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L’approccio “una soluzione per tutti i problemi” applicato alle ecig è fallimentare

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Il Prof. Riccardo Polosa ha alcuni consigli per la professoressa danese Charlotta Pisinger

Catania, giovedì 23 gennaio – La politica deve fare pace con la scienza. Il dibattito pubblico deve basarsi sui risultati ottenuti dalla ricerca scientifica. È fondamentale che i dati provenienti da centinaia di studi siano considerati come fonte principale per lo sviluppo e l’applicazione di politiche pubbliche internazionali.

L’ultima in termini di tempo a chiedere il bando delle sigarette elettroniche, ignorando le prove scientifiche a loro sostegno, è la professoressa Charlotta Pisinger dalla Danimarca che in settimana ha appunto richiesto un bando totale citando come esempio 43 altre nazioni durante un programma televisivo molto seguito in Islanda.

Partendo dal presupposto che agisca con buone intenzioni, la Pisinger è inconsapevole delle conseguenze di un possibile bando e delle misure durissime che sta proponendo” ha dichiarato il Prof. Riccardo Polosa direttore del Centro di Eccellenza per la Riduzione del Danno da Fumo (COEHAR, Università di Catania). 

Esiste anche una distinzione fondamentale da fare tra un bando relativo alla commercializzazione e un bando relativo all’utilizzo. Esistono infatti paesi dove tecnicamente la commercializzazione dei tali strumenti è illegale, ma non c’è alcun tipo di ritorsione legale per l’utilizzo. I bandi tendono a focalizzarsi sulle vendite più che sul possesso o l’utilizzo privato, che sono di loro natura meno passibili di divenire illegali (anche se ovviamente l’uso può essere limitato in aree determinate ed esiste sempre il pericolo che il possesso personale possa essere male interpretato o rappresentato come possesso con lo scopo di vendita” ha aggiunto Polosa.

Il rischio delle sigarette rispetto alle ecig generalmente è rappresentato nel range dal 90 al 95%. L’innovazione nel mondo del vaping probabilmente ridurrà ancora questa percentuale grazie ai progressi tecnologici. Non basarsi sulle prove scientifiche significa oggi non aiutare i giovani, che sfortunatamente hanno iniziato a fumare troppo presto, a smettere completamente.

Il consiglio del Dott. Polosa arriva in un momento in cui le voci più autorevoli si chiedono se le politiche decisionali in materia di sigaretta elettronica siano genuinamente o intenzionalmente ingenue. Una nuova ricerca pubblicata in Nuova Zelanda dalla famosa ricercatrice in materia di controllo delle politiche sul tabacco, il Dott. Marewa Glover, ha chiesto che la Danimarca smetta di impedire al Governo della Groenlandia (il governo Kalaallit Nunaat) di adottare un approccio basato sulla riduzione del danno per ridurre le percentuali sul fumo, oltre a permettere un accesso maggiore ai prodotti da svapo o allo snus. Come territorio autonomo danese, la Groenlandia è l’isola più vasta al mondo e con un’autonomia legislativa limitata.

Sottolineando che la popolazione Kalaalliat sperimenta una percentuale di danno maggiore proveniente la fumo, la Dottoressa Glover ha aggiunto “Kalaallit Nunaat non vede applicarsi modelli simili a Danimarca, Svezia, Islanda o Norvegia. La sua storia è unica, la popolazione ha una cultura propria e diversa da tutte le altre e il suo popolo ha ottenuto il diritto all’auto determinazione e sicuramente non necessitano di essere regolati dalle popolazioni scandinave che pensano di avere un approccio migliore”.

Gli studi del CoEHAR hanno dimostrato che anche i fumatori incalliti possono smettere grazie alle ecig. Soggetti con patologie particolari come diabete, pressione sanguigna elevata e schizofrenia sono riusciti a ridurre il danno causato da decenni di fumo grazie all’utilizzo di strumenti a basso rischio.

Per molti anni, il prof. Polosa e il suo team hanno chiesto a gran voce che le politiche sul vaping si basassero su prove scientifiche, specialmente concentrandosi sul concetto di riduzione del danno come passo necessario e primario per smettere di fumare.

