mercoledì, Novembre 5, 2025
Home Blog Pagina 36

Asia e fumo: quando la politica è inefficace

0

Con il 60% dei fumatori globali e il 50% delle morti tabacco-correlate a livello mondiale, l’Asia è da anni la cartina tornasole sull’efficacia di qualsiasi politica internazionale di Riduzione del Danno da Fumo.

Tuttavia, secondo un recente report del Global State of Tobacco Harm Reduction, la situazione sarebbe tutt’altro che rosea.

Asia e fumo: una sfida globale

Perchè il continente asiatico viene considerato la prima linea nella lotta contro il fumo? I numeri parlano chiaro.

Settecentoquantatrè milioni di tabagisti. Nazioni come Laos, Indonesia, Myanmar in cui il 70% della popolazione adulta fuma sigarette convenzionali. Circa 4 milioni di morti ogni anno per malattie fumo-correlate. E ancora, oltre 260 milioni di consumatori di prodotti da tabacco senza combustione, tra cui la combinazione altamente nociva di tabacco e betel.

Asia e Tobacco Harm Reduction

Con numeri di tale portata, il problema del fumo dovrebbe essere in cima alle agende dei governi della regione. La realtà è che la questione continua ad essere ampiamente sottovalutata.

Eppure, come sottolineato dal report, un’adozione più ampia di strategie di riduzione del danno potrebbe aiutare a risolvere la crisi del tabacco in Asia, portando importanti guadagni per la salute pubblica in una regione con il più alto tasso di fumatori al mondo.

Il continente invece affronta un profondo gap tra la necessità di implementare politiche di Riduzione dal Danno da fumo e una realtà in cui mancanza di informazioni, limitato accesso alle infrastrutture, assenza di efficaci politiche di contrasto al fumo sono la norma.

Negli ultimi decenni, mentre la maggior parte della politiche anti-fumo si spostava nei paesi in via di sviluppo, ci sono stati tentativi di ripensare le strategie di controllo del tabacco tenendo conto delle popolazioni a cui dovrebbero servire. Sfortunatamente, la maggior parte di questo sforzo è stato guidato da una mentalità paternalistica con tentativi di attuare politiche che non sarebbero mai state suggerite nelle nazioni occidentali, non perché non siano rilevanti ma perché non reggerebbero i test democratici e sui diritti umani di base” ha sottolineato Samrat Chowdhery, Presidente dell’International Network of Nicotine Consumer Organisations (INNCO).

Un buon esempio di ciò è la richiesta di avere dei divieti di svapo nei paesi in via di sviluppo. Il rapporto del Global State of Tobacco Harm Reduction è una contromisura gradita a tali approcci in quanto evidenzia la situazione di base in Asia e in Estremo Oriente. Soprattutto, è importante perché sottolinea il modo in cui le misure di riduzione del danno da tabacco possono aiutare ad affrontare queste lacune” ha poi aggiunto.

La regione tra disinformazione, divieti, interferenza filantropica.

Secondo il report del GSTHR ci sarebbe un offensiva su scala mondiale contro le politiche sulla Riduzione del Danno da fumo con governi e ONG internazionali pronti ad ostacolare l’implementazione e la diffusione di prodotti a rischio ridotto.

Ad aggiungersi al problema, anche lo scarso interesse dei produttori di tabacco locali che non hanno vedono di buon occhio la commercializzazione delle ecig.

Tra le raccomandazioni del report: “E’ importante che i legislatori esercitino l’autodeterminazione nelle proprie politiche sanitarie basandosi su prove scientifiche“.

Quale futuro per il THR in Asia?

Il report sottolinea come favorire l’accesso dei consumatori a prodotti alternativi al tabacco adeguatamente regolamentati porterebbe ad un miglioramento della salute pubblica mondiale. Oltretutto, l’accesso ad alternative più sicure aiuterebbe anche ad alleviare il carico sui sistemi sanitari liberando risorse altrimenti non disponibili.

