Kate Wang è una delle 57 miliardarie self-made cinesi. La sua è una storia di successo che riguarda l’Harm Reduction. Kate, infatti, in pochi mesi ha trasformato una semplice idea nata nel 2017 in un colosso di sigarette elettroniche nel mercato cinese.
La notizia è stata riportata di recente su un articolo di Forbes, dal quale apprendiamo che secondo la China Insights Consultancy, kate Wang ha saputo far diventare RLX il colosso che ha conquistato oltre il 60% del fiorente mercato cinese delle sigarette elettroniche.
Tutto questo accade, tra l’altro, in un momento storico come quello attuale, un periodo di sfiducia dovuto alla pandemia globale che espone a un rischio maggiore fumatori e svapatori, ma nonostante ciò, si è verificato ugualmente un aumento di ricavi, dal 2018 (primo anno di attività) al 2020, grazie ai cinesi che hanno iniziato o continuato a fumare le sigarette elettroniche.
“Nel 2017 le sigarette elettroniche erano ovunque negli Stati Uniti: Juul Labs con sede a San Francisco aveva ottenuto più di 100 milioni di finanziamenti nella fase iniziale e stava guadagnando terreno. Ma era ancora un fenomeno raro in Cina, dove meno dello 0,5% degli oltre 300 milioni di fumatori del Paese usavano i vaper”, spiega la Wang.
Ma qual è la storia di Kate Wang? La storia della Wang, madre e lavoratrice, ha inizio a Pechino, quando per aiutare il padre che fumava due pacchetti di sigarette al giorno, capì che bisognava trovare un alternativa meno dannosa e cosi iniziò ad interessarsi di sigarette elettroniche. Brillante e intuitiva, la Wang rilanciò un mercato di vaporizzatori diverso dagli altri concorrenti, che attirava anche le persone più anziane e difficile da convincere a smettere, esattamente come suo padre.
Tuttavia, le autorità di regolamentazione cinesi hanno classificato le ecig come prodotti appartenenti alla categoria tabacco e questo le porterebbe potenzialmente sotto il controllo del monopolio di stato, China Tobacco. La quota di mercato duramente conquistata da RLX potrebbe sfumare se le autorità decidessero di regolare i vaper allo stesso modo delle sigarette, piuttosto che come dispositivi tecnologici ibridi.
Una storia che si ripete in Cina come in altre parti del mondo e che non si basa su evidenze scientifiche ma su quote di mercato e calcoli sistemici.
Il CoEHAR di Catania raggiunge un altro importante traguardo internazionale, grazie all’apporto fornito nella stesura del report BECA, il Beating Cancer Report della Commissione Speciale sul cancro del Parlamento Europeo.
Il Parlamento Europeo ha deciso di istituire una commissione speciale per sviluppare il nuovo Eurpean Beating Cancer Plan, un piano per combattere efficacemente il cancro, una piaga che solo nel 2020 ha mietuto oltre 1.3 milioni di persone in tutta Europa.
Il report – recentemente pubblicato – è stato redatto tenendo conto delle difficoltà emerse con il dilagare dell’epidemia da Covid-19 che ha determinato un sovraccarico del sistema sanitario europeo causando uno slittamento nei percorsi di prevenzione e di trattamento di molte patologie.
Alla luce di questa situazione, la strategia del piano europeo prevede di sviluppare una linea d’azione che si muova lungo quattro direttrici: prevenzione, diagnosi precoce, diagnosi e trattamento e miglioramento della qualità della vita.
Tra le raccomandazioni del report, contrastare i comportamenti o le abitudini che possono aggravare il decorso patologico significa aumentare le probabilità di sconfiggere la malattia.
Il fumo di sigaretta rappresenta un fattore di rischio per il cancro e la possibilità insorgenza di tumori fumo correlati.
“È un privilegio e un grande riconoscimento poter contribuire alla pianificazione di politiche pubbliche volte a contrastare e ridurre e l’abitudine al fumo. Il cancro è una malattia che si può combattere solo grazie a diagnosi precoci e trattamenti innovativi. Una patologia il cui decorso è aggravato da comportamenti dannosi, come il fumo di sigaretta. Auspichiamo – ha spiegato il fondatore del CoEHAR Riccardo Polosa – che questo possa essere un altro passo in avanti per il riconoscimento e l’applicazione definitiva delle strategie di riduzione del danno nella battaglia contro il fumo. E non siamo in pochi a dirlo”.
