martedì, Giugno 17, 2025
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CNBC: Polosa a Dubai per parlare di salute e riduzione del danno

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Si è conclusa la kermesse internazionale organizzata dalla prestigiosa CNBS a Dubai e dedicata all’Harm Reduction. Tra gli illustri relatori, anche l’atteso intervento del prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR.

CNBC è leader mondiale nelle notizie economiche e di rilevanza sociale e fornisce copertura delle news in tempo reale a circa 400 milioni di persone nel mondo.

L’evento dedicato all’Harm Reduction si è tenuto al Conrad Hotel di Dubai e ha visto la partecipazione di esperti del mondo dell’Harm Reduction ma anche della ricerca clinica.

Tra loro: prof.ssa Tara Rampal, Medico Anestesista ed esperto di politiche pubbliche in Inghilterra; Prof. David Khayat, Direttore di Oncologia presso l’ospedale Pitié-Salpétrière di Parigi e il Dr. Harry Shapiro, Direttore di DrugWise in Inghilterra.

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Con il contributo del CoEHAR, in Spagna 170 esperti firmano la dichiarazione “Smoke-Free Spain”

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Il sostanziale fallimento dell’approccio tradizionale alla dipendenza da tabacco che causa oltre 55.000 morti l’anno in Spagna, ha portato 170 esperti a firmare la prima “Dichiarazione Internazionale per una Spagna libera da fumo”, nata con lo scopo di aiutare i fumatori e riconsiderare l’approccio dell’harm reduction.

La guerra al fumo di sigaretta in Spagna sta entrando in una nuova e delicata fase. Nel paese mediterraneo, l’atteggiamento prevalente nei confronti dei fumatori che vogliono smettere si è basato negli ultimi decenni su due direttrici fondamentali, prevenzione e cessazione, “o smetti o muori”, insomma.

Guarda il video della presentazione

Una linea che ha portato il governo spagnolo a varare un piano antifumo per il periodo 2021-2025, chiamato “Comprehensive Plan for Prevention and Control of Smoking” per aggiornare la legge antifumo del 2005. 

Una strategia che prevede di ridurre la percentuale di fumatori al 10% tra il 2030 e il 2040, attraverso una serie di norme tra cui l’aumento della tassazione, la revisione di immagini e loghi sui pacchetti di sigarette e l’aumento delle restrizioni in luoghi pubblici e spiagge.

Peccato che la suddetta legge stia ancora terminando il lungo processo amministrativo e decisionale.

Nel frattempo, nel paese, secondo il sondaggio EDADES del 2019/2020, la Spagna ha una percentuale di fumatori del 32.3% nella popolazione tra i 15 e i 64 anni, non tanto dissimile dal dato del lontano 2005, poco prima dell’introduzione della prima legge antifumo spagnola, quando i dati si attestavano al 32.8%.

Una situazione di stallo che sostanzialmente sigla il fallimento delle politiche antifumo cosiddette tradizionali, basate principalmente su una line aggressiva e autoritaria che chiede ai fumatori la semplice astinenza, attraverso norme he rendano difficile l’acquisto e l’uso delle sigarette.

Ed è in questa delicata fase che un gruppo di 170 esperti spagnoli ed internazionali ha voluto firmare e inviare alle autorità spagnole la “Dichiarazione Internazionale per una Spagna libera dal fumo”. Un documento essenziale che chiede di rivedere le norme sul controllo del tabacco e riconsiderare approcci non tradizionali, che si basino anche sulle strategie di riduzione del danno per aiutare coloro che non possono o non vogliono smettere di fumare.

Un documento che ha visto il supporto di diversi membri del CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, non nuovo ad iniziative similari.

Come si legge nel testo, i firmatari ritengono “che le autorità spagnole abbiano un’occasione d’oro per applicare nuove misure nella lotta contro le malattie causate dal fumo che stanno dando risultati significativi nei paesi in cui sono già applicate”.

Less harm: International Declaration for a Smoke-Free Spain

Il testo integrale contiene una serie di proposte che tengano conto della reale situazione dei fumatori e delle possibili strategie alternative che possano dare risultati postivi nella lotta al fumo.

  1. Cessazione e prevenzione devono continuare ad essa i pilastri della lotta al fumo di sigaretta, ma da sole non possono più bastare.
  2. Circa 4.5 milioni di fumatori non riescono a smettere nonostante i diversi tentativi e solo il 35% riesce a rimanere astinente con i metodi convenzionali. Per ammortizzare l’impatto di questi danni, si deve tenere conto dell’utilizzo di strumenti e strategie che riducano il danno da fumo, come sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato.
  3. Bisogna dare ascolto alla scienza e ai risultati della ricerca e non a opinioni, preconcetti o titoli sensazionalistici.
  4. Servono più training per i professionisti del settore sanitario e più informazioni per i fumatori.
  5. I prodotti delle strategie di harm reduction necessitano di regolamentazioni diverse.
  6. Bisogna stringere le normative in merito al consumo di tabacco.
  7. E’ importante seguire l’esempio di nazioni che si sono già aperte alle strategie di riduzione del danno, come l’Inghilterra. 
  8. E’ necessario promuovere ed implementare la ricerca di settore.