Fino ad ora l’adozione di politiche “quit or die” nel campo della prevenzione non hanno minimamente preso in considerazione una terza via, ovvero quello dell’utilizzo di prodotti alternativi alla sigaretta convenzionale come i snus e le sigarette elettroniche. Eppure, se si togliesse la combustione dalla ritualità del fumo, questo potrebbe salvare milioni di persone” ha affermato Harry Shapiro, esperto internazionale di Riduzione del danno da Fumo ed autore del report.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe mostrare nuovamente la sua leadership in tale campo e influenzare positivamente tutte quelle nazioni che non possiedono un forte sistema sanitario nazionale. In particolar modo, incoraggiando tutte queste nazioni a adottare prodotti alternativi al fumo tradizionale. Questo non significa cancellare le politiche portate avanti fino ad ora ma utilizzare tutte le armi a disposizione per arrivare ad un fine condiviso: fare smettere la gente di fumare” ha enfatizzato l’esperto.

Kōwhai: un aiuto dalla cultura Maori per smettere di fumare

0
kowhai maori nuova zelanda

In Nuova Zelanda, l’impegno per promuovere una cultura della cessazione che si basi sulle strategie di harm reduction ha dato il via ad alcuni progetti governativi che consigliano le ecig come strumento utile per smettere.

Oltre alle campagne Vaping Facts and Quit Strong, l’approccio del governo neozelandese si muove su due direttrici: da un lato ridurre la percentuale di nicotina nelle sigarette di oltre il 90% e, notizia di qualche giorno fa, vietare il commercio di sigarette ai minori nati dopo il 2004

L’obiettivo? Una nazione smoke free. 

Per raggiungerlo, l’attenzione del governo si sposta verso la popolazione Maori, dove le percentuali di fumatori sono insolitamente alte.

Secondo le stime del 2020, infatti, il 28% della popolazione Maori fuma, con una percentuale più alta tra le donne che tra gli uomini (32%).

Per aiutarla, un aiuto sembra provenire dal mondo vegetale. È già da diversi anni che si conoscono gli effetti della citisina, un alcaloide vegetale proveniente dalla pianta del Maggiociondolo. 

Uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Addiction e condotto dai ricercatori dall’Università di Auckland, ha valutato gli effetti di questa sostanza diffusa in una pianta tipica del territorio neozelandese, conosciuta i lingua maori come Kōwhai, ufficiosamente uno dei simboli della Nuova Zelanda insieme al ben più famoso kiwi.

La pianta produce dei bellissimi fiori gialli e, oltre all’uso ornamentale, è anche impiegata nella medicina tradizionale Maori per combattere dolori muscolari e articolari.

Secondo lo studio, il 12% di coloro che ha assunto pillole a base di citisina non hanno più fumato, anche al follow up dei sei mesi, a dispetto dell’8% curato con la terapia promossa dal governo a base di vareniclina.

Eliana Golberstein, Chief Scientist presso Myriad Pharmaceuticals, ci aiuta a comprendere l’importanza di questo studio per la popolazione Maori.

Kōwhai significa giallo in lingua Maori, dal colore dei fiori della pianta, diffusa ovunque nella Nuova Zelanda e molto conosciuta dai locali. Quello che non si conosceva era l’aiuto farmaceutico della citisina nei percorsi di smoking cessation” ci spiega la ricercatrice “la citisina ha alcune affinità con i recettori attivati dalla nicotina.

A differenza della vareniclina, la citisina ha un costo inferiore, oltre che avere un’origine naturale. Per quanto riguarda la cultura Maori questo è fondamentale: secondo la tradizione, l’albero di kōwhai favorisce il giusto bilanciamento tra danno e guarigione. Un aiuto della terra neozelandese ai propri nativi”.

Qual è l’obiettivo delle campagne di cessazione neozelandesi?

La Nuova Zelanda ha l’obiettivo di diventare smoke free entro il 2025, ma con i trend attuali sicuramente non sarà così. Fortunatamente, nel 2020 è stato approvato il Vaping Bill, che permette di regolamentare il vaping in modo che i benefici dello svapo possano essere distribuiti tra la popolazione a rischio, riducendo allo stesso tempo l’appeal sui più giovani.

