mercoledì, Aprile 30, 2025
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Per lo studio “Global burden of Disease” il fumo è il fattore di rischio numero 1 nei paesi nordici

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Lo studio “Global Burden of Diseases, Injuries and Risk Factors” del 2017 ha analizzato sia i fattori di rischio, letali e non, sia il tasso di incidenza delle malattie nelle regioni del Nord Europa.

Nonostante differenze socio-culturali, Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia mostrano similitudini in termini di qualità della vita, economia e parità di genere. Il modello nordico si sviluppa intorno alla “sicurezza sociale”, termine che comprende un sistema a 360° di assistenza al cittadino, dall’istruzione gratuita a un sistema sanitario nazionale accessibile da tutti. Le differenze di sviluppo sociale determinano fattori di rischio e di incidenza delle patologie diversi da stato a stato.

Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale The Lancet, si basa sulla classificazione dei fattori di rischio e della cause di malattia in quattro livelli distribuiti in ordine crescente. In particolare, i risultati presi in oggetto riguardano 167 cause dirette e 39 fattori di rischio generali della popolazione appartenenti al livello 3.

Analizzando sia la popolazione maschile che quella femminile, è emerso che il fumo è il fattore di rischio numero uno per l’incidenza di patologie di diverso tipo per entrambi i sessi in tutte le nazioni studiate, a parte per i maschi in Svezia (secondo posto) e per uomini e donne in Finlandia (quarto posto). 

Politiche sociali e di prevenzione relative al fumo più o meno efficaci determinano tassi di incidenza di patologie fumo-correlate diversi: in Danimarca, ad esempio, dove tali politiche sono meno restrittive che in altri paesi nordici, il fumo rappresenta uno dei fattori di rischio da tenere maggiormente sotto controllo, a differenza della Norvegia, dove la regolamentazione del tabacco passa attraverso norme più severe.

Secondo lo studio, il fumo, in tutte queste nazioni, è causa del 16,4% delle patologie cardiovascolari e del  23,7% di tumori. Tassi che si alzano se si considera la sola popolazione femminile danese.

In Svezia, invece, l’utilizzo di snus diminuisce il tasso di incidenza delle patologie direttamente correlate al vizio del fumo. 

Fumo che risulta essere molto meno diffuso tra i giovani che tra gli adulti: se le regioni nordiche continueranno con successo nelle loro politiche di smoking cessation e prevenzione a livello giovanile, il tasso sembra destinato ad diminuire.

Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda e Svezia sono tra le 13 nazioni al mondo a mostrare un declino nel tasso di diffusione del fumo tra il 1990 e il 2015.

Storicamente oggetto di una storia simile e geograficamente vicine, queste nazioni si prestano a poter condividere tra loro sistemi di assistenza sanitaria e lotta al fumo , soprattutto alla luce dei dati che riguardano la Danimarca, dove il fumo risulta essere un problema sanitario e sociale più allarmante che negli altri paesi. 

Catania capitale dell’Harm Reduction. Gli auguri del prof. Riccardo Polosa

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Cari tutti, 

in occasione delle imminenti festività natalizie, approfitto per augurare a tutti voi un Sereno Natale ed un felice anno nuovo. Il 2020 sarà per il CoEHAR, il primo Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, un anno di grande attività di progettazione e ricerca ma anche di appuntamenti scientifici utili a consolidare il prestigio che il centro ed i suoi membri si stanno conquistando nel mondo. 

Questi ultime due anni sono serviti a tutti noi per preparare ed avviare la struttura organizzativa, scientifica e produttiva del CoEHAR che oggi è formato da: 50 docenti afferenti a 12 Dipartimenti diversi dell’ateneo catanese ed un  Comitato Scientifico Indipendente, composto da studiosi di fama mondiale (tra loro Cother Hajat, Konstantinos Farsalinos, Karl Fagerstrom, David Levy ed altri ancora). Abbiamo sottoscritto accordi quadro di Cooperazione con più di 20 università sparse in tutto il mondo (Stati Uniti, Inghilterra, Marocco, India, Indonesia, Nuova Zelanda, Romania, Grecia, Iran, Svezia, Polonia, Brasile e Russia) e questo ci consente uno scambio continuo di conoscenza e competenza. 

