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“Smetto di fumare perché sono vanitosa”

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“Voglio smettere di fumare per vanità” – è quanto leggiamo in un articolo pubblicato da una giovane trentenne alle prese con la gestione del suo blog e dei suoi stati d’animo.
Sara, infatti, è una giornalista che vive a Londra, ha 30 anni e dopo 15 anni ha deciso di diventare una ex fumatrice.
Nel suo blog la ragazza racconta la sua esperienza e le motivazioni che l’hanno portato ad abbandonare il tabagismo per la seconda volta. E sono proprio queste motivazione ad aver sollecitato la curiosità dei ricercatori LIAF.
Sara scrive: “Quando ho smesso di fumare la prima volta ero nel pieno di questa stagione della mia vita – riferendosi alla spensieratezza dei vent’anni quando ancora i sintomi legati al fumo non si erano manifestati intermanete – e a un certo punto ho deciso di ricominciare perché secondo me ne valeva la pena. Ora invece penso la pena non la valga più – continua -. Tanto vivo in uno Stato in cui neanche le banchine delle stazioni accettano la nicotina e non posso più fumare aspettando il treno che mi porti verso chissà quale nuova avventuraE, soprattutto, ora è iniziato il tempo di preservare. É quel tempo che precede la ristrutturazione e l’accettazione. E siccome ristrutturare è più difficile che accettare perché una volta che si è accettato allora non sarà più necessario ristrutturare spasmodicamente, allora io ho accettato che per me non è più stagione da fumo“.
Ebbene si, perchè come ci conferma il dott. Pasquale Caponnetto, dell’Università degli Studi di Catania: “Spesso si inizia a fumare per gioco e perchè i sintomi delle malattie fumo correlate sono avidi, arrivano sempre dopo che il danno è ormai fatto ma nel caso di donne fumatrici spesso ma, sopratutto in una determinata fascia d’età, la motivazione che spinge di più a smettere di fumare è legato ai danni estetici causati dal fumo, l’alito puzzolente, il profumo che non dura, le dita gialle, i denti gialli e l’affaticamento”.
Peraltro, quanto affermato dalla nostra blogger ci riporta ad un argomento particolarmente caro a LIAF, ovvero la regolamentazione del divieto di fumo. Più volte abbiamo affrontato questo problema, sopratutto nelle sedi opportune del Parlamento italiano e di quello Europeo ma è proprio l’affermazione di Sara che testimonia quanto da noi più volte sostenuto: “Vivo in uno Stato – si riferisce all’Inghilterra – in cui neanche le banchine delle stazioni accettano la nicotina e non posso più fumare aspettando il treno che mi porti verso chissà quale nuova avventura”.
Se pensiamo che in Italia i primi a non rispettare il divieto di fumo nei luoghi pubblici sono proprio gli stessi Parlamentari che hanno emanato la Legge Sirchia, è ben facile comprendere che: “Dobbiamo agire ed in fretta” – come dice il prof. Riccardo Polosa. “Non possiamo più attendere perchè perdiamo migliaia di vite ogni giorno e regolamentare il divieto di fumo e l’utilizzo della sigaretta elettronica come alternativa per smettere di fumare, è davvero urgente”.
Leggi di più:

Smettere di fumare: 4 consigli per abbandonare la sigaretta per sempre

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Smettere di fumare? Niente di più facile, almeno secondo il dottor Max Pemberton, che sul Daily Mail suggerisce alcuni semplici ma, a detta sua, efficaci, metodi per smettere di fumare. E lo fa raccontando prima la sua personale esperienza di fumatore e poi individuando 4 punti fondamentali.

Le cose che ami del fumo – “Scrivi una lista di cose che ami del fumo e perché. Ti serve per capire cosa effettivamente le sigarette possono darti. Fumare ti rende più sicuro di te? Più rilassato? Cosa pensi che ti dia il fumo? Dopo tutto, deve pur darti qualcosa, altrimenti perché lo fai?” scrive Pemberton a mo’ di avvertimento e di provocazione.

Cosa ti impedisce di smettere? – “Scrivi una lista di cosa che ti impediscono di smettere di fumare. Potrebbe essere più difficile di quanto sembri. Fumare è, infatti, qualcosa che si fa senza rendersene conto ed è facile creare falsi miti sul perché lo si fa. Quali sono i veri ostacoli alla tua possibilità di smettere? Cosa ti fa paura? Fai una lista che puoi modificare, aggiungendo i tuoi motivi di volta in volta”. Poi parte “l’accusa”.