Il sostegno alla ricerca anti-fumo passa anche dalle aziende

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Il logo LIAF nel liquido Tstar continua ad avere successo. Parte del ricavato della vendita del liquido è già stato destinato alla ricerca contro il fumo. L’obiettivo è creare una giusta collaborazione tra prodotti a rischio ridotto e azioni concrete per la di riduzione del danno da fumo.

Una missione che molti produttori hanno abbracciato con entusiasmo contribuendo attraverso i propri canali e le proprie filiere produttive a sostenere l’attività di LIAF anche nei territori di appartenenza.

La LIAF da anni ormai si schiera a fianco di tutti i fumatori per combattere contro i danni causati dalla dipendenza tabagica e per sostenere una sana adesione a stili di vita salutari.

Vogliamo dare il nostro contributo per sostenere la promozione di questo settore come ambito di ricerca innovativa per la riduzione del danno collegato al fumo di sigaretta convenzionale – ha dichiarato Ivan Cernetti, responsabile dell’azienda – lavoriamo per contribuire alla sconfitta della combustione e vedere migliaia di fumatori affezionati ai nostri prodotti che smettono completamente di fumare ci inorgoglisce e ci entusiasma“.

Ricordiamo che il liquido NOBILE è stato presentato da Tstar e LIAF in occasione di Vapitaly 2022, la convention più grande dedicata al mondo del fumo elettronico e vetrina non solo delle presentazioni di novità del mercato ma anche di intensi dibattiti sul futuro della sigaretta elettronica.

Le leggi che tutelano la salute dei non fumatori nei luoghi di lavoro

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Fumare in ufficio o comunque nei luoghi in cui è vietato non è mai reato; lo può diventare, però, non adottare i dovuti provvedimenti nel caso in cui il divieto venga violato.

Qualche giorno fa abbiamo ricevuto una singolare richiesta di aiuto da parte di un dipendente degli uffici pubblici della Regione Siciliana. La richiesta: Sono un funzionario della Regione Siciliana e sono qui a richiedere il vostro intervento in quanto cardiopatico causa fumo passivo. Ancora oggi i miei due colleghi di ufficio fumano in stanza e io non so più che fare anche perchè gli altri colleghi non sono complici passivi“.

Prof. Rapisarda

Oggi, il prof. Venerando Rapisarda, docente di Medicina del Lavoro dell’Università degli Studi di Catania e membro del CoEHAR, risponde secondo come segue:

Se è stato denunciato al responsabile che qualcuno fuma in ufficio e questi non ha fatto nulla, questo potrebbe essere denunciato a sua volta per omissione o rifiuto di atti d’ufficio. Secondo il codice penale, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

Quindi, il responsabile o il dirigente che non fa rispettare il divieto di fumo negli uffici rischia un processo penale se non adempie al suo compito. Tuttavia, il reato appena menzionato si applica solamente a chi ricopra la carica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, qualifica che difficilmente potrebbe rivestire il datore di lavoro privato. In questa ipotesi, cioè se il divieto di fumo non viene rispettato in un ufficio privato, allora si potrebbe fare causa al datore o al responsabile che non fa rispettare il precetto, potendo giungere a chiedere il risarcimento del danno derivante da fumo passivo.

La salute dei non fumatori, sul luogo di lavoro, è tutelata dai seguenti provvedimenti di carattere normativo, cronologicamente elencati: 

  • a. legge n. 584 dell’11 novembre 1975; 
  • b. direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 dicembre 1995; 
  • c. art. 52, comma 20, della legge n. 448 del 2001;
  • d. art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3;
  • e. accordo Stato-Regioni del 24 luglio 2003;
  • f. decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 dicembre 2003;
  • g. art. 19 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266.

Nelle strutture pubbliche e private soggette al divieto di fumare, i soggetti incaricati della vigilanza, dell’accertamento e della contestazione delle infrazioni:

  • vigilano sull’osservanza dell’applicazione del divieto;
  • accertano le infrazioni, contestando immediatamente al trasgressore la violazione;
  • redigono in triplice copia il verbale di contestazione;
  • forniscono l’indicazione dell’autorità cui far pervenire scritti difensivi;
  • notificano il verbale ovvero.

 La violazione del divieto di fumo non comporta una sanzione penale ma una amministrativa di tipo pecuniario. La denuncia andrà fatta alla persona designata come responsabile all’interno della struttura. 

Ogni cartello che segnala il divieto di fumare riporta, oltre alla legge di riferimento e all’importo da pagare nel caso di trasgressione, anche il nominativo di colui che è tenuto a garantire il rispetto del divieto stesso.

In particolare, i dirigenti preposti alle strutture della pubblica amministrazione sono tenuti ad individuare i soggetti cui spetta vigilare sull’osservanza del divieto di fumare, accertare e contestare le infrazioni; ove non vi abbiano provveduto, spetta ad essi stessi esercitare tale attività di controllo e di successiva sanzione.

