mercoledì, Novembre 5, 2025
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Instagram e Vaping: un’arma a doppio taglio

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vaping e instagram

Secondo un nuovo studio, primo nel suo genere, e pubblicato di recente su Frontiers in Communication, gli hashtag positivi sul vaping stanno in un rapporto di 10.000 a 1 rispetto a quelli dichiaratamente contro.

Per arrivare a questo risultato, gli studiosi hanno analizzato più di 200.000 post su Instagram rilevando una netta posizione positiva nei confronti dello strumento, sebbene le indicazioni che arrivano dalle testate giornalistiche di tutto il mondo siano nettamente contrarie. 

Nel frattempo, a discapito di quanto testimoniato da milioni di utilizzatori, Instagram e facebook in un comunicato societario di poche settimane fa, inquadrano le sigarette elettroniche al pari delle armi. “In quest’ottica – si leggeva già a dicembre – non saranno consentiti contenuti brandizzati che promuovono prodotti a base e per il consumo di tabacco e armi. Le normative pubblicitarie di Instagram vietano da tempo la pubblicità di questi prodotti, e verranno applicate nelle prossime settimane”. 

Insomma: le armi uccidono, le sigarette convenzionali uccidono, le sigarette elettroniche riducono i danni delle seconde e salvano vite ma vengono comunque considerate al pari delle prime. C’è qualcosa che non quadra. 

E ciononostante, per artisti, influencer e personaggi famosi la sigarette elettronica è considerata un arma. E sebbene essa sia ormai una vera tendenza che spopola sui canali social come instagram e youtube, non sarà più possibile farla vedere. 

La preoccupazione dei vertici di Facebook è di certo legata al pericolo reale di un utilizzo ingiustificato da parte dei minori. Il binomio infatti tra l’utilizzo della sigaretta elettronica e la popolarità dei personaggi famosi, crea una fascinazione sopratutto sui soggetti più giovani, in linea teorica la fascia di età che più dovrebbe essere salvaguardata e avvertita dei pericoli connessi all’utilizzo di prodotti contenenti nicotina. 

Una necessità che presenta una caratterizzazione duale: da una lato la diffusione della sigarette elettronica potrebbe essere uno dei metodi più efficaci per aiutare coloro che vogliono abbandonare del tutto la sigaretta convenzionale, dall’altra invece la pubblicizzazione di tali prodotti su canali dove il controllo dell’audience e il messaggio veicolato non sono facilmente impostabili crea il fenomeno opposto, ledendo le categorie più a rischio.

I ricercatori della UC Berkeley Center for Integrative Research on Childhood Leukemia and the Environment (CIRCLE) hanno analizzato i post su Instagram, identificato come il canale maggiormente utilizzato per sponsorizzare tali prodotti, intervistando 5 influencer legati al mondo del vaping e 8 ragazzi in età da college utilizzatori dei social media.

I post studiati sono stati messi a confronto con quelli della campagna lanciata nel 2018 dall’FDA THE REAL COST: i primi ricevono in media un numero di like tre volte maggiore rispetto a quelli della campagna di sensibilizzazione. I partecipanti del focus group hanno inoltre sottolineato come i post dell’FDA “spaventino” invece che offrire soluzioni su come abbandonare del tutto lo svapo. 

Speriamo che questi risultati informino gli enti di salute pubblica sui canali più popolari usati dagli influencer dello svapo per promuovere contenuti sui tali prodotti soprattutto tra i più giovani per cercare di contrastare il marketing delle ecig e fermarne la proliferazione”, ha dichiarato Julia Vassey, autrice dello studio.

A rinforzare la stretta ci pensa l’Autorità internazionale che regolamenta la pubblicità su instagram: una tirata d’orecchie ad alcune aziende del settore, quali la British American Tobacco, Ama Vape, Attitude Vapes e Global Vaping Group, accusate della promozione di prodotti contenenti nicotina e dell’utilizzo nelle loro campagne di modelli sotto il limite dei 25 anni di età.

Una denuncia, secondo loro, resa necessaria dai numerosi casi di ragazzi ammalatisi dopo aver svapato prodotti illegali, non da quelli commercializzati dalle aziende in questione. 