Catania è ormai considerata la capitale mondiale della ricerca sulla riduzione del danno da fumo.  

In un solo anno, abbiamo accolto in città più di mille esperti provenienti da ogni parte del globo tra rappresentanti dei governi, scienziati, ricercatori, imprenditori. Una troupe televisiva americana ha addirittura realizzato all’interno del CoEHAR un documentario scientifico trasmesso sulle emittenti nazionali statunitensi. Di certo siamo anche più fortunati. Catania e il suo centro storico, l’Etna e il mare ci consentono di lavorare su un palcoscenico prediletto per molti. E poter essere ambasciatori della cultura e delle nostre tradizioni locali ci inorgoglisce più di ogni altra cosa. 

Il CoEHAR ingloba il CPCT – Centro per la Prevenzione e la Cura del Tabagismo del Policlinico Vittorio – Emanuele di Catania, la CRO locale (Clinical Research Organization), i laboratori di microbiologia e una rete selezionata di laboratori di biologia cellulare e molecolare. Inoltre, si avvale anche della collaborazione e del sostegno della Lega Italiana Anti Fumo – LIAF e di ECLAT che è appunto lo spin off fondato all’interno dell’Ateneo catanese con l’obiettivo di implementare e promuovere tutti gli output tecnologici provenienti dalla nostra attività di ricerca. 

Io credo sia questa la vera mission di un buon sistema universitario: creare percorsi di eccellenza in grado di accogliere e fare esprimere al meglio le eccellenze dei nostri ricercatori. Augurandomi che il 2020 possa essere il proseguo più giusto per i nostri progetti e per le nostre attività, auguro a tutti voi Buone Feste e colgo di nuovo occasione volta per ringraziarvi per l’attenzione che ci avete donato.  

Auguri

Prof. Riccardo Polosa

Le malattie che provoca il fumo

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Il fumo, il killer che uccide, danneggia quasi tutti gli organi del corpo umano provocando gravissime malattie.

Ecco quali:

  • Bronchite acuta e cronica, enfisema, asma, diverse infezioni respiratorie.
  • Il tumore polmonare, per un totale di circa 30 mila morti l’anno.
  • Infarto e malattie coronariche, con una mortalità alta in pazienti con bypass, poiché danneggia le  cellule che rivestono i vasi arteriosi.
  • Cardiopatia ischemica
  • Ictus, con un rischio molto elevato insieme all’aneurisma aortico.
  • Danni sulla sessualità maschile e femminile, nocivo anche per l’organo riproduttivo. Può portare anche a menopause precoci.
  • Gravi patologie del cavo orale, sino al tumore alla bocca.
  • Gengiviti, ingiallimento dei denti e pessimi risultati estetici.
  • Demenza, con un deterioramento delle funzioni cerebrali
  • Artrite  reumatoide
  • Diabete tipo 2 
  • Osteoporosi prematura
  • Degenerazione della retina 

ISPM 2019: la scuola per Project Manager diventa un’opportunità concreta per due partecipanti

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La ISPM International Summer School on Project Management del CoEHAR si è trasformata in una vera e propria opportunità per due dei partecipanti al corso: Marta Mangione e Hesham Nasr, entrambi selezionati per coordinare due dei progetti di ricerca in corso in questi mesi all’interno del CoEHAR. 

Quest’estate, infatti, giovani studenti e project manager provenienti da tutto il mondo si sono riuniti durante la prima edizione della ISPM che si è svolta a Taormina con l’obiettivo di formare e creare un network di giovani professionisti del mondo scientifico, con un focus particolare sulla riduzione del danno da fumo.  

La scuola, capitanata dalla project manager dell’Università di Catania, Daniela Saitta, è uno dei nove progetti dell’ateneo catanese presentati lo scorso Giugno e promossi dal CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da fumo, diretto dallo scienziato di fama internazionale prof.  Riccardo Polosa. 