A Roma, World Vapers Alliance presenta i 7 passi per combattere l’epidemia di fumo 

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I rappresentanti della World Vapers Alliance presentano al nuovo governo un piano in 7 punti per combattere il fumo in Italia.

Foto: SigMagazine

Comunicato Stampa: World Vapers Alliance

Roma, 25 Ottobre — Oggi il più grande gruppo a difesa dei consumatori di sigarette elettroniche al mondo ha presentato al nuovo governo italiano una strategia in 7 fasi per ridurre il tasso di fumo. 

All’indomani della nomina del nuovo governo in Italia, World Vapers’ Alliance (WVA), insieme alla sua organizzazione partner italiana, ANPVU, ha consegnato ai rappresentanti della nuova maggioranza delle raccomandazioni per ridurre il tasso di fumatori e combattere le morti causate dal fumo. 

La “strategia in 7 fasi” è stata annunciata anche durante una conferenza stampa a Roma, mentre il nuovo governo riceveva il voto di fiducia del Parlamento. 

Alla conferenza stampa hanno partecipato il direttore della World Vapers’ Alliance Michael Landl, l’europarlamentare Gianna Gancia (Lega), Barbara Mennitti, caporedattore di SigMagazine, e la vicepresidente dell’Associazione Nazionale Vapers Uniti (ANPVU), Anna Corbosiero.

Sono convinta che il nuovo governo appena insediato abbia tutte le carte in regola per affrontare il tema della legislazione sul tabacco con un approccio scientifico e basato sui fatti. Nella proposta di revisione della Direttiva sui prodotti del tabacco, è necessario che il governo italiano insista su alcuni punti fondamentali riguardanti la normativa sulle sigarette elettroniche“, ha dichiarato l’europarlamentare della Lega Gianna Gancia. 

“In particolare, l’Italia dovrebbe mantenere un’ampia gamma di aromi, che aiuterebbe il consumatore nella transizione dal fumo tradizionale a quello elettronico, scoraggiando al contempo la formazione di un mercato parallelo illegale, e avere un sistema di tassazione più equo per evitare la nascita di un mercato nero”, ha concluso l’eurodeputata Gancia.

“Solo in Italia ci sono ancora più di 12 milioni di fumatori. I costi diretti e indiretti del fumo ammontano a quasi 26 miliardi di euro. Pertanto, il nuovo governo deve attuare un nuovo approccio: invece di stigmatizzare e proibire, l’Italia deve abbracciare l’innovazione come il vaping. Seguendo le evidenze scientifiche e l’esperienza dei consumatori, il nuovo governo italiano ha il potenziale per diventare un leader nella riduzione del danno da tabacco. La nostra “strategia in 7 fasi” offre una linea guida completa per raggiungere gli obiettivi di liberazione dal fumo”, ha dichiarato il direttore della WVA Michael Landl. 

Le raccomandazioni includono i seguenti punti: 

  • Abbracciare la riduzione dei danni del tabacco;
  • Promuovere il vaping come strumento per smettere di fumare;
  • Consentire il vaping nelle aree esterne non fumatori;
  • Abbassare la tassazione sui prodotti del vaping e adeguarla al rischio relativo;
  • Rifiutare i divieti sugli aromi;
  • Mantenere il vaping disponibile, applicando al contempo norme intelligenti per prevenire il vaping tra i minorenni;
  • Promuovere la riduzione del danno da tabacco nelle istituzioni e nelle legislazioni dell’UE.

La strategia in 7 fasi per la riduzione del danno in Italia fa parte della campagna europea della World Vapers’ Alliance sulla riduzione del danno, presentata con lo slogan #BackVapingBeatSmoking.

SIMI: al congresso di Medicina Interna si parla di riduzione del danno da fumo di tabacco

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Le strategie di riduzione del danno da fumo saranno oggetto di un intervento del prof. Polosa durante il Congresso nazionale della Società Italiana di Medicina Interna: focus dell’edizione di quest’anno, la gestione del paziente complesso e la possibilità di intraprendere nuove strategie per constatare anche i fattori di rischio modificabili, come il fumo.

Il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR, in occasione del congresso nazionale SIMI, che si svolgerà a Roma dal 21 al 23 ottobre presso il Rome Cavalieri Hotel, condurrà il panel “Il concetto di Harm Reduction e le strategie per ridurre il fumo di tabacco”.

Il primo approccio del fumatore con uno specialista è un momento importante nella creazione di un percorso terapeutico che indirizzi il paziente verso scelte di salute consapevoli.

Creare un network informato di specialisti a livello nazionale e territoriale è una delle priorità per tutti coloro che si occupano di riduzione del danno da fumo, sulla scia degli esempi positivi condotti in Inghilterra.