Il silenzio sulle presunte morti collegate alle ecig negli USA e l’attenzione dei media che hanno attirato, comporta ulteriori considerazioni: le politiche decisionali non possono oscillare con la varietà degli orientamenti e delle decisioni della politica, specialmente nel campo della salute pubblica.

È ovvio che tutti debbano essere incoraggiati a smettere o switchare su una combinazione di prodotti che riduce il rischio- la frenesia mediatica e il bullismo politico non possono più essere un’alternativa” ha concluso Polosa.

La città di Milano vuole vietare il fumo all’aperto

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Il sindaco Beppe Sala avanza una proposta che sicuramente farà discutere. Nell’immediato, si intendono vietare le sigarette alle fermate dei mezzi pubblici. L’obiettivo comunque è di bandire il fumo nei luoghi aperti entro il 2030.

La lotta all’inquinamento non si basa solo su caldaie e traffico – ha spiegato Sala – non è giusto che altri debbano respirare il fumo di sigaretta, anche per strada. Sarà vietato fumare alle fermate di bus, tram, nelle file e presso gli uffici del comune. Dal 2030 invece stop alle sigarette in tutta la città.  La proposta andrà a marzo in consiglio comunale e vedremo se passerà”.

Il tutto inserito in un proposta di regolamento “aria-clima”, che pone il capoluogo lombardo in prima linea nella lotta al tabagismo.

In Italia è vietato fumare nei locali pubblici dal 2003 e sono tante le iniziative intraprese in molte città con lo scopo di tutelare bambini e anziani nello specifico.

Anche a Catania lo scorso Maggio, ricordiamo, insieme al CoEHAR e AMT (Azienda Metropolitana Trasporti) abbiamo lanciato la campagna di sensibilizzazione Io (sono) Astuto con cui abbiamo invitato tutti i cittadini a non fumare sotto le pensiline e nelle pertinenze delle fermate degli autobus. La campagna inoltre ha previsto anche la possibilità di richiedere una consulenza gratuita nel Centro Antifumo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania.

Se guardiamo poi ad altri stati nel mondo, notiamo realtà concrete, come Svezia e Nuova Zelanda, che anticipano il progetto Milano Smoke Free e dove ai fumatori sono destinate aree apposite e spazi ristretti. Negli Stati Uniti esistono già da tempo divieti in strada, spiagge e balconi, mentre dal 2017 è proibito l’utilizzo di qualsiasi strumento per il fumo, tranne che per  la sigaretta elettronica. Ma non finisce qui: la Francia dice no nei parchi pubblici e nelle aree giochi dei bambini, multe salatissime invece vengono inflitte in Australia e Giappone.

Grande attenzione dunque alla lotta contro il fumo, iniziando dalla qualità della vita in città, dove è stato quantificato che una sigaretta inquina dieci volte più di un’auto diesel e tre più di un tir.

Anche se si tratta di baggianate – ha commentato il prof. Polosa – non si tutela l’ambiente vietando il fumo di sigaretta convenzionale ma cercando di applicare politiche pubbliche ambizione e virtuose di sostenibilità e tutela dell’ecosistema. I fumatori sono soggetti che vanno aiutati a smettere, non pazienti da tenere relegati con divieti e bandi

La presa di posizione dell’OMS e il commento di Polosa: “e-cig servono a far smettere di fumare”

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E’ una nota ANSA di ieri sera a riportare il commento del prof. Riccardo Polosa sull’ultima pagina pubblicata sul sito dell’OMS.