Una vita da non fumatore – “Voglio che tu faccia una lista con ciò che ti darebbe il non fumare. Ci sono dei benefici? Perché non devi fumare? Perché cercare di smettere? Anche se non te ne rendi conto, ciò che hai scritto nella lista numero 1 è un’illusione. Quelli che dovrebbero essere i motivi per cui fumi, in realtà non sono reali motivi. È solo un modo per giustificare una cosa che in verità non ha tanto senso. Tutti sappiamo che il fumo fa male; che fumare per di più è costoso e che provoca morte e tumori. Noi lo sappiamo e sappiamo che dovremmo immediatamente smettere. Ma non lo facciamo. In psicologia questo fenomeno si chiama dissonanza cognitiva: ognuno dei motivi razionali che diamo per giustificare il nostro vizio non ha una base logica. Ad esempio, non è vero che la nicotina allevia lo stress. Al contrario, aumenta la pressione sanguigna e il battito cardiaco. Non ci rilassa affatto; al massimo, ci rende meno annoiati” procede Pemberton, sbugiardando le futili motivazioni che ci spingono ad accenderci l’ennesima sigaretta. Infine, l’affondo finale.

Avvocato del diavolo – “Adesso immagina di essere un avvocato che difende la causa del fumo e di chi vuole continuare a fumare. Hai a disposizione le liste numero 1 e 2 e devi con queste convincere i giudici, usando frasi efficaci e convincenti, giocando sulla loro sensibilità. Adesso immagina di essere l’avvocato dell’accusa. E di dover convincere i giudici tendendo conto della lista fatta per l’esercizio n.3, sottolineando come continuare a fumare sia nonsense. Chi ha ragione? Questo ultimo esercizio serve per farti capire cosa accade dentro la testa di un fumatore. E serve soprattutto per osservare la situazione con occhi obiettivi. Questa distanza è ciò che ti serve per procedere” perchè anche tu possa dire “fumare mi piaceva. O almeno, pensavo mi piacesse”.

Vapeshop: come aumentare le probabilità dei fumatori di smettere

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 “Si tratta della prima dimostrazione scientifica di un fatto già noto a milioni di svapatori. Se il negoziante conosce davvero bene i prodotti che vende e ha una buona predisposizione ad ascoltare il cliente e i suoi bisogni, il fumatore ha maggiori probabilità di smettere di fumare” questo il commento del prof. Riccardo Polosa all’uscita del primo studio pilota prospettico inteso ad analizzare i rapporti tra uso efficace della sigaretta elettronica e supporto professionale del negoziante di vapeshop.
Pubblicato sulla rivista internazionale International Journal of Environmental Research and Public Health, e condotto dall’Università di Catania, in collaborazione con il Centro Nazionale Ricerche (CNR) di Palermo e l’Istituto Nazionale di Sanità Pubblica (INSERM) di Parigi, lo studio pilota ha valutato per 12 mesi i tassi di cessazione e riduzione di 71 fumatori dal momento del loro primo acquisto di una sigaretta elettronica all’interno di 7 vapeshop, contattati e selezionati da LIAF tra coloro che avevano sponsorizzato gli eventi locali svoltisi in occasione della Giornata Mondiale Antifumo del 2013. I negozianti dei vapeshop somministravano dei brevi formulari ai clienti che acquistavano per la prima volta una sigaretta elettronica all’interno dei loro negozi, per registrare i loro dati anagrafici, la storia tabagica, i tassi di cessazione e riduzione del consumo di tabacco a 6 e a un anno, e le variazioni nelle scelte di acquisto.
I risultati sono stati sorprendenti: a fine studio, dei 71 fumatori reclutati nello studio, 29 avevano completamente smesso di fumare, e 18 avevano ridotto il consumo di sigarette convenzionali, addirittura dell’80% nel 15,5% dei casi. Lo studio, peraltro, ha evidenziato una tendenza diffusa a diminuire la percentuale di nicotina presente nei liquidi e una propensione maggiore nella scelta di prodotti sempre più innovativi.
“Aiutare i negozianti di sigaretta elettronica a trasformare i propri esercizi commerciali in luoghi di promozione della salute potrebbe rappresentare un prezioso alleato per i fumatori che intraprendono un percorso di smoking cessation” – commenta il presidente LIAF, prof.ssa Lidia Proietti – Ma è necessario continuare a implementare la ricerca e gli strumenti atti a condurla, per capire quali scenari potrà aprire la diffusione della sigaretta elettronica nel tentativo di sconfiggere il fumo e le malattie fumo correlate”.
“Coinvolgere i vapeshop in un progetto di ricerca significa aprire la strada a studi sempre più grandi e totalmente spontanei – ha concluso Polosa – Replicare questo studio di fattibilità a livello nazionale e internazionale è la nostra prossima grande ambizione”.
In questo studio prospettico, la valutazione dell’abitudine tabagica è stata condotta analizzando le dichiarazioni spontanee dei soggetti reclutati ma uno studio più specifico su campioni più numerosi, come quello che si svolgerà nell’ambito del progetto VAPE SHOP STUDY, consentirà una valutazione più rigorosa del percorso di abbandono della bionda grazie anche all’utilizzo del misuratore di monossido di carbonio che assicurerà risultati certi e verificabili.