Ancora oggi troppi medici non conoscono le possibilità offerte dal passaggio ai dispositivi senza combustione per i pazienti che non riescono a smettere di fumare da soli. Una soluzione alternativa di riduzione del danno che potrebbe aiutare i pazienti ad uscire da percorsi difficili di tabagismo. Dati internazionali e significativi dicono addirittura che ci sono ancora tantissimi medici che fumano sigarette convenzionali. Dobbiamo lavorare di più su prevenzione e informazione” – dice il prof. Polosa.

Il congresso nazionale SIMI

Dopo due anni di edizioni virtuali, il congresso nazionale SIMI torna a svolgersi in presenza presso il  Rome Cavalieri Hotel.

Il programma di quest’anno, includerà letture, simposi, mini-simposi, le Tane del GIS, il Gymnasium delle Scuole Ecografiche SIMI, comunicazioni orali e discussioni poster.

Il Congresso sarà preceduto da un Corso pre-meeting su “Urgenze in Medicina Interna” incentrato su temi pratici e di frequente riscontro nella clinica.

L’evento SIMI sarà anche teatro di discussione per la stesura di un piano di rinascita post-pandemia, con attenzione particolare al paziente cronico multimorbido, affinché non vengano commessi errori gravi e l’assistenza al paziente complesso e fragile nella fretta di operare cambiamenti, non ne risulti indebolita, anziché rafforzata e razionalizzata.

Per ricevere ulteriori informazioni, visitare il link

COLD TURKEY: riusciresti a smettere solo volendolo?

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cold turkey

Smettere di fumare con la sola forza di volontà è prima di tutto un atto di fede verso se stessi e le proprie possibilità: il metodo cosiddetto “cold turkey” però presenta degli innegabili svantaggi. Quali sono?

Nel classico video promozionale stile oltreoceano, un entusiasta motivatore saprebbe raccontarti per almeno un’ora il potere della forza di volontà nel raggiungimento di qualsiasi obiettivo, compreso smettere di fumare.

È indubbio che moltissime persone riescano a smettere di punto in bianco con un’abitudine o una dipendenza: scelte personali, cambi di vita, situazioni intense possono far scattare una lampadina nel cervello e costringere a ripensare chiaramente al proprio stile di vita.

Un metodo che in inglese viene definito “quitting smoking cold turkey”, ovvero la decisione repentina e immediata di smettere del tutto con una sostanza, in questo caso il fumo, senza ripensamenti. 

Una classica scena da blockbuster, dove l’aver toccato il fondo da parte del protagonista suscita un’improvvisa voglia di redenzione e cambiamento.

Un punto di svolta romantico venato da riflessi tipici dell’umanesimo, quando l’uomo era considerato il centro dell’Universo.

In realtà il cold turkey non è uno dei metodi più di successo in circolazione: secondo ricerche degli ultimi 25 anni, su un campione di 100 persone che provano a smettere con questo metodo, solo dai tre ai cinque riescono con successo a smettere per più di sei mesi.

Significa che circa il 95% delle persone che ci provano falliscono.

Chiaramente la forza di volontà gioca un ruolo fondamentale nelle nostre scelte di vita: senza, non abbatteremmo limiti, non ci spingeremmo sempre un passo più in là. 

Un atleta cercherà ogni giorno di battersi, uno scienziato non rimarrà a domandarsi se quello che ha imparato è sufficiente per il progresso tecnologico. 

Ma la dipendenza da un’abitudine o da una sostanza sottintende dei retroscena alquanto difficili da scardinare.

La dipendenza si inserisce gradualmente in questa relazione simbiotica tra “essere” e “fare” e mina la base della nostra forza di volontà.

Non parlando di fumo, ma per esempio di dipendenza da cibo, molto spesso viene da chiederci come mai i protagonisti di noti show televisivi raggiungano un limite estremo di peso, senza riuscire a fermarsi. 

Carenze emotive? Eventi traumatici? Assolutamente, ma nel caso di sostanze stupefacenti o del fumo, i componenti presenti agiscono apportando cambiamenti a livello strutturale in quelle aeree deputate al controllo delle proprie abitudini, dei processi decisionali e dell’apprendimento.

A rendere decisamente ostico il compito di un fumatore, esistono poi stimoli specifici che innescano la voglia di accendersi una sigaretta: ad esempio, fattori sociali, emotivi o abitudini che nel loro insieme rendendo l’abitudine al fumo un nemico assai resiliente.

Il COLD TURKEY: pro e contro

Il metodo del cold turkey, il taglio drastico nei confronti del fumo simboleggiato egregiamente dal gesto di una sigaretta spezzata o di uno sciacquone tirato, ci mette di fronte a statistiche poco incoraggianti.

Esistono altri metodi per smettere di fumare, come le terapie sostitutive a base di nicotina, dalle classiche gomme ai cerotti, oppure i farmaci (vareniclina) o i dispositivi elettronici a rilascio di nicotina.

Uno degli indubbi vantaggi di questo metodo risiede nel riuscire in breve tempo a liberarsi di una dipendenza, senza sostituirla e intraprendere un percorso più lungo.

