domenica, Giugno 22, 2025
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Smetti di fumare: rigenera le tue cellule.

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Peter Campbell ricercatore del Wellcome Trust Sanger ha condotto uno studio e ha dimostrato che le cellulare polmonari degli ex fumatori possono migliorare se si smette di fumare.

Lo studio pubblicato sulla rivista Nature ha dimostrato grazie a un gruppo di ricercatori qualificati che nei polmoni degli ex fumatori possono esserci (una volta persa l’abitudine del fumo) delle cellule sane.

Nello specifico in cosa consiste lo studio dell’Istituto Wellcome Trust Sanger ad Hinxton (Gran Bretagna)?

Peter Campbell, guidando il gruppo di ricercatori della sua indagine, ha messo a confronto le provette di DNA di: fumatori, ex fumatori e non fumatori. Il risultato è stato che i bronchi dei fumatori presentano dei difetti genetici ma in numero variabile (da mille a dieci mila per cellula), le cellule degli ex fumatori, invece, presentano solo una porzione di tali difetti genetici.

Questo cosa significa? E com’è possibile?

Quello che si verifica negli ex fumatori è la rigenerazione del tessuto polmonare. Un processo di rinascita delle cellule sane che sostituiscono quelle danneggiate dal fumo.

A tal proposito ricordiamo che numerosi studi che hanno dimostrato che smette di fumare, grazie all’utilizzo della sigaretta elettronica riduce il rischio di cancro ai polmoni di 50.000 volte.

Eurispes: il 66% dei fumatori smette con le ecig

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Il dato Eurispes rispecchia per grandi linee quanto giá accade da anni nei nostri centri antifumo. Nonostante l’allarmismo diffuso anche dalle organizzazioni sanitarie più blasonate, resta confermato il fatto che le nuove tecnologie senza combustione a contenuto di nicotina aiutano i fumatori a smettere di fumare– così il prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania (CoEHAR), ha appena commentato i dati diffusi dal Rapporto Eurispes “Fumo: nuovi prodotti e riduzione del danno” presentato oggi a Roma.

L’indagine, che ha coinvolto 1.135 fumatori italiani, ha sondato le abitudini e le opinioni dei tabagisti in relazione al fumo, al suo impatto sulla salute, allo sviluppo e alla diffusione dei prodotti alternativi a quelli tradizionali. Le persone intervistate sono nel 53,7% fumatori da più di 10 anni. Circa la metà consuma più di 10 sigarette al giorno, il 15,2% oltre 20, il 33% da 11 a 20. Interpellato rispetto al desiderio di smettere di fumare, solo il 9% afferma di volerlo fare entro sei mesi; il 18,3% non ha alcuna intenzione di abbandonare il ‘vizio’; il 26,6% “dovrebbe ma non vuole”; il 28,5% “dovrebbe ma non crede di riuscire”; il 17,6% “vorrebbe ma non in tempi brevi”. Tuttavia – sottolineano gli esperti Eurispes – dall’indagine emergono “una forte volontà e la necessità di essere informati sulle possibili conseguenze del fumo“.

Alla domanda: “Se fosse scientificamente provato che esistono prodotti del tabacco meno dannosi rispetto a quelli tradizionali, vorrebbe esserne a conoscenza?”, l’82,8% ha risposto positivamente. La maggioranza dei fumatori, inoltre, sarebbe disposta a cambiare prodotto abituale a favore di uno meno nocivo per la salute: il 17,8% lo farebbe “sicuramente”, il 43,9% “probabilmente”, mentre non sarebbe “sicuramente disposto” uno su dieci e non lo sarebbe “probabilmente” il 28,5%.

Eurispes ha inoltre sondato le opinioni degli italiani rispetto al ruolo che dovrebbe avere lo Stato. Gli intervistati affermano che, nel caso in cui fosse provato scientificamente che esistono prodotti meno dannosi rispetto a quelli tradizionali del tabacco, lo Stato “dovrebbe permettere che i cittadini siano informati” (86,7%), “mettere in atto direttamente specifiche campagne di informazione” (77,6%), “incentivare tali prodotti dal punto di vista fiscale” (71,1%), “incentivare tali prodotti dal punto di vista regolamentare” (59,8%).

