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Un negozio per lo svapo, l’addio al fumo, vita nuova: Skip Murray

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fumo skip murray

Quasi tutti nella mia famiglia fumavano. Ho iniziato a fumare nel 1969 all’età di 10 anni. Ho rubato la mia prima sigaretta a mio nonno. Lo ammiravo e volevo essere come lui. Ho fumato dal 1969 al 2015. Non sono riuscita a smettere di fumare così tante volte che ho rinunciato anche a provare a smettere. Nel 2014 ho iniziato a usare i prodotti elettronici a rilascio di nicotina  soprattutto se mi trovavo in luoghi in cui non potevo fumare. Circa quattro mesi dopo, mi sono resa conto di aver smesso di fumare senza averlo programmato”.

Per mettere a tacere la ricerca scientifica che trent’anni fa iniziava a lanciare campanelli d’allarme sugli effetti devastanti che il fumo aveva sulla salute umana, l’industria del tabacco ha sovvenzionato intere campagne di disinformazione. Il risultato? Un prezzo altissimo, che stiamo pagando ancora oggi, quando anche in presenza di prove scientifiche che dovrebbero darci ragione nel campo del consumo di nicotina siamo portati a titubare.

E, nel frattempo, i più vulnerabili rimangono in balia del gioco della dipendenza da sigaretta e i tassi sul fumo non diminuiscono. La diffusione dei prodotti elettronici rappresenterebbe, sulla carta, una possibilità per arginare il problema, ma comporta incentivare programmi di educazione e prevenzione soprattutto per le popolazioni a rischio, come adolescenti e preadolescenti.

Fumare era una cosa accettata quando ero adolescente. Nel mio liceo, l’area fumatori dedicata erano i bagno per i ragazzi e le ragazze. Ci veniva permesso di fumare lì” ci racconta Skip Murray, ricercatrice presso il Consumer Center della Taxpayers Protection Alliance, ex fumatrice ed ex proprietaria di un negozio per il vaping negli Stati Uniti. Skip è soprattutto una sostenitrice appassionata dei consumatori di prodotti a base di nicotina a rischio ridotto e volontaria di Safer Nicotine Wiki, un gruppo che lavora per fornire informazioni sui metodi per usare la nicotina più sicuri del fumo.

Skip ci racconta la situazione attuale della dipendenza da fumo e dell’abitudine al vaping tra i giovani americani da una prospettiva diversa, che raramente implica una formazione e un’educazione alla prevenzione corretta “Ad oggi, le persone raramente parlano di adolescenti che fumano. Sembra quasi che siano stati dimenticati. Allo stesso tempo, le nostre scuole sono molto preoccupate per gli adolescenti che svapano. Alcune scuole hanno addirittura rimosso le porte d’ingresso ai servizi igienici o installato monitor che rilevano fumo o vapori. Queste azioni sono sbilanciate rispetto ad altri problemi che i nostri ragazzi stanno affrontando. I tassi di depressione, ansia e suicidio tra gli adolescenti sono in aumento, così come i casi di adolescenti che muoiono per avvelenamento da fentanil. Mi rattrista il fatto che non prestiamo la stessa attenzione alla salute mentale e all’uso di droghe letali come al consumo di nicotina”.

Serve dunque avviare un dialogo costruttivo che alla base presenti le informazioni corrette sulla nicotina e sulle maniere di consumarla e i relativi rischi che ogni scelta comporta. Ma come facilitare il dialogo tra ricercatori e popolazione?

Parlare di umanizzazione della ricerca scientifica significa che dobbiamo fare un lavoro migliore per comprendere le persone che sono influenzate dalla nostra ricerca. È comune vedere scritta una raccomandazione di tipo politico o normativo nella conclusione di un documento. Vengono mai prese in considerazione le conseguenze indesiderate di tali raccomandazioni o il modo in cui influenzano le persone a cui sono dirette?

Un’altra area che necessita di umanizzazione è una valutazione ponderata del dialogo utilizzato durante la composizione di un sondaggio o la comunicazione dei risultati del lavoro di ricerca. Prima di scrivere un sondaggio, i ricercatori dovrebbero avere familiarità con le parole usate da coloro che vogliono studiare. I sondaggi dovrebbero essere chiari e comprensibili per coloro che vengono intervistati. I risultati della ricerca dovrebbero essere scritti in modo chiaro e conciso che sia facile da capire per tutti, e fare uno sforzo per evitare stigmatizzazione e linguaggio razzista.

Prima di avviare una ricerca sui prodotti a vapore, i ricercatori dovrebbero approfondire l’uso delle apparecchiature utilizzate nei test grazie al rapporto con produttori e consumatori. Senza alcuna comprensione dello strumento, quello stesso dispositivo può essere utilizzato in maniera non tollerabile. E ciò non fornirà i dati accurati necessari per educare e aiutare a elaborare politiche vantaggiose per la salute pubblica.

Voglio vedere più ricerche che includano le popolazioni vulnerabili con la più alta prevalenza di fumatori. Perché fumano? Di che tipo di aiuto hanno bisogno per smettere di fumare? Come possiamo garantirgli più accesso a opzioni per smettere di fumare? In che modo i prodotti alternativi a rilascio di nicotina potrebbero aiutarli?”

Un discorso che non tralascia una delle prime linee di contatto di chi fuma sigaretta con i dispositivi alternativi, ovvero i negozi per i prodotti del vaping, ad oggi oggetto di normative e regolamentazioni stringenti in suolo americano.

“Ho avuto un negozio fino alla fine del 2021. Mano a mano la scelta per i consumatori si è ridotta perché la Food and Drug Administration non ha concesso il permesso a molti prodotti di rimanere sul mercato. A causa delle restrizioni sulle spedizioni, è molto difficile per le aziende vendere online. Altri falliranno in futuro. I prodotti che hanno ricevuto l’autorizzazione a rimanere sul mercato dalla FDA non sono i prodotti venduti dalla maggior parte dei negozi. Anche per i liquidi utilizzati dagli svapori la situazione è cambiata: prima erano disponibili in vari dosaggi di nicotina e ciò consentiva ai consumatori che volevano smettere di svapare di ridurre l’assunzione di nicotina gradualmente fino ad arrivare al punto di smettere di svapare. Fino ad oggi, tutti i prodotti che sono stati autorizzati dalla FDA sono prodotti preriempiti con un alto contenuto di nicotina.