Polemica che evidenzia però una lacuna nel settore della sanità pubblica: le sigarette elettroniche devono essere vietate ai minori, e gli stessi devono essere tutelati da campagne di marketing aggressive nei loro confronti. 

Ma accanto alle campagne contro le ecig non sarebbe il caso che le organizzazioni internazionali iniziassero ad investire seriamente sulle campagne antifumo? In Italia, ricordiamo, che l’ultimo report del Ministero della Salute ha evidenziato che gli adolescenti iniziano a fumare già a 11 anni nelle scuole medie.

Chiara Nobis e Valeria Nicolosi

World Cancer Day: smetti di fumare!

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In occasione del World Cancer Day (giornata mondiale contro il cancro giunta oggi alla sua ventesima edizione), l’OMS ci tiene a ricordare che condurre uno stile di vita sano è fondamentale. L’unione internazionale contro il cancro (UICC) invita ogni anno, il 4 febbraio, a un importante momento di riflessione e sensibilizzazione ma soprattutto ad aiutare la ricerca. 

Combattere i tumori è possibile. Ma in che modo?

Il fumo è la causa principale del cancro. Smettere di fumare dovrebbe essere la prima regola da seguire.

L’oncologia nazionale, per esempio, ha più volte concentrato il proprio focus sull’utilizzo delle sigarette elettroniche. Le sigarette elettroniche vengono oggi considerate come uno strumento alternativo che limita i danni del fumo.

“Se il fumare è una delle cause del cancro, svapare no” – e questo lo ha più volte sostenuto anche il prof. Riccardo Polosa.

Le sigarette convenzionali vengono considerate come più nocive rispetto alle sigarette elettroniche, ma secondo le indagini effettuate durante l’anno 2019, non tutti i consumatori di sigarette elettroniche hanno abbandonato definitivamente le sigarette tradizionali.

Le terribili sostanze che si sprigionano durante la combustione delle bionde sono possono essere la causa primaria del cancro.

Riccardo Polosa, fondatore del Centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo dell’Università degli Studi di Catania (Coehar), afferma che: “Le nuove tecnologie senza combustione a contenuto di nicotina aiutano i fumatori a smettere di fumare. Il 66% degli utilizzatori ha dichiarato di aver smesso di fumare completamente. Il fenomeno della doppia utilizzazione si rivela limitato solo al 6%. Ma anche su questo stiamo lavorando”.

Leggi anche: La sigaretta elettronica non fa venire il cancro


La rivoluzione del vaping in Australia: l’intervista al Dott. Colin Mendelsohn

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colin mendelsohn

La scorsa settimana, il Royal Australian College of General Practiotioners ha pubblicato le nuove linee guida in materia di smoking cessation, permettendo ai medici di base di consigliare l’utilizzo delle ecig a coloro che sono intenzionati a smettere di fumare.

In tutto il mondo, un fumatore che vuole ricevere consigli su come smettere di fumare si rivolge al proprio medico di famiglia. E questo succede ovunque. Per quanto riguarda l’Australia, l’utilizzo delle ecig comporterebbe portare una ventata di aria fresca nei percorsi di smoking cessation, migliorando al contempo le condizioni di salute pubblica, se fosse concesso ai fumatori di accedere facilmente e legalmente a una serie di prodotti approvati e regolamentati.

Ora le cose sono cambiate e sono state pubblicate nuove linee guida. Abbiamo intervistato il Dott. Colin Mendelsohn, fondatore della Australian Tobacco Harm Reduction Association e membro dell’Expert Advisory Group che sviluppa le linee guida in materia di smoking cessation in Australia.

Colin Mendelsohn, qual è stata l’evoluzione dei programmi di smoking cessation in Australia? Quali sono le attuali statistiche che riguardano il fumo?

L’Australia è stata per anni una delle nazioni più restrittive in materia di regolamentazione del tabacco, con confezioni non vistose e il prezzo delle sigarette più alto nel mondo. Un pacchetto di Marlboro costa 30 dollari australiani contro i 9 dollari australiani di uno in Italia (tasso di conversione euro-dollaro attuale). Dal 1991 al 2013 i tassi di fumatori sono quasi dimezzati.