Vapeshop: come aumentare le probabilità dei fumatori di smettere

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“Si tratta della prima dimostrazione scientifica di un fatto già noto a milioni di svapatori. Se il negoziante conosce davvero bene i prodotti che vende e ha una buona predisposizione ad ascoltare il cliente e i suoi bisogni, il fumatore ha maggiori probabilità di smettere di fumare” questo il commento del prof. Riccardo Polosa all’uscita del primo studio pilota prospettico inteso ad analizzare i rapporti tra uso efficace della sigaretta elettronica e supporto professionale del negoziante di vapeshop.
Pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista internazionale International Journal of Environmental Research and Public Health, e condotto dall’Università di Catania, in collaborazione con il Centro Nazionale Ricerche (CNR) di Palermo e l’Istituto Nazionale di Sanità Pubblica (INSERM) di Parigi, lo studio pilota ha valutato per 12 mesi i tassi di cessazione e riduzione di 71 fumatori dal momento del loro primo acquisto di una sigaretta elettronica all’interno di 7 vapeshop, contattati e selezionati da LIAF tra coloro che avevano sponsorizzato gli eventi locali svoltisi in occasione della Giornata Mondiale Antifumo del 2013.
I negozianti dei vapeshop somministravano dei brevi formulari ai clienti che acquistavano per la prima volta una sigaretta elettronica all’interno dei loro negozi, per registrare i loro dati anagrafici, la storia tabagica, i tassi di cessazione e riduzione del consumo di tabacco a 6 e a un anno, e le variazioni nelle scelte di acquisto.
I risultati sono stati sorprendenti: a fine studio, dei 71 fumatori reclutati nello studio, 29 avevano completamente smesso di fumare, e 18 avevano ridotto il consumo di sigarette convenzionali, alcuni addirittura dell’80%. Lo studio, peraltro, ha evidenziato una tendenza diffusa a diminuire la percentuale di nicotina presente nei liquidi e una propensione maggiore nella scelta di prodotti sempre più innovativi.
“Aiutare i negozianti di sigaretta elettronica a trasformare i propri esercizi commerciali in luoghi di promozione della salute potrebbe rappresentare un prezioso alleato per i fumatori che intraprendono un percorso di smoking cessation” – commenta il Presidente LIAF, prof.ssa Lidia Proietti – Ma è necessario continuare a implementare la ricerca e gli strumenti atti a condurla, per capire quali scenari potrà aprire la diffusione della sigaretta elettronica nel tentativo di sconfiggere il fumo e le malattie fumo correlate”.
“Coinvolgere i vapeshop in un progetto di ricerca significa aprire la strada a studi sempre più grandi e totalmente spontanei – ha concluso Polosa – Replicare questo studio di fattibilità a livello nazionale e internazionale è la nostra prossima grande ambizione”.
In questo studio prospettico, la valutazione dell’abitudine tabagica è stata condotta analizzando le dichiarazioni spontanee dei soggetti reclutati ma uno studio più specifico su campioni più numerosi, come quello che si svolgerà nell’ambito del progetto VAPE SHOP STUDY, consentirà una valutazione più rigorosa del percorso di abbandono della bionda grazie anche all’utilizzo del misuratore di monossido di carbonio che assicurerà risultati certi e verificabili.

Panorama: “Le due nuove sigarette senza fumo”. L’intervista integrale del prof. Polosa

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Le due nuove sigarette senza fumo
Di seguito vi proponiamo l’intervista integrale al prof. Riccardo Polosa pubblicata il 9 gennaio 2014 sul settimanale Panorama a cura di Mikol Belluzzi.
“Accendini e posacenere diventeranno oggetti del passato. Ma non chiamatele sigarette elettroniche, perchè le nuove “bionde”, la iQos appena lanciata da Philip Morris e la Ploom di Japan Tobacco in commercio da un anno, non utilizzano liquidi come le e-cig bensì tabacco che grazie ad una tecnologia innovativa viene riscaldato e non più bruciato, generando un effetto aerosol che oltre a limitare odori e fumo dovrebbe ridurre i danni alla salute….” 
Gentile prof. Riccardo Polosa come giudica queste nuove sigarette che utilizzano tabacco che però viene riscaldato a 300 gradi e non bruciato? Innovazione o solo marketing?
Credo che si tratti di tutte e due le cose anche se l’idea del tabacco riscaldato non è poi così nuova. Infatti, prodotti a base di tabacco riscaldato erano già stati lanciati sul mercato nel passato dalle multinazionali, ma si tratta di una storia segnata da clamorosi insuccessi commerciali. Il dilagare del fenomeno delle sigarette elettroniche come prodotti molto meno tossici rispetto alle “bionde”, ha evidenziato un segmento del mercato caratterizzato da fumatori particolarmente attenti alla salute e alle nuove tecnologie. Per via di questo, le multinazionali del tabacco hanno rivisto le loro strategie commerciali e pensato di rilanciare una versione più hi-tech di prodotti a base di tabacco riscaldato.
Queste sigarette si possono definire potenzialmente meno dannose di quelle tradizionali? Philips Morris sostiene che gli studi sono ancora in corso.
Queste sigarette sembrano assicurare una riduzione in termini di emissione di sostanze tossiche che si attesta tra il 70 ed il 90% in meno rispetto alle sigarette convenzionali. Tuttavia ricerche indipendenti saranno necessarie per confermare o meno la validità del prodotto e la sua appartenenza alla categoria a rischio ridotto, come è stato già dimostrato dalle ricerche della Lega Italiana Anti Fumo (LIAF Onlus) sulle sigarette elettroniche. Fatto 100 il rischio della sigaretta convenzionale, le sigarette elettroniche infatti si attestano su un valore pari a 4. Le nuove sigarette a tabacco riscaldato si attesterebbero intorno a 25.
Oltre ai pro ci sono anche dei contro secondo lei?
Sembra che la velocità di assorbimento della nicotina di questi nuovi prodotti sia sovrapponibile a quella della sigaretta convenzionale, quindi la dipendenza dalla nicotina sarebbe invariata. Tuttavia, va considerato che non si muore per la nicotina ma per il cocktail di sostanze tossiche liberate dal processo di combustione del tabacco.
Ci sono differenze fondamentali rispetto ai liquidi con nicotina delle sigarette elettroniche?
Questa domanda bisognerebbe farla agli utilizzatori più che a me. Dal punto di vista tossicologico il profilo dei liquidi per sigaretta elettronica è sicuramente più “tranquillo” rispetto ai prodotti riscaldati. Una altra importante diversità dei due prodotti sta nel rispondere a esigenze e gusti completamente diversi. Non tutti i fumatori sono uguali. Il tabacco riscaldato può andar bene per alcuni, ma non per altri. Non verrà probabilmente apprezzato dagli svapatori, ormai affezionati ad un prodotto che gioca la sua partita sulle tonalità e sfumature di svariati aromi, mentre probabilmente piacerà molto a quei fumatori che non vogliono rinunciare al gusto del tabacco bruciato.

