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L’oscurantismo nel mondo del fumo elettronico: il caso dell’Australia

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no vaping australia
no vaping australia

Nella storia del progresso scientifico, la strenua opposizione al nuovo e al scientificamente dimostrato non è una novità: ma l’approccio paradossale di chiusura nei confronti del fumo elettronico in Australia scatena non poche perplessità tra coloro che di scienza se ne intendono.

Il paese dei canguri ha adottato una delle regolamentazioni più rigide in materia di tabacco e prodotti di consumo, senza distinzione tra sigarette tradizionali e dispositivi elettronici, il cui uso e la cui commercializzazione seguivano filoni regolamentativi molto rigidi. 

Un insieme di regole che, però, veniva facilmente aggirato dai canali di vendita paralleli, attraverso un sistema di contrattazione di grossi quantitativi di merce contraffatta, perlopiù cinese, immessa su un mercato dove la domanda, nonostante i divieti, è elevata.

Il governo dell’Australia, per far fronte a una situazione che stava sfuggendo di mano, ha deciso di adottare, a partire dall’ottobre 2021, una normativa che impedisce l’accesso e il consumo di prodotti del vaping a chi non in possesso di una prescrizione medica

Prescrizione che ovviamente viene rilasciata da medici autorizzati, un piccolo manipolo di esperti che, di caso in caso, decidono se prescrivere la nicotina somministrata attraverso sigarette elettroniche o i prodotti a tabacco riscaldato, sulla base delle esigenze e della situazione dei singoli soggetti.

La situazione fino a qui descritta, nonostante il tentativo di sintetizzare il più possibile una gestione intricata, appare paradossale sotto diversi aspetti, molti dei quali relativi alle ovvie conseguenze che un posizione così rigida scatena a livello commerciale e sociale.

Come in diversi esempi internazionali, la decisione si basa sull’idea, alquanto confusa e scientificamente non supportata, che il consumo di tabacco sia dannoso per la salute umana in qualunque forma. Non importa che per la sigaretta si parli di fumo combusto e per le ecig di vapore: nel calderone della confusione mediatica e dell’informazione rientra pressoché di tutto.

Una volta attestata la confusione concettuale alla base delle scelte politiche, ci si concentra sul metodo che viene utilizzato: di fatto, l’Australia ha deciso di lasciare nelle mani dei medici la decisione se concedere a una persona la prescrizione per il vaping o meno.

Una decisione alquanto parziale che non segue politiche informative specifiche o particolari programmi di preparazione dei sanitari.

Se dovessimo seguire il ragionamento alla base delle scelte del legislatore, dovremo configurare quantomeno un sistema imparziale nell’assegnazione delle ricette, considerando anche il fatto che la classe medica australiana è foriera di una strenua opposizione al mondo elettronico. 

Le sigarette elettroniche vengono ostracizzate perchè accusate di essere la porta di ingresso dei giovani al mondo del fumo tradizionale.

È interessante notare che un report pubblicato lo scorso anno e sovvenzionato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha attestato un utilizzo di ecig tra i giovani dell’Australia inferiore all’1%.

Ancora più sconcertante è notare che, nonostante i timori per le classi più giovani, l’acquisto di un tradizionale pacchetto di sigarette, al di la dei limiti di età, non sia minimamente oggetto di restrizioni più severe.

A quanto pare fortuna e giustizia sempre cieche rimangono.

A distanza di soli pochi mesi, però, questo complesso sistema di chiusura e imposizioni arbitrarie di un politiche nazionali oscurantiste ha causato non pochi problemi sul territorio australiano.

I dati dimostrano che a partire dal 2022, il mercato parallelo alimentato principalmente da prodotti di scarsa qualità e dubbia derivazione è aumentato esponenzialmente. 

Le autorità denunciano che solo negli ultimi quattro mesi nel Queensland sono stati aperti 30 store illegali dedicati al vaping.

Dati confermati da un precedente report di novembre, che attestava l’apertura di oltre 70 store nel su-est dell’Australia.

Le difficoltà emergono anche a livello burocratico e amministrativo: raid recenti hanno permesso di ritrovare, oltre a sigarette e tabacco illegali, anche sigarette elettroniche contraffate.

Ma la scelta su come comportarsi nei confronti del ritrovamento è diventata un rimbalzo tra le autorità statali e quelle federali, che rimandano la decisione alla autorità sanitarie competenti, che decidono di non pronunciarsi. E nel frattempo non vengono stabilite linee comuni d’azione.