ROMA, 22 GEN – “Ci risiamo! La OMS conferma la sua allergia per la sigaretta elettronica, e produce uno dei report più scadenti mai letti nella storia della riduzione del rischio. Praticamente tutte le affermazioni fatte dalla OMS sono inesatte e fuorvianti. E’ noto a tutti che non è la nicotina a causare il cancro ma il mix di sostanze cancerogene che si sprigionano durante il processo di combustione delle sigarette. E’ veramente deprimente rendersi conto che i soldi dei contribuenti vengano spesi così male.
Ribadisco che, per chi non riesce o non vuole smettere, le sigarette elettroniche rappresentano la soluzione meno dannosa per ridurre i danni da fumo. A testimoniarlo sono gli studi indipendenti provenienti da ogni parte del mondo e le testimonianze di migliaia di pazienti che afferiscono ai centri antifumo.
Sulle dichiarazioni dell’OMS, si precisa che proprio ieri, anche il CDC Centers for Disease Control and Prevention, ha eliminato la raccomandazione di astenersi dall’uso di sigarette elettroniche come annunciato dopo lo scoppio del caso EVALI che, sottolineo, in Europa non ha registrato nessun caso.
“. Così Riccardo Polosa, direttore del CoEHAR il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università degli Studi di Catania, in merito all’avvertimento lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sui rischi legati alle e-cig.

La presa di posizione dell’OMS
Le e-cig, si legge in un documento di domande e risposte pubblicato sul portale e rilanciato su twitter, “aumentano il rischio di malattie cardiache e disturbi polmonari”. Espongono, di seconda mano, anche i non fumatori “alla nicotina e ad altre sostanze chimiche dannose”. Inoltre, il liquido in esse contenuto “può bruciare la pelle e causare avvelenamento da nicotina se ingerito o assorbito”. Sono “particolarmente rischiose se usate dagli adolescenti”, poiché la nicotina in esse presenti crea “dipendenza nel cervello in via di sviluppo”.
E, d’altronde, tra i 15.000 aromi ve ne sono “molti progettati per attirare i giovani, come gomma da masticare e zucchero filato”. Quanto al fatto che passare allo svapo sia più sicuro rispetto alle bionde tradizionali “dipende dalla quantità di nicotina e di altre sostanze tossiche nei liquidi riscaldati”.
Per i consumatori di tabacco che vogliono smettere di fumare, precisa, “esistono altri prodotti collaudati, più sicuri e autorizzati, come cerotti sostitutivi della nicotina”. Ad oggi, le e-cig sono “vietate in oltre 30 paesi in tutto il mondo” e l’Oms raccomanda agli Stati di attuare misure volte a “interromperne la promozione”.
“L’avvertimento conferma cose che sapevamo, ma ci fa piacere che l’Oms abbia preso una posizione chiara e forte”, spiega Rino Agostiniani vicepresidente della Società Italiana di Pediatria (Sip) e direttore della Pediatria dell’Asl Toscana Centro. Le E-cig, come abbiamo più volte denunciato, “sono uno strumento nato per dissuadere gli adulti dal fumo ma che sta diventano uno strumento che sempre più spesso avvicina i giovani anche di 11-13 anni a potenziali situazioni di dipendenza, magari suscitando meno timore nei genitori”. E non è questo l’unico rischio. “Spesso – prosegue – soprattutto nei liquidi che non passano per il commercio ufficiale non c’è chiarezza su quanta nicotina ci sia, e la nicotina, nelle donne in gravidanza danneggia il feto perché peggiora gli scambi a livello placentare”.
Ma a spezzare una lancia in favore delle e-cig, è Fabio Beatrice, direttore del Dipartimento di Otorinolaringoiatria e Responsabile del Centro Anti Fumo dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino. “Per chi non riesce a smettere di fumare – spiega – lo switch al fumo digitale costituisce un vantaggio clinico a fronte delle assolute certezze sulla letale tossicità del fumo combusto”. E questo, afferma, è dimostrato da numerose evidenze scientifiche. “Andrebbero quindi separate – conclude- le politiche che tutelano i non fumatori e i giovani dalle politiche di aiuto ai fumatori”. (ANSA).

Riccardo Polosa il più citato secondo Plos Biology

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Un database di 100.000 scienziati viene reso pubblico, riportando le statistiche principali in ambito bibliometrico. Il prof. Polosa secondo questo nuovo studio è lo scienziato più degli citato degli atenei di Palermo, Messina e Catania.

L’articolo “A STANDARDIZED CITATION METRICS AUTHOR DATABASE ANNOTATED FOR SCIENTIFIC FIELD”, pubblicato dalla prestigiosa rivista Plos Biology rende pubblici i dati relativi all’impatto delle pubblicazioni scientifiche di 1.000.000 di ricercatori, in termini di rapporto tra citazioni, ricerche e impatto sulla carriera.