Nel campione utilizzato, il 66% degli utilizzatori ha dichiarato di aver smesso di fumare completamente. Il fenomeno della doppia utilizzazione si rivela limitato solo al 6%. Sono dati confortanti che presumo siano la conseguenza dell’ottimale accoppiamento consumatore – prodotto, tipica della popolazione oggetto dell’intervista – ha aggiunto il prof. Polosa -. Molti degli svapatori inoltre dichiarano di affidarsi al proprio medico di base per i problemi legati al tabagismo ed è di ieri la notizia che anche l’Australia, adeguandosi alle politiche sanitarie del Regno Unito, nonostante una storica ostilità, ha inserito le ecig nell’elenco degli strumenti che i medici possono consigliare per aiutare coloro che non riescono a smettere. Non è mai troppo tardi. Questa potrebbe essere una buona occasione anche per le nostre autoritá sanitarie di guardare con rinnovato ottimismo a queste tecnologie per essere vincenti nel contrasto al tabagismo e per dare il via a una straordinaria opportunitá di salute pubblica

Ecig in Australia: cambio di rotta epocale

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Il Royal Australian College of General Practitioners, l’associazione di medici più importante, da il via libera alla sigaretta elettronica nei percorsi di smoking cessation. Come si legge nelle loro nuove linee guida “Supporting smoking cessation: A guide for health professionals“: da ora in poi, i medici di base sono invitati a consigliarla.

“Si tratta di un cambio di rotta epocale” – ha commentato il prof. Riccardo Polosa

La terapia per smettere di fumare non cambierà, l’approccio farmacologico combinato alla terapia psicologica e comportamentale saranno ancora le strade prioritarie ma se non funzionano, il medico ha il dovere di consigliare l’utilizzo di sigarette elettroniche prescrivendo anche liquidi che possono aiutare i fumatori a smettere.

Ciò che sorprende in tutta la vicenda è che questo passaggio straordinario sia avvenuto proprio in un Paese che sino ad Agosto 2019 vietava la vendita di alcuni prodotti sul web e proprio pochi giorni fa ha approvato un aumento del costo delle sigarette di enorme portata.

E non solo, ricordiamo che LIAF nel 2015 aveva inviato, tramite il prof. Riccardo Polosa, un commento ufficiale al Senato australiano per rispondere alla consultazione pubblica avviata per valutare “l’impatto delle sigarette elettroniche sulla salute, sulla soddisfazione e le finanze degli utenti e dei non utenti”. Proprio in quella occasione, Polosa aveva sottolineato l’esistenza di numerose evidenze scientifiche a sostegno dell’utilizzo del prodotto.

Questo dimostra che anche le organizzazioni che si sono sempre dimostrate più ostili – ha aggiunto il fondatore del CoEHAR – grazie alla condivisione e alla partecipazione dei cittadini possono proporre politiche pubbliche condivise e utili ad avviare percorsi virtuosi e rivoluzionari“.

Fumare in Australia? Costerà caro!

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australia tasse sigarette

Le tasse sulle bionde sono in aumento in Australia: 50 dollari a pacchetto, circa 30 euro, mentre quelli più economici saranno a 29 dollari (18 euro).

Anche le persone che fumano tabacco si vedranno aumentare le tasse.

Il governo australiano da settembre 2020, infatti, varerà un ulteriore aumento del 12,5% sui prezzi delle sigarette, confermando così la volontà di combattere il tabagismo. Campagne, quelle anti-dipendenza da fumo, che vanno ormai avanti dal 2013.

Una strategia che vede per l’ottavo anno consecutivo un aumento, in un’ottica che pare funzionare. Stategia supportata anche dall’Oms, che ha stabilito che l’aumento dei prezzi è il modo più efficace per incoraggiare i fumatori a smettere, impedendo al contempo ai giovani di iniziare a fumare.