La chiusura di molti negozi significa che i consumatori perdono una vasta rete di supporto composta da persone che fumavano, e che a loro volta aiutavano gli altri a smettere”

Anche per gli operatori sanitari diventa difficile poter avviare un dialogo costruttivo con chi fuma: “Ci troviamo di fronte a una grande quantità di disinformazione che impedisce ai consumatori che non riescono a smettere di fumare di passare a un’alternativa più sicura. Questa disinformazione influenza i nostri operatori sanitari in merito all’uso di prodotti adel vaping per aiutare le persone a smettere di fumare.

Molti prodotti che piacevano ai fumatori sono ora vietati. Quei prodotti sono stati di aiuto all’interno dei loro percorsi di cessazione  e hanno impedito per molti una ricaduta”.

Skip, che consiglio daresti a qualcuno vicino a una persona che fuma?

Sostienili senza giudizio. Fai attenzione ai segnali che potrebbero indicare che queste persone sono pronti a smettere di fumare. Quando sono pronti, assicurati che dispongano di tutte le informazioni corrette sulle opzioni che potrebbero aiutarli a smettere. Lascia che scelgano ciò che pensano possa funzionare meglio per loro, quindi supporta quella scelta. Sii disponibile se hanno bisogno di supporto morale. Alcune persone non smettono subito. Va bene. Smettere di fumare è difficile”

E per i più giovani?

“Dobbiamo aiutare i nostri figli a imparare a fare buone scelte in modo che non inizino mai a fumare. Ciò significa che dobbiamo capire perché potrebbero fumare e agire per affrontare questi problemi. Cose come povertà, malattie mentali e altre esperienze infantili avverse. Non tutti i bambini iniziano a fumare a causa della pressione esercitata dai coetanei. Alcuni usano sostanze perché hanno bisogno di sentirsi meglio. Man mano che un minor numero di bambini inizia a fumare, conosceranno sempre meno persone che muoiono a causa del fumo quando sono adulti.

Un punto importante da ricordare è che quando i genitori fumano, i loro figli hanno maggiori probabilità di fumare. Per questo, mentre facciamo del nostro meglio per prevenire l’iniziazione tra i giovani, dobbiamo anche fare di più per aiutare le persone che già fumano. Preferibilmente prima dei 45 anni, ma smettere a qualsiasi età è vantaggioso”.

CoEHAR e LIAF nelle scuole: il fumo riduce la possibilità di diventare genitori

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Continua il tour nelle scuole promosso dalla Lega Italiana Anti Fumo in collaborazione con il CoEHAR Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da fumo dell’Università di Catania.

Questa mattina presso il Liceo Linguistico dell’Istituto statale “F. De Sanctis” di Paternò i ricercatori della LIAF e del CoEHAR hanno incontrato gli studenti per parlare di danni fumo correlati e di abitudini malsane.

La giornata ha avuto particolare interesse per i danni da fumo sulla fertilità, sia maschile che femminile. In Italia, infatti, i tassi di infertilità registrati dalle donne e dagli uomini fumatori sono il doppio di quelli dei non fumatori. Ad esempio, come si cita di seguito:

  • Il 71% dei fumatori accende la prima sigaretta a 16 anni
  • I fumatori sono donne nel 17% e uomini nel 27% dei casi
  • Il 13% dei disturbi di fertilità sono collegati al fumo e si registra il 15% di spermatozoi in meno nei fumatori
  • In Europa 1 maschio su 3 è a rischio di infertilità e si stima in particolare che in Italia oltre 5.000.000 di uomini non siano capaci di procreare.
  • La menopausa si verifica circa due anni prima nelle fumatrici
  • In gravidanza si riscontra un aumento del rischio di aborti spontanei
  • Per la procreazione medicalmente assistita si registra una percentuale di fallimento doppia nelle coppie fumatrici

A parlare con i ragazzi stamane erano presenti il dr. Michele Compagnone, endocrinologo del Policlinico di Catania; la dott.ssa Elisa Caruso, ginecologa ed esperta di malattie sessualmente trasmissibili; il dr. Carlo Bellanca, specializzando in Farmacologia e Tossicologia Clinica dell’Università di Catania e le dr.sse Chiara Lanzafame e Simona Prezzavento, tirocinanti del prof. Caponnetto, docente di psicologia clinica dell’Università di Catania.

Con loro, a condurre i lavori, la dr.ssa Valeria Nicolosi, giornalista e responsabile comunicazione del CoEHAR dell’Università di Catania.

Perché la Svezia è smoke free?

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La Svezia è ormai vicina allo storico traguardo di primo paese europeo ad essere ufficialmente “Smoke Free”. Ma come ha fatto?

I numeri dimostrano che il paese è in procinto di scendere al di sotto di un tasso di prevalenza del fumo di tabacco del 5% nei prossimi mesi.

L’innovativa strategia del Paese per ridurre al minimo gli effetti nocivi del fumo di tabacco e salvare vite umane è descritta in dettaglio in un nuovo rapporto intitolato “The Swedish Experience: A roadmap for a smoke-free society,” presentato in occasione di un seminario internazionale di ricerca a Stoccolma.

Tra gli autori di questo importante documento esponenti illustri del panorama scientifico: Dr. Anders Milton, già presidente dell’Associazione medica svedese, della Croce Rossa svedese e della World Medical Association; Prof. Karl Fagerström, docente ed esperto di fama internazionale nella ricerca sulle dipendenze e nella disassuefazione dal fumo e il Dr. Delon Human, medico specializzato in questioni di salute pubblica globale, già consulente di tre direttori generali dell’OMS e del Segretario generale delle Nazioni Unite.

