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Riccardo Polosa il più citato secondo Plos Biology

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Un database di 100.000 scienziati viene reso pubblico, riportando le statistiche principali in ambito bibliometrico. Il prof. Polosa secondo questo nuovo studio è lo scienziato più degli citato degli atenei di Palermo, Messina e Catania.

L’articolo “A STANDARDIZED CITATION METRICS AUTHOR DATABASE ANNOTATED FOR SCIENTIFIC FIELD”, pubblicato dalla prestigiosa rivista Plos Biology rende pubblici i dati relativi all’impatto delle pubblicazioni scientifiche di 1.000.000 di ricercatori, in termini di rapporto tra citazioni, ricerche e impatto sulla carriera.

Ci scienziati vengono classificati in 22 campi scientifici e 126 sottocampi: questa classifica vanta ben 35 ricercatori e scienziati dell’Università di Catania, eccellenze che promuovono la scienza e la ricerca dell’Ateneo catanese in Europa e nel mondo.

Il Prof.Riccardo Polosa, direttore del COEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, non solo risulta essere lo scienziato più citato tra i ricercatori catanesi, ma anche tra quelli di Palermo e Messina.

Un riconoscimento non solo personale, sinonimo di una carriera dedicata alla ricerca scientifica, ma segno tangibile di un percorso di innovazione ed evoluzione che fa della ricerca nell’ambito della riduzione del rischio un punto di forza per il nostro Ateneo e che giustifica in pieno il ruolo del COEHAR e dei suoi ricercator” – così Riccardo Polosa ha commentato la notizia.

Questo articolo è presente anche in lingua inglese

Cosa serve per avviare un progetto di ricerca nell’ambito della Harm Reduction?

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daniela saitta project manager Ispm

Abbiamo intervistato Daniela Saitta, project manager di ISPM, per capire meglio cosa significa avviare un progetto di ricerca scientifica in ambito internazionale

Lo scopo della scuola ISPM del COEHAR, la cui prima edizione si è svolta a Taormina, è quella di formare project manager con riferimento specifico all’ambito della harm reduction. Ma cerchiamo di analizzare in maniera più approfondita quali sono le azioni necessarie per avviare un progetto di ricerca di questo genere

Daniela, parliamo degli aspetti fondamentali per far partire un valido progetto di ricerca:

Ovviamente, dobbiamo iniziare da ipotesi di ricerca chiare, concise e definite. Avere un progetto strutturato e fondato su una valida metodologia di ricerca garantirà un risultato migliore. Inoltre il responsabile del progetto deve avere metodologie di valutazione ben definite per lo stato di avanzamento dello studio, con risultati misurati e una valutazione del rischio efficace”.

Una condizione imprescindibile, aggiunge Daniela, è essere flessibili in termini di budget e piano di lavoro per meglio adattarsi all’evoluzione del progetto stesso.

Daniela e se invece parliamo di un progetto relativo all’harm reduction?

Come per ogni progetto di ricerca, bisogna informarsi sul background e sullo stato dell’arte, oltre ad effettuare una valutazione delle necessità in termini di risorse umane, attrezzature, materiali e budget. Ma essere coinvolti in un progetto di questo tipo significa anche relazionarsi con patners, finanziatori, sponsor e così via. Si deve cercare di fare networking e brainstorming con i collaboratori e tutte le altre parti interessate, per conciliare i bisogni e le necessità di tutti e redigere un progetto di studio efficace. Ma soprattutto serve un piano efficace di comunicazione”.

Polosa a Regulator Watch: “La prova certa è nelle testimonianze dei nostri pazienti”

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Intervistato in diretta Live da Brent Stafford su Regulator Watch, il professor Riccardo Polosa ha risposto a tutte le domande in merito alle notizie che in questi giorni si stanno diffondendo sui possibili danni causati dalle Ecig

Come sapete, a partire dall’estate 2019, le ecig sono entrate nell’occhio del ciclone: la diffusione di una patologia polmonare negli USA, la cosiddetta EVALI, ha creato un’ondata di panico le cui ripercussioni sono arrivate fino in Europa. 