L’aumento del prezzo delle sigarette sarà affiancato anche da una massiccia campagna pubblicitaria e informativa sui danni del tabacco.

Il fumatore incallito,  quello da almeno un pacchetto al giorno, spenderà in media 10 mila dollari australiani l’anno.  

L’Australia guadagna così il primato nella classifica dei posti più cari dove acquistare sigarette, seguita al secondo posto dala Nuova Zelanda e al terzo dall’Irlanda.

Ma in Italia questa idea potrebbe funzionare?

Abbiamo chiesto a fumatori di ogni età “Cosa faresti se le sigarette costassero 30 euro?“, e queste sono state le loro risposte:

Martina, 23 anni studentessa: “Smetterei! Se no rimarrei al verde! Penso sia un buon deterrente per far fumare di meno le persone“.

Ilaria, 35 anni impiegata: “Prenderei in considerazione seriamente di smettere, perché il prezzo è assurdo. Da giovani si fuma per stare in compagnia ma alla mia età penso prima o poi che rinuncerò alla tanto amata/odiata sigaretta“.

Giovanni, 50 anni, manager: “Ancora tasse? Io le comprerei lo stesso, seppur facendo sacrifici, ma non bastano i divieti ormai in tutto? Se diventasse realtà, farei una scorta e andrei a vivere in un isola deserta, li si che potrei fumare in pace!“.

L’approccio “una soluzione per tutti i problemi” applicato alle ecig è fallimentare

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Il Prof. Riccardo Polosa ha alcuni consigli per la professoressa danese Charlotta Pisinger

Catania, giovedì 23 gennaio – La politica deve fare pace con la scienza. Il dibattito pubblico deve basarsi sui risultati ottenuti dalla ricerca scientifica. È fondamentale che i dati provenienti da centinaia di studi siano considerati come fonte principale per lo sviluppo e l’applicazione di politiche pubbliche internazionali.

L’ultima in termini di tempo a chiedere il bando delle sigarette elettroniche, ignorando le prove scientifiche a loro sostegno, è la professoressa Charlotta Pisinger dalla Danimarca che in settimana ha appunto richiesto un bando totale citando come esempio 43 altre nazioni durante un programma televisivo molto seguito in Islanda.

Partendo dal presupposto che agisca con buone intenzioni, la Pisinger è inconsapevole delle conseguenze di un possibile bando e delle misure durissime che sta proponendo” ha dichiarato il Prof. Riccardo Polosa direttore del Centro di Eccellenza per la Riduzione del Danno da Fumo (COEHAR, Università di Catania). 

Esiste anche una distinzione fondamentale da fare tra un bando relativo alla commercializzazione e un bando relativo all’utilizzo. Esistono infatti paesi dove tecnicamente la commercializzazione dei tali strumenti è illegale, ma non c’è alcun tipo di ritorsione legale per l’utilizzo. I bandi tendono a focalizzarsi sulle vendite più che sul possesso o l’utilizzo privato, che sono di loro natura meno passibili di divenire illegali (anche se ovviamente l’uso può essere limitato in aree determinate ed esiste sempre il pericolo che il possesso personale possa essere male interpretato o rappresentato come possesso con lo scopo di vendita” ha aggiunto Polosa.

Il rischio delle sigarette rispetto alle ecig generalmente è rappresentato nel range dal 90 al 95%. L’innovazione nel mondo del vaping probabilmente ridurrà ancora questa percentuale grazie ai progressi tecnologici. Non basarsi sulle prove scientifiche significa oggi non aiutare i giovani, che sfortunatamente hanno iniziato a fumare troppo presto, a smettere completamente.