Senza un atto legislativo che autorizzi la polizia del Queensland ha intercettare e perseguire i contrabbandieri, chi ne fa le spese sono i negozianti e i produttori legittimi, che si vedono costretti a chiudere il proprio business a causa del calo delle vendite.

Come qualsiasi decisione proibizionista adottata nel corso dell’ultimo secolo, impedire l’accesso ad un prodotto non significa automaticamente ridurre la domanda, ma facilitare, invece, l’apertura di crepe nel sistema che favoriscano il posizionamento di mercati paralleli scarsamente controllati. 

Il timore che le ecig cagionino un danno per la salute diventa quindi secondario al rischio reale causato da un’incontrollata attività di vendita sul mercato nero di prodotti non testati o certificati. 

Un rischio prevedibile? Assolutamente si: non si tratta di un fenomeno dovuto a casualità sfortunate, frutto di una concomitanza di eventi nazionali, ma di una logica conseguenza di movimenti di mercato dove la la richiesta rimane alta.

Le conseguenze di questa decisione sono molteplici: i commercianti autorizzati vedono crollare le vendite dei prodotti e ciò implica licenziamenti e produzioni più basse.

I medici che potrebbero consigliare ai fumatori metodi meno rischiosi della sigarette o alternativi ai classici metodi per smettere devono seguire un sistema di ricette che di fatto scoraggia i vapers.

L’aspetto più demoralizzante però riguarda le possibilità negate ai vapers che, qualora non si vedano prescrivere la nicotina sotto forma di ecig, rischiano di ricadere nel vizio del fumo.

Studi scientifici errati anche sulle riviste accademiche

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L’articolo scientifico è un documento scritto e oggettivo, redatto da scienziati o tecnici, che riporta in maniera chiara e coerente il metodo e i risultati di ricerca su un argomento complesso che riguarda ciò che ci circonda e che non è ancora mai stato esplorato e conosciuto. Un articolo scientifico viene pubblicato dalla comunità scientifica su riviste diffuse maggiormente in ambito accademico.

Tuttavia, come riporta Stuart Richie nel rinomato giornale britannico “The Guardian, oggi è difficile imbattersi in un articolo scientifico fisico; questo perché la stragrande maggioranza delle ricerche viene presentata, rivista e letta solo online. Ciononostante, il sistema di pubblicazione delle ricerche scientifiche rimane invariato: ci sono ancora editori e revisori che danno il loro contributo al lavoro degli scienziati.

Gli editori e i revisori che si occupano della pubblicazione tendono a risaltare articoli scientifici che riportano risultati positivi o entusiasmanti. “Questo – come specificato dal giornalista inglese -porta spesso gli scienziati a falsare i risultati delle proprie ricerche per attirare l’attenzione di questi editori e revisori, compromettendo la giusta informazione“.

Tuttavia la pubblicazione degli articoli scientifici online ha dei vantaggi, tra i quali la facilitazione di correzione qualora il documento riportasse degli errori.

A differenza della correzione online, infatti, il processo di correzione su carta stampata richiede numerose procedure e spesso lo scienziato che desidera correggere il proprio articolo viene ignorato o ostacolato dai giornali.

Il consiglio che dà il “The Guardian” è di trasformare i documenti in mini-siti web in modo tale da rendere possibile la visione dell’intero processo dai dati, all’analisi, fino alla stesura e permettendo così a tutti di verificarne la validità.

Come rende noto Stuart Richie, oggi molti campi della scienza si stanno muovendo in questa direzione e si spera che in un futuro prossimo anche il resto di essi segua quest’esempio, passando da fossili viventi a documenti viventi.

Perchè questo articolo risultati interessante per la ricerca sull’Harm Reduction?

Perchè esprime con chiarezza ciò che succede nell’ambito della ricerca sulla riduzione del danno da fumo. Studi scientifici pubblicati senza accurate revisioni, pubblicati con errori metodologici basilari e diffusi per aumentare l’impatto della notizia su argomenti che riguardano la salute pubblica internazionale. La revisione on-line consentirebbe alla comunità scientifica del settore della riduzione del danno da fumo di controllare e verificare maggiormente i risultati della scienza e la metodologia utilizzata cosi da pubblicare e diffondere una informazione reale e verificabile.

Per meglio capire vi invitiamo alla lettura dello studio pubblicato dai ricercatori CoEHAR che mostra errori metodologici su studi condotti e pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche del mondo.