Purtroppo, però, smettere tutto d’un colpo porterebbe ad un numero elevato di insuccessi, che a loro volta potrebbero generare un vortice di scoraggiamento che impedirebbe al fumatore di decidere di riprovarci, magari seguendo metodi più efficaci.

Come qualsiasi dipendenza, inoltre, l’interruzione drastica dell’uso di sigaretta genera sintomi da astinenza molto più intensi che tendono a svanire nel giro di una settimana, con un picco tra le 48 e le 72 ore dopo l’ultima sigaretta.

Depressione, irritabilità, desiderio di fumare, difficoltà nel dormire, problemi di concentrazione e appetito aumentato sono alcuni dei sintomi più comuni che si possono sperimentare anche con altri metodi per smettere, ma che nel caso di un’interruzione volontaria totale si manifestano prepotentemente e senza nessun paracadute.

Dunque se veramente il cold turkey è la vostra scelta, si deve partire preparati: è fondamentale avere una rete di supporto su cui contare a partire dai vostri curanti di riferimento. 

Ormai l’accesso ai social media permette di contare sul supporto a distanza di persone che sperimentano la stessa situazione e crea quel network di aiuto che aumenta le possibilità di successo.

Attività sportive e ricreative sono necessarie per distrarsi, così come avere a disposizione snack sani per non rischiare di lievitare di peso in maniera incontrollata, uno dei possibili effetti collaterali della cessazione. 

Ma uno dei punti fondamentali di cui tenere conto è riconoscere quegli schemi emotivi, sociali e comportamentali che innescano irreversibilmente la voglia di fumare.

Quando ho voglia di fumare?

Generalmente, l’inizio della giornata, il fine pasto, prima di andare a letto o il post-sesso sono momenti critici per un fumatore. Così come la televisione, la guida per un lungo periodo e le pause dal lavoro. 

Se ci facciamo caso sono tutti momenti legati anche a specifici trigger emotivi o sociali.

Stress, ansia, solitudine, noia, eccitazione, felicità: potrebbe sembrare un guazzabuglio di emozioni, ma si parla di stati d’animo intensi che innescano la voglia di accendersi una sigaretta. Senza contare poi i trigger sociali, come feste, club, concerti, cene, insomma le occasioni di convivialità dove è semplice trovare altri fumatori.

Come andare oltre?

Beh, la soluzione più facile per non affrontare un scelta repentina sarebbe affidarsi ai professionisti della cessazione: saper gestire emozioni e occasioni e contare sul supporto non solo di chi ci conosce ma di esperti preparati, permette di creare un piano su misura.

Una possibile alternativa è passare alle sigarette elettroniche o ai prodotti a tabacco riscaldato: la mimica simile e la ritualità connessa al fumo rimangono invariate, ma attraverso dispositivi molto meno dannosi delle sigarette. 

Ma attenzione: non si tratta di sostituire un dipendenza con un’altra. Quando si decide di smettere, qualunque sia il metodo scelto, bisogna avere in mente un obiettivo finale e fissare una data può aiutare a raggiungere il risultato.

Il primo passo è sempre decidere di cambiare rotta. Una volta fatto, pazienza, forza di volontà e conoscenza di tutte le possibilità per smettere diventano i capisaldi del nostro percorso.

Smettere si può e sono migliaia le storie di chi ci riesce quotidianamente, per la salute propria e di chi ci circonda.

“Make it make sense”: basta confusione di termini, diamo un senso

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Leggiamo e pubblichiamo l’articolo firmato da Helen Redmond su Filter

Le sigarette elettroniche non contengono tabacco, eppure sono regolarmente chiamate “prodotti del tabacco.” La guerra della disinformazione contro la riduzione del danno da tabacco si basa su una serie di termini imprecisi e del tutto fuorvianti che lasciano il pubblico a chiedersi: “Make it make sense” ovvero “Dai un senso compiuto”.  

Quindi ben venga che un gruppo di ricercatori del Regno Unito, guidato dalla dott.ssa Sharon Cox, abbia creato una versione iniziale di un’ontologia del tabacco, nicotina e prodotti da svapo con l’obiettivo di ridurre l’ambiguità e la confusione nel campo. “Ontology” (in inglese) è il modo di classificare un insieme di concetti in una categoria precisa di in un’area disciplinare per mostrarne le proprietà precise e le relazioni tra i concetti.

La dott.ssa Cox ha spiegato: “Le persone usano gli stessi termini per riferirsi a cose diverse o usano termini diversi per indicare  la stessa cosa“. Grazie al finanziamento del Cancer Research UK, il suo gruppo sta ora sviluppando un’ontologia della sigaretta elettronica (E-CigO).