E-cig e polmone: le prove a sostegno di una riduzione del danno provocato dal fumo

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“Ci vorrebbero centinaia di svapatori, decenni di monitoraggio e ingenti finanziamenti per riuscire a stabilire definitivamente, in uno studio prospettico, gli effetti a lungo termine della sigaretta elettronica sulla salute polmonare. Ma si possono già evidenziare miglioramenti immediati nelle funzionalità delle vie aeree e nei sintomi respiratori in quei fumatori che sono passati all’e-cig” – è questa la dichiarazione del prof. Riccardo Polosa a margine della sua pubblicazione uscita oggi sulla nota rivista scientifica BMC Medicine.
Il polmone è il primo a subire gli effetti devastanti del fumo di sigaretta dunque, per analogia, e considerando che la sigaretta elettronica viene inalata, è ovvio dedurre che il sistema respiratorio sia il primo a dover essere studiato per rintracciare eventuali effetti dannosi derivanti dalla presenza di sostanze chimiche nell’e-cig.
Una maniera meno costosa e più fattibile rispetto al grande studio prospettico menzionato sopra, è quella di esplorare la tossicità e lo stress ossidativo provocato dal vapore di sigaretta elettronica direttamente sulle cellule epiteliali del polmone, attraverso uno studio in vitro, cioè riprodotto in provetta. Il punto negativo di questo tipo di studi è che non riflettono la realtà fattuale dell’organismo vivente perché non riescono a riprodurre le normali condizioni di esposizione al vapore. Per questo in letteratura si trovano spesso risultati divergenti, con alcuni autori che evidenziano livelli bassissimi o nulli di tossicità ed altri che dicono esattamente l’opposto.
Nonostante ciò, la maggior parte di questi studi in vitro suggerisce solo qualche effetto irritante non specifico dovuto all’esposizione al vapore, pienamente in linea con molti sondaggi e trial clinici che riportano effetti transitori come irritazione alla gola, bocca secca e tosse. “Ad oggi, non c’è alcuna evidenza scientifica che dimostri eventi avversi significativi sul polmone, perlomeno in acuto” commenta Polosa nell’articolo – “Passare alla sigaretta elettronica porta quasi a una normalizzazione dei livelli tossici di monossido di carbonio nel respiro esalato del fumatore”.
Una terza via per studiare gli effetti dell’e-cig sul polmone è quella sviluppata dall’Università di Catania, dove il team del prof. Polosa ha avviato un programma di ricerca clinica integrata caratterizzata da un approccio semplice e minimale ma che guarda agli effetti respiratori sia sui fumatori “in salute” sia sui fumatori con una preesistente malattia polmonare. Lo studio è ancora in corso, ma i primi risultati sono incoraggianti perché evidenziano un effetto benefico derivante dall’uso dell’e-cig in relazione agli esiti respiratori, su entrambe le popolazioni.
In un anno di monitoraggio sui fumatori in salute, si è osservata una sostanziale riduzione dell’ostruzione delle vie aeree periferiche; e anche sui fumatori con asma pregressa, si sono registrati sostanziali miglioramenti nella fisiologia respiratoria e nel controllo dei sintomi asmatici.
Per i fumatori con BPCO – broncopneumopatia cronica ostruttiva – non sono stati effettuati studi clinici sull’efficacia e sicurezza dell’e-cig, ma un piccolo studio retrospettivo effettuato presso l’Ateneo catanese in tre soggetti con BPCO, passati volontariamente alla sigaretta elettronica, ha evidenziato miglioramenti nella qualità della vita e una riduzione del numero di esacerbazioni della malattia, senza riportare eventi avversi significativi.
Un sondaggio condotto dal team del greco Kostantinos Farsalinos su più di 19.000 svapatori, tra cui vi erano anche soggetti con asma o BPCO, ha inoltre evidenziato che: tale miglioramento avviene nel 65.4% e 75.7% dei casi, rispettivamente; gli svapatori regolari hanno migliori risultati rispetto ai dual users; più di un terzo di questi soggetti ha persino diminuito il dosaggio dei farmaci per il trattamento di tali malattie o li ha eliminati del tutto.
Presi tutti insieme, questi studi provano che l’uso della sigaretta elettronica può ridurre sostanzialmente il danno provocato dal fumo al sistema respiratorio.
“Ulteriori ricerche sono sicuramente necessarie per aiutare a ridurre al minimo gli eventuali rischi derivanti dall’uso dell’e-cig, fornendo risposte a standard di produzione e di qualità sempre più avanzati. Ma abbiamo già delle prove a sostegno di un miglioramento immediato dei sintomi respiratori nei fumatori, con e senza malattie polmonari preesistenti. Questo importante aspetto dovrebbe essere tenuto in considerazione dagli enti regolatori che stanno cercando di adattare misure proporzionate per l’intero settore dell’e-cig” – conclude Polosa.