Per Polosa, bisogna risalire al 2013, quando un gruppo di pazienti che avevano switchato da sigaretta convenzionale ad elettronica ha espresso timori sulle ripercussioni a lungo termine della loro scelta. 

Già allora sapevo che sarebbe stato difficile rispondere – ha detto Polosa – ma ci siamo riusciti in parte. Grazie ad uno recente studio che ha analizzato un gruppo di svapatori che non aveva mai fumato, e dopo 3 anni di continui follow up, abbiamo dimostrato che non un singolo paziente ha riscontrato danni o alterazioni nella spirometria o variazioni riscontrabili con una TAC”.

  • E se invece parliamo di nicotina possiamo cosa possiamo affermare di certo? 

Non si muore per la nicotina ma per il catrame e non ci sono prove che sia la nicotina a causare il cancro. Noi sappiamo solo che svapare nicotina può creare una accelerazione del battito cardiaco, soprattutto se assunta in dosi elevate ma questo non ha mai ucciso nessuno”.

  • Come commenta il caso EVALI in USA?

Non un singolo caso è stato riscontrato quest’estate in Europa. La ragione è molto semplice: in USA, sostanze che normalmente non dovrebbero essere presenti nei liquidi hanno alterato l’equilibrio delle sostanze tensioattive che mantengono aperti gli alveoli polmonari. Il risultato? Un collasso immediato degli alveoli che non riescono più a scambiare gas e sostanze necessari per il corretto funzionamento dei polmoni”.

Una situazione, peraltro, degenerata a causa dell’atteggiamento sensazionalistico dei media americani e della autorità preposte.

Quello che mi sconcerta – ha continuato Polosa – è stato l’atteggiamento delle autorità di salute pubblica americana. Un esempio? Quando finalmente il CDC si è deciso a rilasciare le informazioni sulle reali cause della EVALI hanno aspettato il venerdì prima delle vacanze invernali per comunicarlo. Avrebbero dovuto rilasciare informazioni prima e con un target ben determinato”.

In Europa il caso EVALI ha generato un ritorno di immagine negativo: le persone hanno iniziato ad essere spaventate, traducendosi in una inflessione negativa nel mercato del vaping.

È stato curioso assistere ai tentativi di trovare casi simili in Europa, per alimentare una sorta di paura globale. Effettivamente l’unico caso di EVALI rilevata in Europa è stato un cittadino americano che volava sul continente”. 

Cosa possiamo concludere ad oggi?

La prova più forte la vediamo nei nostri pazienti che passano alle elettroniche e nelle loro testimonianze di una qualità di vita migliorata e di una riscoperta sensazione di benessere generale“.

Legge Sirchia: Italia primo paese a “delimitare” i fumatori

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Tra rivoluzioni conclamate ma anche dubbi e perplessità, di certo un pò di strada è stata fatta dall’introduzione della legge 3/2003 (art. 51: “tutela della salute dei non fumatori”).

Il dato certo è che l’Italia è stato il primo grande Paese europeo a regolamentare l’abitudine dei tabagisti, ponendo delle regole ben delimitate.

L’applicazione del divieto di fumo di sigaretta convenzionale nei locali pubblici oggi è stimata al 91,9% e per i luoghi di lavoro al 93,9%. Il controllo sugli esercizi commerciali è stato serrato e ha dato i suoi frutti.

Lo stesso non può dirsi per le strutture pubbliche dove sino a pochi mesi fa, ricordiamo, si fumava addirittura nelle aule del Parlamento, secondo quanto denunciato anche da noi della LIAF.

La sensibilizzazione  nei confronti del fumo passivo procede però velocemente. L’introduzione delle nuove normative volute dall’ex Ministro Beatrice Lorenzin, con il divieto di fumo nelle pertinenze di ospedali, luoghi di interesse sociale e in auto in presenza di minori, hanno rappresentato segnali positivi.