Leggi il rapporto completo

Secondo gli autori del rapporto, l’approccio svedese, che combina metodi di controllo del tabacco con strategie di minimizzazione del danno, potrebbe salvare 3,5 milioni di vite nel prossimo decennio se altri Paesi dell’UE adottassero misure simili.

Il modello svedese combina le raccomandazioni della Convenzione quadro dell’OMS Framework Convention for Tobacco Control (FCTC), tra cui la riduzione dell’offerta e della domanda di tabacco, il divieto di fumare in determinati luoghi, ma aggiunge un elemento importante: l’accettazione dei prodotti senza fumo come alternative meno dannose.

I benefici della strategia svedese sono enormi: il Paese ha la più bassa percentuale di malattie legate al tabacco nell’UE e un’incidenza di tumori inferiore del 41% rispetto agli altri Paesi europei. Il rapporto descrive anche come la percentuale di fumatori in Svezia sia scesa dal 15% al 5,6% della popolazione in 15 anni, ponendo il Paese sulla buona strada per raggiungere lo status di paese libero dal fumo con 17 anni di anticipo rispetto all’obiettivo fissato dall’UE per il 2040.

“La Svezia ha una strategia per il tabacco di grande successo che dovrebbe essere esportata”, afferma il professor Karl Fagerström.

“Sarebbe di enorme beneficio per il mondo se più Paesi facessero come la Svezia, con misure che riducono la domanda e l’offerta e con aliquote fiscali differenziate che incentivino finanziariamente i fumatori a passare dalle sigarette ad alternative meno dannose”, ha aggiunto Fagerström.

Il rapporto è stato commissionato da Health Diplomats, un’organizzazione internazionale che lavora per migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria, incoraggiare l’innovazione e l’uso della riduzione del danno per minimizzare l’impatto negativo di alcol, cibo, nicotina e droghe.

Alcune conclusioni del rapporto e suggerimenti per l’attuazione in altri paesi

1. Riconoscere che i prodotti smoke-free sono meno dannosi e che comportano rischi significativamente inferiori rispetto al fumo. Incoraggiare i fumatori a passare dalle sigarette ad alternative meno dannose.

2. Fornire informazioni basate sui fatti. È chiaro che non esistono prodotti del tabacco risk-free. Ma, ad esempio, le sigarette elettroniche sono meno dannose del 95% rispetto alle sigarette. Naturalmente, per un fumatore è meglio passare dalle sigarette normali alle sigarette elettroniche, anche se non è privo di rischi.

3. Decisioni politiche che rendono le alternative smoke-free più accessibili delle sigarette. Ad esempio, tasse differenziate che incentivino finanziariamente i fumatori a passare dalle sigarette ad alternative meno dannose.

Tabagismo, in Campania e al Sud si fuma di più

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Fumatori incalliti: si alla sigaretta elettronica per la riduzione del rischio.

I dati: con 93mila morti ogni anno, il fumo è causa nota di almeno 25 patologie tra cui BPCO e malattie cardiovascolari e causa circa l’85% dei casi di cancro del polmone

Sigaretta, difficile dirle addio: fari accesi su prevenzione e riduzione del danno alla Winter School di Motore Sanità che si è appena conclusa a Napoli. I dati del sistema di sorveglianza dell’Istituto superiore di Sanità (Passi) dicono che più di un fumatore su tre nell’ultimo anno ha provato a smettere ma in oltre il 50% dei casi il tentativo è fallito. I fumatori incalliti pur volendo smettere continuano a fumare con esiti, purtroppo negativi sulla loro salute. Più dell’80%, tra chi ha provato a smettere, ha poi ceduto alla tentazione. E al Sud si fuma di più: secondo le rilevazioni delle Asl che partecipano al Passi, i fumatori italiani sono il 29%, più uomini che donne, e consumano in media quasi un pacchetto al giorno (14 sigarette). Non ha mai fumato il 51% della popolazione, mentre il restante 20% è riuscito a smettere.
“Le modalità di assunzione di nicotina attraverso prodotti a tabacco riscaldato e sigarette elettroniche – ha detto Alessandro Vatrella, presidente campano della Società italiana di Pneumologia – possono rappresentare una delle vie di uscita per minimizzare i danni quando non si riesce a smettere ma per chi inizia possono invece rappresentare talvolta una porta di ingresso”. La dipendenza da fumo è insidiosa in quanto i danni si manifestano dopo un lungo tempo di latenza e si riverberano su tutti gli organi. “Il consiglio – ha concluso Vatrella – è evitare di iniziare a fumare e se proprio non si riesce a smettere le sigarette elettroniche riducono nettamente i danni”.  
“Da un punto di vista della prevenzione – aggiunge Francesco Fedele, direttore del Dipartimento di Cardiologia al Policlinico Umberto I de La Sapienza di Roma – ci sono due aspetti da considerare: l’iniziazione del fumo che dovremmo riuscire a combattere e quello dei pazienti che nonostante eventi gravi legati al fumo (ictus, infarto), non rinunciano alla sigaretta. In questi casi credo che sia importante trovare delle alternative. Ridurre il rischio in coloro che non vogliono smettere (il 50% dei fumatori), risparmierebbe molte vite.

I DATI EPIDEMIOLOGICI  
I dati parlano chiaro: con 93mila morti ogni anno il fumo è causa nota di almeno 25 patologie tra cui BPCO, tumori e malattie cardiovascolari. Circa l’85% dei casi di cancro del polmone è legato ad esso. Oggi nei centri antifumo accede lo 0,1% dei fumatori. I clinici: “E’ drammatico; il ruolo dei centri antifumo deve essere potenziato e promosso. Inoltre, il fenomeno del fumo deve essere affrontato con forza attraverso strategie di riduzione del rischio e una solida rete di clinici e associazioni di pazienti”.