Il consiglio del Dott. Polosa arriva in un momento in cui le voci più autorevoli si chiedono se le politiche decisionali in materia di sigaretta elettronica siano genuinamente o intenzionalmente ingenue. Una nuova ricerca pubblicata in Nuova Zelanda dalla famosa ricercatrice in materia di controllo delle politiche sul tabacco, il Dott. Marewa Glover, ha chiesto che la Danimarca smetta di impedire al Governo della Groenlandia (il governo Kalaallit Nunaat) di adottare un approccio basato sulla riduzione del danno per ridurre le percentuali sul fumo, oltre a permettere un accesso maggiore ai prodotti da svapo o allo snus. Come territorio autonomo danese, la Groenlandia è l’isola più vasta al mondo e con un’autonomia legislativa limitata.

Sottolineando che la popolazione Kalaalliat sperimenta una percentuale di danno maggiore proveniente la fumo, la Dottoressa Glover ha aggiunto “Kalaallit Nunaat non vede applicarsi modelli simili a Danimarca, Svezia, Islanda o Norvegia. La sua storia è unica, la popolazione ha una cultura propria e diversa da tutte le altre e il suo popolo ha ottenuto il diritto all’auto determinazione e sicuramente non necessitano di essere regolati dalle popolazioni scandinave che pensano di avere un approccio migliore”.

Gli studi del CoEHAR hanno dimostrato che anche i fumatori incalliti possono smettere grazie alle ecig. Soggetti con patologie particolari come diabete, pressione sanguigna elevata e schizofrenia sono riusciti a ridurre il danno causato da decenni di fumo grazie all’utilizzo di strumenti a basso rischio.

Per molti anni, il prof. Polosa e il suo team hanno chiesto a gran voce che le politiche sul vaping si basassero su prove scientifiche, specialmente concentrandosi sul concetto di riduzione del danno come passo necessario e primario per smettere di fumare.

Il silenzio sulle presunte morti collegate alle ecig negli USA e l’attenzione dei media che hanno attirato, comporta ulteriori considerazioni: le politiche decisionali non possono oscillare con la varietà degli orientamenti e delle decisioni della politica, specialmente nel campo della salute pubblica.

È ovvio che tutti debbano essere incoraggiati a smettere o switchare su una combinazione di prodotti che riduce il rischio- la frenesia mediatica e il bullismo politico non possono più essere un’alternativa” ha concluso Polosa.

La città di Milano vuole vietare il fumo all’aperto

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Il sindaco Beppe Sala avanza una proposta che sicuramente farà discutere. Nell’immediato, si intendono vietare le sigarette alle fermate dei mezzi pubblici. L’obiettivo comunque è di bandire il fumo nei luoghi aperti entro il 2030.

La lotta all’inquinamento non si basa solo su caldaie e traffico – ha spiegato Sala – non è giusto che altri debbano respirare il fumo di sigaretta, anche per strada. Sarà vietato fumare alle fermate di bus, tram, nelle file e presso gli uffici del comune. Dal 2030 invece stop alle sigarette in tutta la città.  La proposta andrà a marzo in consiglio comunale e vedremo se passerà”.

Il tutto inserito in un proposta di regolamento “aria-clima”, che pone il capoluogo lombardo in prima linea nella lotta al tabagismo.

In Italia è vietato fumare nei locali pubblici dal 2003 e sono tante le iniziative intraprese in molte città con lo scopo di tutelare bambini e anziani nello specifico.

Anche a Catania lo scorso Maggio, ricordiamo, insieme al CoEHAR e AMT (Azienda Metropolitana Trasporti) abbiamo lanciato la campagna di sensibilizzazione Io (sono) Astuto con cui abbiamo invitato tutti i cittadini a non fumare sotto le pensiline e nelle pertinenze delle fermate degli autobus. La campagna inoltre ha previsto anche la possibilità di richiedere una consulenza gratuita nel Centro Antifumo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania.

Se guardiamo poi ad altri stati nel mondo, notiamo realtà concrete, come Svezia e Nuova Zelanda, che anticipano il progetto Milano Smoke Free e dove ai fumatori sono destinate aree apposite e spazi ristretti. Negli Stati Uniti esistono già da tempo divieti in strada, spiagge e balconi, mentre dal 2017 è proibito l’utilizzo di qualsiasi strumento per il fumo, tranne che per  la sigaretta elettronica. Ma non finisce qui: la Francia dice no nei parchi pubblici e nelle aree giochi dei bambini, multe salatissime invece vengono inflitte in Australia e Giappone.