Nonostante ciò, dal 2013 le cose sono cambiate davvero poco. Le ultime statistiche parlano del 15.2% di fumatori adulti e il fumo è ad oggi ancora la principale causa di morte e di malattia prevenibile in Australia con oltre 21.000 fumatori morti ogni anno.

Le strategie tradizionali per contrastare la diffusione del fumo non stanno funzionando e necessitiamo di metodi efficaci e innovativi per dare un supporto ai metodi di smoking cessation tradizionali.

Il vaping è effettivamente bandito in Australia ed è un reato possedere liquidi contenti nicotina senza una prescrizione. Di conseguenza, le statiche sul vaping sono molto basse: solo l’1.2% di adulti sono infatti svapori.

Le statistiche sul fumo di altri paesi, dove il vaping è legale, ci dicono che i tassi sono in costante decrescita ed è dunque possibile supporre che il vaping in Australia potrebbe aiutare molte persone a smettere, secondo il nostro recente studio pubblicato su Drug and Alcohol Review.

Un’altra area che dovrebbe essere sviluppata è quella dell’assistenza professionale nei percorsi di smoking cessation. Le sovvenzioni e i fondi per aiutare i fumatori a smettere scarseggiano, nonostante sia uno degli interventi di salute pubblica più convenienti.

Come si è arrivati a sviluppare queste nuove linee guida nonostante l’ostilità mostrata nei confronti del vaping?

Il Royal Australian College of General Practitioners ha sviluppato le linee guida sulla smoking cessation, che sono fondamentalmente una guida basata su prove scientifiche che permette i professionisti del settore sanitario di aiutare i fumatori a smettere.

Le ultime linee guida sono state sviluppate da un vasto numero di esperti del settore. Inizialmente, è stata condotta una meta-analisi per determinare l’efficacia del vaping. Successivamente, i membri del comitato hanno votato sulle varie raccomandazioni contenute nelle linee guida.

Il risultato finale è stato che le linee guida attuali consigliano l’utilizzo del vaping per i fumatori che non sono riusciti a smettere con i programmi tradizionali e che si sono rivolti a professionisti per ricevere ulteriori informazioni. Il consenso informato è fondamentale e i fumatori devono sapere che i prodotti non sono regolamentati, che i rischi a lungo termine sono ancora sconosciuti e di evitare il doppio uso.

Le linee guida così concepite sono state una sorpresa per molte persone in quanto gli organi di salute pubblica australiano e le associazioni di professionisti sono generalmente concordi nel contrastare la diffusione del vaping. Le nuove linee guida rappresentano un passo fondamentale nella lotta per la legalizzazione del vaping in Australia.

Quali sono i passi necessari per contrastare il fenomeno del fumo?

Le strategie per ridurre il fumo sono conosciute e sottolineate nel Framework Convention on Tobacco Control, che essenzialmente riguarda:

  • strategie per ridurre la domanda di prodotti a base di tabacco (aumentando tasse, campagne di sensibilizzazione sui mass media, bandendo la pubblicità, garantendo zone smoke-free, implementando i trattamenti per aiutare i fumatori a smettere)
  • strategie per ridurre le forniture di prodotti da fumo (riducendo il numero di rivenditori, non garantendo l’accesso alla compravendita ai più giovani)
  • strategie per ridurre il danno per chi continua a fumare, con prodotti più sicuri a base di nicotina, come il vaping, lo snuss e i prodotti a tabacco riscaldato

Qual è la sua opinione sule ultime dichiarazioni dell’OMS in materia di ecig?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente pubblicato sul vaping un Q&A. Un documento vergognoso pieno di informazioni false e fuorvianti che riflette il pregiudizio dell’OMS e la sua determinazione e ostracizzare il vaping, nonostante prove scientifiche ne evidenzino l’efficacia.

Clive Bates ha redatto un’analisi eccezionale di questo documento, mentre esperti inglesi ne hanno aspramente criticato il contenuto al Science Media Center.

Il pregiudizio nei confronti del vaping da parte dell’OMS è stato chiaro fino a un certo punto, ma ad oggi se parliamo di vaping l’OMS ha perso di credibilità .

Di questo articolo si può leggere anche la versione inglese.

Smetti di fumare: rigenera le tue cellule.