Riccardo Polosa, Fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del danno da fumo CoEHAR avverte: “Smettere di fumare e non iniziare sono la priorità ma dobbiamo anche pensare a chi non vuole e non riesce a smettere di fumare. Pertanto ritengo che quella della riduzione del rischio è una delle strade da percorrere in termini di salute individuale e pubblica. Nascondere ai cittadini le opportunità offerte dagli strumenti a potenziale rischio ridotto, o additarli come pericolosi al pari delle sigarette convenzionali è un paradosso che enfatizza i rischi senza considerarne i benefici. L’Italia deve riaccendere i riflettori sulla sensibilizzazione antifumo, integrando il principio di precauzione con quello del rischio ridotto”. 

GLI STUDI
Lo scenario scientifico relativo al fumo elettronico e alla riduzione del rischio del tabagismo si è arricchito di recente di contributi significativi. Una rigorosa selezione di 78 studi completati con 22.052 partecipanti – di cui 40 randomizzati – hanno dato prove ad alta attendibilità che le sigarette elettroniche con nicotina aumentano i tassi di cessazione rispetto alla nicotina erogata farmacologicamente.  Sigarette elettroniche prive di nicotina aumentano ancora i tassi di abbandono del fumo di tabacco e nel follow-up di due anni il consumo di sigarette elettroniche si è rivelato sostanzialmente privo di eventi avversi. La nicotina erogata dalle sigarette elettroniche è la stessa dei formati farmacologici.
“Pochi giorni fa – ha ricordato Fabio Beatrice, primario emerito di Otorinolaringoiatria a Torino, Fondatore del Centro antifumo Ospedale SG. Bosco di Torino – la prestigiosa rivista Nature Medicine pubblicava uno studio nel quale sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti si associava un aumento della cessazione del fumo del 10-15% con l’uso di sigarette elettroniche. C’è da chiedersi di fronte a questi vantaggi a alla probabilità significativamente maggiore di smettere di fumare approvati dai centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie perché anche in Italia non si persegua questa strada. In questo articolo – ha proseguito il professor Beatrice – venivano anche contraddetti i risultati di ricerche che pure si erano guadagnate l’attenzione dei media e di talune società scientifiche che paventavano forti tossicità a carico della sigaretta elettronica. A suo tempo molti studiosi ed io stesso avevo già criticato questi ingannevoli dati di laboratorio. Sulla base di questi dati – ha concluso Beatrice – si auspica che le decisioni politiche e regolatorie traggano utili insegnamenti da queste informazioni e intervengano nelle politiche di aiuto ai fumatori incalliti con l’avvallo di strategie di riduzione del rischio. Una questione urgente visto che 93mila fumatori muoiono ogni anno in Italia secondo le indicazioni del Ministero della Salute”.

IL CONFRONTO TRA REGIONI
Il confronto tra le regioni italiane vede in Campania la prevalenza più alta di fumatori (34%), contro il 31% dell’Emilia-Romagna e il 24% del Trentino. Specularmente, in Campania c’è la prevalenza più bassa di chi è riuscito a smettere (13%), contro il 22% dell’Emilia-Romagna e il 24% del Trentino. Al Nord è anche più sentita la voglia di smettere favorita dal consiglio del medico per la concomitante presenza di malattie cardiovascolari. In queste tre Regioni, tra il 35% e il 40% dei fumatori presenta almeno un altro fattore (come diabete, pressione alta e ipercolesterolemia) che accentua il rischio cardiovascolare. Ma smettere non è facile.
Sulle conseguenze del fumo è infine intervenuta Anna Iervolino, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera dei Colli. «Il fumo è una causa nota o probabile di almeno 25 patologie, tra cui (BPCO), malattie cardiovascolari e tumori. Circa l’85% dei casi di carcinoma del polmone è legato al fumo di sigaretta, una neoplasia tra le più letali che, tuttavia, non scoraggia il tabagismo. È una battaglia contro una delle dipendenze più subdole, per questo bisogna sensibilizzare tutto il personale sanitario a promuovere percorsi personalizzati utili a disincentivare il fumo di sigaretta, indirizzando i pazienti nelle strutture preposte. Il fondamentale ruolo svolto dai centri antifumo deve essere potenziato e promosso». 

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La dieta mediterranea per chi vuole smettere: quali cibi scegliere?

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Secondo la prof.ssa Agata Zappalà dell’Università di Catania, un sano regime alimentare e la predilezione di alcune macro-categorie di alimenti può aiutare i fumatori che stanno smettendo di fumare. Ma attenzione a non fidarsi del marketing alimentare che vende integratori con millantati effetti miracolosi per la salute del fumatore

È risaputo che il fumatore che decide di smettere va incontro a un percorso stressante, difficile e tortuoso. Ma se un aiuto inaspettato durante tutto il percorso arrivasse proprio da quello che mettiamo sulla nostra tavola, prediligendo un regime alimentare e una dieta che aiutino a contrastare gli effetti dannosi del fumo?

Esistono specifiche categorie di alimenti di cui il fumatore può beneficiare, introducendo piccoli accorgimenti all’interno della propria dieta. Ma attenzione alla propaganda del marketing alimentare, che cerca di vendere integratori e preparati per contrastare gli effetti dannosi del fumo: l’unica maniera per ridurre il danno in termini di salute è proprio dire definitivamente addio alla sigaretta.

D’altronde, il binomio fumo-cibo è oggetto di diversi studi internazionali: un progetto recente condotto dall’Università di Catania ha avviato la sperimentazione di un app per capire il legame tra abitudini alimentari e dipendenza tabagica e aiutare così i fumatori nel loro percorso di cessazione.

Ma quali sono gli aumenti che dobbiamo prediligere all’interno dell nostro regime alimentare quotidiano?

Con l’alimentazione possiamo aiutare il fumatore anche nella fase in cui ancora non ha deciso di smettere, posto, ovviamente, che neanche la dieta salva il fumatore: mangiando in maniera corretta non risolviamo il problema. Possiamo però usare degli alimenti che limitano i danni” spiega Agata Zappalà, Prof.ssa di Fisiologia umana e della Nutrizione presso l’Università degli studi di Catania.