BECA
Un progetto ambizioso, che si propone non solo di creare un network che permetta di facilitare la condivisione di conoscenze e di dati in merito alla ricerca sul cancro, ma anche promuovere iniziative mediche e sanitarie transnazionali.
L’epidemia da Covid-19 ha enfatizzato il profondo squilibrio sanitario europeo e le difficoltà di continuare la normale attività di prevenzione e diagnosi legata ad altre patologie in un sistema compromesso.
Lo stress causato dalla situazione, la diffidenza, e l’incapacità di accedere ai plessi ospedalieri hanno impedito a migliaia di persone di compiere i normali controlli di routine e i dati in merito alla mortalità del cancro dei prossimi anni ci diranno se la situazione è peggiorata.
Ma un dato positivo è emerso anche durante questo periodo così drammatico: la necessità di proporre soluzioni alternative, ha facilitato l’implementazione di procedure e sistemi sanitari tecnologici che negli anni a venire contribuiranno alla ricerca e alla cura di una patologia che rappresenta una delle principali cause di morte nel mondo.
Con l’arrivo della bella stagione tornano anche le allergie dovute alla fioritura di fiori e piante tra aprile e settembre. I sintomi più comuni di queste allergie cosiddette primaverili coinvolgono le mucose del naso, gli occhi e le vie aere (starnuti ripetuti, congestione con sensazione di naso chiuso, secrezione abbondante, prurito e riduzione dell’olfatto, lacrimazione, tosse secca e stizzosa e difficoltà a respirare). Altri sintomi che possono comparire sono stanchezza e difficoltà di concentrazione.
Uno studio pubblicato sul “Journal of Clinical Immunology and Allergy” e condotto dal prof. Riccardo Polosa dell’Università di Catania ha valutato l’effetto del fumo sulla insorgenza di patologie allergiche. Lo studio dimostra che lo sviluppo di sintomi asmatici in questi pazienti si correla bene con il numero di sigarette fumate.
Il fumo sembra incidere già nell’età fetale causando anomalie nello sviluppo dall’apparato respiratorio e poi, nell’adolescenza, determinando un maggiore rischio dell’insorgenza dell’asma. Il fumo di sigaretta aggrava la frequenza e l’intensità delle manifestazioni acute delle allergie. I pazienti affetti da rinite allergica, se fumano, hanno un elevata probabilità che la loro patologia evolva in asma bronchiale.
Ne abbiamo parlato con il prof. Massimo Caruso, ricercatore del CoEHAR dell’Università di Catania.
Quanto incide il fumo sulle allergie di questo periodo?
Quando si parla di allergia stagionale parliamo principalmente di allergia ai pollini e dunque di allergie respiratorie. È quindi chiaro che i soggetti fumatori accusano tutta una serie di piccoli o grandi danni alle vie respiratorie, dalle alte alle basse vie. Le alte vie che comprendono naso e gola, e le basse che arrivano fino ai bronchi. Il danneggiamento alle vie respiratorie dei fumatori comporta l’annullamento del meccanismo di protezione che ognuno di noi ha, permettendo ai pollini di entrare e portando così all’asma o alla broncocostrizione.
Come sappiamo il fumo è pieno di sostanze irritanti e un fumatore sa che spesso il fumo esce dal naso, per cui tutte le vie respiratorie dal naso alla gola, fino all’intero albero bronchiale, sono oggetto di infiammazione. I fumatori che diventano così molto più suscettibili agli eventuali allergeni, arrivano a una reattività bronchiale e ad avere delle reazioni molto più rapide e gravi di un soggetto allergico non fumatore.
Che ruolo ha il fumo passivo sui soggetti affetti da allergie?
Il discorso è molto simile perché sappiamo bene che i danni causati dal fumo passivo non sono tanto diversi da quelli causati dal fumo attivo. Anche i soggetti non fumatori ma che sono vittime del fumo passivo, risentono di un’aumentata sensibilità e reattività. In questo caso il problema potrebbe essere minore, ma rende comunque più suscettibili questi soggetti. Come dicevamo prima, l’allergia colpisce le vie aree danneggiandole e rendendole ipersensibili, motivo per cui i soggetti a rischio perché privi di protezione, vanno incontro a una reazione allergica molto grave.