Durante la settimana in Sicilia, i partecipanti della scuola hanno seguito le lezioni di docenti ed esperti del settore provenienti dalle maggiori istituzioni accademiche e professionali del settore. (inserisci link a speakers)Un’occasione unica per alcuni di loro, impegnati per la prima volta ad affrontare tematiche inerenti un settore in continua crescita ed evoluzione, quello appunto dell’Harm Reduction. 

I partecipanti, infatti, al termine della settimana di corso, sono stati invitati a presentare ad un’apposita commissione 3 diversi progetti di ricerca innovativi che sono stati sottoposti poi alla valutazione concreta di enti e istituzioni interessati a supportare finanziariamente e concretamente “le buone idee” di giovani talenti. 

Insomma, una grande opportunità di formazione e networking per tutti i partecipanti al corso ma anche una concreta proposta di lavoro per i due talenti selezionati all’interno della scuola. 

Marta Mangione (selezionata per le particolari abilità dimostrate nell’uso degli strumenti informatici del project management) ha oggi il ruolo di junior project manager all’interno del progetto “Catania Conversation: a multi-pronged initiative to fill the gaps in communication around tobacco harm reduction”. 

Il progetto (coordinato da Chitra Subramaniam e Valeria Nicolosi) si propone di creare una rete di esperti della comunicazione che, con la giusta formazione, possa colmare il gap tra centri di ricerca e pubblico, molto spesso inconsapevole dei benefici degli strumenti a rischio ridotto. 

Hesham Nasr (che ha dimostrato grandi doti di coordinamento e leadership all’interno del suo gruppo di appartenenza nella scuola) avrà il ruolo di junior project manager all’interno del progetto “Guidelines and Framework for the Quality of Tobacco Research”

Visto il rapido sviluppo degli strumenti a rischio ridotto, secondo i coordinatori di questo studio (voluto da Cother Hajat) è necessario che la comunità scientifica possa fornire risposte valide e autorevoli in merito agli effetti delle sigarette elettroniche e dei loro componenti sulla salute. 

Robbie Williams: l’ho promesso e ho smesso l’1 Gennaio

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Un ottimo deterrente per smettere di fumare è “la paura di morire“.

Un brutto spavento, la paura di non essere più in tempo avendo fatto dei danni irreparabili può creare in un fumatore la ferma motivazione di buttare via il pacchetto di sigarette per sempre.

E questo può succedere anche se sei uno dei personaggi più noti e più amati del mondo, come Robbie Williams, che in una recente intervista ha raccontato della sua tremenda paura di morire prima del tempo.

Una paura terribile che lo ha portato a scegliere uno dei modi più consigliati dagli esperti per smettere di fumare: il count down.

Robbie infatti ha scelto una data per la sua personale “Smoking cessation” e l’ha fatto. L’1 Gennaio del 2019 ha buttato via le amate sigarette, preferendo uno stile di vita più sano, aiutato dallo sport, la boxe, e dall’amore per la sua famiglia.

A spingere Robbie verso la decisione è stata prima di tutto la paura di non esserci più.

Diverse ricerche affermano che bastano 10 sigarette al giorno per raddoppiare la probabilità di morte, con 25 si arriva addirittura a quintuplicarne il pericolo. Il fumo riduce di dieci anni l’aspettativa di vita, quindi si muore in media dieci anni prima di chi non ha mai fumato. I dati raccolti indicano che ben due fumatori su tre sono destinati a morire per patologie legate al fumo. Ogni sigaretta toglie 14 minuti di salute, chi fuma un pacchetto al giorno, muore in media a 69 anni e se il fumatore è fortunato supera i 70 anni , ha quattro anni in meno di durata, rispetto ad un suo coetaneo non fumatore.

Riuscire a smettere in tempo può impedire l’aggravarsi della dipendenza e ridurre i danni fumo correlati.

Smettere fa bene ad ogni età! Ma se lo fai prima è meglio!