Prof.ssa Agata Zappalà

La vitamina C, ad esempio, è una vitamina idrosolubile che noi non riusciamo ad accumulare e quindi la eliminiamo. Nei fumatori ce n’è in percentuali più basse perché viene consumata dal fumo. La vitamina C ha una riconosciuta azione di tipo antiossidante: la troviamo negli agrumi e in molti vegetali. Ci serve anche per assorbire correttamente il ferro e aiuta a mantenere il collagene, un elemento costitutivo della pelle che, si sa, nei fumatori tende a rovinarsi precocemente.

Anche la vitamina D è molto importante perché è una di quelle vitamine con un’azione antinfiammatoria e di protezione cardiovascolare. Si è notato che nei soggetti fumatori con carenza di vitamina D peggiorano tutti parametri della funzionalità polmonare e cardiovascolare.

Gli omega 3 sono acidi grassi essenziali che non possiamo produrre ma dobbiamo inserire con l’alimentazione. Hanno delle proprietà interessanti perché sono ipotensivi e antinfiammatori e proteggono dal danno cardiovascolare. C’è una grande differenza tra gli omega 3 animali e quelli vegetali come ad esempio quelli che provengono da noci e semi di lino: gli omega del 3 del pesce vengono assorbiti completamente, mentre gli omega 3 vegetali devono essere trasformati comportando una trasformazione di solo il 5-10%”.

Tra i suggerimenti dell’esperta su un sana dieta alimentare, sì al pesce, da preferire sicuramente alla più dannosa carne rossa. In generale, si consiglia di tornare ai dettami della dieta mediterranea, spesso confusa con il consumo di pane, pasta e pizza, mentre qui intesa come consumo di olio di oliva, cereali e pochissimi zuccheri raffinati.

Da abbinare a una dieta sana, l’attività fisica, ormai riconosciuta essere non solo un distensivo per distrarsi dagli effetti dell’astinenza, ma un vero e proprio alleato nella lotta contro il fumo.

Inoltre, è bene ricordare che questi consigli devono far parte di un percorso specializzato affiancato da consulenti esperti e che il fine ultimo deve sempre e comunque rimanere la cessazione: spesso, il soggetto fumatore si rende conto troppo tardi che il danno provocato dalla sigaretta è a lungo termine e gli effetti possono tardare a manifestarsi. Prediligere uno stile di vita sano a 360°, significa mettere nel cassetto una prospettiva di vita più duratura.

Fumo in gravidanza: molte donne continuano a fumare nonostante il pericolo

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Pregnant woman smoking at home

Catania, 14 marzo 2023 – Fumare in gravidanza è una delle abitudini più compromettenti per la salute della donna e del nascituro, collegata a un elevato rischio di mortalità infantile, sviluppo di patologie respiratorie e complicazioni durante la gravidanza e l’allattamento. Purtroppo, sebbene l’istinto materno rappresenti un’arma preziosa e una spinta ulteriore per dire definitivamente addio al fumo, sono ancora molti i passi da fare per aiutare le donne in questo percorso.

Un gruppo di ricercatori del CoEHAR dell’Università di Catania ha voluto condurre un’analisi qualitativa su un campione ristretto di donne in gravidanza che utilizzavano sia sigarette tradizionali che prodotti alternativi a rilascio di nicotina, sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato, per valutarne abitudini e percezioni. Dai risultati dello studio “Qualitative study on the perception of combustible cigarettes, e-cigarettes and heated tobacco cigarettes among pregnant women” è emerso che tra i trigger emotivi principali dell’abitudine al fumo vi sono stress, nervosismo e solitudine e che per molte donne si tratta di un’abitudine nata in età adolescenziale o preadolescenziale. A colpire i ricercatori, però, un dato singolare: una generale sfiducia nei confronti dei metodi tradizionali per smettere che porta molte donne a fidarsi solamente della propria forza di volontà per dire addio alle bionde.

Link allo studio

Le donne che continuano a fumare in gravidanza sono quelle che scelgono di ignorare i campanelli di allarme per la propria salute e per quella del nascituro – spiega la dr.ssa Marilena Maglia, ricercatrice della Lega Italiana Anti Fumo e prima autrice dello studio – una scelta sbagliata e controproducente”.

Ad interessare particolarmente i ricercatori, le motivazioni e i fattori psicologici che legavano le partecipanti all’utilizzo di uno qualsiasi di questi prodotti per valutare quali potevano essere fattori che influenzavamo maggiormente le decisioni delle donne in un periodo così delicato. Tra le ragioni principali alla base della dipendenza da fumo, sono stati individuati stress, nervosismo e senso di solitudine. Il 10% ha riportato che fumare le rende meno nervose e il 6.6% identifica il fumo come “un compagno che non le abbandona”.

Quasi la metà delle partecipanti ha identificato l’adolescenza come un momento critico. Il senso di appartenenza a un gruppo e l’identificazione con i coetanei spingono molte ragazze a provare a fumare, spesso innescando i meccanismi alla base di una dipendenza difficile da abbandonare nel corso degli anni. Anche durante la gravidanza, il legame con la sigaretta è talmente forte che decidono spontaneamente di non venire a conoscenza dei risvolti negativi del fumo per la salute propria e del futuro figlio. Si configura uno scenario critico che ha bisogno di ulteriori ricerche e studi.  

Questa ricerca, che ha comparato la percezione di sigarette tradizionali, elettroniche e a tabacco riscaldato nelle donne in gravidanza, ha fatto emergere il bisogno di ricevere informazione e supporto anche durante i corsi preparto – ha spiegato Pasquale Caponnetto, docente di psicologia Clinica del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Catania e membro del CoEHAR – è necessario investire nella prevenzione e nell’educazione sui danni del fumo durante la gravidanza e aumentare il grado di sensibilizzazione verso le terapie di provata efficacia”.