Nuovo studio sul progetto Troina: applicazioni farmaceutiche innovative a base di nicotina potrebbero prevenire l’infezione da Covid

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progetto troina

Dall’inizio della pandemia, è diventato prioritario studiare e comprendere quali fattori fossero responsabili di un possibile aggravamento dell’infezione da Covid-19.

La domanda principale, dunque, verteva sull’esaminare attentamente quali specifici elementi di rischio influivano sul quadro clinico del paziente: trattandosi di una patologia respiratoria, il fumo, con i ben noti effetti sul sistema cardiocircolatorio e polmonare, è stato oggetto delle ricerche di settore.

Come emerso dai primissimi studi, il numero di ospedalizzati tra i fumatori era insolitamente basso, anche se, una volta contratto il virus, le probabilità di incorrere in esiti negativi e gravi erano più alte.

Ma qual è la relazione tra fumo di sigaretta e infezione da covid 19?

I ricercatori del CoEHAR, Centro di eccellenza internazionale per la ricerca sulla riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania, in collaborazione con la Duke University negli Stati Uniti e grazie al sostegno del Comune e dell’IRCCS Oasi Maria SS. di Troina, hanno studiato per la prima volta il rapporto tra lo status di fumatori, verificato da specifici marcatori biochimici, e l’infezione da Sars-CoV-2 grazie ad una vasta ricerca sulla popolazione denominata “Progetto Troina”.

Il “Progetto Troina” riguarda uno studio di gruppo condotto tra luglio e settembre 2020 a Troina, un comune siciliano diventato ben presto zona rossa a causa all’elevato numero di contagi.

Considerando il notevole numero di infetti, si è voluto indagare l’incidenza dell’infezione da Covid-19, attraverso test sierologici sia sulla popolazione residente nel territorio comunale sia su un campione di lavoratori sanitari dell’IRCCS Oasi di Troina.

Lo studio – dal titolo “The effect of laboratory-verified smoking on SARS-CoV-2 infection: results from the Troina sero-epidemiological survey” e pubblicato su Internal and Emergency Medicine – ha rilevato che la prevalenza di positività anticorpale per il virus Sars-CoV-2 era inferiore nei fumatori rispetto che agli ex fumatori o a chi non aveva mai acceso una sigaretta: rispettivamente 19.8% e 31%.

Minor prevalenza che persisteva anche dopo aver valutato possibili fattori di confondimento come sesso, età, condizioni croniche, precedenti infezioni e gruppi di rischio.

Grazie alla conferma dello status di fumatori, attraverso specifici marcatori biochimici, i ricercatori del CoEHAR hanno chiarito una volta per tutte i risultati contrastanti di precedenti ricerche in merito all’associazione tra il fumo di sigaretta e il rischio connesso all’infezione da Sars-CoV-2.

Come afferma il prof. Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR

«Rispetto ai non fumatori, i soggetti di cui è stata appurata in maniera oggettiva la condizione di fumatori sembrano essere meno suscettibili allo sviluppo dell’infezione da Sars-CoV-2. Questi risultati sono in accordo con dati precedenti che hanno dimostrato l’associazione tra lo status di fumatori autoriferito e una riduzione dei marcatori dell’infezione da Sars-CoV-2. I nostri risultati supportano l’idea che nuove applicazioni farmaceutiche innovative a base di nicotina possano prevenire l’infezione». 

Per rilevare lo status di fumatori si è deciso di associare le dichiarazioni dei partecipanti all’individuazione di uno specifico marcatore biologico, la cotinina, un metabolita sierico della nicotina.

Su un totale di 1785 partecipanti allo studio e testati per i valori di cotinina, 1312 (il 73.5%) sono abitanti del comune di Troina, mentre 473 (il 26.5%) fanno parte del personale sanitario dell’IRCCS Oasi di Troina.

Nello specifico, la maggior parte dei partecipanti è rappresentato da donne (61.4%), con un’età media totale rilevata di 50 anni. Il 56.1% riportava almeno una patologia cronica. 

I test sierologici condotti hanno rilevato una positività anticorpale generale del 5.4%; nessuna specifica differenza nella risposta anticorpale è emersa considerando dati su età e sesso.

La concordanza tra la storia clinica autoriferita relativa allo status di fumatori e la soglia sierica di cotinina è risultata essere alta, con valori pari al 97.1% negli ex fumatori e 98.7% nei non fumatori.