Schizofrenia e fumo: la sigaretta elettronica tra le opzioni per la smoking cessation

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La review condotta dai ricercatori del COEHAR sulle relazioni pericolose tra fumo e spettro schizofrenico ha evidenziato come la vulnerabilità di queste persone si traduca in una aspettativa di vita di 25 anni inferiore rispetto alla media della popolazione. Ma ci sono strumenti che possono aiutare questi pazienti.

https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/10550887.2019.1679063

Catania, 10 Dicembre 2019 – “Existing and emerging smoking cessation options for people with schizophrenia spectrum disorders”, è la nuova revisione condotta dai ricercatori del CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, e pubblicata sulla rivista internazionale Journal of Addictive Diseases

La revisione, condotta grazie alla collaborazione con la prestigiosa Università di New York, Hunter College- City University, ha analizzato tutti gli studi che si sono occupati di trattamenti di smoking cessation per pazienti affetti da disturbi mentali, in particolare schizofrenici.

Ricerche emergenti, a partire ECLAT il primo studio al mondo condotto nel 2013, evidenziano che la sigaretta elettronica associata a counselling antifumo può fornire una efficace terapia anche per i fumatori affetti da psicosi.

Un paziente fumatore  con schizofrenia, con una aspettativa di vita di 25 anni inferiore rispetto alla media della popolazione, difficilmente risulta essere il target di riferimento di campagne volte a far smettere di fumare. Egli però incorre in un rischio molto più elevato rispetto agli altri fumatori, sia per il numero di sigarette fumate (che può arrivare sino a 60 sigarette al giorno) sia perché combatte nel suo percorso anche le barriere neurobiologiche, psicologiche, psicosociali e finanziarie che di norma sono  più complesse che nel resto della popolazione. 

Pasquale Caponnetto, coordinatore del CPCT – Centro per la Prevenzione e Cura al Tabagismo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania e primo autore della revisione, ci spiega che: “Come indicato dalle linee guida internazionali NICE per la cura dei disturbi appartenenti allo spettro schizofrenico, la disuassefazione dal tabagismo diventa un punto cruciale nel processo di recovery di questi pazienti

Il metodo usato

Scopo dello studio in oggetto era valutare lo stato della scienza sulla smoking cessation in soggetti affetti da schizofrenia. La review (condotta da Pasquale Caponnetto, Jennifer di Piazza, Maria Signorelli, Marilena Maglia e Riccardo Polosa) ha messo insieme e paragonato un totale di 260 studi identificati. Nessuna limitazione geografica o linguistica è stata utilizzata. E gli unici termini usati sono stati quelli che denotavano disturbi appartenenti allo spettro schizofrenico (malattie mentali, schizofrenia, disturbi psicotici o psicosi) e trattamenti di smoking cessation (terapia sostitutive a base di nicotina, tobaccocessation, smoking cessation).

Sigarette elettroniche e Psicopatologia

I prodotti in grado di appagare il bisogno di nicotina in assenza di combustione come la sigaretta elettronica, in termini di riduzione del danno o cessazione, rappresentano una valida alternativa per i soggetti affetti da schizofrenia o altre patologie mentali che tipicamente evidenziano un bisogno di nicotina al fine di meglio stimolare l’area cognitiva, umorale e di contrasto agli effetti collaterali di alcuni psicofarmaci.

I commenti degli scienziati

Dalla nuova revisione è emerso che i trattamenti standard legati alla smoking cessation e indirizzati a pazienti affetti da schizofrenia sono limitatamente efficaci e solo nel breve periodo.

Ma il vero problema riguarda le ricaduta dopo cessazione delle terapie antifumo ed è su questo che ci stiamo concentrando – ha aggiunto Caponnetto – per trovare presto soluzioni, innovative, facili da usare, economiche e quindi alla portata di tutti, soprattutto delle persone più fragili“.

Per Jennifer Di Piazza, dell’Università di New York: “Grazie a questi studi, nuove risposte concrete potranno essere date ai nostri pazienti che sempre più numerosi richiedono tutto quello che può garantire loro un miglioramento della qualità di vita“.

In uno studio condotto recentemente, il tasso di mortalità per patologie fumo correlate in pazienti ospedalizzati con disturbi psichiatrici ha riportato sulla totalità dei pazienti il 53% di morti tra gli affetti da schizofrenia, 48% tra i pazienti affetti da disturbo bipolare e 50% tra pazienti affetti da disturbi depressivi.