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Schillaci: stretta sul fumo? Prima ascoltate gli scienziati

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Schillaci coehar ecig esperti

Il trapelare di una bozza che prevedeva strette sulle ecig e le dichiarazioni del Ministro Schillaci hanno riacceso il dibattito su fumo combusto ed elettronico. Ad intervenire sulla questione, in questi giorni, sia il fondatore che il direttore del CoEHAR di Catania, Riccardo Polosa e Giovanni Li Volti: “Siamo pronti al dialogo ma basato su evidenze scientifiche”

Catania, 8 Marzo 2023 – Raccogliere l’eredità lasciata dalla legge Sirchia non rappresenta un’impresa facile: riproporre e ampliare quell’intenso slancio ideologico e normativo che all’epoca riuscì nell’intento di cambiare radicalmente la percezione del fumo di un’intera generazione comporta sfide non indifferenti.

Ministro Schillaci

Ed è la sfida che, nelle prime ore di domenica scorsa, sembrava essere stata accolta dal Ministro della Salute, Orazio Schillaci. La notizia di una bozza di testo della nuova legge contenente una “stretta sui divieti sul fumo” (stop al fumo all’aria aperta e stop anche all’utilizzo di sigarette elettroniche) ad un certo punto ha sommerso le agenzie di stampa di tutta Italia.

Se non fosse stato che, secondo quanto dichiarato ieri dallo stesso Ministro, la bozza non era ancora stata visionata. Di cosa parlavano allora i giornalisti? Di un’idea di divieto che, a voler leggere i titoli dei giornali di tutta Italia, sembra non avere attecchito nemmeno tra gli stessi sostenitori del governo. Da Matteo Salvini a Vittorio Sgarbi, passando anche per personaggi noti come Gino Paoli, i sostenitori del concetto “adesso non esagerare” hanno preso il sopravvento. 

Ma dove sta il punto? Si tratta di una questione di stile o di danno correlato al fumo all’aria aperta? Non è ancora dato saperlo perché a dire degli esperti, i membri della comunità scientifica non sono ancora stati interpellati. Tanto che proprio ieri lo stesso Ministro ha dichiarato “di non aver ancora visionato il testo” ovvero, più semplicemente, di non essere certo di volerlo presentare come prima annunciato.

Ma cosa non convince di questa nuova stretta? La proposta di divieto di svapare all’aria aperta, unita al divieto di fumare sigarette convenzionali pone i due prodotti sullo stesso piano, ma la questione è proprio questa. 

Riccardo Polosa, fondatore del CoEHAR

Secondo il noto scienziato catanese, prof. Riccardo Polosa: “Non si possono mettere sullo stesso piano sigarette che liberano migliaia di sostanze tossiche e catrame con prodotti senza combustione decisamente molto meno dannosi. Le alternative senza combustione si sono dimostrate dal 95% al 99% meno tossiche delle sigarette convenzionali e rappresentano oggi l’unica vera soluzione per una politica sanitaria che manca di una proposta razionale per tutti coloro che non vogliono o non riescono a smettere. Paesi come Gran Bretagna, Giappone, Svezia, Norvegia e Nuova Zelanda, dove esiste da anni una politica sanitaria aperta alla riduzione del rischio, registrano un crollo delle vendite delle sigarette convenzionali e la eradicazione del tabagismo anche tra i giovani. Inoltre, l’FDA statunitense,  la più importante autorità sanitaria del paese, ha di recente approvato la commercializzazione di questi prodotti sdoganandoli come appropriati per la protezione della salute pubblica. In Italia, questo testo che si vorrebbe approvare come intende aiutare chi deve smettere di fumare a farlo? Diabetici, schizofrenici, ipertesi, donne in gravidanza e milioni di altri pazienti come saranno aiutati dal sistema sanitario ad abbandonare il fumo?” – ha chiesto il fondatore del Centro di Ricerca per la Riduzione del Danno da Fumo dell’Università di Catania. 

Sebbene si stia parlando di una stesura preliminare, l’idea che i dispositivi elettronici possano essere soggetti alle stesse stringenti norme che regolano il fumo combusto riporta indietro le lancette della ricerca scientifica di oltre un decennio. 

Giovanni Li Volti, Direttore del CoEHAR

Per meglio comprendere la questione, bisogna capire che mentre la sigaretta brucia a una certa temperatura, e nel farlo produce una serie di sostanze tossiche, il vapore prodotto dalle sigarette elettroniche viene generato per riscaldamento a temperature più basse, basando l’intera tecnologia su un sistema completamente diverso – ha spiegato a Live Sicilia il prof. Giovanni Li Volti, ordinario di Biochimica dell’Università di Catania e direttore del CoEHAR – per un fumatore che ha alle spalle già diversi tentativi di cessazione falliti o la scarsa motivazione a smettere e che di fronte a sé ha una strada che conduce a gravi danni per la salute è auspicabile il passaggio ad  alternative decisamente meno dannose”.

Marcello Gemmato, Sottosegretario alla Salute

Una presa di posizione decisa, frutto dell’esperienza maturata nel campo della ricerca scientifica applicata i nuovi dispositivi e che ha alimentato un sano dibattito sui diritti di fumatori e svapatori. Un clima che ha portato il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato a ribadire proprio oggi che quella trapelata era “una bozza prodotta non sotto impulso del ministro, ma da parte di uffici della nostra struttura”. Il sottosegretario ha dunque sottolineato che eventuali azioni non sono al momento la priorità dell’agenda politica e di cui se ne deve prima “parlare e discutere”.

A conclusione, il prof. Polosa ha dichiarato massimo sostegno all’attività del Ministro e si dichiara pronto ad avviare un dialogo che sia orientato al benessere del fumatore in accordo con le ultime evidenze scientifiche: 

Siamo al 100% con il Ministro Schillaci quando afferma che il fumo fa male e va combattuto con decisione. Ma ribadiamo che la strada dei divieti è inefficace e controproducente, ma noi siamo pronti ad un dialogo scientifico costruttivo e produttivo per la tutela della salute pubblica“. 