Grande attenzione dunque alla lotta contro il fumo, iniziando dalla qualità della vita in città, dove è stato quantificato che una sigaretta inquina dieci volte più di un’auto diesel e tre più di un tir.

Anche se si tratta di baggianate – ha commentato il prof. Polosa – non si tutela l’ambiente vietando il fumo di sigaretta convenzionale ma cercando di applicare politiche pubbliche ambizione e virtuose di sostenibilità e tutela dell’ecosistema. I fumatori sono soggetti che vanno aiutati a smettere, non pazienti da tenere relegati con divieti e bandi

La presa di posizione dell’OMS e il commento di Polosa: “e-cig servono a far smettere di fumare”

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E’ una nota ANSA di ieri sera a riportare il commento del prof. Riccardo Polosa sull’ultima pagina pubblicata sul sito dell’OMS.

ROMA, 22 GEN – “Ci risiamo! La OMS conferma la sua allergia per la sigaretta elettronica, e produce uno dei report più scadenti mai letti nella storia della riduzione del rischio. Praticamente tutte le affermazioni fatte dalla OMS sono inesatte e fuorvianti. E’ noto a tutti che non è la nicotina a causare il cancro ma il mix di sostanze cancerogene che si sprigionano durante il processo di combustione delle sigarette. E’ veramente deprimente rendersi conto che i soldi dei contribuenti vengano spesi così male.
Ribadisco che, per chi non riesce o non vuole smettere, le sigarette elettroniche rappresentano la soluzione meno dannosa per ridurre i danni da fumo. A testimoniarlo sono gli studi indipendenti provenienti da ogni parte del mondo e le testimonianze di migliaia di pazienti che afferiscono ai centri antifumo.
Sulle dichiarazioni dell’OMS, si precisa che proprio ieri, anche il CDC Centers for Disease Control and Prevention, ha eliminato la raccomandazione di astenersi dall’uso di sigarette elettroniche come annunciato dopo lo scoppio del caso EVALI che, sottolineo, in Europa non ha registrato nessun caso.
“. Così Riccardo Polosa, direttore del CoEHAR il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, in merito all’avvertimento lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sui rischi legati alle e-cig.

La presa di posizione dell’OMS
Le e-cig, si legge in un documento di domande e risposte pubblicato sul portale e rilanciato su twitter, “aumentano il rischio di malattie cardiache e disturbi polmonari”. Espongono, di seconda mano, anche i non fumatori “alla nicotina e ad altre sostanze chimiche dannose”. Inoltre, il liquido in esse contenuto “può bruciare la pelle e causare avvelenamento da nicotina se ingerito o assorbito”. Sono “particolarmente rischiose se usate dagli adolescenti”, poiché la nicotina in esse presenti crea “dipendenza nel cervello in via di sviluppo”.
E, d’altronde, tra i 15.000 aromi ve ne sono “molti progettati per attirare i giovani, come gomma da masticare e zucchero filato”. Quanto al fatto che passare allo svapo sia più sicuro rispetto alle bionde tradizionali “dipende dalla quantità di nicotina e di altre sostanze tossiche nei liquidi riscaldati”.
Per i consumatori di tabacco che vogliono smettere di fumare, precisa, “esistono altri prodotti collaudati, più sicuri e autorizzati, come cerotti sostitutivi della nicotina”. Ad oggi, le e-cig sono “vietate in oltre 30 paesi in tutto il mondo” e l’Oms raccomanda agli Stati di attuare misure volte a “interromperne la promozione”.
“L’avvertimento conferma cose che sapevamo, ma ci fa piacere che l’Oms abbia preso una posizione chiara e forte”, spiega Rino Agostiniani vicepresidente della Società Italiana di Pediatria (Sip) e direttore della Pediatria dell’Asl Toscana Centro. Le E-cig, come abbiamo più volte denunciato, “sono uno strumento nato per dissuadere gli adulti dal fumo ma che sta diventano uno strumento che sempre più spesso avvicina i giovani anche di 11-13 anni a potenziali situazioni di dipendenza, magari suscitando meno timore nei genitori”. E non è questo l’unico rischio. “Spesso – prosegue – soprattutto nei liquidi che non passano per il commercio ufficiale non c’è chiarezza su quanta nicotina ci sia, e la nicotina, nelle donne in gravidanza danneggia il feto perché peggiora gli scambi a livello placentare”.
Ma a spezzare una lancia in favore delle e-cig, è Fabio Beatrice, direttore del Dipartimento di Otorinolaringoiatria e Responsabile del Centro Anti Fumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino. “Per chi non riesce a smettere di fumare – spiega – lo switch al fumo digitale costituisce un vantaggio clinico a fronte delle assolute certezze sulla letale tossicità del fumo combusto”. E questo, afferma, è dimostrato da numerose evidenze scientifiche. “Andrebbero quindi separate – conclude- le politiche che tutelano i non fumatori e i giovani dalle politiche di aiuto ai fumatori”. (ANSA).