Dal 2005 ad oggi il numero di tabagisti è sceso drasticamente. Secondo l’ISS Istituto Superiore di Sanità la diminuzione è dovuta alla percentuale di cessazione femminile e alle campagne antifumo diffuse in questi ultimi anni.

Tuttavia, gli utilizzatori di sigaretta elettronica in Italia oggi sono più di 1 milione e mezzo. Un dato che non può essere ne sottovalutato ne commentato genericamente.

Quasi il 2% della popolazione (circa 900.000 persone) utilizza sigarette elettroniche. E a questi bisogna aggiungere gli utilizzatori di prodotti a tabacco riscaldato, che recenti stime, avrebbero raggiunto nel 2019 il 4% del mercato.

Nonostante la Legge Sirchia abbia un pò patito l’assenza di valide soluzione per l’applicabilità delle sue norme, il bilancio dell’abitudine al fumo tra il 2005 e il 2020 in Italia è positivo. Le vendite di prodotti da tabacco è sceso del 32% ed è cresciuto (tra alti e bassi) il mercato dei prodotti a rischio ridotto a dimostrazione del fatto che la possibilità di ridurre i danni, per chi non riesce a smettere da solo, è almeno stata riconosciuta come valida alternativa.

Salute polmonare e sigaretta elettronica: nessun danno

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Un nuovo studio pubblicato su PUBMED ha valutato gli effetti delle sigarette elettroniche sulla salute polmonare.

Lo studio, finanziato con un grant della Fondazione Umberto Veronesi e condotto presso l’Istituto Europeo di Oncologia, nasce in collaborazione con il programma COSMOS (I e II) dello IEO, finalizzato a realizzare un protocollo di diagnosi precoce del tumore al polmone.

Nei programmi COSMOS e COSMOS II vengono arruolati fumatori ed ex-fumatori con più di 50 anni di età e un lunga storia di fumo con lo scopo di individuare precocemente la presenza di un tumore al polmone in una popolazione particolarmente a rischio.

Per spiegare ancora meglio i risultati di questo nuovo studio, abbiamo chiesto direttamente al primo autore dello studio, il professor Claudio Lucchiari:

L’uso della sigaretta elettronica e dunque il vaping sono oggi oggetto di una necessaria valutazione rispetto alla sicurezza e alla salute polmonare. La recente diffusione di questi strumenti è stata così repentina da non permettere al momento di trarre conclusioni certe, soprattutto rispetto agli effetti a lungo termine o in particolari condizioni (per esempio, la gravidanza).

In effetti, durante lo studio e la successiva fase di osservazione, nessun partecipanti ha riportato problemi rilevanti correlati all’uso della sigaretta elettronica. Da ciò ne è derivato un effettivo beneficio rispetto alla salute polmonare in tutti i partecipanti che hanno smesso di fumare le tradizionali sigarette.

Tuttavia, è importante che l’utilizzatore di sigarette elettroniche sia informato circa i possibili effetti collaterali, così da potersi rivolgere al proprio medico in caso di necessità e verificare la correlazione tra sintomo e vaping”.

Basandosi sui dati di follow up a 3 e 6 mesi, è emerso che i soggetti studiati mostrano un miglioramento generale nelle condizioni polmonari, con una sostanziale riduzione di tosse e catarro.

E’ importante che l’utilizzatore sia a conoscenza dei rischi delle sigarette elettroniche e in particolare di alcune composizione e/o specifici ingredienti, così come i fumatori sono al corrente dei rischi del tabacco. Questo è un aspetto forse sottovalutato in relazione anche al fumo di prodotti diversi dal tabacco, spesso “comunicati” come sicuri sul piano polmonare e invece parimenti insidiosi. I dati di cui disponiamo non permettono di considerare il vaping (indipendente dai liquidi) un’attività del tutto estranea a potenziali rischi per salute polmonare in soggetti con particolare vulnerabilità”.