Infertilità? Fumo tra i nemici numero uno

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infertilità

L’infertilità all’interno delle coppia italiane è più diffusa di quello che si pensa. Tra i fattori a maggior rischio che influiscono sulla possibilità di procreare cè il fumo. Oggi ne parliamo con il prof. Aldo Calogero dell’Università di Catania

Articolo di Martina Strano

Il numero dei nati in Italia negli ultimi anni è sicuramente in calo. Lo stile di vita, la ricerca del lavoro dei propri sogni, i lunghi studi e, perché no, la difficoltà nel trovare il partner giusto, spingono le persone a ritardare l’inizio di quella fase della vita che si chiama “genitorialità“.

Se per tanti però questa è una scelta consapevole e voluta, per altri in realtà non è altro che una decisione da subire, frutto forse di problematiche genetiche e di qualche non troppo piccolo errore nello stile di vita. Alimentazione, stress e fumo infatti è ormai noto agiscono negativamente sulla fertilità.

Secondo l’OMS l’infertilità come patologia riguarda persino il 15-20% delle coppie. Con circa il 19% di italiani fumatori (dati ISTAT DEL 2021) è evidente che il fumo rappresenti uno dei fattori principali che causano infertilità o che ne peggiorano la condizione.

Abbiamo parlato di questo con il prof. Aldo Calogero, Professore di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo presso l’Università degli Studi di Catania.

Prof. Aldo Calogero

Prof. Calogero, può parlarci della relazione tra fumo di sigaretta e infertilità?

“Ormai numerose evidenze cliniche e scientifiche chiaramente indicano che il fumo di sigaretta con le sue migliaia di componenti che sprigiona hanno un effetto negativo sulla funzionalità della gonade, quindi del testicolo per quanto riguarda l’uomo, dell’ovaio per quanto riguarda la donna. Sebbene i due sistemi siano diversi, presentano comunque dei meccanismi comuni. Entrambe le ghiandole producono due tipi diverse di “sostanze” per così dire.

Da un lato provvedono alla produzione degli ormoni sessuali tipici del sesso, per esempio nell’uomo l’ormone chiamato testosterone, nella donna gli estrogeni. Nello stesso tempo però entrambe le gonadi producono i cosiddetti gameti, delle cellule opportunamente modificate dalla cui unione viene fuori l’embrione che poi produrrà il prodotto del concepimento, quindi il bambino.

Il fumo di sigaretta interagisce purtroppo negativamente bloccando sia la produzione degli ormoni in entrambe le gonadi e sia danneggiando/alterando la produzione di gameti, degli spermatozoi nell’uomo e delle cellule uovo nella donna. Quindi a 360 gradi il fumo di sigaretta causa un effetto negativo. Come ogni esempio legato al fumo però, questo non significa che uno dei due partner o entrambi fumano non possono avere figli in maniera assoluta. Ma sicuramente il rischio di causare dei danni con il fumo e quindi di peggiorare la situazione, qualora già questa fosse di per se per altre ragioni compromessa, aumenta enormemente“.

Smettere di fumare riduce quindi il rischio di infertilità? E’ possibile, smettendo di fumare, migliorare la propria condizione?

“A questa domanda in realtà non esiste un’unica risposta valida. Con i pazienti che vengono nei nostri ambulatori perché non riescono a raggiungere l’obiettivo gravidanza, iniziamo la raccolta della loro storia clinica incluse le abitudini di vita quindi anche se fumano, da quanto tempo e quanto.

Il primo consiglio medico, indipendentemente da quanto tempo e quanto fumano, è quello di smettere di fumare. La richiesta di cessare di fumare è una richiesta semplice, ovvia. Non so cosa recupero ma sicuramente non peggioro il danno. L’azienda Policlinico per questo offre alle persone un servizio che può aiutare a mettere in atto tutta una serie di strategie, da quella psicologica a una riduzione di rischio con lo Svapo, per portarle ad essere totalmnte libere da questo rischio“.

Esiste pure il rischio di infertilità con l’uso di sigarette elettroniche?

Sotto questo punto di vista abbiamo iniziato con i CoHEAR tutta una serie di attività di ricerca. Stiamo iniziando dall’aspetto proprio sessuologico del maschio e della capacità erettile per valutare se rispetto al fumo di sigaretta, ricorrendo alle sigarette elettroniche o altri mezzi disponibili in commercio, si riduca il rischio d’impotenza. L’ipotesi è questa“. 

Smettere di fumare è quindi secondo i medici una condizione necessaria per chi affronta quotidianamente difficoltà nel concepimento o per chi si appresta ad affrontare percorsi di inseminazione artificiale. Una condizione, come sottolineato dal Professor Calogero “semplice e ovvia”.

Australia, autorità boccia il vaping. Esperti smantellano le teorie

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Un gruppo di esperti internazionali ha voluto replicare a una delle massime autorità di salute pubblica australiane che ha dichiarato come non vi fossero prove a sufficienza per attestare il minor grado di sicurezza delle sigarette elettroniche, riproponendo tesi obsolete a supporto

A giugno del 2022, il CEO di National Health and Medical Research Council (NHMRC), una delle massime autorità di salute e ricerca medica australiane, ha rilasciato una dichiarazione dove chiariva alcuni punti fondamentali sul fumo elettronico, dettando di fatto una nuova linea guida nazionale.

Nella pubblicazione, si riproponevano le tesi della classica retorica anti-vaping, mettendo in guardia il grande pubblico da un dispositivo, la sigaretta elettronica, di cui, si legge, si ignorano gli effetti lungo termine, che può causare seri danni alla salute e che viene collegata a patologie polmonari come l’EVALI, la polmonite da svapo americana.

Un insieme di concezioni obsolete sul fumo elettronico che la scienza della riduzione del danno ha ormai ampiamente smantellato, fornendo dati incontrovertibili su un dispositivo che ad oggi rappresenta un’alternativa efficace per aiutare i fumatori a uscire dalla dipendenza.

Per replicare a questo testo, un gruppo di esperti internazionali, comprendente alcuni delle massime autorità in materia di riduzione del danno e ricerca applicata e provenienti da America, Australia, Inghilterra, Nuova Zelanda e Svizzera ha pubblicato una contro-dichiarazione, smantellando punto per punto quanto affermato dall’autorità dell’Australia.