Per quanto riguarda, invece, la correlazione tra fumo e infezione da Sars-CoV-2, la prevalenza di positività alle immunoglobuline nei test sierologici è stata sorprendentemente bassa nei fumatori (19.8%) rispetto ai soggetti con cui si è avviato il confronto. 

«Sono rimasta colpita nel vedere che lo status di fumatori era associato a una minore positività anticorpale da Sars-CoV-2– spiega la prof.ssa Venera Tomaselli, docente di Statistica sociale dell’Università di Catania e membro del CoEHAR- Tuttavia, va sottolineato che il fumo è un’abitudine di vita malsana che provoca la morte di circa 8 milioni di persone ogni anno, il doppio del Covid-19».

Smettere dopo un infarto fa guadagnare 4 anni di vita

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giovanni li volti ecig

ANSA – Anche dopo aver avuto un infarto, smettere di fumare può salvarti la vita. Secondo una ricerca coordinata dall’Amsterdam University Medical Centre e presentata al congresso scientifico dell’Esc (Società Europea di Cardiologia), smettere di fumare dopo un infarto fa guadagnare oltre 4 anni di vita senza malattie cardiache senza neanche ricorrere all’assunzione di una terapia preventiva.

Lo studio ha utilizzato i dati di 989 pazienti dai 45 anni in su che avevano continuato a fumare nei sei mesi successivi ad un infarto o a un intervento per l’impianto di stent o bypass.

I pazienti etrano generalmente trattati con farmaci per prevenire altri eventi cardiaci, in particolare con antiaggreganti, statine e farmaci per abbassare la pressione. “Questo gruppo è particolarmente a rischio di avere un altro infarto o un ictus. Per loro smettere di fumare è potenzialmente l’azione preventiva più efficace”, ha affermato Tinka Van Trier, tra gli autori dello studio.

Nel dettaglio, i ricercatori hanno utilizzato un modello in grado di stimare il guadagno in anni di vita passati in salute, cioè senza infarto o ictus, per i pazienti che smettono di fumare. Ne è emerso che il beneficio derivante dall’abbandono del fumo era sovrapponibile a quello derivante dalla terapia con tutti e tre le classi di farmaci. In particolare smettere di fumare avrebbe comportato ai pazienti un guadagno di 4,81 anni senza infarto o ictus, mentre l’assunzione dei tre farmaci insieme avrebbe fornito un guadagno di 4,83 anni.

“Questo indica che smettere di fumare è molto importante per aggiungere anni in salute alla propria vita”, ha commentato Van Trier. “È importante sottolineare che la nostra analisi non ha tenuto conto degli altri vantaggi sulla salute derivanti dalla rinuncia al fumo, ad esempio sulle malattie respiratorie e il rischio di cancro. Sappiamo che il fumo di sigaretta è responsabile del 50% di tutti i decessi evitabili tra i fumatori, di cui la metà è dovuta a malattie cardiovascolari”. 

“Se non si riesce a smettere di fumare – ha concluso il dottor Fabio Bandini, direttore dell’unità operativa complessa di neurologia dell’ospedale Villa Scassi di Genova – le alternative al fumo di sigaretta possono non portare al rischio zero ma sicuramente ad una riduzione del rischio perché i prodotti nocivi della combustione sono quelli più dannosi in generale per l’organismo. D’accordo che la nicotina ha un effetto di dipendenza ma quantomeno gli aspetti più tossici, più nocivi per le arterie e per il resto dell’organismo vengono sicuramente ridotti in maniera significativa. Quindi non rischio zero ma rischio diminuito”. 

Una tazza di Tè verde? Aiuta a combattere gli effetti della sigaretta

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Il Tè verde è la seconda bevanda più consumata nel mondo, dopo l’acqua, e la sua storia ha origine in Oriente, nei territori della Cina. 

La bevanda divenne famosa in Occidente più tardi, intorno al 1700, grazie all’intensificazione dei rapporti commerciali ad opera della flotta olandese e fu, per un breve periodo, parte integrante del rituale del tè inglese, anche se i britannici le preferirono sempre la variante nera.

Un infuso le cui proprietà curative sono note sin dall’antichità, dove veniva preparato per lenire o guarire determinati stati sintomatici. 