I nuovi dispositivi di somministrazione della nicotina hanno rivoluzionato il campo e reso necessario lo sviluppo di una nomenclatura logica e coerente. Attualmente viene utilizzato un numero vertiginoso di termini. C’è la riduzione del danno da tabacco (THR), i sistemi elettronici di somministrazione della nicotina (ENDS), i prodotti e-vapor, i prodotti alla nicotina a rischio ridotto e più sicuri (SNP) e i prodotti a tabacco riscaldato. Le “sigarette elettroniche” includono vaporizzatori “a sistema aperto”, che possono essere ricaricati con liquidi elettronici, e le ultime e già diffuse “usa e getta”. Altre opzioni THR includono snus, buste e pastiglie di sale alla nicotina per uso farmaceutico, e prodotti del tabacco riscaldati contenenti una lama in ceramica. 

<<Le persone che fumano avrebbero la stessa probabilità di utilizzare terapie sostitutive della nicotina se fossero etichettate come “prodotti del tabacco”?>> 

Se si stima che la combustione uccide 8 milioni di persone ogni anno, si capisce che una classificazione corretta e chiara ha parecchia importanza. Se i fumatori vogliono passare dalle sigarette convenzionali a quelle senza combustione, hanno bisogno di descrizioni chiare ed accurate. Inoltre, “l’etichettatura dei prodotti correlati al tabacco influenza l’interpretazione dei risultati della ricerca scientifica. La mancanza di chiarezza sui prodotti ha portato a incomprensioni e controversie sull’interpretazione dei dati”, hanno osservato i ricercatori .

Nel mondo controverso e divisivo del controllo del tabacco negli Stati Uniti, i termini standard possono essere completamente confusi e spesso completamente sbagliati. La Food and Drug Administration (FDA) statunitense classifica i vaporizzatori di nicotina come “prodotti del tabacco” perché la nicotina in essi contenuta è derivata dalla pianta del tabacco. Ma non classifica cerotti, gengive e inalatori (regolati come farmaci con un percorso completamente diverso dai vaporizzatori) in quanto tali, anche se la loro nicotina proviene dalla stessa fonte. Le persone che fumano avrebbero la stessa probabilità di utilizzare queste terapie sostitutive della nicotina se fossero etichettate come “prodotti del tabacco”?

Allora perché la FDA non ha corretto questo ovvio termine improprio? Non farlo ha consentito alle organizzazioni anti-vaping come la Campaign for Tobacco Free Kids (CTFK) di perpetuare, implicitamente, la menzogna secondo cui i vaporizzatori contengono tabacco. I gruppi anti-vaping hanno armato questa potente bugia per creare confusione, aumentare il sostegno pubblico per i divieti di svapo, approvare restrizioni su vendite e aromi e scatenare una guerra alla droga contro i consumatori di nicotina. CTFK ha sfruttato questa categorizzazione errata per inquadrare la fine dello svapo giovanile come una lotta per ridurre il consumo di tabacco da parte dei giovani. “Suona davvero brutto quando dici che i giovani usano un prodotto del tabacco”, ha detto Cox in un’intervista .

Nel 2019 il CDC ha contribuito alla disinformazione dilagante quando alcune persone si sono ammalate per una misteriosa lesione polmonare. In origine l’agenzia la chiamò “lesione polmonare associata allo svapo” (VAPI), poi adottò il termine irritante e altrettanto impreciso, EVALI. È integrato nell’etichetta che una delle cause di questa condizione polmonare è correlata ai vaporizzatori di nicotina. Ma la colpa era nelle cartucce di THC, adulterate con acetato di vitamina E acquistate per strada. Non c’erano e non ci sono prove che qualcuno si fosse ammalato o fosse morto a causa dell’uso di vaporizzatori di nicotina.

Una lettera dell’agosto 2021 firmata da 75 esperti multidisciplinari chiedeva al direttore del CDC, la dott.ssa Rochelle Walensky, di rinominare la malattia. Hanno scritto: “… il nome EVALI è inefficace e fuorviante in quanto non fornisce agli operatori sanitari o al pubblico chiarezza e specificità riguardo alle fonti di rischio di questa malattia”. Suggerendo la definizione più appropriata: “Adulterated THC Vaping Associated Lung Injury” (ATHCVALI). Walensky rispose no.

E come mostra questo sondaggio, Juul (il capro espiatorio preferito dai media), è stato accusato di EVALI.

La creazione di un’ontologia accurata consentirà alle persone di scegliere alternative più sicure, prevenendo le malattie legate al fumo e la morte prematura.

Chelsea Boyd ha affermato in un articolo per Filter: “L’incapacità del CDC di distinguere tra le sigarette elettroniche che rilasciano nicotina e quelle che forniscono composti di cannabis, insieme all’insistenza sul fatto che siano coinvolti prodotti legali a base di nicotina, nonostante la mancanza di prove convincenti pubblicamente disponibili, rende difficile credere che le sue azioni non siano motivate politicamente”. Boyd ha ragione. L’HIV era originariamente chiamato “deficit immunitario correlato ai gay” (GRID). Ora ci sono appelli per rinominare “monkeypox” per evitare qualsiasi insinuazione razzista.