Due sono le campagne attive in Nuova Zelanda ad oggi: Vaping Facts, una campagna unica nel suo genere lanciata nel 2019 per combattere la disinformazione sul mondo del vaping, e Quit Strong, nata con l’intento di accelerare i percorsi di smoking cessation usando le ecig come strumento per raggiungere l’obiettivo finale di creare il primo paese smoke free nel mondo“.

Kate Wang, imprenditrice nel settore del vaping, per Forbes è tra le donne più ricche al mondo

0

Kate Wang è una delle 57 miliardarie self-made cinesi. La sua è una storia di successo che riguarda l’Harm Reduction. Kate, infatti, in pochi mesi ha trasformato una semplice idea nata nel 2017 in un colosso di sigarette elettroniche nel mercato cinese.

La notizia è stata riportata di recente su un articolo di Forbes, dal quale apprendiamo che secondo la China Insights Consultancy, kate Wang ha saputo far diventare RLX il colosso che ha conquistato oltre il 60% del fiorente mercato cinese delle sigarette elettroniche.

Tutto questo accade, tra l’altro, in un momento storico come quello attuale, un periodo di sfiducia dovuto alla pandemia globale che espone a un rischio maggiore fumatori e svapatori, ma nonostante ciò, si è verificato ugualmente un aumento di ricavi, dal 2018 (primo anno di attività) al 2020, grazie ai cinesi che hanno iniziato o continuato a fumare le sigarette elettroniche.

“Nel 2017 le sigarette elettroniche erano ovunque negli Stati Uniti: Juul Labs con sede a San Francisco aveva ottenuto più di 100 milioni di finanziamenti nella fase iniziale e stava guadagnando terreno. Ma era ancora un fenomeno raro in Cina, dove meno dello 0,5% degli oltre 300 milioni di fumatori del Paese usavano i vaper”, spiega la Wang.

Ma qual è la storia di Kate Wang? La storia della Wang, madre e lavoratrice, ha inizio a Pechino, quando per aiutare il padre che fumava due pacchetti di sigarette al giorno, capì che bisognava trovare un alternativa meno dannosa e cosi iniziò ad interessarsi di sigarette elettroniche. Brillante e intuitiva, la Wang rilanciò un mercato di vaporizzatori diverso dagli altri concorrenti, che attirava anche le persone più anziane e difficile da convincere a smettere, esattamente come suo padre.

Tuttavia, le autorità di regolamentazione cinesi hanno classificato le ecig come prodotti appartenenti alla categoria tabacco e questo le porterebbe potenzialmente sotto il controllo del monopolio di stato, China Tobacco. La quota di mercato duramente conquistata da RLX potrebbe sfumare se le autorità decidessero di regolare i vaper allo stesso modo delle sigarette, piuttosto che come dispositivi tecnologici ibridi.

Una storia che si ripete in Cina come in altre parti del mondo e che non si basa su evidenze scientifiche ma su quote di mercato e calcoli sistemici.

Il CoEHAR tra i contributor del Beating Cancer Plan

0

Il CoEHAR di Catania raggiunge un altro importante traguardo internazionale, grazie all’apporto fornito nella stesura del report BECA, il Beating Cancer Report della Commissione Speciale sul cancro del Parlamento Europeo.

Il Parlamento Europeo ha deciso di istituire una commissione speciale per sviluppare il nuovo Eurpean Beating Cancer Plan, un piano per combattere efficacemente il cancro, una piaga che solo nel 2020 ha mietuto oltre 1.3 milioni di persone in tutta Europa.

Il report – recentemente pubblicato – è stato redatto tenendo conto delle difficoltà emerse con il dilagare dell’epidemia da Covid-19 che ha determinato un sovraccarico del sistema sanitario europeo causando uno slittamento nei percorsi di prevenzione e di trattamento di molte patologie. 

Alla luce di questa situazione, la strategia del piano europeo prevede di sviluppare una linea d’azione che si muova lungo quattro direttrici: prevenzione, diagnosi precoce, diagnosi e trattamento e miglioramento della qualità della vita.

Tra le raccomandazioni del report, contrastare i comportamenti o le abitudini che possono aggravare il decorso patologico significa aumentare le probabilità di sconfiggere la malattia.

Il fumo di sigaretta rappresenta un fattore di rischio per il cancro e la possibilità insorgenza di tumori fumo correlati. 