Benefici che vengono riconosciuti anche in epoca moderna grazie alla presenza di sostanze antiossidanti, le catechine, contenute nelle foglie, che aiutano a ridurre i livelli di colesterolo, facilitare la diuresi e depurare il nostro organismo, contrastando le infezioni e aiutando il sistema immunitario.

La presenza di minerali quali, calcio, fosforo, ferro, potassio e sodio, lo rendono un integratore naturale usato soprattutto in estate per contrastare le perdite idrosaline. 

Il tè verde avrebbe anche proprietà antitumorali: un meccanismo studiato da un gruppo di ricercatori di New York, che avrebbe individuato in uno specifico polifenolo, l’epigallocatechina gallato, e nel suo legame con la proteina naturale anti cancro nota come “guardiano del genoma”, un meccanismo di oncoprotezione.

Inoltre, il tè verde aiuterebbe il sistema cardiocircolatorio e quello respiratorio, diventando così particolarmente importante per i fumatori.

Una ricerca effettuata dalla Chung Shan Medical University di Taiwan, afferma che i fumatori che non bevono tè verde hanno un rischio 13 volte più alto di sviluppare un tumore. 

Chi invece consuma ogni giorno una tazza dell’infuso verde, riduce, sempre secondo lo studio, del 66% la possibilità di sviluppare il cancro al polmone, tutto merito dei polifenoli contenuti nelle foglie.

Questa bevanda contrasta anche la stipsi, che spesso si manifesta in chi smette di fumare.

Benefici aumentati se si sceglie di addolcire il tè con un cucchiaio di miele o renderlo più saporito con il succo di limone.

Il Tè verde, dunque, è un vero e proprio toccasana per l’organismo e per la nostra salute, ma non dobbiamo dimenticarci di inserirlo in una dieta equilibrata, con altre sostanze antiossidanti, come i pomodori o i mirtilli.

Ricordiamoci inoltre che non parliamo di un medicinale o di una terapia, ma di un aiuto che proviene dal mondo naturale e, sopratutto per chi soffre di patologie tumorali o di disturbi specifici, è sempre importante consultare un medico per stabilire una terapia adatta.

Giornata Mondiale della Salute, si inizia cambiando stile di vita

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Oggi, 7 Aprile, si celebra la Giornata Mondiale della Salute, un evento internazionale istituito dall’OMS, il cui scopo è sensibilizzare l’umanità su argomenti riguardanti la salute pubblica e il bene comune. Slogan di quest’anno è “Il nostro pianeta, la nostra salute”. Un claim scelto per mettere in luce le problematiche legate all’inquinamento atmosferico che ogni anno, come afferma l’OMS, causa più di 13 milioni di vittime.

L’inquinamento atmosferico, infatti, è responsabile di tumori ai polmoni, malattie cardiache, asma e ictus. Oltre all’inquinamento da rifiuti, traffico, impianti per la produzione di energia e attività industriali, anche la cattiva abitudine al fumo contribuisce all’inquinamento atmosferico.

I nostri mari e l’intero suolo terrestre, ogni anno, vengono inquinati da numerosissimi mozziconi di sigaretta che vengono incivilmente gettati con estrema indifferenza.

Anche il fumo di sigaretta è dannoso per l’ambiente, poichè rilascia biossido di azoto, anidride carbonica e metano, inquinando, così, l’atmosfera terrestre.

Inoltre, esso libera residui che, depositandosi sulle superfici, possono nuocere a bambini e animali.

La produzione di sigarette è anche una delle tante cause di deforestazione: ogni anno, infatti, milioni di alberi vengono abbattuti, ricavando così terreno per la realizzazione di piantagioni di tabacco.

La coltivazione del tabacco richiede anche l’utilizzo di pesticidi, fertilizzanti e sostanze chimiche che alimentano l’inquinamento ambientale.

Smettere di fumare contribuisce a migliorare in modo significativo sia le condizioni ambientali marittime e terrestri che la speranza di vita di chi li abita, garantendo una migliore qualità dell’aria.

Meno fumo nell’aria ridurrebbe il rischio dell’insorgere di malattie cardiovascolari e tumori.

Non è mai troppo tardi per intraprendere uno stile di vita sano, soprattutto smettendo di fumare, per migliorare le problematiche legate all’ambiente e alla nostra salute.