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Peter Campbell ricercatore del Wellcome Trust Sanger ha condotto uno studio e ha dimostrato che le cellulare polmonari degli ex fumatori possono migliorare se si smette di fumare.

Lo studio pubblicato sulla rivista Nature ha dimostrato grazie a un gruppo di ricercatori qualificati che nei polmoni degli ex fumatori possono esserci (una volta persa l’abitudine del fumo) delle cellule sane.

Nello specifico in cosa consiste lo studio dell’Istituto Wellcome Trust Sanger ad Hinxton (Gran Bretagna)?

Peter Campbell, guidando il gruppo di ricercatori della sua indagine, ha messo a confronto le provette di DNA di: fumatori, ex fumatori e non fumatori. Il risultato è stato che i bronchi dei fumatori presentano dei difetti genetici ma in numero variabile (da mille a dieci mila per cellula), le cellule degli ex fumatori, invece, presentano solo una porzione di tali difetti genetici.

Questo cosa significa? E com’è possibile?

Quello che si verifica negli ex fumatori è la rigenerazione del tessuto polmonare. Un processo di rinascita delle cellule sane che sostituiscono quelle danneggiate dal fumo.

A tal proposito ricordiamo che numerosi studi che hanno dimostrato che smette di fumare, grazie all’utilizzo della sigaretta elettronica riduce il rischio di cancro ai polmoni di 50.000 volte.

Eurispes: il 66% dei fumatori smette con le ecig

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Il dato Eurispes rispecchia per grandi linee quanto giá accade da anni nei nostri centri antifumo. Nonostante l’allarmismo diffuso anche dalle organizzazioni sanitarie più blasonate, resta confermato il fatto che le nuove tecnologie senza combustione a contenuto di nicotina aiutano i fumatori a smettere di fumare– così il prof. Riccardo Polosa, fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania (CoEHAR), ha appena commentato i dati diffusi dal Rapporto Eurispes “Fumo: nuovi prodotti e riduzione del danno” presentato oggi a Roma.

L’indagine, che ha coinvolto 1.135 fumatori italiani, ha sondato le abitudini e le opinioni dei tabagisti in relazione al fumo, al suo impatto sulla salute, allo sviluppo e alla diffusione dei prodotti alternativi a quelli tradizionali. Le persone intervistate sono nel 53,7% fumatori da più di 10 anni. Circa la metà consuma più di 10 sigarette al giorno, il 15,2% oltre 20, il 33% da 11 a 20. Interpellato rispetto al desiderio di smettere di fumare, solo il 9% afferma di volerlo fare entro sei mesi; il 18,3% non ha alcuna intenzione di abbandonare il ‘vizio’; il 26,6% “dovrebbe ma non vuole”; il 28,5% “dovrebbe ma non crede di riuscire”; il 17,6% “vorrebbe ma non in tempi brevi”. Tuttavia – sottolineano gli esperti Eurispes – dall’indagine emergono “una forte volontà e la necessità di essere informati sulle possibili conseguenze del fumo“.

Alla domanda: “Se fosse scientificamente provato che esistono prodotti del tabacco meno dannosi rispetto a quelli tradizionali, vorrebbe esserne a conoscenza?”, l’82,8% ha risposto positivamente. La maggioranza dei fumatori, inoltre, sarebbe disposta a cambiare prodotto abituale a favore di uno meno nocivo per la salute: il 17,8% lo farebbe “sicuramente”, il 43,9% “probabilmente”, mentre non sarebbe “sicuramente disposto” uno su dieci e non lo sarebbe “probabilmente” il 28,5%.

Eurispes ha inoltre sondato le opinioni degli italiani rispetto al ruolo che dovrebbe avere lo Stato. Gli intervistati affermano che, nel caso in cui fosse provato scientificamente che esistono prodotti meno dannosi rispetto a quelli tradizionali del tabacco, lo Stato “dovrebbe permettere che i cittadini siano informati” (86,7%), “mettere in atto direttamente specifiche campagne di informazione” (77,6%), “incentivare tali prodotti dal punto di vista fiscale” (71,1%), “incentivare tali prodotti dal punto di vista regolamentare” (59,8%).