 “È un privilegio e un grande riconoscimento poter contribuire alla pianificazione di politiche pubbliche volte a contrastare e ridurre e l’abitudine al fumo. Il cancro è una malattia che si può combattere solo grazie a diagnosi precoci e trattamenti innovativi. Una patologia il cui decorso è aggravato da comportamenti dannosi, come il fumo di sigaretta. Auspichiamo – ha spiegato il fondatore del CoEHAR Riccardo Polosa – che questo possa essere un altro passo in avanti per il riconoscimento e l’applicazione definitiva delle strategie di riduzione del danno nella battaglia contro il fumo. E non siamo in pochi a dirlo”. 

BECA

Un progetto ambizioso, che si propone non solo di creare un network che permetta di facilitare la condivisione di conoscenze e di dati in merito alla ricerca sul cancro, ma anche promuovere iniziative mediche e sanitarie transnazionali.

L’epidemia da Covid-19 ha enfatizzato il profondo squilibrio sanitario europeo e le difficoltà di continuare la normale attività di prevenzione e diagnosi legata ad altre patologie in un sistema compromesso.

Lo stress causato dalla situazione, la diffidenza, e l’incapacità di accedere ai plessi ospedalieri hanno impedito a migliaia di persone di compiere i normali controlli di routine e i dati in merito alla mortalità del cancro dei prossimi anni ci diranno se la situazione è peggiorata.

Ma un dato positivo è emerso anche durante questo periodo così drammatico: la necessità di proporre soluzioni alternative, ha facilitato l’implementazione di procedure e sistemi sanitari tecnologici che negli anni a venire contribuiranno alla ricerca e alla cura di una patologia che rappresenta una delle principali cause di morte nel mondo.

English version

Quanto incide il fumo sulle allergie primaverili

0

Con l’arrivo della bella stagione tornano anche le allergie dovute alla fioritura di fiori e piante tra aprile e settembre. I sintomi più comuni di queste allergie cosiddette primaverili coinvolgono le mucose del naso, gli occhi e le vie aere (starnuti ripetuti, congestione con sensazione di naso chiuso, secrezione abbondante, prurito e riduzione dell’olfatto, lacrimazione, tosse secca e stizzosa e difficoltà a respirare). Altri sintomi che possono comparire sono stanchezza e difficoltà di concentrazione.

Uno studio pubblicato sul “Journal of Clinical Immunology and Allergy” e condotto dal prof. Riccardo Polosa dell’Università di Catania ha valutato l’effetto del fumo sulla insorgenza di patologie allergiche. Lo studio dimostra che lo sviluppo di sintomi asmatici in questi pazienti si correla bene con il numero di sigarette fumate.

Il fumo sembra incidere già nell’età fetale causando anomalie nello sviluppo dall’apparato respiratorio e poi, nell’adolescenza, determinando un maggiore rischio dell’insorgenza dell’asma. Il fumo di sigaretta aggrava la frequenza e l’intensità delle manifestazioni acute delle allergie. I pazienti affetti da rinite allergica, se fumano, hanno un elevata probabilità che la loro patologia evolva in asma bronchiale.  

Ne abbiamo parlato con il prof. Massimo Caruso, ricercatore del CoEHAR dell’Università di Catania.

Quanto incide il fumo sulle allergie di questo periodo?

Quando si parla di allergia stagionale parliamo principalmente di allergia ai pollini e dunque di allergie respiratorie. È quindi chiaro che i soggetti fumatori accusano tutta una serie di piccoli o grandi danni alle vie respiratorie, dalle alte alle basse vie. Le alte vie che comprendono naso e gola, e le basse che arrivano fino ai bronchi. Il danneggiamento alle vie respiratorie dei fumatori comporta l’annullamento del meccanismo di protezione che ognuno di noi ha, permettendo ai pollini di entrare e portando così all’asma o alla broncocostrizione.

Come sappiamo il fumo è pieno di sostanze irritanti e un fumatore sa che spesso il fumo esce dal naso, per cui tutte le vie respiratorie dal naso alla gola, fino all’intero albero bronchiale, sono oggetto di infiammazione. I fumatori che diventano così molto più suscettibili agli eventuali allergeni, arrivano a una reattività bronchiale e ad avere delle reazioni molto più rapide e gravi di un soggetto allergico non fumatore.