Articolo scritto dalle studentesse dell’Università di Catania, Alessia Cali e Irene Campisano

Terapie tramite app e sostegno psicologico online: la lotta al fumo in digitale risulta sempre più efficace 

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Catania, 5 aprile 2022 – Lo sviluppo di algoritmi sempre più complessi, interfacce grafiche elaborate e applicazioni evolute dell’intelligenza artificiale, hanno permesso di compiere progressi molto rapidi nell’individuazione e nel trattamento delle dipendenze e delle patologie mentali, anche a distanza. Applicazioni per smartphone, videogiochi e Realtà Virtuale sono oggi strumenti su cui poter contare nella gestione di determinate condizioni cliniche, laddove non sia possibile intervenire a causa della distanza, di costi elevati o di indisponibilità del paziente. 

Interventi terapeutici la cui applicazione è stata valutata dallo studio “Update on Cyber Health Psychology: Virtual Reality and Mobile Health Tools in Psychotherapy, Clinical Rehabilitation, and Addiction Treatment”, coordinato dal professore Pasquale Caponnetto, docente a contratto di psicologia clinica delle dipendenze dell’Università di Catania e membro del CoEHAR, Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania. 

Scopo della ricerca è stato valutare quanto, nel corso degli ultimi anni, le nuove tecnologie hanno influenzato l’approccio alla psicoterapia, alla riabilitazione clinica e al trattamento delle dipendenze. A differenza di quanto si possa pensare, infatti, l’impiego di strumenti digitali avanzati non si basa semplicemente sull’evoluzione dei software impiegati, ma richiede studi scientifici che valutano risposte e risultati delle moderne tecnologie utilizzate, soprattutto nei casi in cui i metodi tradizionali sembrano non sortire effetto.

Tra i vari metodi analizzati, la Realtà Virtuale sembra essere quello di maggior impatto perché consente di creare un’esperienza immersiva complessa e totale, in cui l’interazione con l’ambiente circostante avviene anche attraverso controller o tastiere, rivelandosi particolarmente utile, ad esempio, con pazienti affetti da disturbi dello spettro schizofrenico o affetti dal morbo di Parkinson.

Ma è soprattutto con lo smartphone e le applicazioni in esso contenute che emergono dati interessanti: considerato che circa il 92% degli italiani possiede un telefono cellulare, le app vengono usate sempre più spesso in trattamenti riabilitativi specifici, in particolare se rivolti alla dipendenza da fumo o da alcol.

Su un totale di oltre 3556 articoli in materia, lo studio dei ricercatori del CoEHAR ha incluso nella revisione un totale di 28 ricerche. Quello che è emerso è un quadro scientifico in rapida evoluzione: software sempre più avanzati permettono di ricreare ambienti dettagliati e avatar realistici, garantendo al paziente un’esperienza completa e facendolo interagire con simulazioni di esperienze di vita reale, stimolando comportamenti o abitudini diverse. Inoltre, la drastica riduzione dei costi e la mancanza di ricorso ai farmaci rappresenta un valido motivo per arrivare prima al risultato. 

I ricercatori consigliano sempre di affiancare l’uso degli strumenti digitali ad un percorso di psicoterapia, sfruttando dunque un approccio clinico integrato e mettendo in risalto il fatto che l’uso di tali strumenti permette di creare percorsi terapeutici focalizzati sui bisogni dei singoli pazienti, intervenendo anche nei casi di condizioni cliniche non trattabili con farmaci.

Prof. Pasquale Caponnetto

Permettere ai pazienti di entrare digitalmente in esperienze di vita reale con il sostegno di un terapeuta significa aumentare le possibilità di riuscita” spiega Pasquale Caponnetto, autore dello studio “Non solo, ma l’accesso immediato a sostegni di supporto online o su telefono rompe gli schemi classici della terapia, garantendo una supporto costante nella lotta alle dipendenza, soprattutto quando il paziente si trova a gestire fattori di stress o situazioni che innescano il bisogno di fumare. Costi bassi, elevata replicabilità e accesso internazionale: la lotta al fumo deve passare anche dal mondo digitale”.

Con un’applicazione si mette letteralmente nelle mani del paziente un percorso di guarigione, con accesso a un supporto immediato e costante, aumentando le possibilità di monitoraggio delle abitudini, riducendo lo stigma connesso alla terapia e rendendo il percorso molto più personalizzabile. Sorprendentemente, ciò che è emerso dalla review è che non esistono, al momento, app studiate per il supporto al trattamento di dipendenza da droghe o sostanze stupefacenti: molto probabilmente, una volta che i risultati nel trattamento del tabagismo saranno standardizzati, la ricerca e lo sviluppo si rivolgeranno anche a questo settore. 