Riccardo Polosa il più citato secondo Plos Biology

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Un database di 100.000 scienziati viene reso pubblico, riportando le statistiche principali in ambito bibliometrico. Il prof. Polosa secondo questo nuovo studio è lo scienziato più degli citato degli atenei di Palermo, Messina e Catania.

L’articolo “A STANDARDIZED CITATION METRICS AUTHOR DATABASE ANNOTATED FOR SCIENTIFIC FIELD”, pubblicato dalla prestigiosa rivista Plos Biology rende pubblici i dati relativi all’impatto delle pubblicazioni scientifiche di 1.000.000 di ricercatori, in termini di rapporto tra citazioni, ricerche e impatto sulla carriera.

Ci scienziati vengono classificati in 22 campi scientifici e 126 sottocampi: questa classifica vanta ben 35 ricercatori e scienziati dell’Università di Catania, eccellenze che promuovono la scienza e la ricerca dell’Ateneo catanese in Europa e nel mondo.

Il Prof.Riccardo Polosa, direttore del COEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, non solo risulta essere lo scienziato più citato tra i ricercatori catanesi, ma anche tra quelli di Palermo e Messina.

Un riconoscimento non solo personale, sinonimo di una carriera dedicata alla ricerca scientifica, ma segno tangibile di un percorso di innovazione ed evoluzione che fa della ricerca nell’ambito della riduzione del rischio un punto di forza per il nostro Ateneo e che giustifica in pieno il ruolo del COEHAR e dei suoi ricercator” – così Riccardo Polosa ha commentato la notizia.

Questo articolo è presente anche in lingua inglese

Cosa serve per avviare un progetto di ricerca nell’ambito della Harm Reduction?

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daniela saitta project manager Ispm

Abbiamo intervistato Daniela Saitta, project manager di ISPM, per capire meglio cosa significa avviare un progetto di ricerca scientifica in ambito internazionale

Lo scopo della scuola ISPM del COEHAR, la cui prima edizione si è svolta a Taormina, è quella di formare project manager con riferimento specifico all’ambito della harm reduction. Ma cerchiamo di analizzare in maniera più approfondita quali sono le azioni necessarie per avviare un progetto di ricerca di questo genere

Daniela, parliamo degli aspetti fondamentali per far partire un valido progetto di ricerca:

Ovviamente, dobbiamo iniziare da ipotesi di ricerca chiare, concise e definite. Avere un progetto strutturato e fondato su una valida metodologia di ricerca garantirà un risultato migliore. Inoltre il responsabile del progetto deve avere metodologie di valutazione ben definite per lo stato di avanzamento dello studio, con risultati misurati e una valutazione del rischio efficace”.