Che ruolo ha il fumo passivo sui soggetti affetti da allergie?

Il discorso è molto simile perché sappiamo bene che i danni causati dal fumo passivo non sono tanto diversi da quelli causati dal fumo attivo. Anche i soggetti non fumatori ma che sono vittime del fumo passivo, risentono di un’aumentata sensibilità e reattività. In questo caso il problema potrebbe essere minore, ma rende comunque più suscettibili questi soggetti. Come dicevamo prima, l’allergia colpisce le vie aree danneggiandole e rendendole ipersensibili, motivo per cui i soggetti a rischio perché privi di protezione, vanno incontro a una reazione allergica molto grave. 

2034: la Scozia punta allo smoke free, aprendo il dibattito sulle ecig

0
smoke free scozia 2034

Il progetto del governo scozzese di creare un paese smoke free nasce nel 2013 dall’analisi dei numeri sul fumo di sigaretta tra la popolazione. Un’idea non basata sull’intento di stigmatizzare chi fuma o chi non riesce a smettere: la necessità è quella di provocare un costante e graduale cambiamento, fino ad arrivare a una nuova concezione nuova.

Quale? Che il fumo non sia necessario, che sia qualcosa di cui fare a meno. 

Ogni anno, secondo le stime ufficiali, circa 15000 nuovi fumatori tra i 13 e i 24 si approcciano alla sigaretta in Scozia. Una scelta che preoccupa: un fumatore che inizia presto ha molte più probabilità di diventare un accanito tabagista in età adulta e, di conseguenza, più probabilità di andare incontro a gravi danni alla propria salute fisica. 

Ed è qui che l’approccio scozzese riqualifica un insieme di iniziative antifumo, dalla prevenzione all’awareness fino alle strategie alternative, che riducano l’appeal del fumo sui più giovani, con un obiettivo preciso in mente: cambiare le abitudini per cambiare l’approccio, aiutando i giovani a non essere più così attratti dal fumo.

Arrivare così entro il 2034 con una percentuale di fumatori sul territorio scozzese pari o inferiore al 5%.

Dal 2013, ovviamente, le attività e le collaborazioni collegate al piano originale si sono modificate e, attualmente, il dibattito si è spostato verso la possibilità, o meno, di prendere in considerazione l’aiuto che le sigarette elettroniche possono apportare alla causa generale.

Nel 2017, il NHS Health Scotland pubblicava in una nota in collaborazione con altre 21 organizzazioni che il vapingera sicuramente meno dannoso del fumo tradizionale”.

Un passo avanti, per un governo vicino, almeno geograficamente, al Regno Unito, dove gli studi sulle sigarette elettroniche e la loro applicazione in ambito di cessazione e riduzione del danno da anni consentono agli operatori sanitari di consigliarle come valida, e meno dannosa, alternativa al fumo.

Il fronte scozzese è chiaramente diviso tra  chi si dichiara apertamente sfavorevole, preoccupato per le possibili conseguenze sui minori e per la prospettiva di sostituire una dipendenza con un’altra, e chi invece sostiene che sia sbagliato privarsi di una possibilità così valida.

Ad intervenire a favore delle ecig è invece il professore Neil McKeganey, Founding Director del Centre for Drug Misuse Use Research: “Non esiste in commercio un prodotto che sia così tossico e che causi così tante morti e patologie come le sigarette convenzionali! (…) Penso che siamo obbligati a considerare quale ruolo possano avere le ecig nella riduzione dei tassi di fumo”.

La disinformazione che aleggia intorno alle sigarette elettroniche riduce di molto la velocità con cui questi prodotti sono efficacemente introdotti nei programmi ufficiali di cessazione, nonostante le prove della loro efficacia e della relativa minor dannosità siano ormai evidenti.

L’identificazione tra il fumo tradizionale e lo svapo crea un insanabile gap tra le evidenze scientifiche e la diffusione delle stesse tra al popolazione. Se nella mente si collegano entrambe le tipologie di fumo alla stessa matrice, non si supererà mai l’empasse ideologica.