E-cig e riduzione del danno fumo correlato: i risultati presentati al Parlamento britannico

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“Le e-cig non solo hanno un indice di rischio minore del 96% rispetto alle sigarette convenzionali, ma hanno pure il grande potenziale di riuscire a ridurre il danno fumo correlato e persino di ripristinare alcune condizioni di salute a livelli normali” è quanto ha affermato ieri il prof. Riccardo Polosa davanti a decine di deputati del Parlamento inglese.
Come avevamo già anticipato, quella del 18 marzo è stata una delle riunioni previste nel programma di attività dell’All Party Parliamentary Group, gruppo di lavoro parlamentare fondato a dicembre dal deputato conservatore Mark Pawsey (nella foto insieme al prof. Polosa) per pawsey e polosaoccuparsi in maniera esclusiva del tema e-cig, esplorando e analizzando i vantaggi che questi dispositivi portano ai fumatori che vogliono smettere di fumare.
Invitato all’incontro come esperto in materia, il nostro Responsabile Scientifico, prove scientifiche alla mano, ha dunque avuto modo di illustrare agli uditori i tre benefici principali che il fumatore sperimenta sulla propria pelle smettendo di fumare o riducendo il consumo di tabacco grazie alla sigaretta elettronica.
  1. Come evidenziato nello studio Eclat, sia coloro che avevano smesso di fumare grazie all’e-cig sia coloro che avevano ridotto il consumo tabagico di almeno il 50%, dopo un anno riportavano un notevole abbassamento della pressione sanguigna verso livelli normali. Lo stesso risultato è stato ottenuto in uno studio condotto su più di 19.000 svapatori, in cui il 49% dei pazienti ha riportato un miglioramento nel controllo della pressione e del battito cardiaco.
  2. La gestione del peso dopo la cessazione è più semplice con l’ausilio della e-cig. Gli attacchi di fame, dovuti all’astinenza da sigaretta, vengono meglio controllati e i piccoli sbalzi di peso rientrano nella normalità dopo meno di un anno (studio Eclat).
  3. Passare alla sigaretta elettronica porta quasi a una normalizzazione dei livelli tossici di monossido di carbonio nel respiro esalato del fumatore. Come sostenuto anche nella più recente pubblicazione dell’esperto su BMC Medicine, i dati confermano l’efficacia e la sicurezza delle e-cig anche in popolazioni a rischio come quella dei fumatori asmatici, e dimostrano che molti dei danni infiammatori delle vie aree risultano reversibili, con notevole miglioramento della funzionalità respiratoria e della sintomatologia asmatica.
Il prof. Polosa ha inoltre suggerito ai parlamentari presenti alcuni aspetti chiave da tenere in considerazione quando si regolamenta il settore delle sigarette elettroniche:
  • Evitare il principio di precauzione quando le evidenze scientifiche sono già numerose
  • Pensare alle conseguenze inattese che potrebbero derivare da atti normativi poco fondati
  • Fare attenzione all’eccesso di scienza che potrebbe scaturire senza dare alcuna risposta concreta
  • Puntare su standard di qualità e sicurezza
  • Monitorare la prevalenza di fumatori costantemente
  • Tenere conto dell’analisi di costo-efficacia dell’e-cig per calcolare l’impatto sul sistema sanitario nazionale
“L’incontro è stato molto fruttuoso, i parlamentari erano molto interessati ai risultati scientifici e si sono dichiarati disponibili a rivedere le proprie posizioni. Speriamo in risultati concreti nel giro di pochi mesi” – ha dichiarato Polosa a margine dell’incontro.
Su gentile concessione del prof. Polosa, ecco le diapositive della presentazione in Parlamento.