Continua “LIAF nelle scuole”, stamane incontro al Liceo Artistico “Emilio Greco”

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articolo di Alessia Calì e Irene Campisano, studentesse dell’Università di Catania

Catania 30 Marzo 2022 – Si è tenuto questa mattina presso il Liceo Artistico Statale “Emilio Greco” di Catania un altro appuntamento con “LIAF nelle scuole“, il progetto che nelle prossime settimane vedrà la realizzazione di un murales in una delle vie più trafficate del territorio etneo.

A scuola, con i 200 ragazzi del liceo (alcuni di loro collegati in remoto) erano presenti gli esponenti del CoEHAR, il Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania, e i rappresentanti di LIAF, Lega Italiana Anti Fumo.

Tra loro il prof. Giovanni Li Volti, direttore del CoEHAR; il prof. Marco Palumbo, ordinario di ginecologia e ostetricia dell’Università di Catania; il dott. Toti Urso, project manager del progetto “Smile Study” del CoEHAR; la dr.ssa Marilena Maglia, psicologa del CPCT Centro per la Prevenzione e Cura al Tabagismo del Policlinico Vittorio Emanuele di Catania e la dr.ssa Valeria Nicolosi, responsabile comunicazione del consorzio CoEHAR.

All’inizio dell’incontro il prof. Li Volti ha presentato ai discenti i singoli progetti in corso e gli obiettivi dell’attività di ricerca del centro universitario e si è poi soffermato sui danni provocati dalle sigarette convenzionali: “Il fumo di sigaretta causa problemi gravissimi – ha detto Li Volti – il CoEHAR studia soluzioni alternative per chi non riesce a smettere di fumare da solo. Si muore per la combustione delle sostanze tossiche e non per la nicotina”.

Come hanno ricordato i rappresentanti ed esperti delle due organizzazioni, i danni provocati dal fumo sono molti. Oltre alle patologie più comuni come quelle cardiovascolari e polmonari, come ha spiegato il prof. Palumbo: “Il fumo incide negativamente sulla sessualità maschile e femminile ed è una delle maggiori cause di impotenza e infertilità. Peraltro, studi dimostrano che il fumo in gravidanza provoca enormi rischi per la salute del feto“.

Fumare inoltre è un fattore di rischio anche per la salute della bocca. Baci e sorrisi sono messi a dura prova. Per questo il progetto “Smile Study”, coordinato dal CoEHAR in collaborazione con 5 Paesi diversi nel mondo, intende studiare l’utilizzo di strumenti meno dannosi per la salute dentale al fine di produrre dati scientifici rilevanti in uno dei settori meno studiati in ambito HArm Reduction. A presentare Smile, il project manager dello stesso progetto, dr. Toti Urso.

Ricordiamo che il progetto “LIAF nelle scuole” nasce con l’obiettivo di diffondere tra gli adolescenti la cultura antifumo, informandoli sui danni causati dall’abitudine al tabagismo sulla salute del corpo e anche sulle relazioni interpersonali.

Il tour di LIAF e CoEHAR nelle scuole continua anche nei prossimi mesi.

Per maggiori informazioni su questo progetto o per fissare un incontro anche nella tua scuola, invia email a: [email protected]

Smettere di fumare può migliorare la sopravvivenza anche quando è già stato diagnosticato un tumore del polmone

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Un caso di cancro su tre è dovuto al fumo. In questi ultimi due anni la paura di contrarre il Covid-19 ha spostato l’attenzione per la prevenzione e la cura di malattie spesso più letali come il cancro ed i tumori fumo correlati.

Il tumore del polmone continua a rimanere una delle neoplasie più letali. Oggi nel mondo si registrano ogni anno oltre 2,2 milioni di casi di questa malattia, mentre in Italia le nuove diagnosi annue sono circa 41.000 (27.550 negli uomini e 13.300 nelle donne), con una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi del 16% circa negli uomini e 23% nelle donne. Per quel che riguarda uno dei tumori più aggressivi e in rapida crescita come quello al polmone la prevenzione è fondamentale.

Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Journal of Thoracic Oncology dai ricercatori guidati da Saverio Caini dell’Istituto per la ricerca sul cancro di Firenze, afferma che smettere di fumare può migliorare la sopravvivenza anche quando è già stato diagnosticato un tumore del polmone. Anche nel caso in cui si sia smesso poco prima della diagnosi. 