È per questo che la promozione di una sana cultura della cessazione è un impegno quotidiano e costante, che deve essere abbracciato a più livelli per poter efficacemente arrivare a porre le basi di una costante diminuizione del numero dei tabagisti nel mondo.

GFN: Il Forum Globale della Nicotina 2021

0

Il Forum Globale della Nicotina (GFN) è il summit che ogni anno mette insieme esperti del tabacco e del vaping per discutere del futuro riguardante i rispettivi settori.

In ottemperanza alle restrizioni previste dall’emergenza Covid-19 e che impediscono a molte persone di viaggiare e partecipare alla conferenza, anche quest’anno l’evento si svolgerà online, tramite la nuova piattaforma GFN- TV che garantirà a chi volesse di partecipare.

Il tema di quest’anno avrà come focus “Il Futuro della Nicotina” e si svolgerà a Liverpool, giovedì 17 e venerdì 18 giugno, presso il Crowne Plaza Hotel, che si trova nel cuore riqualificato della città, sulle rive del Fiume Mersey.

Una serie di presentazioni saranno pubblicate in anticipo sul sito web dell’evento, per permettere ai relatori di prepararsi ai dibattiti e alle relazioni e per dare l’opportunità ai partecipanti di commentare e porre domande tramite una chat online.

Programma

In linea con il tema della conferenza – “Il Futuro della Nicotina” – ai relatori verrà chiesto di affrontare una serie di argomenti. Questi includeranno:

• Le tensioni che spesso esistono tra scienza e politica

• Chi usa la nicotina, perché ne fa uso?

• Tenendo conto della COP 9, perché la FCTC non è riuscita a mitigare la diffusione del fumo?

• I rischi e i benefici per la salute pubblica

• Gli ostacoli alla riduzione del danno da tabacco negli LMIC

• Dare ascolto e spazio alle voci dei consumatori

• Chi sta supportando o minando la regolamentazione del fumo

GFN Five

Oltre ai contenuti trasmessi e alle presentazioni preregistrate, il GFN quest’anno introduce un nuovo modo di contribuire alla conferenza.

I “GFN Five” includeranno delle brevi presentazioni multimediali, della durata massima di cinque minuti come presentazioni video PowerPoint, video descrittivi che dimostreranno nuove tecnologie e brevi interviste.

Le categorie di riferimento verteranno su:

• Scienza e innovazione

• Aspetti politici, legislativi e regolamentari

• Consumatori

I partecipanti possono registrarsi ora e iniziare a seguire tutti gli aggiornamenti sul Forum Globale della Nicotina su Twitter e Facebook.

Giornata Mondiale senza Tabacco 2021: impegnati a smettere!

0

Il World No Tobacco Day 2021 si avvicina. Il 31 Maggio, come ormai i nostri lettori sanno bene, si celebra la Giornata mondiale contro il fumo organizzata dall’Oms con l’obiettivo di sensibilizzare il mondo sugli effetti che il fumo di sigaretta convenzionale ha sulla salute.

Se il focus dell’edizione dell’anno scorso erano i più giovani, in quanto fascia di popolazione sensibile e suscettibile alla manipolazione da parte dell’industria del settore, quest’anno il tema della giornata è l’aumento del numero di fumatori costretti a condizioni psicologiche destabilizzanti a causa della pandemia e la determinazione di alcuni di loro che intendono proprio adesso intraprendere un percorso di uscita dal tabagismo.

L’OMS infatti si pone l’obiettivo di supportare tutti i fumatori che durante la pandemia hanno promesso a se stessi di smettere di fumare di fornire supporto e sostegno per accompagnarli nel percorso di uscita.

Smettere di fumare o passare a prodotti meno dannosi è difficile, ma con il supporto e gli strumenti giusti puoi farlo! Stai perdendo molto più di quanto pensi continuando a fumare: la tua salute, la salute della tua famiglia e dei tuoi cari, i soldi che spendi, il tuo aspetto e molto altro ancora. Coloro che riescono a smettere sono veramente i vincenti“, questo il messaggio promozionale scelto per la campagna di sensibilizzazione 2021.