Ci scienziati vengono classificati in 22 campi scientifici e 126 sottocampi: questa classifica vanta ben 35 ricercatori e scienziati dell’Università di Catania, eccellenze che promuovono la scienza e la ricerca dell’Ateneo catanese in Europa e nel mondo.

Il Prof.Riccardo Polosa, direttore del COEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, non solo risulta essere lo scienziato più citato tra i ricercatori catanesi, ma anche tra quelli di Palermo e Messina.

Un riconoscimento non solo personale, sinonimo di una carriera dedicata alla ricerca scientifica, ma segno tangibile di un percorso di innovazione ed evoluzione che fa della ricerca nell’ambito della riduzione del rischio un punto di forza per il nostro Ateneo e che giustifica in pieno il ruolo del COEHAR e dei suoi ricercator” – così Riccardo Polosa ha commentato la notizia.

Questo articolo è presente anche in lingua inglese

Cosa serve per avviare un progetto di ricerca nell’ambito della Harm Reduction?

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daniela saitta project manager Ispm

Abbiamo intervistato Daniela Saitta, project manager di ISPM, per capire meglio cosa significa avviare un progetto di ricerca scientifica in ambito internazionale

Lo scopo della scuola ISPM del COEHAR, la cui prima edizione si è svolta a Taormina, è quella di formare project manager con riferimento specifico all’ambito della harm reduction. Ma cerchiamo di analizzare in maniera più approfondita quali sono le azioni necessarie per avviare un progetto di ricerca di questo genere

Daniela, parliamo degli aspetti fondamentali per far partire un valido progetto di ricerca:

Ovviamente, dobbiamo iniziare da ipotesi di ricerca chiare, concise e definite. Avere un progetto strutturato e fondato su una valida metodologia di ricerca garantirà un risultato migliore. Inoltre il responsabile del progetto deve avere metodologie di valutazione ben definite per lo stato di avanzamento dello studio, con risultati misurati e una valutazione del rischio efficace”.

Una condizione imprescindibile, aggiunge Daniela, è essere flessibili in termini di budget e piano di lavoro per meglio adattarsi all’evoluzione del progetto stesso.

Daniela e se invece parliamo di un progetto relativo all’harm reduction?

Come per ogni progetto di ricerca, bisogna informarsi sul background e sullo stato dell’arte, oltre ad effettuare una valutazione delle necessità in termini di risorse umane, attrezzature, materiali e budget. Ma essere coinvolti in un progetto di questo tipo significa anche relazionarsi con patners, finanziatori, sponsor e così via. Si deve cercare di fare networking e brainstorming con i collaboratori e tutte le altre parti interessate, per conciliare i bisogni e le necessità di tutti e redigere un progetto di studio efficace. Ma soprattutto serve un piano efficace di comunicazione”.

Polosa a Regulator Watch: “La prova certa è nelle testimonianze dei nostri pazienti”

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Intervistato in diretta Live da Brent Stafford su Regulator Watch, il professor Riccardo Polosa ha risposto a tutte le domande in merito alle notizie che in questi giorni si stanno diffondendo sui possibili danni causati dalle Ecig

Come sapete, a partire dall’estate 2019, le ecig sono entrate nell’occhio del ciclone: la diffusione di una patologia polmonare negli USA, la cosiddetta EVALI, ha creato un’ondata di panico le cui ripercussioni sono arrivate fino in Europa. 

Per Polosa, bisogna risalire al 2013, quando un gruppo di pazienti che avevano switchato da sigaretta convenzionale ad elettronica ha espresso timori sulle ripercussioni a lungo termine della loro scelta. 

Già allora sapevo che sarebbe stato difficile rispondere – ha detto Polosa – ma ci siamo riusciti in parte. Grazie ad uno recente studio che ha analizzato un gruppo di svapatori che non aveva mai fumato, e dopo 3 anni di continui follow up, abbiamo dimostrato che non un singolo paziente ha riscontrato danni o alterazioni nella spirometria o variazioni riscontrabili con una TAC”.