Nel campione utilizzato, il 66% degli utilizzatori ha dichiarato di aver smesso di fumare completamente. Il fenomeno della doppia utilizzazione si rivela limitato solo al 6%. Sono dati confortanti che presumo siano la conseguenza dell’ottimale accoppiamento consumatore – prodotto, tipica della popolazione oggetto dell’intervista – ha aggiunto il prof. Polosa -. Molti degli svapatori inoltre dichiarano di affidarsi al proprio medico di base per i problemi legati al tabagismo ed è di ieri la notizia che anche l’Australia, adeguandosi alle politiche sanitarie del Regno Unito, nonostante una storica ostilità, ha inserito le ecig nell’elenco degli strumenti che i medici possono consigliare per aiutare coloro che non riescono a smettere. Non è mai troppo tardi. Questa potrebbe essere una buona occasione anche per le nostre autoritá sanitarie di guardare con rinnovato ottimismo a queste tecnologie per essere vincenti nel contrasto al tabagismo e per dare il via a una straordinaria opportunitá di salute pubblica

Ecig in Australia: cambio di rotta epocale

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Il Royal Australian College of General Practitioners, l’associazione di medici più importante, da il via libera alla sigaretta elettronica nei percorsi di smoking cessation. Come si legge nelle loro nuove linee guida “Supporting smoking cessation: A guide for health professionals“: da ora in poi, i medici di base sono invitati a consigliarla.

“Si tratta di un cambio di rotta epocale” – ha commentato il prof. Riccardo Polosa

La terapia per smettere di fumare non cambierà, l’approccio farmacologico combinato alla terapia psicologica e comportamentale saranno ancora le strade prioritarie ma se non funzionano, il medico ha il dovere di consigliare l’utilizzo di sigarette elettroniche prescrivendo anche liquidi che possono aiutare i fumatori a smettere.

Ciò che sorprende in tutta la vicenda è che questo passaggio straordinario sia avvenuto proprio in un Paese che sino ad Agosto 2019 vietava la vendita di alcuni prodotti sul web e proprio pochi giorni fa ha approvato un aumento del costo delle sigarette di enorme portata.

E non solo, ricordiamo che LIAF nel 2015 aveva inviato, tramite il prof. Riccardo Polosa, un commento ufficiale al Senato australiano per rispondere alla consultazione pubblica avviata per valutare “l’impatto delle sigarette elettroniche sulla salute, sulla soddisfazione e le finanze degli utenti e dei non utenti”. Proprio in quella occasione, Polosa aveva sottolineato l’esistenza di numerose evidenze scientifiche a sostegno dell’utilizzo del prodotto.

Questo dimostra che anche le organizzazioni che si sono sempre dimostrate più ostili – ha aggiunto il fondatore del CoEHAR – grazie alla condivisione e alla partecipazione dei cittadini possono proporre politiche pubbliche condivise e utili ad avviare percorsi virtuosi e rivoluzionari“.

Fumare in Australia? Costerà caro!

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australia tasse sigarette

Le tasse sulle bionde sono in aumento in Australia: 50 dollari a pacchetto, circa 30 euro, mentre quelli più economici saranno a 29 dollari (18 euro).

Anche le persone che fumano tabacco si vedranno aumentare le tasse.

Il governo australiano da settembre 2020, infatti, varerà un ulteriore aumento del 12,5% sui prezzi delle sigarette, confermando così la volontà di combattere il tabagismo. Campagne, quelle anti-dipendenza da fumo, che vanno ormai avanti dal 2013.

Una strategia che vede per l’ottavo anno consecutivo un aumento, in un’ottica che pare funzionare. Stategia supportata anche dall’Oms, che ha stabilito che l’aumento dei prezzi è il modo più efficace per incoraggiare i fumatori a smettere, impedendo al contempo ai giovani di iniziare a fumare.

L’aumento del prezzo delle sigarette sarà affiancato anche da una massiccia campagna pubblicitaria e informativa sui danni del tabacco.

Il fumatore incallito,  quello da almeno un pacchetto al giorno, spenderà in media 10 mila dollari australiani l’anno.  

L’Australia guadagna così il primato nella classifica dei posti più cari dove acquistare sigarette, seguita al secondo posto dala Nuova Zelanda e al terzo dall’Irlanda.

Ma in Italia questa idea potrebbe funzionare?