Un documentario di Foundation for a Smoke Free World racconta il centro di ricerca CoEHAR, un’eccellenza siciliana

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Catania, 9 Gennaio 2019 – I media americani hanno diffuso il documentario, realizzato a Catania dalla regista Melonie Koastman e promosso dalla Foundation For a Smoke Free World, sulle attività scientifiche del CoEHAR, il Centro di Eccellenza Internazionale per la Ricerca sulla Riduzione del Danno da Fumo diretto dal prof. Riccardo Polosa dell’Università degli Studi di Catania. 

Il CoEHAR è il primo centro di ricerca al mondo con un focus scientifico sulla riduzione del danno che utilizza macchinari ad alta tecnologia e riunisce centinaia di ricercatori e decine di università straniere. Il Centro oggi è formato da 50 docenti afferenti a 12 Dipartimenti diversi dell’ateneo catanese ed un Comitato Scientifico Indipendente, composto da studiosi di fama mondiale. Grazie a numerosi accordi quadro di Cooperazione, il CoEHAR collabora con più di 20 università sparse in tutto il mondo (Stati Uniti, Inghilterra, Marocco, India, Indonesia, Nuova Zelanda, Romania, Grecia, Iran, Svezia, Polonia, Brasile e Russia). 

Una collaborazione scientifica internazionale che vede l’ateneo catanese all’apice di una rivoluzione culturale che potrebbe far conquistare a Catania il titolo di capitale mondiale della Riduzione del Danno. Questo il commento del prof. Riccardo Polosa: “Siamo orgogliosi di poter portare i risultati della nostra ricerca nel mondo. Credo che la vera mission di un buon sistema universitario sia creare percorsi di eccellenza in grado di accogliere e fare esprimere al meglio le idee dei nostri ricercatori in un circuito di prestigio internazionale”. 

Nicotina: falsi miti e verità

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La nicotina è uno stimolante ed è il composto naturale principale della pianta del tabacco ed è presente soprattutto nelle foglie. Essa si trova in quasi tutti i prodotti a base di tabacco, ma anche in pesticidi e alcuni tipi di medicinali, come quelli utilizzati nei percorsi di smoking cessation (es. gomme, cerotti ed inalatori), e può avere effetti positivi per la stimolazione cognitiva e nella gestione di patologie depressive, disturbi appartenenti allo spettro schizofrenico e ADHD.

La nicotina può essere dannosa?

SI, ma non costituisce la causa principale dei danni provocati dal fumo di sigaretta tradizionale. Sebbene la comunità scientifica internazionale abbia spesso dibattuto sul tema, oggi è quasi unanime il pensiero che la nicotina non provoca danni ai polmoni, e – ai dosaggi normalmente assunti dai fumatori – non è un veleno. Inoltre, sebbene essa può provocare una accelerazione del battito cardiaco e un aumento della pressione, non è un fattore di rischio significativo per eventi cardiovascolari.

Insomma, la nicotina non è la causa principale del danno da fumo. Si muore per il catrame non per la nicotina.

Prof. Riccardo Polosa

Il danno da fumo proviene dall’inalazione delle migliaia di sostanze cancerogene sprigionate durante il processo di combustione.

Attenzione! La nicotina è velenosa se assunta in elevate concentrazioni e può aggravare problemi di salute preesistenti. E’ dannosa se assunta durante la gravidanza perché può causare danni al feto e negli adolescenti può incidere sullo sviluppo cerebrale e sulle dipendenze future.

La nicotina crea dipendenza?

Si. E questo purtroppo rende il percorso di uscita dal tabagismo molto più complesso. La velocità con cui la nicotina viene introdotta nel flusso sanguigno e raggiunge il cervello influisce sul grado di dipendenza. Dunque, nei soggetti fumatori l’assunzione di nicotina è molto più rapida ed è causa di dipendenza, mentre, al contrario, nelle terapie sostitutive come cerotti o gomme la nicotina è rilasciata in dosi minori e più lentamente. La dipendenza, inoltre, dipende anche da fattori genetici, personologici e sociali che possono incrementarne o diminuirne l’intensità.

Sigaretta elettronica. La nicotina è dannosa?

