passato.

Per rispondere a queste domande metteremo a confronto due medium televisivi ben riusciti e che hanno riscontrato molto successo: I Care A Lot (Amazon Prime Video) e Mare Of Easttown (distribuita da HBO negli USA e da Sky Atlantic in Italia).

In I Care A Lot, la protagonista (Rosamund Pike) è una truffatrice che si guadagna da vivere approfittando di anziani rimasti da soli a cui sottrae ogni bene. L’uso della sigaretta elettronica per lei è un tratto caratterizzante. L’attrice, infatti, ha spiegato che il suo personaggio utilizza l’elettronica proprio per assumere un atteggiamento più duro ma allo stesso tempo sofisticato. Svapare dava al mio personaggio l’aria di un drago che sputava fumo”, ha dichiarato. La sigaretta elettronica diventa così uno strumento che ricorda a chi la usa, quantomeno nella fiction, di non arrendersi e che bisogna sempre aspirare al meglio.

In Mare Of Easttown Kate Winslet è Mare Sheehan, una detective bravissima e la miniserie è uno studio sul dolore e sulla difficoltà di elaborarlo realizzato all’interno di una storia che si apre e si chiude in maniera perfetta, come un cerchio ricostruito attraverso tutti quei dettagli e indizi che vengono disseminati nel corso delle 7 puntate della serie. Anche in questo caso vediamo la protagonista che fuma di continuo una sigaretta elettronica. La serie è stata molto apprezzata per la minuziosa cura dei dettagli e ha tra questi proprio quella dell’attenzione verso le azioni minime, come quella di svapare. Mare Sheehan fuma la sua sigaretta elettronica durante i momenti di tensione o come direbbero gli addetti ai lavori, nei momenti di suspense. Più che tratto caratterizzante del personaggio, in questo caso la sigaretta elettronica viene utilizzata come alternativa alle sigarette convenzionali ed è la stessa Mare che racconta ad un’amica di essere stata una fumatrice. L’uso della sigaretta elettronica come metodo per aver smesso di fumare quelle convenzionali è abbastanza esplicito quando Mare chiede alla sua amica di farsi offrire una bionda, ma maledicendosi allo stesso tempo per aver ceduto ancora una volta.

Non sappiamo se quando gli autori decidono di scrivere sul copione di un atto come quello di svapare sia una strategia di marketing o se si tratta semplicemente di prendere questo nuovo elemento come una moda, visto che utilizzare prodotti alternativi alle sigarette convenzionali oggi è sempre più diffuso. Non ci sono prove o suggerimenti che lo svapo in Mare of Easttown o I Care a Lot sia direttamente sponsorizzato dall’industria dello svapo o del tabacco. Queste particolari rappresentazioni però ci fanno riflettere accuratamente sulla realtà e sulla diffusione dello svapo come stereotipo della vita quotidiana. Mettere in scena i benefici dell’Harm Reduction e fare utilizzare questi prodotti ad attrici ed attori rinomati, potrebbe aiutare e dare l’esempio ad un attuale fumatore che si ritrova a guardare proprio quella serie tv e che magari vuole smettere definitivamente di fumare.

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