Il progetto del governo scozzese di creare un paese smoke free nasce nel 2013 dall’analisi dei numeri sul fumo di sigaretta tra la popolazione. Un’idea non basata sull’intento di stigmatizzare chi fuma o chi non riesce a smettere: la necessità è quella di provocare un costante e graduale cambiamento, fino ad arrivare a una nuova concezione nuova.
Quale? Che il fumo non sia necessario, che sia qualcosa di cui fare a meno.
Ogni anno, secondo le stime ufficiali, circa 15000 nuovi fumatori tra i 13 e i 24 si approcciano alla sigaretta in Scozia. Una scelta che preoccupa: un fumatore che inizia presto ha molte più probabilità di diventare un accanito tabagista in età adulta e, di conseguenza, più probabilità di andare incontro a gravi danni alla propria salute fisica.
Ed è qui che l’approccio scozzese riqualifica un insieme di iniziative antifumo, dalla prevenzione all’awareness fino alle strategie alternative, che riducano l’appeal del fumo sui più giovani, con un obiettivo preciso in mente: cambiare le abitudini per cambiare l’approccio, aiutando i giovani a non essere più così attratti dal fumo.
Arrivare così entro il 2034 con una percentuale di fumatori sul territorio scozzese pari o inferiore al 5%.
Dal 2013, ovviamente, le attività e le collaborazioni collegate al piano originale si sono modificate e, attualmente, il dibattito si è spostato verso la possibilità, o meno, di prendere in considerazione l’aiuto che le sigarette elettroniche possono apportare alla causa generale.
Nel 2017, il NHS Health Scotland pubblicava in una nota in collaborazione con altre 21 organizzazioni che il vaping “era sicuramente meno dannoso del fumo tradizionale”.
Un passo avanti, per un governo vicino, almeno geograficamente, al Regno Unito, dove gli studi sulle sigarette elettroniche e la loro applicazione in ambito di cessazione e riduzione del danno da anni consentono agli operatori sanitari di consigliarle come valida, e meno dannosa, alternativa al fumo.
Il fronte scozzese è chiaramente diviso tra chi si dichiara apertamente sfavorevole, preoccupato per le possibili conseguenze sui minori e per la prospettiva di sostituire una dipendenza con un’altra, e chi invece sostiene che sia sbagliato privarsi di una possibilità così valida.
Ad intervenire a favore delle ecig è invece il professore Neil McKeganey, Founding Director del Centre for Drug Misuse Use Research: “Non esiste in commercio un prodotto che sia così tossico e che causi così tante morti e patologie come le sigarette convenzionali! (…) Penso che siamo obbligati a considerare quale ruolo possano avere le ecig nella riduzione dei tassi di fumo”.
La disinformazione che aleggia intorno alle sigarette elettroniche riduce di molto la velocità con cui questi prodotti sono efficacemente introdotti nei programmi ufficiali di cessazione, nonostante le prove della loro efficacia e della relativa minor dannosità siano ormai evidenti.
L’identificazione tra il fumo tradizionale e lo svapo crea un insanabile gap tra le evidenze scientifiche e la diffusione delle stesse tra al popolazione. Se nella mente si collegano entrambe le tipologie di fumo alla stessa matrice, non si supererà mai l’empasse ideologica.
È per questo che la promozione di una sana cultura della cessazione è un impegno quotidiano e costante, che deve essere abbracciato a più livelli per poter efficacemente arrivare a porre le basi di una costante diminuizione del numero dei tabagisti nel mondo.
Il Forum Globale della Nicotina (GFN) è il summit che ogni anno mette insieme esperti del tabacco e del vaping per discutere del futuro riguardante i rispettivi settori.
In ottemperanza alle restrizioni previste dall’emergenza Covid-19 e che impediscono a molte persone di viaggiare e partecipare alla conferenza, anche quest’anno l’evento si svolgerà online, tramite la nuova piattaforma GFN- TV che garantirà a chi volesse di partecipare.
Il tema di quest’anno avrà come focus “Il Futuro della Nicotina” e si svolgerà a Liverpool, giovedì 17 e venerdì 18 giugno, presso il Crowne Plaza Hotel, che si trova nel cuore riqualificato della città, sulle rive del Fiume Mersey.
Una serie di presentazioni saranno pubblicate in anticipo sul sito web dell’evento, per permettere ai relatori di prepararsi ai dibattiti e alle relazioni e per dare l’opportunità ai partecipanti di commentare e porre domande tramite una chat online.