LIAF in Parlamento per dire NO al fumo nei corridoi

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Parlamentari che fumano in Parlamento. LIAF sostiene la battaglia dell’onorevole Arianna Spessotto, deputato del Movimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati, che da alcuni mesi si batte perché venga rispettato il divieto di fumo nelle stanze di Montecitorio, proprio li dove la legge è stata emanata.
Venerdì 20 Marzo 2015 il presidente LIAF, prof.ssa Lidia Proietti, ha incontrato l’on. Arianna Spessotto nella sede del gruppo parlamentare grillino per sostenere la sua battaglia contro il fumo a Palazzo Montecitorio e nel Palazzo dei Gruppi Parlamentari.
Dall’incontro sono emersi scenari imbarazzanti. Stanze non autorizzate nelle quali i Parlamentari continuano a fumare contro ogni regola morale e sopratutto contro la norma che loro stessi hanno emanato.
Nei prossimi giorni, il presidente LIAF insieme ad deputato Spessotto avvieranno una serie di azioni volte alla valutazione tecnica di alcune aree adibite al fumo proprio nei locali di Palazzo Montecitorio. L’intento è quello di sensibilizzare i parlamentari italiani a rispettare le norme e le regole che sono principio fondante dell’agire politico e sociale di ogni rappresentante dello Stato.
Secondo la denuncia dell’on. Spessotto, infatti: “Il mancato rispetto del divieto di fumo all’interno della Camera dei Deputati ha raggiunto livelli insostenibili per la tutela della salute, tanto da far scattare, come peraltro già successo in passato, l’allarme antincendio nel corridoio retrostante l’Aula di Montecitorio, utilizzato impropriamente da alcuni parlamentari come area fumatori. All’interno della Camera dei Deputati, così come all’interno del Palazzo dei Gruppi – ci racconta il deputato grillino – la vigente normativa antifumo non viene rispettata, nonostante i divieti posti in essere. Addirittura – denuncia – le stesse aree individuate come riservate ai fumatori non sono conformi alle disposizioni normative antifumo vigenti in materia”.
Per il presidente LIAF si tratta di “una situazione imbarazzante e che ha dell’incredibile”. La presenza della prof.ssa Proietti nella sede di Montecitorio sarà utile per “effettuare le dovute valutazioni e per programmare azioni ed iniziative volte al rispetto della legge ed alla diffusione di una cultura antifumo tra le stesse istituzioni che, paradossalmente, sono state ideatrici della norma e pertanto sono consapevoli del rischio e dei danni causati dal fumo di sigaretta convenzionale”.