Una condizione imprescindibile, aggiunge Daniela, è essere flessibili in termini di budget e piano di lavoro per meglio adattarsi all’evoluzione del progetto stesso.

Daniela e se invece parliamo di un progetto relativo all’harm reduction?

Come per ogni progetto di ricerca, bisogna informarsi sul background e sullo stato dell’arte, oltre ad effettuare una valutazione delle necessità in termini di risorse umane, attrezzature, materiali e budget. Ma essere coinvolti in un progetto di questo tipo significa anche relazionarsi con patners, finanziatori, sponsor e così via. Si deve cercare di fare networking e brainstorming con i collaboratori e tutte le altre parti interessate, per conciliare i bisogni e le necessità di tutti e redigere un progetto di studio efficace. Ma soprattutto serve un piano efficace di comunicazione”.

Polosa a Regulator Watch: “La prova certa è nelle testimonianze dei nostri pazienti”

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Intervistato in diretta Live da Brent Stafford su Regulator Watch, il professor Riccardo Polosa ha risposto a tutte le domande in merito alle notizie che in questi giorni si stanno diffondendo sui possibili danni causati dalle Ecig

Come sapete, a partire dall’estate 2019, le ecig sono entrate nell’occhio del ciclone: la diffusione di una patologia polmonare negli USA, la cosiddetta EVALI, ha creato un’ondata di panico le cui ripercussioni sono arrivate fino in Europa. 

Per Polosa, bisogna risalire al 2013, quando un gruppo di pazienti che avevano switchato da sigaretta convenzionale ad elettronica ha espresso timori sulle ripercussioni a lungo termine della loro scelta. 

Già allora sapevo che sarebbe stato difficile rispondere – ha detto Polosa – ma ci siamo riusciti in parte. Grazie ad uno recente studio che ha analizzato un gruppo di svapatori che non aveva mai fumato, e dopo 3 anni di continui follow up, abbiamo dimostrato che non un singolo paziente ha riscontrato danni o alterazioni nella spirometria o variazioni riscontrabili con una TAC”.

  • E se invece parliamo di nicotina possiamo cosa possiamo affermare di certo? 

Non si muore per la nicotina ma per il catrame e non ci sono prove che sia la nicotina a causare il cancro. Noi sappiamo solo che svapare nicotina può creare una accelerazione del battito cardiaco, soprattutto se assunta in dosi elevate ma questo non ha mai ucciso nessuno”.

  • Come commenta il caso EVALI in USA?

Non un singolo caso è stato riscontrato quest’estate in Europa. La ragione è molto semplice: in USA, sostanze che normalmente non dovrebbero essere presenti nei liquidi hanno alterato l’equilibrio delle sostanze tensioattive che mantengono aperti gli alveoli polmonari. Il risultato? Un collasso immediato degli alveoli che non riescono più a scambiare gas e sostanze necessari per il corretto funzionamento dei polmoni”.

Una situazione, peraltro, degenerata a causa dell’atteggiamento sensazionalistico dei media americani e della autorità preposte.

Quello che mi sconcerta – ha continuato Polosa – è stato l’atteggiamento delle autorità di salute pubblica americana. Un esempio? Quando finalmente il CDC si è deciso a rilasciare le informazioni sulle reali cause della EVALI hanno aspettato il venerdì prima delle vacanze invernali per comunicarlo. Avrebbero dovuto rilasciare informazioni prima e con un target ben determinato”.

In Europa il caso EVALI ha generato un ritorno di immagine negativo: le persone hanno iniziato ad essere spaventate, traducendosi in una inflessione negativa nel mercato del vaping.

È stato curioso assistere ai tentativi di trovare casi simili in Europa, per alimentare una sorta di paura globale. Effettivamente l’unico caso di EVALI rilevata in Europa è stato un cittadino americano che volava sul continente”. 

Cosa possiamo concludere ad oggi?

La prova più forte la vediamo nei nostri pazienti che passano alle elettroniche e nelle loro testimonianze di una qualità di vita migliorata e di una riscoperta sensazione di benessere generale“.