Programma
In linea con il tema della conferenza – “Il Futuro della Nicotina” – ai relatori verrà chiesto di affrontare una serie di argomenti. Questi includeranno:
• Le tensioni che spesso esistono tra scienza e politica
• Chi usa la nicotina, perché ne fa uso?
• Tenendo conto della COP 9, perché la FCTC non è riuscita a mitigare la diffusione del fumo?
• I rischi e i benefici per la salute pubblica
• Gli ostacoli alla riduzione del danno da tabacco negli LMIC
• Dare ascolto e spazio alle voci dei consumatori
• Chi sta supportando o minando la regolamentazione del fumo
GFN Five
Oltre ai contenuti trasmessi e alle presentazioni preregistrate, il GFN quest’anno introduce un nuovo modo di contribuire alla conferenza.
I “GFN Five” includeranno delle brevi presentazioni multimediali, della durata massima di cinque minuti come presentazioni video PowerPoint, video descrittivi che dimostreranno nuove tecnologie e brevi interviste.
Le categorie di riferimento verteranno su:
• Scienza e innovazione
• Aspetti politici, legislativi e regolamentari
• Consumatori
I partecipanti possono registrarsi ora e iniziare a seguire tutti gli aggiornamenti sul Forum Globale della Nicotina su Twitter e Facebook.
Il World No Tobacco Day 2021 si avvicina. Il 31 Maggio,come ormai i nostri lettori sanno bene, si celebra la Giornata mondiale contro il fumo organizzata dall’Oms con l’obiettivo di sensibilizzare il mondo sugli effetti che il fumo di sigaretta convenzionale ha sulla salute.
Se il focus dell’edizione dell’anno scorso erano i più giovani, in quanto fascia di popolazione sensibile e suscettibile alla manipolazione da parte dell’industria del settore, quest’anno il tema della giornata è l’aumento del numero di fumatori costretti a condizioni psicologiche destabilizzanti a causa della pandemia e la determinazione di alcuni di loro che intendono proprio adesso intraprendere un percorso di uscita dal tabagismo.
L’OMS infatti si pone l’obiettivo di supportare tutti i fumatori che durante la pandemia hanno promesso a se stessi di smettere di fumaredi fornire supporto e sostegno per accompagnarli nel percorso di uscita.
“Smettere di fumare o passare a prodotti meno dannosi è difficile, ma con il supporto e gli strumenti giusti puoi farlo! Stai perdendo molto più di quanto pensi continuando a fumare: la tua salute, la salute della tua famiglia e dei tuoi cari, i soldi che spendi, il tuo aspetto e molto altro ancora. Coloro che riescono a smettere sono veramente i vincenti“, questo il messaggio promozionale scelto per la campagna di sensibilizzazione 2021.
Più di 100 motivi per smettere di fumare
Smettere di fumare può essere difficile, soprattutto con l’ulteriore stress sociale ed economico derivante dalla pandemia, ma ci sono molte ragioni per smettere. I vantaggi di smettere di fumare sono quasi immediati:
Dopo soli 20 minuti di smettere di fumare, la frequenza cardiaca diminuisce.
Entro 12 ore, il livello di monossido di carbonio nel sangue scende alla normalità.
Entro 2-12 settimane, la circolazione migliora e la funzione polmonare aumenta.
Entro 1-9 mesi, la tosse e la mancanza di respiro diminuiscono.
Entro 5-15 anni, il rischio di ictus si riduce a quello di un non fumatore.
Entro 10 anni, il tasso di mortalità per cancro ai polmoni è circa la metà di quello di un fumatore.
Entro 15 anni, il rischio di malattie cardiache è quello di un non fumatore.
La quarta ondata di Sars-Cov-2 spinge la Spagna ad un divieto generalizzato di fumo all’aperto per contrastare l’epidemia, mentre il numero di contagi aumenta in tutto il territorio nazionale.
In base alla nuova legge, è di fatto vietato ai fumatori di rimuovere le maschere facciali – che sono obbligatorie – per fumare in pubblico se non è possibile mantenere una distanza di due metri tra le persone, in quella che si ritiene essere la prima restrizione del genere in Europa.
Sotto accusa, l’aerosol prodotto dalle sigarette convenzionali ed elettroniche, erroneamente considerata come vettore del virus soprattutto in quei luoghi dove non è possibile mantenere la distanza di sicurezza.