Smettere di fumare su Twitter è più semplice cinguettando

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Smettere di fumare su Twitter è più semplice. A dirlo è lo studio condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Stanford e Irvine,pubblicato sul Journal of Medical Internet Research, che ha dimostrato come “cinguettare” su Twitter, entrando a far parte di gruppi di utenti che vogliono smettere di fumare, e supportati da un programma di smoking cessation adattato per il social network, consente di uscire dalla porta del fumo molto più facilmente ed efficacemente.
Lo studio – condotto da Cornelia Pechmann, docente di marketing alla UCI, e Judith J. Prochaska, ordinario di Medicina a Stanford – si è basato sulla valutazione delle conversazioni che si svolgevano all’interno di due diversi gruppi su twitter, formati ognuno da 20 fumatori reclutati attraverso annunci pubblicitari su web, grazie a Google Adwords, per partecipare ad un programma combinato di smoking cessation con cerotti e 2 combinazioni di supporto Twitter.
In sostanza, quando una persona digitava una parola chiave come cerotti alla nicotina o smettere di fumare in una ricerca su Google, appariva l’annuncio dello studio che, cliccato, rimandava al sito Tweet2Quit dove venivano fornite le informazioni sullo studio e un breve modulo di domanda.
I candidati venivano poi contattati via e-mail circa 1 mese prima dell’inizio di studio e veniva dato loro un link per l’indagine di screening. Tra i criteri di inclusione, i ricercatori hanno inserito l’aver fumato più di 100 sigarette nella propria vita, il fumare attualmente più di 5 sigarette al giorno, l’intenzione di smettere entro il mese successivo, l’età compresa tra 18 e 59 anni, l’avere un account e-mail attivo, e un telefono mobile con accesso a Internet e sms illimitati.
I criteri di esclusione comprendevano invece: controindicazioni all’uso del cerotto alla nicotina; uso di antidepressivi, ansiolitici o di altre terapie per smettere di fumare; uso di sostanze stupefacenti nelle ultime 4 settimane; o di convivenza con un altro partecipante.
Tutti i reclutati – giovani adulti con un’età media di 36 anni, per il 60% donne, e un livello educativo medio-alto (il 43% aveva una laurea) – hanno ricevuto una fornitura gratuita di cerotti alla nicotina e sono stati incoraggiati a postare almeno un tweet al giorno all’interno del proprio gruppo, per 100 giorni.
L’innovazione principale viene dalla metodologia: un apposito programma di smoking cessation per social media è stato sviluppato dai ricercatori, il cosiddetto “Tweet2Quit”, che consiste nella creazione e invio di messaggi automatici giornalieri nel gruppo tweet per incoraggiare la discussione antifumo, e per sollecitare l’autovalutazione del proprio stato psicologico e del proprio consumo tabagico da parte del singolo partecipante. La maggior parte dei messaggi automatici erano volti a incoraggiare “tweet” tarati sulle indicazioni fornite dalle linee guida internazionali sulla smoking cessation, e si riferivano soprattutto ai benefici fisici, emotivi, e di rafforzamento della propria identità ed autostima derivanti dallo smettere di fumare. Messaggi automatici supplementari erano invece inviati allo scopo di rafforzare il senso di appartenenza al gruppo antifumo online.
Il tasso di cessazione è stato valutato periodicamente a a 7, 30 e 60 giorni dalla data di cessazione, utilizzando due domande standard di autovalutazione: “Quante sigarette hai fumato negli ultimi 7 giorni” e “Avete fatto un tiro negli ultimi 7 giorni ?”. Ogni fumata o tiro da parte del partecipante veniva considerato come fallimento nel tentativo di disuassefazione dal tabagismo. E’ stata inoltre valutata anche l’aderenza al trattamento sostitutivo nicotinico per vedere se e quando i partecipanti utilizzassero o meno il cerotto.
Le principali differenze tra i due gruppi erano:
  1. Il Gruppo 1 riceveva tre messaggi automatici alla settimana, che apparivano come provenienti da un account tweet, solitamente la notte per stimolare risposta la mattina seguente. Inoltre ai partecipanti di questo gruppo era stato chiesto di fissare una data di cessazione a 14 giorni grazie all’utilizzo dei cerotti.
  2. Il Gruppo 2 riceveva un messaggio automatico giornaliero durante la sera per stimolare la risposta nelle ore immediatamente successive. Inoltre ai partecipanti di questo gruppo era stato chiesto di fissare una data di cessazione a 7 giorni grazie all’utilizzo dei cerotti.
I risultati sono stati sorprendenti: “Essi indicano che l’integrazione tra i messaggi automatici, creati da esperti in smoking cessation, e l’attività spontanea dei partecipanti sollecitati è efficace nel supportare la cessazione – commenta la Pechmann. In particolare, i partecipanti del Gruppo 2, che venivano stimolati con maggiore frequenza ed intensità e hanno dato più risposte ai messaggi generati automaticamente da Tweet2Quit, hanno evidenziato un tasso di cessazione del 75%. Il 42% per cento di cessazione è invece il tasso del Gruppo 1, dove l’attività di risposta su twitter è stato più basso. Nello specifico, a 7, 30 e 60 giorni dalla data di cessazione, nel gruppo 1 il tasso di astinenza autoriportato era rispettivamente del  50%, 57%, and 42%; mentre nel gruppo 2 questi valori si attestavano al 21%, 61%, and 75%.
Anche l’uso dei cerotti è risultato differente tra i due gruppi: a 7, 30 e 60 giorni dalla data di cessazione, il Gruppo 1 ha evidenziato rispettivamente il 67%, 50%, e 50% di utilizzo del cerotto, mentre l’uso nel Gruppo è stato significativamente più alto: 82%, 100%, e 42%.
Secondo quanto rivelato dallo studio, dunque, l’ambiente “social” ha creato una sorta di ambiente “dinamico” che è stato particolarmente efficace per coloro che vengono definiti fumatori “sociali”, cioè coloro che sono stati più attivi su Twitter. La possibilità di poter condividere con altri soggetti il proprio stato d’animo, l’idea di non sentirsi da soli e la possibilità di affidarsi ad un programma di twitting basato sulle linee guida internazionali, ha permesso loro di smettere più velocemente. Il sistema ha fatto emergere delle dinamiche anche relative alla leadership di gruppo, l’attività del più “sociale” fra i partecipanti ha infatti facilitato le conversazioni on-line e ha svolto un ruolo fondamentale nel mantenere le persone impegnate.
Già nel 2008, la LIAF aveva condotto uno studio che si basava sulla possibilità dismettere di fumare utilizzando i messaggi di posta elettronica – ci racconta il prof. Riccardo Polosa – ed i risultati erano stati positivi. Più del 37% dei pazienti coinvolti nel programma, che ricevevano email da parte degli specialisti del centro, hanno smesso di fumare”.
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Nell’ambito delle attività di sensibilizzazione e comunicazione di LIAF, è stato peraltro riscontrato come, soprattutto per i gruppi di “svapatori”, ovvero dei soggetti che smettono di fumare grazie al supporto della sigaretta elettronica, la possibilità di raccontare la propria storia su facebook, nei blog, sui siti di informazione rappresenta un aiuto valido per condividere il proprio comportamento e cercare approvazione e sostegno da parte di altri soggetti. Supporto, senso di responsabilità, consulenza e dialogo sui diritti sono alcuni dei vantaggi che rendono i social media una piattaforma promettente per i gruppi di counselling antifumo. Tuttavia, mentre molti forum on line, blog e siti web sono importanti per la diffusione di informazioni sulla salute, su twitter è possibile interagire in maniera più dinamica.
Come afferma la dott.ssa Valeria Nicolosi, responsabile comunicazione e marketing di LIAF, infatti: “Oggi i social network sono per noi canali importantissimi, non solo per la sensibilizzazione e la diffusione della cultura antifumo ma anche e soprattutto per fornire assistenza e consulenza. Ogni giorno riceviamo messaggi ed email con richieste di informazioni sul modo più semplice per smettere di fumare e ci confrontiamo con numerosi gruppi di fumatori e non, presenti su Facebook e Twitter. Oltre alla ricerca, la forte attività di comunicazione e sensibilizzazione è tra le priorità della LIAF”.
Soprattutto per le nuove generazioni, è forse arrivata l’ora per gli specialisti della salute di attivarsi e aderire alle novità tecnologiche di “internet therapy” che possono raggiungere direttamente i giovani fumatori direttamente nel loro smarthphone e a costi minimi.