  • E se invece parliamo di nicotina possiamo cosa possiamo affermare di certo? 

Non si muore per la nicotina ma per il catrame e non ci sono prove che sia la nicotina a causare il cancro. Noi sappiamo solo che svapare nicotina può creare una accelerazione del battito cardiaco, soprattutto se assunta in dosi elevate ma questo non ha mai ucciso nessuno”.

  • Come commenta il caso EVALI in USA?

Non un singolo caso è stato riscontrato quest’estate in Europa. La ragione è molto semplice: in USA, sostanze che normalmente non dovrebbero essere presenti nei liquidi hanno alterato l’equilibrio delle sostanze tensioattive che mantengono aperti gli alveoli polmonari. Il risultato? Un collasso immediato degli alveoli che non riescono più a scambiare gas e sostanze necessari per il corretto funzionamento dei polmoni”.

Una situazione, peraltro, degenerata a causa dell’atteggiamento sensazionalistico dei media americani e della autorità preposte.

Quello che mi sconcerta – ha continuato Polosa – è stato l’atteggiamento delle autorità di salute pubblica americana. Un esempio? Quando finalmente il CDC si è deciso a rilasciare le informazioni sulle reali cause della EVALI hanno aspettato il venerdì prima delle vacanze invernali per comunicarlo. Avrebbero dovuto rilasciare informazioni prima e con un target ben determinato”.

In Europa il caso EVALI ha generato un ritorno di immagine negativo: le persone hanno iniziato ad essere spaventate, traducendosi in una inflessione negativa nel mercato del vaping.

È stato curioso assistere ai tentativi di trovare casi simili in Europa, per alimentare una sorta di paura globale. Effettivamente l’unico caso di EVALI rilevata in Europa è stato un cittadino americano che volava sul continente”. 

Cosa possiamo concludere ad oggi?

La prova più forte la vediamo nei nostri pazienti che passano alle elettroniche e nelle loro testimonianze di una qualità di vita migliorata e di una riscoperta sensazione di benessere generale“.

Legge Sirchia: Italia primo paese a “delimitare” i fumatori

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Tra rivoluzioni conclamate ma anche dubbi e perplessità, di certo un pò di strada è stata fatta dall’introduzione della legge 3/2003 (art. 51: “tutela della salute dei non fumatori”).

Il dato certo è che l’Italia è stato il primo grande Paese europeo a regolamentare l’abitudine dei tabagisti, ponendo delle regole ben delimitate.

L’applicazione del divieto di fumo di sigaretta convenzionale nei locali pubblici oggi è stimata al 91,9% e per i luoghi di lavoro al 93,9%. Il controllo sugli esercizi commerciali è stato serrato e ha dato i suoi frutti.

Lo stesso non può dirsi per le strutture pubbliche dove sino a pochi mesi fa, ricordiamo, si fumava addirittura nelle aule del Parlamento, secondo quanto denunciato anche da noi della LIAF.

La sensibilizzazione  nei confronti del fumo passivo procede però velocemente. L’introduzione delle nuove normative volute dall’ex Ministro Beatrice Lorenzin, con il divieto di fumo nelle pertinenze di ospedali, luoghi di interesse sociale e in auto in presenza di minori, hanno rappresentato segnali positivi.

Dal 2005 ad oggi il numero di tabagisti è sceso drasticamente. Secondo l’ISS Istituto Superiore di Sanità la diminuzione è dovuta alla percentuale di cessazione femminile e alle campagne antifumo diffuse in questi ultimi anni.

Tuttavia, gli utilizzatori di sigaretta elettronica in Italia oggi sono più di 1 milione e mezzo. Un dato che non può essere ne sottovalutato ne commentato genericamente.

Quasi il 2% della popolazione (circa 900.000 persone) utilizza sigarette elettroniche. E a questi bisogna aggiungere gli utilizzatori di prodotti a tabacco riscaldato, che recenti stime, avrebbero raggiunto nel 2019 il 4% del mercato.