Più di 100 motivi per smettere di fumare

Smettere di fumare può essere difficile, soprattutto con l’ulteriore stress sociale ed economico derivante dalla pandemia, ma ci sono molte ragioni per smettere. I vantaggi di smettere di fumare sono quasi immediati:

  • Dopo soli 20 minuti di smettere di fumare, la frequenza cardiaca diminuisce.
  • Entro 12 ore, il livello di monossido di carbonio nel sangue scende alla normalità.
  • Entro 2-12 settimane, la circolazione migliora e la funzione polmonare aumenta.
  • Entro 1-9 mesi, la tosse e la mancanza di respiro diminuiscono.
  • Entro 5-15 anni, il rischio di ictus si riduce a quello di un non fumatore.
  • Entro 10 anni, il tasso di mortalità per cancro ai polmoni è circa la metà di quello di un fumatore.
  • Entro 15 anni, il rischio di malattie cardiache è quello di un non fumatore.

Covid-19:la Spagna verso il divieto di fumo all’aperto

0

La quarta ondata di Sars-Cov-2 spinge la Spagna ad un divieto generalizzato di fumo all’aperto per contrastare l’epidemia, mentre il numero di contagi aumenta in tutto il territorio nazionale.

In base alla nuova legge, è di fatto vietato ai fumatori di rimuovere le maschere facciali – che sono obbligatorie – per fumare in pubblico se non è possibile mantenere una distanza di due metri tra le persone, in quella che si ritiene essere la prima restrizione del genere in Europa.

Sotto accusa, l’aerosol prodotto dalle sigarette convenzionali ed elettroniche, erroneamente considerata come vettore del virus soprattutto in quei luoghi dove non è possibile mantenere la distanza di sicurezza.

Già durante l’estate scorsa due regioni spagnole a trazione turistica- la Galicia e le Canarie- avevano introdotto il divieto di fumo all’aperto per frenare i contagi da coronavirus, recependo la chiamata dell’ Organización Médical Colegial che aveva consigliato una risposta coordinata e sanzioni più dure per chi violava le regole.

Adesso è il ministero della Sanità spagnolo ad entrare in gioco suggerendo alle regioni di introdurre il divieto totale di fumo all’aperto su tutto il territorio nazionale.

E’ evidente che nel fumo ci sono particelle potenzialmente anche di virus, perché quando noi eliminiamo il fumo (di sigarette, di pipa, della e-cig) è chiaro che buttiamo fuori con aerosol anche particelle del virus se siamo positivi. Ma non c’è uno studio che dimostra che chi fuma trasmette di più Covid rispetto a chi ti respira vicino profondamente. Vietare di fumare all’aria aperta è eccessivo, stiamo attenti altrimenti qui si va sempre più verso divieti quando dovremmo andare in una altra direzione” ha dichiarato commentando la notizia Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova citato da AdnKronos

La Spagna, con una popolazione di 46 milioni di abitanti, è una delle nazioni europee insieme all’Italia con il maggior numero di contagi. Da Marzo 2020, si registrano infatti nel paese un totale di oltre 3 milioni di casi e 76 mila decessi a causa del Covid-19.

“La proliferazione di divieti generici non basati su evidenze scientifiche produce maggiori danni che benefici. Fumo e svapo non sono la stessa cosa. Si tratta di strumenti e condizioni di utilizzo diversi, così come di principi opposti. I fumatori sono soggetti che vanno aiutati a smettere, non pazienti da tenere relegati con divieti e bandi” ha affermato il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di eccellenza per la riduzione del danno da fumo dell’Università degli Studi di Catania (CoEHAR).

Una ricerca condotta proprio dal CoEHAR smentisce su tutta la linea l’approccio della Spagna. Considerando la brevità della svapata, il tempo di esposizione e i dati statistici su carica virale e tasso di infezione, svapare comporterebbe un aumento di solo l’1% del rischio di contagio rispetto alla normale respirazione a riposo” ha sottolineato lo scienziato catanese.

Che aggiunge: “un ulteriore studio del CoEHAR ha inoltre valutato l’effetto del fumo di sigarette sull’espressione della proteina che regola l’ingresso del virus nel corpo, suggerendo un possibile fattore protettivo della nicotina nei confronti dell’infezione.