Relazioni pericolose tra asma e fumo, esiste una alternativa

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Importanti aggiornamenti sulle relazioni pericolose esistenti tra ansia e fumo. Questa mattina il prof. Riccardo Polosa, direttore scientifico di LIAF – intervenuto in diretta alla trasmissione radiofonica Piazza in Blu, in onda tutte le mattine su Radio in Blu, l’agenzia radiofonica della Conferenza episcopale Italiana – ha affrontato il problema degli asmatici che fumano e dei rischi che corrono. In diretta con lui, ospiti della conduttrice Chiara Placenti, anche il prof. Roberto Dal Negro, Direttore Settore Pneumologia del Centro medico specialistico del Cems di Verona.
Il fumo può causare o scatenare l’asma in soggetti predisposti?
“Asma e fumo rappresentano un connubio malsano da definire nelle sue componenti specifiche. Intanto fumare incrementa la malattia e determina un aumento della mortalità legata all’asma. Ma non è ovvio che chi fuma sia disponibile facilmente a smettere perchè anche asmatico. Come dimostrano i risultati degli studi condotti nell’ambito del progetto europeo U-Biopred, dedicato alla ricerca di cure alternative all’asma grave e del quale sono partner anche l’Università degli Studi di Catania e LIAF – Lega Italiana Antifumo, queste gravi forme di malattia sono più di frequentemente associate al tabagismo. “Fumo e Asma intrattengono relazioni pericolose”, il fumo sembra incidere già nell’età fetale causando anomalie nello sviluppo dell’apparato respiratorio e poi nell’adolescenza, determinando un maggiore rischio dell’insorgenza di asma. Il fumo di sigaretta aggrava la frequenza e la intensità delle manifestazioni acute della malattia quali, difficoltà respiratoria e tosse”.
Ci sono connessioni tra asma e fumo passivo?
“Il fumo passivo può scatenare asma su chi è asmatico e questo è uno dei motivi per cui la Legge Sirchia è davvero molto importante, proprio per evitare di esporre al fumo passivo individui che non fumano. Ci sono aspetti che però sono importanti per il fumatore asmatico che in realtà migliorano gli stati dell’umore. Nelle persone che si sono adattate al tabagismo rimane l’aspetto legato alla gestualità e alla minore ansia. Per questo per un soggetto asmatico è più difficile smettere di fumare e per loro bisogna prevedere soluzioni alternative che consentano di farli allontanare definitivamente dal fumo”.
Come è possibile allora smettere facendo mantenere questi aspetti importanti per l’asmatico fumatore?
“Partiamo da un presupposto: se un soggetto asmatico è anche un fumatore deve smettere di fumare il prima possibile. Di fatto, però, solo una bassa percentuale di questi pazienti riesce a farlo da solo. Cosa fare per quelli che non vogliono smettere? Bisogna affrontare il problema in modo diverso, usando prodotti che contengono nicotina ma che hanno un rischio molto più basso. Si tratta dei prodotti sostitutivi della sigaretta, come abbiamo spesso detto ad esempio la sigaretta elettronica. I ricercatori dell’Università degli Studi di Catania hanno dimostrato scientificamente che questi soggetti possono essere aiutati con l’utilizzo della sigaretta elettronica che, non solo può aiutarli a smettere di fumare, ma può anche migliorare le loro condizioni respiratorie. Come dimostrato da una valutazione retrospettiva condotta su pazienti asmatici fumatori che usavano regolarmente la sigaretta elettronica da almeno 10 mesi, quelli che avevano cominciato a utilizzare l’elettronica in alternativa alla bionda, non solo avevano smesso completamente di fumare o ridotto abbondantemente il numero di sigarette fumate, ma riportavano anche un miglioramento sostanziale su tutta la linea”.
La sigaretta elettronica è sicuro o no per gli asmatici?
“Si spendono fiumi di parole sulla sicurezza della sigaretta elettronica. Il suo livello di sicurezza è pari al 96% in più rispetto alla sigaretta convenzionale e questo è stato provato scientificamente”.
INTERVISTA IN DIRETTA