Il processo di disuassefazione tabagica diventa per questi pazienti un fondamentale obiettivo da raggiungere e fornisce la possibilità di attivare corrette strategie motivazionali che assicurano nel paziente un adeguato livello di compliance sia per quanto concerne la sua dipendenza dal fumo sia per l’abbassamento  dei livelli di sintomatologia negativa tipico della schizofrenia (abulia, scarsa motivazione, apatia) determinando così un complessivo miglioramento della qualità della vita della persona” – ha aggiunto Marilena Maglia dell’Università di Catania.

In conclusione – commenta il prof. Riccardo Polosa, direttore del CoEHAR: “La vulnerabilità delle persone con queste fragilità, lo stigma di cui soffrono a livello sociale e la mancanza di studi specifici nel settore condotti su larga scala hanno evidenziato la necessità di condurre studi più specifici e su campioni maggiori della popolazione, per colmare la lacuna nello stato della scienza attuale in termini di trattamenti di smoking cessation su pazienti svantaggiati e che necessitano di tutti gli sforzi del mental health team del COEHAR”. 

Sigaretta elettronica: rischio o opportunità?

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La sigaretta elettronica può rappresentare un valido supporto nei percorsi di smoking cessation, ma il concetto di riduzione del rischio deve essere utilizzato come base di studio per compiere ulteriore ricerche e fornire migliore assistenza ai fumatori incalliti. 

Catania, 4 dicembre 2019 – Smettere di fumare e staccarsi dalla dipendenza da nicotina rappresenta una sfida per i fumatori incalliti. Chi non ci riesce deve mettere in conto di essere un soggetto a rischio per infarti del miocardio, ictus e tumori.

In questo scenario, strumenti alternativi come la sigaretta elettronica possono rappresentare un valido supporto per chi senza la sigaretta in mano non riesce a stare.

La rivista internazionale Journal of Community Medicine and Public Health Care ha richiesto a Fabio Beatrice, Direttore del centro Antifumo San Giovanni Bosco di Torino, di redigere una systematic review dal titolo “E-Cigarette Smoking: Health Risk or an Opportunity for Smokers?”, condotta insieme a Giuseppina Massaro, sulle opportunità degli strumenti a rischio ridotto per i tabagisti. 

“In questa systematic review, partendo dal nostro studio pilota i cui risultati sono stati pubblicati il 15 ottobre 2019, abbiamo fatto il punto generale sulla situazione del fumo elettronico. In particolare, in questo momento siamo tutti all’ombra dello scoppio di EVALI negli USA, che ricordiamo non è un problema di sigaretta elettronico, ma di scorretto uso dello struemnto”.

LA RICERCA AL SAN GIOVANNI BOSCO

Il 15 ottobre 2019 sono stati pubblicati gli esiti di uno studio pilota che ha valutato i livelli di monossido di carbonio condotto su 40 fumatori che faticavano a smettere seguendo le linee guida dei percorsi di smoking cessation, osservati presso il centro Antifumo del San Giovanni Bosco di Torino. Utilizzando una procedura registrate nel 2015, sono è stato somministrato uno speech con immagini relative al fumo elettronico e al tabacco riscaldato. 

A sei mesi di distanza, i pazienti persistevano nell’uso esclusivo. In entrambe le popolazioni i livelli di monossido di carbonio persistono su valori normali. I soggetti che presentavano livelli di dipendenza dalla nicotina significativo si orientavano verso il tabacco riscaldato. 

LA SYSTEMATIC REVIEW

Un modello di riferimento rimane la scelta del Ministero Inglese di proporre la sigaretta elettronica nei programmi di salute pubblica.

Nel 2019, i dati di uno studio hanno dimostrato che gli 866 fumatori che hanno scelto il percorso di smoking cessation del servizio sanitario nazionale inglese hanno raddoppiato le proprie possibilità di successo grazie all’elettronica.

La ricerca condotta da Farsalinos ha evidenziato come i livelli di tossicità negli aromi dei liquidi utilizzati per le sigarette elettroniche siano ben al di sotto dei valori soglia di pericolosità.