La disinformazione sui vaporizzatori danneggia le persone che fumano. Uno studio ha suggerito che la legislazione derivante da dichiarazioni errate su EVALI e sui vaporizzatori in Massachusetts ha portato a un aumento del consumo di sigarette. Un altro studio ha concluso che i messaggi dei CDC su EVALI hanno contribuito a far si che “una parte sostanziale dei consumatori crede che le sigarette elettroniche siano più dannose delle sigarette“. Quante volte bisogna dirlo? Non lo sono. Una revisione ufficiale del Regno Unito delle prove pubblicate quest’anno ha affermato ancora una volta: “A breve e medio termine, lo svapo rappresenta una piccola parte dei rischi del fumo“.

Un importante esempio dell’utilizzo di una serie di terminologie chiare può essere trovato nel rapporto Burning Issues: The Global State of Tobacco Harm Reduction 2020 , pubblicato da Knowledge-Action-Change (KAC). Gli autori non descrivono più i dispositivi per lo svapo della nicotina come “sigarette elettroniche”, scrivendo: “Il termine è fuorviante per gli operatori sanitari, i politici e il pubblico in generale, poiché associa strettamente questi nuovi prodotti alle sigarette”. Invece, il rapporto usa il termine “prodotti a base di nicotina più sicuri. Abbandonando il termine EVALI, gli autori ne hanno creato uno nuovo: “danno polmonare correlato alla vitamina E” (VITERLI).

Un altro nuovo giornale propone intanto di abbandonare la parola “fumatore”. La creazione di un’ontologia che classifichi in modo accurato e inequivocabile l’ampia gamma di prodotti a base di nicotina più sicuri è di vitale importanza e attesa da tempo. Questo consentirà alle persone di scegliere alternative più sicure, prevenendo le malattie legate al fumo e la morte prematura.

#BackVapingBeatSmoking: la WVA al Parlamento Europeo

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WVA Back Vaping Beat Smoking

La World Vapers’ Alliance lancia la campagna Back Vaping.Beat Smoking con un incontro con i membri del Parlamento Europeo a Strasburgo e un’installazione artistica di protesta

Regolamentazione e lotta alla disinformazione: sono questi i due capisaldi dell’azione della World Vapers’ Alliance, che ha lanciato il tour della nuova campagna informativa Back Vaping. Beat Smoking.

Il tour on the road toccherà diversi paesi europei, tra cui Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Italia, Portogallo e Belgio, attraverso eventi, incontri con i rappresentanti politici e installazioni artistiche in grado di trasmettere il vero senso dell’iniziativa.

La campagna ha preso il via proprio a Strasburgo, dove la World Vapers’ Alliance (WVA) ha recapitato al Parlamento europeo un messaggio chiaro, ovvero che lo svapo può salvare 19 milioni di vite in Europa.

I rappresentanti della WVA si sono incontrati con diversi membri del Parlamento europeo per presentare la “Direttiva sui prodotti per lo svapo”, discutendo sulle decisioni che permettano ai prodotti a rischio modificato di essere ritenuti un valido strumento di salute pubblica.

In occasione dell’incontro, la WVA ha inoltre rivelato un’installazione artistica di protesta davanti alla sede del Parlamento europeo.

Back Vaping. Beat Smoking viene lanciata mentre la legislazione europea sul tabacco, la cosiddetta Direttiva sui prodotti del tabacco (TPD), è in fase di revisione da parte dei legislatori europei.

La World Vapers’ Alliance ha partecipato al bando sull’udienza pubblica della commissione europea per la presentazione delle prove in merito ai divieti sugli aromi e l’eccessiva regolamentazione.

La World Vapers’ Alliance funge così da cassa di risonanza per le voci della comunità europea dello svapo a Strasburgo e in tutta Europa, per fare in modo che lo svapo sia riconosciuto come un efficace strumento di riduzione del danno con il potenziale per salvare la vita di 19 milioni di fumatori in Europa.

Michael Landl, direttore della World Vapers’ Alliance ha dichiarato:

Sostenendo lo svapo, possiamo battere il fumo e salvare 19 milioni di vite attraverso una regolamentazione ragionevole. Il bando da parte dell’unione Europa ha registrato un numero record di 24.000 risposte, a dimostrazione del fatto che i consumatori vogliono adottare il principio della riduzione del danno da tabacco e lo svapo ha dimostrato di essere ad oggi uno degli strumenti più di successo in questo settore.

L’Unione Europea deve porre fine alle attuali discussioni in merito ai divieti degli aromi e lo svapo deve essere mantenuto accessibile e a prezzi ragionevoli. È giunto il momento che l’Unione Europea approvi pienamente il principio della riduzione del danno da fumo e renda il vaping lo strumento principale della sua azione”.

La campagna è stata lanciata oggi a Strasburgo, in Francia, con l’installazione artistica di protesta Don’t Let 19 Million Lives Fall e si diffonderà in dieci città in sei paesi tra ottobre e novembre 2022.

Ospiteremo eventi e proteste in Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Italia, Portogallo e Belgio per attirare l’attenzione su uno degli atti legislativi più cruciali per il futuro dello svapo. È tempo che i politici ascoltino i consumatori e la scienza“, ha affermato il direttore della WVA, Michael Landl.