Già durante l’estate scorsa due regioni spagnole a trazione turistica- la Galicia e le Canarie- avevano introdotto il divieto di fumo all’aperto per frenare i contagi da coronavirus, recependo la chiamata dell’ Organización Médical Colegial che aveva consigliato una risposta coordinata e sanzioni più dure per chi violava le regole.
Adesso è il ministero della Sanità spagnolo ad entrare in gioco suggerendo alle regioni di introdurre il divieto totale di fumo all’aperto su tutto il territorio nazionale.
“E’ evidente che nel fumo ci sono particelle potenzialmente anche di virus, perché quando noi eliminiamo il fumo (di sigarette, di pipa, della e-cig) è chiaro che buttiamo fuori con aerosol anche particelle del virus se siamo positivi. Ma non c’è uno studio che dimostra che chi fuma trasmette di più Covid rispetto a chi ti respira vicino profondamente. Vietare di fumare all’aria aperta è eccessivo, stiamo attenti altrimenti qui si va sempre più verso divieti quando dovremmo andare in una altra direzione” ha dichiarato commentando la notizia Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova citato da AdnKronos
La Spagna, con una popolazione di 46 milioni di abitanti, è una delle nazioni europee insieme all’Italia con il maggior numero di contagi. Da Marzo 2020, si registrano infatti nel paese un totale di oltre 3 milioni di casi e 76 mila decessi a causa del Covid-19.
“La proliferazione di divieti generici non basati su evidenze scientifiche produce maggiori danni che benefici. Fumo e svapo non sono la stessa cosa. Si tratta di strumenti e condizioni di utilizzo diversi, così come di principi opposti. I fumatori sono soggetti che vanno aiutati a smettere, non pazienti da tenere relegati con divieti e bandi” ha affermato il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di eccellenza per la riduzione del danno da fumo dell’Università degli Studi di Catania (CoEHAR).
“Una ricerca condotta proprio dal CoEHAR smentisce su tutta la linea l’approccio della Spagna. Considerando la brevità della svapata, il tempo di esposizione e i dati statistici su carica virale e tasso di infezione, svapare comporterebbe un aumento di solo l’1% del rischio di contagio rispetto alla normale respirazione a riposo” ha sottolineato lo scienziato catanese.
Che aggiunge: “un ulteriore studio del CoEHAR ha inoltre valutato l’effetto del fumo di sigarette sull’espressione della proteina che regola l’ingresso del virus nel corpo, suggerendo un possibile fattore protettivo della nicotina nei confronti dell’infezione.“
Sulla stessa linea di Polosa anche l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzata: “certamente l’abitudine consolidata al fumo può essere considerata elemento in grado di potenziare l’infiammazione correlata alla malattia Covid-19, ma individuare nel fumo passivo occasionale un’aumentata possibilità di rischio di contrarre il Sars-CoV-2 rimane ipotesi al momento priva di alcun fondamento.”
La pandemia non solo ha impedito a molte persone di smettere di fumare ma ha forzato chi aveva smesso a ricominciare. Ad affermarlo diversi studi che sottolineano come i fumatori siano più a rischio di sviluppare condizioni cliniche gravi e addirittura la morte.
La pandemia ha alimentato un’ingiustizia sanitaria?
Le vendite di sigarette negli Stati Uniti sono aumentate per la prima volta dopo decenni durante il 2020, e i dati hanno dimostrato che sono invece diminuiti gli svapatori.
Nel Regno Unito, 86 (25%) dei 329 fumatori attuali ha riferito in un sondaggio nazionale di aver fumato più del solito. Un sondaggio del CDC ha rilevato che il 40,9% degli intervistati ha riportato almeno una condizione di salute mentale o comportamentale avversa, inclusi sintomi di ansia o depressione, e il 13,3% ha iniziato ad assumere psicofarmaci per far fronte allo stress e alle emozioni causate dalla pandemia.
Senza il supporto appropriato per smettere, è probabile che le persone siano state meno motivate a smettere di fumare. La mancanza di un sostegno concreto come un supporto telefonico di assistenza psicologica, l’incremento dell’ansia dovuto all’isolamento sociale, sono tutti fattori che hanno alimentato il tentativo di smettere. Il tempo trascorso a casa, ha spinto molti ex fumatori a ricominciare.