Sulla stessa linea di Polosa anche l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzata: “certamente l’abitudine consolidata al fumo può essere considerata elemento in grado di potenziare l’infiammazione correlata alla malattia Covid-19, ma individuare nel fumo passivo occasionale un’aumentata possibilità di rischio di contrarre il Sars-CoV-2 rimane ipotesi al momento priva di alcun fondamento.”

La pandemia ha alimentato un’ingiustizia sanitaria?

0

La pandemia non solo ha impedito a molte persone di smettere di fumare ma ha forzato chi aveva smesso a ricominciare. Ad affermarlo diversi studi che sottolineano come i fumatori siano più a rischio di sviluppare condizioni cliniche gravi e addirittura la morte.

La pandemia ha alimentato un’ingiustizia sanitaria?

Diverse le provocazioni lanciate dalla rivista scientifica The Lancet – Respiratory Medicine.

Le vendite di sigarette negli Stati Uniti sono aumentate per la prima volta dopo decenni durante il 2020, e i dati hanno dimostrato che sono invece diminuiti gli svapatori.

Nel Regno Unito, 86 (25%) dei 329 fumatori attuali ha riferito in un sondaggio nazionale di aver fumato più del solito. Un sondaggio del CDC ha rilevato che il 40,9% degli intervistati ha riportato almeno una condizione di salute mentale o comportamentale avversa, inclusi sintomi di ansia o depressione, e il 13,3% ha iniziato ad assumere psicofarmaci per far fronte allo stress e alle emozioni causate dalla pandemia.

Senza il supporto appropriato per smettere, è probabile che le persone siano state meno motivate a smettere di fumare. La mancanza di un sostegno concreto come un supporto telefonico di assistenza psicologica, l’incremento dell’ansia dovuto all’isolamento sociale, sono tutti fattori che hanno alimentato il tentativo di smettere. Il tempo trascorso a casa, ha spinto molti ex fumatori a ricominciare.

Spesso gli individui che fumano provengono da contesti difficili, come i contesti a basso reddito o sono persone con problemi di salute mentale, tutti fattori che aumentano i rischi per la salute posti dal Covid-19. È necessario fare di più per superare questo tipo di ostacoli e per facilitare l’accesso alle risorse per smettere di fumare. Specialmente in queste comunità a rischio è fondamentale fornire un supporto adatto e accessibile a tutti, per incoraggiare coloro che vorrebbero smettere di fumare.

Tuttavia, questi problemi hanno riguardato solo alcuni paesi. Ad esempio l’India, ha vietato la vendita di tabacco durante il lockdown di aprile 2020, mentre altri miravano a ridurre l’uso del tabacco attraverso misure come il divieto dell’uso delle pipe ad acqua nei luoghi pubblici.

Sebbene queste azioni siano state applicate su base temporanea, hanno evidenziato il potenziale per rafforzare le politiche per ridurre il consumo di tabacco in tutto il mondo. Le persone che fumano tabacco hanno avuto la priorità nell’elenco dei vaccini rispetto alle persone che potrebbero essere a più alto rischio di infezione da SARS-CoV-2 (ad esempio gli insegnanti) in uno stato degli Stati Uniti (NJ, USA).

Analogamente a molti altri problemi di salute, la prevenzione e la cessazione da fumo e il trattamento per le malattie legate al fumo sono passati in secondo piano nell’elenco delle priorità dell’ultimo anno.

Negli ultimi 5 anni sono state implementate molte misure innovative per smettere di fumare, ad esempio app per smartphone. La pandemia ha offerto l’opportunità di elaborare dei metodi di smoking cessation basati sulla tecnologia come parte del passaggio alla telemedicina e con un supporto fornito a distanza. Molti di questi interventi possono essere adattati alle esigenze dell’individuo, consentendo una portata più ampia possibile.

La pandemia Covid-19 ha causato maggiori danni ai gruppi più vulnerabili della nostra società. Dare la priorità alla smoking cessation e all’harm reduction, supportando i gruppi di pazienti ad alto rischio, è essenziale per aumentare la probabilità di smettere di fumare con successo e per arrivare ad avere un mondo libero dal fumo.