I tumori del polmone causati dal fumo di sigaretta possono essere trattati con cure meno invasive se presi per tempo, ma evitare di fumare sarebbe significativo per prevenire questo tipo di cancro. 

Ciò che emerge dallo studio e dai 21 articoli pubblicati sulla ricerca è che la sopravvivenza generale aumenta del 29% in chi ha smesso di fumare appena prima o dopo la diagnosi di tumore del polmone rispetto a chi invece ha proseguito.

Questa specifica osservazione riguarda tutti i tipi di tumore del polmone, i tumori non a piccole cellule e anche i tumori a piccole cellule. A spiegarlo, Saverio Caini, che mette in evidenza come il fumo di sigaretta possa sostenere crescita, progressione e disseminazione della malattia. Da non sottovalutare anche la riduzione dell’efficacia della chemioterapia e della radioterapia se si continua a fumare durante le cure. 

Non fumare, fare movimento, seguire una corretta alimentazione sono fondamentali nella lotta ai tumori perché rappresentano l’arma più potente per sconfiggerli.

Spiegare ai pazienti l’importanza di smettere di fumare e dare loro consigli su come fare sono momenti di fondamentale importanza e condivisione, soprattutto durante gli screening medici.

Vaping USA: FDA sblocca altri brand e valuta circa il 99% delle domande

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FDA vaping ecig
FDA vaping ecig

I timori statunitensi sulla possibilità che il vaping rappresentasse un precursore del fumo di sigaretta, o lo sostituisse in toto, avevano spinto le autorità americane a richiedere una regolamentazione più rigida in materia di commercializzazione delle ecig all’FDA.

L’agenzia ha così pianificato un complesso sistema di approvazione per esaminare, valutare e infine dirimere sulla produzione e sulla vendita dei prodotti del vaping in territorio americano.

Decisione che aveva suscitato critiche importanti da parte dei produttori minori, che nei limiti previsti avrebbero faticato a consegnare tutta la mole di documenti richiesti dagli organi di controllo USA.

Ad ottobre 2021, dopo oltre più di un anno di attesa, l’FDA aveva concesso per la prima volta la possibilità un gruppo ristretto di prodotti del vaping, al solo aroma di tabacco, di esseri immessi in commercio.

L’iter prevede che per ogni singola azienda vengano valutati in maniera singola tutte le categorie di prodotti, sulla base delle valutazioni dei ricercatori dell’agenzia.

Rimangono esclusi i prodotti aromatizzati, ancora al centro delle polemiche per la possibilità che rappresentino un’attrattiva maggiore per i più giovani.

Nei giorni passati, l’FDA ha acconsentito alla commercializzazione di tre prodotti dell’azienda Logic, annunciando che presto avrebbe fatto lo stesso per altri grandi brand del vaping.

Secondo quando dichiarato, delle circa 6.7 milioni di richieste presentate, l’agenzia americana ha agito su circa il 99%, incluso 1 milione di domande rigettate.

Una decisione che arriva però ben oltre la data limite imposta dalle sentenze della corte americana, che aveva richiesto all’autorità di pronunciarsi in tempi stretti.

Una notizia parzialmente positiva, che sblocca finalmente una situazione di stallo, mentre rimanda la decisione sugli aromi, che appare essere complessa e inficiata da un difficile gioco di equilibri che esulano dai risultati delle ricerche scientifiche.

Equilibri che hanno come conseguenza quella di lasciare in sospeso la questione dell’azienda JUUL, che controlla circa il 42% del mercato delle sigarette elettroniche.

Sappiamo che c’è richiesta da parte dei fumatori adulti di poter utilizzare le sigarette elettroniche per abbandonare le sigarette convenzionali più dannose, ma milioni di giovani usano questi prodotti e diventano dipendenti dalla nicotina“, ha osservato il commissario della FDA Robert Califf, in un comunicato stampa dell’agenzia.

Il dover bilanciare le diverse problematiche è ciò che muove l’azione degli scienziati dell’agenzia durante la valutazione del potenziale di marketing e vendita dei prodotti del vaping”.

Fatto è, come già verificato in molti paesi europei, che i dati dimostrano che l’utilizzo di prodotti a rischio ridotto tra i giovani è ancora limitato e l’allarme più grande resta comunque l’abitudine al fumo di sigaretta convenzionale, in voga tra gli adolescenti incuriositi nel provare un prodotto che è certamente molto più dannoso rispetto al vaping.