Spesso gli individui che fumano provengono da contesti difficili, come i contesti a basso reddito o sono persone con problemi di salute mentale, tutti fattori che aumentano i rischi per la salute posti dal Covid-19. È necessario fare di più per superare questo tipo di ostacoli e per facilitare l’accesso alle risorse per smettere di fumare. Specialmente in queste comunità a rischio è fondamentale fornire un supporto adatto e accessibile a tutti, per incoraggiare coloro che vorrebbero smettere di fumare.
Tuttavia, questi problemi hanno riguardato solo alcuni paesi. Ad esempio l’India, ha vietato la vendita di tabacco durante il lockdown di aprile 2020, mentre altri miravano a ridurre l’uso del tabacco attraverso misure come il divieto dell’uso delle pipe ad acqua nei luoghi pubblici.
Sebbene queste azioni siano state applicate su base temporanea, hanno evidenziato il potenziale per rafforzare le politiche per ridurre il consumo di tabacco in tutto il mondo. Le persone che fumano tabacco hanno avuto la priorità nell’elenco dei vaccini rispetto alle persone che potrebbero essere a più alto rischio di infezione da SARS-CoV-2 (ad esempio gli insegnanti) in uno stato degli Stati Uniti (NJ, USA).
Analogamente a molti altri problemi di salute, la prevenzione e la cessazione da fumo e il trattamento per le malattie legate al fumo sono passati in secondo piano nell’elenco delle priorità dell’ultimo anno.
Negli ultimi 5 anni sono state implementate molte misure innovative per smettere di fumare, ad esempio app per smartphone. La pandemia ha offerto l’opportunità di elaborare dei metodi di smoking cessation basati sulla tecnologia come parte del passaggio alla telemedicina e con un supporto fornito a distanza. Molti di questi interventi possono essere adattati alle esigenze dell’individuo, consentendo una portata più ampia possibile.
La pandemia Covid-19 ha causato maggiori danni ai gruppi più vulnerabili della nostra società. Dare la priorità alla smoking cessation e all’harm reduction, supportando i gruppi di pazienti ad alto rischio, è essenziale per aumentare la probabilità di smettere di fumare con successo e per arrivare ad avere un mondo libero dal fumo.
La maggior parte delle cause che provocano la gastrite sono da ricercare nel nostro stile di vita quotidiano. Se dovessimo stilare una lista delle cause principali, al primo posto ci sarebbero sicuramente le cattive abitudini. Tra queste, troviamo quella del fumo, tra le più dure a morire.
Il presidente SIGE, Federazione Italiana delle Società delle Malattie dell’Apparato Digerente, prof. Antonio Benedetti ci spiega quali sono i fattori di rischio che aumentano la correlazione tra la comparsa o l’aggravarsi della gastrite e l’abitudine al fumo.
Il fumo può causare la comparsa della gastrite? Esiste una correlazione?
Sì, sicuramente il fumo rientra tra le cattive abitudini che possono facilitare la comparsa di gastrite. La correlazione si basa sull’azione della nicotina, il principale componente farmacologicamente attivo del fumo di sigaretta. La nicotina va da una parte a potenziare i fattori che aggrediscono la mucosa gastrica, come la secrezione acida o il reflusso biliare duodeno-gastrico, e dall’altra a ridurre l’azione dei fattori protettivi nei confronti di stimoli pro-infiammatori. Ciò non fa che facilitare la comparsa ed il perpetuarsi di infiammazione della mucosa gastrica ed un possibile danno che può anche arrivare al danno ulcerativo della mucosa. Inoltre, il fumo e la nicotina possono aumentare il rischio di infezione da H. pylori, un patogeno che può colonizzare la mucosa gastrica, predisponendo esso stesso all’insorgenza di gastrite, di ulcera peptica e nel lungo termine anche del cancro gastrico.
Spesso si pensa che fumare faccia male solo a cuore e polmoni. Quali sono gli effetti del fumo sull’apparato digerente?
Abbiamo già parlato dell’aumentata secrezione acida gastrica nei pazienti fumatori. A questa si aggiunge il ridotto tono dello sfintere esofageo inferiore, sempre causato dal fumo di sigaretta, che facilita il passaggio del contenuto acido gastrico a livello esofageo, causando sintomi come bruciore retrosternale e rigurgito acido, tipici della malattia da reflusso.
Anche a livello intestinale il fumo sembrerebbe determinare uno stato pro -infiammatorio attraverso la riduzione delle difese della parete intestinale.