La WVA ha anche lanciato una petizione contro le normative dannose per lo svapo come i divieti sugli aromi o l’elevata tassazione dei prodotti del vaping. Le firme saranno consegnate ai membri del Parlamento europeo al termine del tour a novembre.

(Dal comunicato stampa dell’associazione)

Maxi review UK su 400 studi internazionali: ecig meno dannose 

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Una review indipendente condotta dai ricercatori inglesi del King’s College di Londra su oltre 400 studi internazionali conferma che i prodotti privi di combustione, come le ecig, sono meno dannosi rispetto alle sigarette convenzionali

La domanda “le ecig sono meno dannose delle sigarette convenzionali?” non ha più margine di interpretazione: numerose review internazionali dimostrano che i prodotti a rischio modificato presentano una minor percentuale di rischio rispetto alle sigarette tradizionali.

Ultima in ordine di tempo a confermare l’asserzione, una review indipendente dei ricercatori del King’s College di Londra, che hanno portato a termine una delle più vaste e, fino ad ora, più approfondite review in materia di fumo elettronico.

I ricercatori inglesi hanno incluso nel report, commissionato dall’Office for Health Improvement and Disparities del Dipartimento della salute e dell’assistenza sociale, oltre 400 studi condotti a livello mondiale. 

I risultati?

Sebbene il vaping non sia totalmente privo di rischi, soprattutto per chi non ha mai fumato, comporta una piccola percentuale di rischio nel breve e medio termine se paragonato al ben più tossico fumo di sigaretta.

La review ha indagato diversi aspetti legati al vaping, compresi tipologie diversi di soggetti e di prodotti utilizzati, gli effetti sulla salute (sia in termini assoluti che quando paragonati al fumo convenzionale) e la percezione dei consumatori in merito ai rischi relativi.

Secondo i ricercatori, i fumatori che decidono di passare al vaping sperimentano una “riduzione sostanziale” nell’esposizione alle sostanze tossiche causa di cancro, patologie polmonari e cardiovascolari, ma avvertono comunque chi non ha mai fumato di non iniziare con nessuna delle alternative del consumo di tabacco.

Uno tra i maggior volumi di ricerca evidenziati dalla review, e dove quindi vi erano più prove a sostegno, riguarda i biomarcatori di esposizione: i livelli di nitrosammine specifiche del tabacco, composti organici volatili e altri componenti tossici implicati nelle principali malattie causate dal fumo sono stati trovati a livelli significativamente più bassi tra i vapers.

Tra chi svapa, i livelli complessivi di nicotina erano inferiori o simili a quelli dei fumatori.

Un dato interessante emerso dal report è sicuramente quello relativo alla percezione da parte dei consumatori dei rischi connessi allo svapo: nel 2021, solo il 34% degli adulti che fumavano percepiva che lo svapo era meno dannoso del fumo, mentre solo l’11% dei fumatori adulti sapeva che la nicotina non era la causa principale dei rischi per la salute legati al fumo di tabacco.

Per quanto riguarda l’abitudine tabagica in Inghilterra tra gli adulti, si evidenzia come i tassi del fumo siano diminuiti con l’aumento del vaping, ma la stessa tendenza non si sta verificando tra i più giovani.

Secondo il rapporto, il fumo tra gli 11 e i 18 anni di età è passato dal 6,3% nel 2019 al 6% nel 2022, mentre lo svapo è passato dal 4,8% all’8,6%.

Nell’ultimo anno, i tassi di svapo sono raddoppiati tra i giovani tra i 16 e i 18 anni, ma l’aumento più sorprendente riguarda l’uso dei nuovi dispositivi per il vaping usa e getta, che ora sono utilizzati da più della metà dei giovani vapers, rispetto al 7,8% dell’anno scorso.

La pubblicità, il packaging e la commercializzazione di prodotti usa e getta per i giovani dovrebbero essere attentamente valutati e, laddove sia necessario, si devono adottare misure proporzionate per ridurre l’attrattiva verso i giovani“, dichiarano gli autori dello studio, che mettono in guardia dell’aumento nell’uso di questi dispositivi tra le fasce più giovani della popolazione. 

Dovremmo garantire ai fumatori adulti il giusto supporto, che includa informazioni accurate sul minor rischio del vaping rispetto al fumo e su come i dispositivi privi di combustione possano aiutarli a smettere di fumare, offrendo al contempo il giusto supporto educativo ai giovani che non avrebbero mai fumato, per scoraggiarli dall’iniziare a svapare, oltre che migliorare le norme sull’età di vendita e sulle restrizioni pubblicitarie”, ha affermato Lion Shahab, professore di psicologia della salute e co-direttore del Tobacco and Alcohol Research Group, presso l’University College di Londra

Se questo equilibrio può essere raggiunto, le sigarette elettroniche possono svolgere un ruolo importante nel relegare le sigarette convenzionali ai libri di storia nel Regno Unito“.