Come spesso affermato anche dal prof. Riccardo Polosa, direttore del CoEHAR, purtroppo gli studi conducono spesso a risultati contraddittori perché mancano standard di ricerca. Si deve iniziare ad impostare gli studi basandosi su standard condivisi ed il più possibile vicini alla replicazione umana.

Beatrice ci spiega che risulta interessante evidenziare come questa review sia stata richiesta da una rivista di salute pubblica americana, evidenziando come anche negli USA si sta cercando di compiere un’analisi della situazione. 

Ricordiamoci che il CDC di Atlanta, nonostante lo scoppio di EVALI, ha sempre comunicato che chi era passato al fumo elettronico doveva rimanere al fumo di ecig e non ritornare al fumo convenzionale. 

Certamente mancano ancora studi indipendenti per valutare la tossicità del fumo elettronico e del fumo digitale, ma è anche vero che la proposta del fumo digitale nell’ambito del rapporto medico paziente impedisce al fumatore di andarsene, perdere contatto con il centro e rischiare di tornare al fumo convenzionale” – così conclude Fabio Beatrice

I medici di medicina generale aprono alla riduzione del danno

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I medici italiani si sono dichiarati favorevoli alla diffusione di strumenti alternativi al fumo di sigaretta convenzionale ma si necessita una maggiore informazione in ambito terapeutico.

È quanto emerso durante un panel intitolato “La gestione del paziente fumatore”, in occasione del XXXVI Congresso della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) tenutosi a Firenze. 

Il paziente fumatore deve essere a conoscenza delle alternative che ad oggi permettono di lavorare nell’ambito della smoking cessation in un’ottica di riduzione del danno. Dispositivi alternativi a tabacco riscaldato e non combusto possono essere valide armi in un percorso di cessazione. Ma serve l’aiuto e il supporto del personale medico e sanitario a cui si rivolgono i fumatori intenzionati a smettere.

LA RICERCA DELLA SIMG

Da una ricerca condotta dalla Simg e presentata allo stesso congresso, emerge che su un campione di 400 medici, il 46% ha risposto di non conoscere nè le sigarette elettroniche nè i dispositivi a tabacco riscaldato.

Il 57% dei medici intervistati ritiene possibile il loro utilizzo nell’ottica della riduzione del danno e della smoking cessation. 

Il 91% dei medici intervistati ritiene giusto l’interessamento delle associazioni scientifiche e delle associazioni di pazienti a questa nuova metodica.

Letizia Rossi, medico di medicina generale a Perugia che ha condotto l’indagine, osserva:

Abbiamo condotto un survey da cui è emerso che vi è ancora una scarsa conoscenza su i prodotti a basso rischio ma i medici sono risultati disponibili ad apprendere e conoscere l’utilizzo di questi metodi e strumenti che andrebbero inseriti in un percorso medico strutturato con un medico che segue e consiglia sempre il paziente. Il rischio è che molti fumino sigaretta elettronica e convenzionale in maniera autonoma e dunque non vi siano benefici. E necessaria una formazione per i medici per capire il funzionamento e gli effetti positivi di questi strumenti e per fornire una corretta e continua attività di counselling”.

Damiano Parretti, Responsabile Nazionale Simg dell’Alta scuola e della macro-area Cronicità, ci spiega inoltre che:

Ci deve guidare la consapevolezza che il fumo determina danni importanti a livello cardiovascolare (perchè il fumo è un fattore di rischio preventivo per infarto e ictus), respiratorio (perchè può generare meccanismi infiammatori sulla mucosa polmonare) e oncologico”. 

L’attività di counselling personalizzato è alla base di un percorso di cessazione: “Ci vuole la sensibilità giusta per attuare una strategia di counselling individualizzato. Per la parte di popolazione che non riesce a smettere, possiamo spiegare di utilizzare dei sistemi a rischio ridotto che determinano una riduzione importantissima dell’introduzione nell’organismo di sostanze tossiche”.