Ciò può portare, in alcuni soggetti predisposti geneticamente, allo sviluppo di malattie infiammatorie corniche intestinali, come il Morbo di Crohn, nella cui storia naturale l’esposizione al fumo di sigaretta aumenta sia il rischio di riacutizzazione di malattia, sia il ricorso alla chirurgia.
Non dobbiamo infine dimenticare come il fumo di sigaretta sia uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo del cancro del colon-retto, del cancro gastrico e del cancro esofageo, delle neoplasie del tratto digerente la cui incidenza, prevalenza e mortalità nella popolazione è al giorno d’oggi ancora elevata.
Dispositivi a rischio ridotto: possono aiutare chi soffre di gastrite o ulcera e non riesce a smettere di fumare?
Nella categoria “dispositivi a rischio ridotto” rientrano una grande varietà di prodotti, diversi per composizione e caratteristiche, per cui risulta difficile fare una generalizzazione. Solitamente contengono nicotina, il cui rilascio e concentrazione dipendono sia dalle caratteristiche del prodotto, sia dalla composizione del liquido utilizzato. Sebbene sembri che con tali dispositivi nel lungo periodo il rilascio di nicotina risulti comparabile a quello delle sigarette standard, la produzione ed il rilascio di numerose sostanze tossiche o potenzialmente tali rispetto a quelle prodotte con le tradizionali sigarette, risulta ridotto. Tutto questo può significare che il fumatore che abbandona completamente il fumo tradizionale per l’e-cig può trarre un beneficio per la riduzione dello stato pro-infiammatorio causato dalla fumo convenzionale, ma gli effetti dati dalla nicotina a livello gastrico potrebbero rimanere i medesimi.
Quindi, i dispositivi a rischio ridotto, contenendo nicotina, possono giocare un ruolo importante nell’aiutare il fumatore tradizionale ad abbandonare il fumo di sigaretta, tuttavia gli effetti globali sul sistema gastro-intestinale devono ancora essere approfonditi.
I danni legati al fumo di sigaretta sono molti e ben noti, ma nonostante ciò sono molti gli italiani che continuano a fumare o che hanno tentato di smettere e non ci sono riusciti. Quali sono i consigli da seguire per mantenere un apparato digerente sano?
Uno stile di vita sano, una adeguata idratazione ed una dieta bilanciata sono sicuramente fondamentali per mantenere in salute il nostro apparato digerente.
Il nostro intestino, infatti, è il nostro “secondo cervello” e risente di tutti gli stimoli, sia positivi che negativi, che provengono dall’ambiente esterno. Una dieta ricca di grassi, un regime di vita stressante o agenti come il fumo, possono alterare l’equilibrio del nostro microbiota e la sensibilità del nostro intestino, portando ad uno stato pro-infiammatorio che può determinare la comparsa di sintomi come gonfiore, dolore addominale, alterazione della peristalsi e del tono dell’umore. Tutto questo deriva dalla stretta connessione e costante comunicazione presente tra il nostro intestino ed il nostro sistema nervoso centrale.
Frequente stimolo a urinare quando non ce n’è bisogno, dolore o bruciore durante la minzione ma anche fastidi intimi e prurito: i disturbi urinari non sono per nulla rari, specie nelle donne possono manifestarsi con maggiore intensità proprio con i primi caldi primaverili, con un impatto notevole sulla qualità della vita.
Ai microfoni di LIAF, è intervenuto sul tema il prof. Sebastiano Cimino, Professore Associato e Direttore della Clinica Urologica dell’Università degli Studi di Catania.
Le infezioni delle vie urinarie nelle donne fumatrici possono essere causate dall’abitudine al tabagismo?
Secondo il mio parere e secondo gli attuali studi presenti in letteratura scientifica non è possibile parlare di un nesso di causalità tra fumo ed infezione delle vie urinarie nella donna. Tuttavia il fumo di sigaretta può interferire con svariati meccanismi fisiologici del nostro organismo e quindi in maniera indiretta far aumentare la suscettibilità a contrarre infezioni.
Prof. Sebastiano Cimino
Il fumo, e nello specifico alcune sostanze in esso contenute, possono anche alterale la normale flora batterica vaginale predisponendo così allo sviluppo di vaginosi batterica, patologia spesso asintomatica, ma che può causare importanti discomfort (è dimostrato che le vaginosi sono due volte più comuni nelle donne fumatrici rispetto che nelle non fumatrici, e soprattutto nelle giovani donne).