Abbiamo chiesto a fumatori di ogni età “Cosa faresti se le sigarette costassero 30 euro?“, e queste sono state le loro risposte:

Martina, 23 anni studentessa: “Smetterei! Se no rimarrei al verde! Penso sia un buon deterrente per far fumare di meno le persone“.

Ilaria, 35 anni impiegata: “Prenderei in considerazione seriamente di smettere, perché il prezzo è assurdo. Da giovani si fuma per stare in compagnia ma alla mia età penso prima o poi che rinuncerò alla tanto amata/odiata sigaretta“.

Giovanni, 50 anni, manager: “Ancora tasse? Io le comprerei lo stesso, seppur facendo sacrifici, ma non bastano i divieti ormai in tutto? Se diventasse realtà, farei una scorta e andrei a vivere in un isola deserta, li si che potrei fumare in pace!“.

L’approccio “una soluzione per tutti i problemi” applicato alle ecig è fallimentare

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Il Prof. Riccardo Polosa ha alcuni consigli per la professoressa danese Charlotta Pisinger

Catania, giovedì 23 gennaio – La politica deve fare pace con la scienza. Il dibattito pubblico deve basarsi sui risultati ottenuti dalla ricerca scientifica. È fondamentale che i dati provenienti da centinaia di studi siano considerati come fonte principale per lo sviluppo e l’applicazione di politiche pubbliche internazionali.

L’ultima in termini di tempo a chiedere il bando delle sigarette elettroniche, ignorando le prove scientifiche a loro sostegno, è la professoressa Charlotta Pisinger dalla Danimarca che in settimana ha appunto richiesto un bando totale citando come esempio 43 altre nazioni durante un programma televisivo molto seguito in Islanda.

Partendo dal presupposto che agisca con buone intenzioni, la Pisinger è inconsapevole delle conseguenze di un possibile bando e delle misure durissime che sta proponendo” ha dichiarato il Prof. Riccardo Polosa direttore del Centro di Eccellenza per la Riduzione del Danno da Fumo (COEHAR, Università di Catania). 

Esiste anche una distinzione fondamentale da fare tra un bando relativo alla commercializzazione e un bando relativo all’utilizzo. Esistono infatti paesi dove tecnicamente la commercializzazione dei tali strumenti è illegale, ma non c’è alcun tipo di ritorsione legale per l’utilizzo. I bandi tendono a focalizzarsi sulle vendite più che sul possesso o l’utilizzo privato, che sono di loro natura meno passibili di divenire illegali (anche se ovviamente l’uso può essere limitato in aree determinate ed esiste sempre il pericolo che il possesso personale possa essere male interpretato o rappresentato come possesso con lo scopo di vendita” ha aggiunto Polosa.

Il rischio delle sigarette rispetto alle ecig generalmente è rappresentato nel range dal 90 al 95%. L’innovazione nel mondo del vaping probabilmente ridurrà ancora questa percentuale grazie ai progressi tecnologici. Non basarsi sulle prove scientifiche significa oggi non aiutare i giovani, che sfortunatamente hanno iniziato a fumare troppo presto, a smettere completamente.

Il consiglio del Dott. Polosa arriva in un momento in cui le voci più autorevoli si chiedono se le politiche decisionali in materia di sigaretta elettronica siano genuinamente o intenzionalmente ingenue. Una nuova ricerca pubblicata in Nuova Zelanda dalla famosa ricercatrice in materia di controllo delle politiche sul tabacco, il Dott. Marewa Glover, ha chiesto che la Danimarca smetta di impedire al Governo della Groenlandia (il governo Kalaallit Nunaat) di adottare un approccio basato sulla riduzione del danno per ridurre le percentuali sul fumo, oltre a permettere un accesso maggiore ai prodotti da svapo o allo snus. Come territorio autonomo danese, la Groenlandia è l’isola più vasta al mondo e con un’autonomia legislativa limitata.

Sottolineando che la popolazione Kalaalliat sperimenta una percentuale di danno maggiore proveniente la fumo, la Dottoressa Glover ha aggiunto “Kalaallit Nunaat non vede applicarsi modelli simili a Danimarca, Svezia, Islanda o Norvegia. La sua storia è unica, la popolazione ha una cultura propria e diversa da tutte le altre e il suo popolo ha ottenuto il diritto all’auto determinazione e sicuramente non necessitano di essere regolati dalle popolazioni scandinave che pensano di avere un approccio migliore”.