Parretti ci precisa inoltre che i casi di broncopolmonite lipoidea in America sono stati causati: “Dalla deposizione di  vitamina E acetato utilizzata coma addensante per l’immissione nelle sigarette elettroniche di prima generazione (quindi dispositivi aperti) di sostanze varie quali tetracannabinoidi. Le sigarette elettroniche di seconda generazione sono a sistema aperto non chiuso, che non permette non permette l’immissione di altre sostanze o a dosaggi non consentiti. È una sicurezza perchè sappiamo cosa fumiamo con un dispositivo chiuso”.

Fumatori over 65: una vita senza una sigaretta in mano

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fumatori over 65

Per i fumatori over 65 diventa difficile combattere le abitudini quotidiane che li hanno sostenuti nel corso degli anni.

A maggior ragione se queste abitudini costituiscono una vera e propria dipendenza sia fisica che psicologica.

Ad oggi i dati parlano chiaro: l’aspettativa di vita per un utilizzatore abituale di sigarette over 60 è di 10-15 anni inferiore rispetto a un coetaneo non fumatore.

Eppure larga parte delle politiche e delle campagne di informazione ha come target la fascia di popolazione più giovane, più raggiungibile dai canali comunicativi moderni e più incline ad approcciarsi a metodi tecnologici ed innovativi che rappresentano una valida alternativa al fumo convenzionale.

Ma molto spesso ci dimentichiamo di chi nella società ha fatto del fumo una vera e propria ragione di vita, grazie anche al mito di star e cantanti spesso ritratte con la sigaretta tra le dita. Persone che sono genitori e nonni e che nella bionda tradizionale hanno trovato un supporto psicologico per affrontare i problemi quotidiani. 

Difficilmente raggiungibili dai canali comunicativi più “social”, faticano a cambiare le proprie “impostazioni di fabbrica”, senza conoscere le alternative al fumo che negli ultimi anni stanno acquistando sempre più popolarità.

Come nel caso del signor Giuseppe, fumatore incallito da noi incontrato al Centro Antifumo del Policlinico Vittorio Emanuele che ci rivela come sia difficile combattere il fascino ammaliatore, “quel non so che” dell’avere una sigaretta tra le dita e portarsela alla bocca,nonostante impegno e volontà non manchino.

DATI ALLA MANO: DI COSA STIAMO PARLANDO?

In Italia, i fumatori over 65 costituiscono il 9,8% del totale della popolazione, con un tasso di incidenza maggiore tra gli uomini (13%) che tra le donne (7%).

Grado di istruzione e capacità reddituale influiscono sulle statistiche: gli anziani con più difficoltà economiche rappresentano la percentuale maggiore di fumatori (14%), mentre si ritrovano più fumatori tra coloro che hanno un grado di istruzione elevato, ovvero quasi il doppio.

LA VITA DI UN FUMATORE

Smettere di fumare è una scelta che implica un percorso di sacrifico e rinuncia. A questo si sommano le ansie e il preconcetti di chi per una vita è rimasto legato agli stessi schemi comportamentali e non se la sente, per timore, di affrontare una scelta così radicale e drastica. 

I fumatori over 65 dovrebbero sapere che hanno le stesse probabilità di morire nell’arco dei 5 anni successivi di un non fumatore di 8 anni più vecchio, valore che si triplica se si paragona il medesimo soggetto a un suo coetaneo. 

Intervistato a proposito, il Prof. Pasquale Caponnetto, professore di Psicologia Clinica e Sperimentale all’Università di Catania, ci spiega il perché risulti così difficile per un anziano intraprendere un percorso di smoking cessation.

“La persona che ha fumato per molti anni ha un’identità che è collegata al fumo della sigaretta quindi laddove si prepara un cambiamento in età adulta, si generano timore ed ansia. Timore di avere sintomi astinenziali, di poter star male, di sentirsi più soli, di perdere un meccanismo che negli anni li ha aiutati ad affrontare diverse situazioni significative della vita. Hanno bisogno di un supporto prima durante e dopo la fase di cessazione”

L’approccio umano è sempre l’alternativa migliore per sradicare la dipendenza da fumo: “conoscere la persona, ascoltarla e vedere le sue risorse ed esigenze e via via condurlo verso degli stili di vita pro salute”.