Nonostante la Legge Sirchia abbia un pò patito l’assenza di valide soluzione per l’applicabilità delle sue norme, il bilancio dell’abitudine al fumo tra il 2005 e il 2020 in Italia è positivo. Le vendite di prodotti da tabacco è sceso del 32% ed è cresciuto (tra alti e bassi) il mercato dei prodotti a rischio ridotto a dimostrazione del fatto che la possibilità di ridurre i danni, per chi non riesce a smettere da solo, è almeno stata riconosciuta come valida alternativa.

Salute polmonare e sigaretta elettronica: nessun danno

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Un nuovo studio pubblicato su PUBMED ha valutato gli effetti delle sigarette elettroniche sulla salute polmonare.

Lo studio, finanziato con un grant della Fondazione Umberto Veronesi e condotto presso l’Istituto Europeo di Oncologia, nasce in collaborazione con il programma COSMOS (I e II) dello IEO, finalizzato a realizzare un protocollo di diagnosi precoce del tumore al polmone.

Nei programmi COSMOS e COSMOS II vengono arruolati fumatori ed ex-fumatori con più di 50 anni di età e un lunga storia di fumo con lo scopo di individuare precocemente la presenza di un tumore al polmone in una popolazione particolarmente a rischio.

Per spiegare ancora meglio i risultati di questo nuovo studio, abbiamo chiesto direttamente al primo autore dello studio, il professor Claudio Lucchiari:

L’uso della sigaretta elettronica e dunque il vaping sono oggi oggetto di una necessaria valutazione rispetto alla sicurezza e alla salute polmonare. La recente diffusione di questi strumenti è stata così repentina da non permettere al momento di trarre conclusioni certe, soprattutto rispetto agli effetti a lungo termine o in particolari condizioni (per esempio, la gravidanza).

In effetti, durante lo studio e la successiva fase di osservazione, nessun partecipanti ha riportato problemi rilevanti correlati all’uso della sigaretta elettronica. Da ciò ne è derivato un effettivo beneficio rispetto alla salute polmonare in tutti i partecipanti che hanno smesso di fumare le tradizionali sigarette.

Tuttavia, è importante che l’utilizzatore di sigarette elettroniche sia informato circa i possibili effetti collaterali, così da potersi rivolgere al proprio medico in caso di necessità e verificare la correlazione tra sintomo e vaping”.

Basandosi sui dati di follow up a 3 e 6 mesi, è emerso che i soggetti studiati mostrano un miglioramento generale nelle condizioni polmonari, con una sostanziale riduzione di tosse e catarro.

E’ importante che l’utilizzatore sia a conoscenza dei rischi delle sigarette elettroniche e in particolare di alcune composizione e/o specifici ingredienti, così come i fumatori sono al corrente dei rischi del tabacco. Questo è un aspetto forse sottovalutato in relazione anche al fumo di prodotti diversi dal tabacco, spesso “comunicati” come sicuri sul piano polmonare e invece parimenti insidiosi. I dati di cui disponiamo non permettono di considerare il vaping (indipendente dai liquidi) un’attività del tutto estranea a potenziali rischi per salute polmonare in soggetti con particolare vulnerabilità”.

Un documentario di Foundation for a Smoke Free World racconta il centro di ricerca CoEHAR, un’eccellenza siciliana

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Catania, 9 Gennaio 2019 – I media americani hanno diffuso il documentario, realizzato a Catania dalla regista Melonie Koastman e promosso dalla Foundation For a Smoke Free World, sulle attività scientifiche del CoEHAR, il Centro di Eccellenza Internazionale per la Ricerca sulla Riduzione del Danno da Fumo diretto dal prof. Riccardo Polosa dell’Università degli Studi di Catania. 

Il CoEHAR è il primo centro di ricerca al mondo con un focus scientifico sulla riduzione del danno che utilizza macchinari ad alta tecnologia e riunisce centinaia di ricercatori e decine di università straniere. Il Centro oggi è formato da 50 docenti afferenti a 12 Dipartimenti diversi dell’ateneo catanese ed un Comitato Scientifico Indipendente, composto da studiosi di fama mondiale. Grazie a numerosi accordi quadro di Cooperazione, il CoEHAR collabora con più di 20 università sparse in tutto il mondo (Stati Uniti, Inghilterra, Marocco, India, Indonesia, Nuova Zelanda, Romania, Grecia, Iran, Svezia, Polonia, Brasile e Russia). 