Gli studi del CoEHAR hanno dimostrato che anche i fumatori incalliti possono smettere grazie alle ecig. Soggetti con patologie particolari come diabete, pressione sanguigna elevata e schizofrenia sono riusciti a ridurre il danno causato da decenni di fumo grazie all’utilizzo di strumenti a basso rischio.

Per molti anni, il prof. Polosa e il suo team hanno chiesto a gran voce che le politiche sul vaping si basassero su prove scientifiche, specialmente concentrandosi sul concetto di riduzione del danno come passo necessario e primario per smettere di fumare.

Il silenzio sulle presunte morti collegate alle ecig negli USA e l’attenzione dei media che hanno attirato, comporta ulteriori considerazioni: le politiche decisionali non possono oscillare con la varietà degli orientamenti e delle decisioni della politica, specialmente nel campo della salute pubblica.

È ovvio che tutti debbano essere incoraggiati a smettere o switchare su una combinazione di prodotti che riduce il rischio- la frenesia mediatica e il bullismo politico non possono più essere un’alternativa” ha concluso Polosa.

La città di Milano vuole vietare il fumo all’aperto

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Il sindaco Beppe Sala avanza una proposta che sicuramente farà discutere. Nell’immediato, si intendono vietare le sigarette alle fermate dei mezzi pubblici. L’obiettivo comunque è di bandire il fumo nei luoghi aperti entro il 2030.

La lotta all’inquinamento non si basa solo su caldaie e traffico – ha spiegato Sala – non è giusto che altri debbano respirare il fumo di sigaretta, anche per strada. Sarà vietato fumare alle fermate di bus, tram, nelle file e presso gli uffici del comune. Dal 2030 invece stop alle sigarette in tutta la città.  La proposta andrà a marzo in consiglio comunale e vedremo se passerà”.

Il tutto inserito in un proposta di regolamento “aria-clima”, che pone il capoluogo lombardo in prima linea nella lotta al tabagismo.

In Italia è vietato fumare nei locali pubblici dal 2003 e sono tante le iniziative intraprese in molte città con lo scopo di tutelare bambini e anziani nello specifico.

Anche a Catania lo scorso Maggio, ricordiamo, insieme al CoEHAR e AMT (Azienda Metropolitana Trasporti) abbiamo lanciato la campagna di sensibilizzazione Io (sono) Astuto con cui abbiamo invitato tutti i cittadini a non fumare sotto le pensiline e nelle pertinenze delle fermate degli autobus. La campagna inoltre ha previsto anche la possibilità di richiedere una consulenza gratuita nel Centro Antifumo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania.

Se guardiamo poi ad altri stati nel mondo, notiamo realtà concrete, come Svezia e Nuova Zelanda, che anticipano il progetto Milano Smoke Free e dove ai fumatori sono destinate aree apposite e spazi ristretti. Negli Stati Uniti esistono già da tempo divieti in strada, spiagge e balconi, mentre dal 2017 è proibito l’utilizzo di qualsiasi strumento per il fumo, tranne che per  la sigaretta elettronica. Ma non finisce qui: la Francia dice no nei parchi pubblici e nelle aree giochi dei bambini, multe salatissime invece vengono inflitte in Australia e Giappone.

Grande attenzione dunque alla lotta contro il fumo, iniziando dalla qualità della vita in città, dove è stato quantificato che una sigaretta inquina dieci volte più di un’auto diesel e tre più di un tir.

Anche se si tratta di baggianate – ha commentato il prof. Polosa – non si tutela l’ambiente vietando il fumo di sigaretta convenzionale ma cercando di applicare politiche pubbliche ambizione e virtuose di sostenibilità e tutela dell’ecosistema. I fumatori sono soggetti che vanno aiutati a smettere, non pazienti da tenere relegati con divieti e bandi

La presa di posizione dell’OMS e il commento di Polosa: “e-cig servono a far smettere di fumare”

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E’ una nota ANSA di ieri sera a riportare il commento del prof. Riccardo Polosa sull’ultima pagina pubblicata sul sito dell’OMS.