C’è un consenso nascente nel campo della scienza e della salute pubblica per la confermata sicurezza della nicotina e di altri prodotti non combustibili. Cerotti, gomme e inalatori contenenti nicotina non sono completamente esenti da rischi, ma a confronto dei prodotti combustibili la minaccia che possono rappresentare per la salute pubblica è irrilevante. Un recente studio internazionale del Drug Science (Comitato scientifico indipendente sulle droghe), confrontando i danni provocati dai vari prodotti contenenti nicotina, ha stimato che la sigaretta elettronica ha un indice di rischio pari a 4, dove quello delle bionde tradizionali è considerato 100. 

Ad esempio, in Inghilterra e Svezia il tasso di fumatori è tra i più bassi in Europa, a causa dei molti fumatori che decidono di passare rispettivamente alla sigaretta elettronica o allo snus (tabacco masticabile).

Le ricerche sulla sigaretta elettronica hanno aumentato la necessità di informazioni sulla nicotina. Anche se molti fumatori ne hanno già capito la rilevanza, purtroppo regna ancora il falso mito che la nicotina sia la causa dei problemi alla salute legati al fumo. Non è vero.

Per lo studio “Global burden of Disease” il fumo è il fattore di rischio numero 1 nei paesi nordici

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Lo studio “Global Burden of Diseases, Injuries and Risk Factors” del 2017 ha analizzato sia i fattori di rischio, letali e non, sia il tasso di incidenza delle malattie nelle regioni del Nord Europa.

Nonostante differenze socio-culturali, Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia mostrano similitudini in termini di qualità della vita, economia e parità di genere. Il modello nordico si sviluppa intorno alla “sicurezza sociale”, termine che comprende un sistema a 360° di assistenza al cittadino, dall’istruzione gratuita a un sistema sanitario nazionale accessibile da tutti. Le differenze di sviluppo sociale determinano fattori di rischio e di incidenza delle patologie diversi da stato a stato.

Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale The Lancet, si basa sulla classificazione dei fattori di rischio e della cause di malattia in quattro livelli distribuiti in ordine crescente. In particolare, i risultati presi in oggetto riguardano 167 cause dirette e 39 fattori di rischio generali della popolazione appartenenti al livello 3.

Analizzando sia la popolazione maschile che quella femminile, è emerso che il fumo è il fattore di rischio numero uno per l’incidenza di patologie di diverso tipo per entrambi i sessi in tutte le nazioni studiate, a parte per i maschi in Svezia (secondo posto) e per uomini e donne in Finlandia (quarto posto). 

Politiche sociali e di prevenzione relative al fumo più o meno efficaci determinano tassi di incidenza di patologie fumo-correlate diversi: in Danimarca, ad esempio, dove tali politiche sono meno restrittive che in altri paesi nordici, il fumo rappresenta uno dei fattori di rischio da tenere maggiormente sotto controllo, a differenza della Norvegia, dove la regolamentazione del tabacco passa attraverso norme più severe.

Secondo lo studio, il fumo, in tutte queste nazioni, è causa del 16,4% delle patologie cardiovascolari e del  23,7% di tumori. Tassi che si alzano se si considera la sola popolazione femminile danese.

In Svezia, invece, l’utilizzo di snus diminuisce il tasso di incidenza delle patologie direttamente correlate al vizio del fumo. 

Fumo che risulta essere molto meno diffuso tra i giovani che tra gli adulti: se le regioni nordiche continueranno con successo nelle loro politiche di smoking cessation e prevenzione a livello giovanile, il tasso sembra destinato ad diminuire.

Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda e Svezia sono tra le 13 nazioni al mondo a mostrare un declino nel tasso di diffusione del fumo tra il 1990 e il 2015.

Storicamente oggetto di una storia simile e geograficamente vicine, queste nazioni si prestano a poter condividere tra loro sistemi di assistenza sanitaria e lotta al fumo , soprattutto alla luce dei dati che riguardano la Danimarca, dove il fumo risulta essere un problema sanitario e sociale più allarmante che negli altri paesi. 