Tornando invece all’argomento infezioni delle vie urinarie possiamo menzionare alcuni studi che hanno analizzato lo sviluppo di resistenza batterica agli antibiotici: questa si è dimostrata essere più frequente nelle donne fumatrici e con infezioni delle vie urinarie ricorrenti. Quest’ultimo aspetto può sicuramente influire negativamente sull’efficacia della terapia farmacologica in pazienti affette appunto da infezioni delle vie urinarie.
Quali sono i rischi maggiormente correlati al fumo?
In ambito urologico il fumo rappresenta il principale fattore di rischio nel tumore della vescica e delle alte vie urinarie. Lo si riscontra infatti approssimativamente nel 50% dei casi di tumori vescicali e nel 20-30% dei tumori a cellule renali.
I soggetti fumatori presentano un rischio di sviluppare tali neoplasie triplicato rispetto ai soggetti non fumatori. Questo elevato rischio si viene a determinare in quanto attraverso i reni, e quindi attraverso la produzione di urine, si effettua l’escrezione (eliminazione) di numerose sostanze cancerogene contenute nel fumo di sigaretta, come ad esempio idrocarburi ed amine aromatiche. Il contatto cronico di queste sostanze con le cellule che rivestono le vie escretrici determina alterazioni e danni al DNA delle cellule e il modificarsi delle stesse in senso neoplastico.
Se si smette di fumare, in quanto tempo si possono osservare i primi risultati?
Ricollegandoci alle patologie tumorali, che per ordine di importanza sono quelle più studiate, possiamo affermare che il rischio di tumore alla vescica e di recidiva di malattia dopo trattamento chirurgico aumentano di pari passo al numero di sigarette fumate al giorno e agli anni di fumo.
Ovviamente anche l’età alla prima esposizione al fumo si associa negativamente al rischio di tumore alla vescica. Per i fumatori che non hanno sviluppato un tumore vescicale, lo smettere di fumare determina una riduzione del rischio di avere un tumore primario alla vescica del 30% dopo 1-4 anni e del 60 -70% dopo 25 o più anni.
Molti fumatori credono che smettendo di fumare possano “ritornare” alle stesse percentuali di rischio di un non fumatore in tempi brevi, ma in realtà questo processo richiede molto tempo e comunque, anche dopo molti anni, non si potrà tornare al pari di un soggetto non fumatore.
Già dopo 10 anni dalla sospensione si osserva una riduzione degli effetti nocivi sugli out come clinici dei pazienti con tumore della vescica non muscolo invasivo primario o recidivante. Si è tuttavia osservato che i principali effetti benefici correlati alla cessazione dell’abitudine tabagica si osservano quando questa si realizza 20 anni prima della diagnosi. Possiamo quindi concludere dicendo che, anche se il processo richiede molto tempo, lo smettere di fumare riduce il rischio di tumore alla vescica e può anche ridurre il tasso di recidive dei tumori vescicali superficiali. In tale prospettiva anche l’urologo ha dunque il dovere di scoraggiare l’abitudine tabagica e promuovere programmi di prevenzione soprattutto a partire dalla giovane età.
Si possono riscontrare danni alle vie urinarie anche tra i giovani fumatori?
Oltre alle patologie tumorali, che interessano in maggiore percentuale una fascia di età più alta, è stato dimostrato come il fumo possa influenzare altre patologie urologiche riscontrate anche in pazienti più giovani. Lo stress ossidativo ed il danno vascolare indotti dal fumo possono contribuire, assieme ad altri fattori, alla patogenesi della disfunzione erettile.
Il fumo può interferire con i normali processi di ovogenesi e spermio genesi conducendo quindi a quadri di infertilità sia nell’uomo che nella donna; determina condizioni di tosse cronica che peggiorano le perdite urinarie in pazienti affetti da incontinenza da sforzo; influisce negativamente sulla sintomatologia nelle cistiti interstiziali e aumenta il rischio di formazione di calcoli urinari.
È stata inoltre osservata una correlazione tra fumo e sintomi delle basse vie urinarie: il rischio relativo di vescica iperattiva, nicturia, aumentata frequenza urinaria giornaliera risulta essere maggiore tra la popolazione di fumatori ed ex fumatori rispetto ai non fumatori e nello specifico, tra i fumatori si presentano maggiormente nei gruppi più giovani. Tutti questi sintomi inoltre aumentano contestualmente all’incremento del numero medio di sigarette fumate giornalmente.