ROMA, 22 GEN – “Ci risiamo! La OMS conferma la sua allergia per la sigaretta elettronica, e produce uno dei report più scadenti mai letti nella storia della riduzione del rischio. Praticamente tutte le affermazioni fatte dalla OMS sono inesatte e fuorvianti. E’ noto a tutti che non è la nicotina a causare il cancro ma il mix di sostanze cancerogene che si sprigionano durante il processo di combustione delle sigarette. E’ veramente deprimente rendersi conto che i soldi dei contribuenti vengano spesi così male.
Ribadisco che, per chi non riesce o non vuole smettere, le sigarette elettroniche rappresentano la soluzione meno dannosa per ridurre i danni da fumo. A testimoniarlo sono gli studi indipendenti provenienti da ogni parte del mondo e le testimonianze di migliaia di pazienti che afferiscono ai centri antifumo.
Sulle dichiarazioni dell’OMS, si precisa che proprio ieri, anche il CDC Centers for Disease Control and Prevention, ha eliminato la raccomandazione di astenersi dall’uso di sigarette elettroniche come annunciato dopo lo scoppio del caso EVALI che, sottolineo, in Europa non ha registrato nessun caso.
“. Così Riccardo Polosa, direttore del CoEHAR il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, in merito all’avvertimento lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sui rischi legati alle e-cig.

La presa di posizione dell’OMS
Le e-cig, si legge in un documento di domande e risposte pubblicato sul portale e rilanciato su twitter, “aumentano il rischio di malattie cardiache e disturbi polmonari”. Espongono, di seconda mano, anche i non fumatori “alla nicotina e ad altre sostanze chimiche dannose”. Inoltre, il liquido in esse contenuto “può bruciare la pelle e causare avvelenamento da nicotina se ingerito o assorbito”. Sono “particolarmente rischiose se usate dagli adolescenti”, poiché la nicotina in esse presenti crea “dipendenza nel cervello in via di sviluppo”.
E, d’altronde, tra i 15.000 aromi ve ne sono “molti progettati per attirare i giovani, come gomma da masticare e zucchero filato”. Quanto al fatto che passare allo svapo sia più sicuro rispetto alle bionde tradizionali “dipende dalla quantità di nicotina e di altre sostanze tossiche nei liquidi riscaldati”.
Per i consumatori di tabacco che vogliono smettere di fumare, precisa, “esistono altri prodotti collaudati, più sicuri e autorizzati, come cerotti sostitutivi della nicotina”. Ad oggi, le e-cig sono “vietate in oltre 30 paesi in tutto il mondo” e l’Oms raccomanda agli Stati di attuare misure volte a “interromperne la promozione”.
“L’avvertimento conferma cose che sapevamo, ma ci fa piacere che l’Oms abbia preso una posizione chiara e forte”, spiega Rino Agostiniani vicepresidente della Società Italiana di Pediatria (Sip) e direttore della Pediatria dell’Asl Toscana Centro. Le E-cig, come abbiamo più volte denunciato, “sono uno strumento nato per dissuadere gli adulti dal fumo ma che sta diventano uno strumento che sempre più spesso avvicina i giovani anche di 11-13 anni a potenziali situazioni di dipendenza, magari suscitando meno timore nei genitori”. E non è questo l’unico rischio. “Spesso – prosegue – soprattutto nei liquidi che non passano per il commercio ufficiale non c’è chiarezza su quanta nicotina ci sia, e la nicotina, nelle donne in gravidanza danneggia il feto perché peggiora gli scambi a livello placentare”.
Ma a spezzare una lancia in favore delle e-cig, è Fabio Beatrice, direttore del Dipartimento di Otorinolaringoiatria e Responsabile del Centro Anti Fumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino. “Per chi non riesce a smettere di fumare – spiega – lo switch al fumo digitale costituisce un vantaggio clinico a fronte delle assolute certezze sulla letale tossicità del fumo combusto”. E questo, afferma, è dimostrato da numerose evidenze scientifiche. “Andrebbero quindi separate – conclude- le politiche che tutelano i non fumatori e i giovani dalle politiche di aiuto ai fumatori”. (ANSA).