CONOSCERE LE ALTERNATIVE

Altro fattore di incidenza rimane il canale comunicativo: mentre l’innovazione tecnologica, come l’utilizzo della realtà virtuale ad esempio, spinge sempre più verso tecniche che aumentino la motivazione a smettere di fumare e si indirizza come target verso la fascia della popolazione più giovane, l’approccio alle fasce di età degli over 65 rimane più aleatorio.

La mancanza di una corretta informazione sui dati specifici e scientifici della qualità delle alternativesommata a un generale senso di sfiducia nella novità, genera una situazione di conflitto nel fumatore, che, per non stravolgere abitudini eradicate nel corso degli anni e connesse a una salute emotiva personale, decide di non approcciarsi a un percorso di smoking cessation.

Ma si deve insistere su un punto fondamentale : non è mai troppo tardi per cambiare. Anche il minimo cambiamento influisce drasticamente sull’aspettativa di vita media. 

Attenzione anche a scelte di “fai da te”: i centri antifumo come quello del Policlinico dell’Università di Catania offrono sessioni di counseling psicologico, che abbina colloqui motivazionali e conoscitivi ad un servizio di assistenza durante tutto il percorso.

Diabete negli over 60: quanto incide il fumo?

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diabete over 60 e fumo

Se parliamo di salute di un fumatore, a maggior ragione se affetto da diabete e over 60, due sono gli aspetti da tenere bene in mente: il fumo è ormai riconosciuto come causa di una serie di patologie a danno del sistema cardiorespiratorio, ma la sigaretta convenzionale aumenta anche il rischio di complicazioni legate ad altre patologie.

Negli ultimi vent’anni, il numero di persone affette da diabete è quadruplicato, diventando un serio problema di salute pubblica. 

Un paziente fumatore affetto da diabete incorre in un rischio di molto maggiore di complicanze cardiovascolari. 

A questo proposito, abbiamo parlato con il Dr. Davide Campagna, Specialista di medicina Interna al Policlinico Vittorio Emanuele di Catania :

“Ci siamo occupati di fumo e diabete in due recentissime pubblicazioni per metterne in luce i rapporti. Il fumo insieme al diabete aumenta esponenzialmente il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari, quindi il diabetico (già predisposto per la patologia di base) che fuma non fa altro che moltiplicare le proprie chances di ammalarsi di infarto, ictus, malattie renali, disturbi della vista e quindi alla lunga di ridurre la propria speranza di vita. 

Abbiamo dimostrato nel nostro recente articolo come la smoking cessation riduca il rischio di incorrere in malattie cardiovascolari e soprattutto ne rallenti il deterioramento se già instauratesi. Quindi il messaggio che deve passare a tuti i diabetici che fumano è smettere il prima possibile per stare meglio e vivere di più”

Accanto al fumatore attivo, non dobbiamo dimenticarci di chi per anni gli è stato accanto, sviluppando una serie di problematiche di salute connesse al cosiddetto fumo passivo.

“Negli anziani che hanno fumato per anni o che hanno, loro malgrado, subito il fumo passivo dal proprio partner (spesso vediamo nonnine affette dalle stesse patologie dei mariti senza aver mai toccato una sigaretta attivamente) il fumo di sigaretta rappresenta una di quelle abitudini che portano a riacutizzare più frequentemente la malattia di base. Il classico esempio è la BPCO, malattia tipica dei fumatori.”

Le linee guida del COEHAR parlano chiaro: indipendentemente dall’età, rivolgersi a centri antifumo per una assistenza personalizzata e la conoscenza di dispotici alternativi , come la sigaretta elettronica o i dispositivi a tabacco riscaldato, diminuisce di molto il danno causato dalla sigaretta convenzionale.

Per chi ha già tentato qualsiasi metodo possibile, molto spesso la sigaretta elettronica rappresenta l’ultima valida alternativa e non dovrebbe essere messa da parte.

“Il fumo è nocivo a tutte le età, il tempo di esposizione è quello che da una stima dei danni perpetrati” ci ricorda Il prof Campagna.