Catania capitale dell’Harm Reduction. Gli auguri del prof. Riccardo Polosa

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Cari tutti, 

in occasione delle imminenti festività natalizie, approfitto per augurare a tutti voi un Sereno Natale ed un felice anno nuovo. Il 2020 sarà per il CoEHAR, il primo Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, un anno di grande attività di progettazione e ricerca ma anche di appuntamenti scientifici utili a consolidare il prestigio che il centro ed i suoi membri si stanno conquistando nel mondo. 

Questi ultime due anni sono serviti a tutti noi per preparare ed avviare la struttura organizzativa, scientifica e produttiva del CoEHAR che oggi è formato da: 50 docenti afferenti a 12 Dipartimenti diversi dell’ateneo catanese ed un  Comitato Scientifico Indipendente, composto da studiosi di fama mondiale (tra loro Cother Hajat, Konstantinos Farsalinos, Karl Fagerstrom, David Levy ed altri ancora). Abbiamo sottoscritto accordi quadro di Cooperazione con più di 20 università sparse in tutto il mondo (Stati Uniti, Inghilterra, Marocco, India, Indonesia, Nuova Zelanda, Romania, Grecia, Iran, Svezia, Polonia, Brasile e Russia) e questo ci consente uno scambio continuo di conoscenza e competenza. 

Catania è ormai considerata la capitale mondiale della ricerca sulla riduzione del danno da fumo.  

In un solo anno, abbiamo accolto in città più di mille esperti provenienti da ogni parte del globo tra rappresentanti dei governi, scienziati, ricercatori, imprenditori. Una troupe televisiva americana ha addirittura realizzato all’interno del CoEHAR un documentario scientifico trasmesso sulle emittenti nazionali statunitensi. Di certo siamo anche più fortunati. Catania e il suo centro storico, l’Etna e il mare ci consentono di lavorare su un palcoscenico prediletto per molti. E poter essere ambasciatori della cultura e delle nostre tradizioni locali ci inorgoglisce più di ogni altra cosa. 

Il CoEHAR ingloba il CPCT – Centro per la Prevenzione e la Cura del Tabagismo del Policlinico Vittorio – Emanuele di Catania, la CRO locale (Clinical Research Organization), i laboratori di microbiologia e una rete selezionata di laboratori di biologia cellulare e molecolare. Inoltre, si avvale anche della collaborazione e del sostegno della Lega Italiana Anti Fumo – LIAF e di ECLAT che è appunto lo spin off fondato all’interno dell’Ateneo catanese con l’obiettivo di implementare e promuovere tutti gli output tecnologici provenienti dalla nostra attività di ricerca. 

Io credo sia questa la vera mission di un buon sistema universitario: creare percorsi di eccellenza in grado di accogliere e fare esprimere al meglio le eccellenze dei nostri ricercatori. Augurandomi che il 2020 possa essere il proseguo più giusto per i nostri progetti e per le nostre attività, auguro a tutti voi Buone Feste e colgo di nuovo occasione volta per ringraziarvi per l’attenzione che ci avete donato.  

Auguri

Prof. Riccardo Polosa

Le malattie che provoca il fumo

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Il fumo, il killer che uccide, danneggia quasi tutti gli organi del corpo umano provocando gravissime malattie.

Ecco quali:

  • Bronchite acuta e cronica, enfisema, asma, diverse infezioni respiratorie.
  • Il tumore polmonare, per un totale di circa 30 mila morti l’anno.
  • Infarto e malattie coronariche, con una mortalità alta in pazienti con bypass, poiché danneggia le  cellule che rivestono i vasi arteriosi.
  • Cardiopatia ischemica
  • Ictus, con un rischio molto elevato insieme all’aneurisma aortico.
  • Danni sulla sessualità maschile e femminile, nocivo anche per l’organo riproduttivo. Può portare anche a menopause precoci.
  • Gravi patologie del cavo orale, sino al tumore alla bocca.
  • Gengiviti, ingiallimento dei denti e pessimi risultati estetici.
  • Demenza, con un deterioramento delle funzioni cerebrali
  • Artrite  reumatoide
  • Diabete tipo 2 
  • Osteoporosi prematura
  • Degenerazione della retina