Una collaborazione scientifica internazionale che vede l’ateneo catanese all’apice di una rivoluzione culturale che potrebbe far conquistare a Catania il titolo di capitale mondiale della Riduzione del Danno. Questo il commento del prof. Riccardo Polosa: “Siamo orgogliosi di poter portare i risultati della nostra ricerca nel mondo. Credo che la vera mission di un buon sistema universitario sia creare percorsi di eccellenza in grado di accogliere e fare esprimere al meglio le idee dei nostri ricercatori in un circuito di prestigio internazionale”. 

Nicotina: falsi miti e verità

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La nicotina è uno stimolante ed è il composto naturale principale della pianta del tabacco ed è presente soprattutto nelle foglie. Essa si trova in quasi tutti i prodotti a base di tabacco, ma anche in pesticidi e alcuni tipi di medicinali, come quelli utilizzati nei percorsi di smoking cessation (es. gomme, cerotti ed inalatori), e può avere effetti positivi per la stimolazione cognitiva e nella gestione di patologie depressive, disturbi appartenenti allo spettro schizofrenico e ADHD.

La nicotina può essere dannosa?

SI, ma non costituisce la causa principale dei danni provocati dal fumo di sigaretta tradizionale. Sebbene la comunità scientifica internazionale abbia spesso dibattuto sul tema, oggi è quasi unanime il pensiero che la nicotina non provoca danni ai polmoni, e – ai dosaggi normalmente assunti dai fumatori – non è un veleno. Inoltre, sebbene essa può provocare una accelerazione del battito cardiaco e un aumento della pressione, non è un fattore di rischio significativo per eventi cardiovascolari.

Insomma, la nicotina non è la causa principale del danno da fumo. Si muore per il catrame non per la nicotina.

Prof. Riccardo Polosa

Il danno da fumo proviene dall’inalazione delle migliaia di sostanze cancerogene sprigionate durante il processo di combustione.

Attenzione! La nicotina è velenosa se assunta in elevate concentrazioni e può aggravare problemi di salute preesistenti. E’ dannosa se assunta durante la gravidanza perché può causare danni al feto e negli adolescenti può incidere sullo sviluppo cerebrale e sulle dipendenze future.

La nicotina crea dipendenza?

Si. E questo purtroppo rende il percorso di uscita dal tabagismo molto più complesso. La velocità con cui la nicotina viene introdotta nel flusso sanguigno e raggiunge il cervello influisce sul grado di dipendenza. Dunque, nei soggetti fumatori l’assunzione di nicotina è molto più rapida ed è causa di dipendenza, mentre, al contrario, nelle terapie sostitutive come cerotti o gomme la nicotina è rilasciata in dosi minori e più lentamente. La dipendenza, inoltre, dipende anche da fattori genetici, personologici e sociali che possono incrementarne o diminuirne l’intensità.

Sigaretta elettronica. La nicotina è dannosa?

C’è un consenso nascente nel campo della scienza e della salute pubblica per la confermata sicurezza della nicotina e di altri prodotti non combustibili. Cerotti, gomme e inalatori contenenti nicotina non sono completamente esenti da rischi, ma a confronto dei prodotti combustibili la minaccia che possono rappresentare per la salute pubblica è irrilevante. Un recente studio internazionale del Drug Science (Comitato scientifico indipendente sulle droghe), confrontando i danni provocati dai vari prodotti contenenti nicotina, ha stimato che la sigaretta elettronica ha un indice di rischio pari a 4, dove quello delle bionde tradizionali è considerato 100. 

Ad esempio, in Inghilterra e Svezia il tasso di fumatori è tra i più bassi in Europa, a causa dei molti fumatori che decidono di passare rispettivamente alla sigaretta elettronica o allo snus (tabacco masticabile).

Le ricerche sulla sigaretta elettronica hanno aumentato la necessità di informazioni sulla nicotina. Anche se molti fumatori ne hanno già capito la rilevanza, purtroppo regna ancora il falso mito che la nicotina sia la causa dei problemi alla salute legati al fumo. Non è vero.