Secondo i ricercatori, infatti, il documento non ha minimante valutato le prove oggettive pubblicate nel corso degli ultimi anni in merito ai dispositivi a rischio modificato. 

Infatti, i rischi del vaping vengono esagerati e non si paragona il danno a quello prodotto dal fumo; si asserisce inoltre che esiste un rapporto di causalità tra lo svapo adolescenziale e la successiva possibile dipendenza da fumo di sigaretta. Applicando erroneamente il principio precauzionale, la dichiarazione si ostina a ignorare qualsiasi prova che attestano l’impatto in termini di salute che le sigarette elettroniche offrono non solo a chi desidera smettere ma anche a chi, fumatore, presenta patologie peggiorate dal vizio di accendersi di una sigaretta.

Tra le mistificazioni più evidenti contenute nella dichiarazione, si legge come le sigarette elettroniche contengano un numero elevato di sostanze tossiche che possono causare un serio danno alla salute dello svasature. In mancanza della corretta quantificazione della dose di questi elementi chimici, questa affermazione risulta essere ingannevole. Molti di questi componenti sono contenuti nei liquidi in dosi minime, molto al di sotto della soglia di sicurezza per la salute umana.

Altro punto dibattuto le possibili esplosioni delle sigarette elettroniche: secondo Public Health England, la maggiore autorità di salute pubblica britannica, tra il 2017 e il 2021 ci sono stati 5076 casi di incendi causati dalle sigarette tradizionali e dagli accendini, rispetto ai solo 15 casi causati dalle ecig, senza peraltro che sia stata riferita alcuna morte o ferita causata dagli incendi in questione.

Anche per quanto riguarda l’EVALI, vengono riportate imprecisioni: ricordiamo che l’EVALI è da tempo stata collegata all’utilizzo di liquidi contraffati introdotti sul mercato americano e che non si sono più registrati casi collegabili a uno schema patologico simile.

Ma la affermazioni più confutabili della dichiarazione dell’autorità dell’Australia riguardano la mancanza di prove sull’utilizzo delle sigarette elettroniche come metodo di cessazione efficace, ignorando i dati di numerosi studi indipendenti che invece hanno fornito prove in abbondanza, e continuano a farlo, in merito alla relativa efficacia dei prodotti elettronici.

Per quanto riguarda l’idea che il vaping possa rappresentare un’iniziazione al fumo di sigaretta tra i più giovani, non si trova un vero e proprio fondamento teorico: si può parlare di un’associazione tra i due metodi, ma non di un rapporto causale. 

È molto più probabile invece che si debba parlare di classi di adolescenti a rischio, che avrebbero comunque adottato un comportamento dannoso, come il fumo di sigaretta. Inoltre, contrariamente alle previsioni, l’aumento del vaping tra i giovani non è stato seguito da un aumento del fumo di sigaretta a livello di popolazione generale. Dati alla mano, l’aumento del tassi sul vaping giovanile è coinciso con una riduzione delle percentuali di fumatori tra gli adolescenti in diversi paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e Nuova Zelanda. A ciò si aggiunge che i numeri del vaping giovanile, dopo il picco di qualche anno fa, sono in diminuzione.

I ricercatori concludono che l’Australia necessita di una revisione indipendente e imparziale delle prove sulle ecig: molti dei maggiori esperti internazionali hanno infatti una visione molto più a sostegno dell’uso dei prodotti a rischio modificato come strategia del controllo del tabacco.

CoEHAR testa la prima app al mondo che monitora le abitudini alimentari dei fumatori che vogliono smettere

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Catania, 28 febbraio 2023 – È ormai ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica che esiste una correlazione marcata tra il percorso di cessazione dal fumo e i cambiamenti delle abitudini alimentari dei fumatori coinvolti nel processo: alcuni degli aspetti fondamentali sono infatti legati all’aumento di peso, all’alimentazione e a cambiamenti d’umore, soprattutto nella fase iniziale del periodo di astinenza. Pertanto, i cambiamenti consigliati in merito alle abitudini alimentari sono cruciali per determinare il successo di un percorso di addio alla dipendenza da sigaretta. 

FoodRec è il progetto del Centro di Eccellenza Internazionale per la ricerca sulla Riduzione del Danno da fumo (CoEHAR), che sfrutta la tecnologia per monitorare le abitudini alimentari delle persone durante il loro percorso di cessazione, cogliendo i cambiamenti rilevanti che possono influenzare la salute del paziente e il successo dell’intero iter. Nella recente pubblicazione “Development and user evaluation of a food-recognition app (FoodRec): Experimental Data and Qualitative Analysis, pubblicata su Health Psychology Research, il gruppo di ricerca accademica interdisciplinare di informatici, psicologi clinici e medici ha spiegato come è stata creata e testata un’app per il riconoscimento del cibo per monitorare i cambiamenti dell’umore e le abitudini alimentari dei fumatori durante uno studio pilota. L’idea principale era quella di valutare le abitudini alimentari ed eventuali anomalie nei soggetti in diversi momenti durante il percorso di addio al fumo per valutare correlazioni tra i dati osservati e le informazioni note sul trattamento di cessazione.

I test hanno coinvolto 149 fumatori che stavamo smettendo di fumare, di età compresa tra i 19 e gli 80 anni, e che hanno utilizzato l’app FoodRec per due settimane consecutive per valutarne usabilità ed idoneità.

Durante il test qualitativo, la maggior parte degli utenti dell’app si è dichiarata estremamente “contenta” di poter utilizzare questo strumento mentre tentava di smettere di fumare. L’App è stata percepita come estremamente user-friendly e leggera. Inoltre, si è rivelata essere utile per osservare le abitudini alimentari degli utenti e per alleviare lo stress che deriva dalla riduzione dell’assunzione di cibo.

Sono state apprezzate alcune qualità dell’app come la grafica accattivante, snella e intuitiva della sezione “home”, che consente un facile approccio anche da parte degli utenti con una minore padronanza del contesto tecnologico. Hanno ricevuto commenti positivi anche le dimensioni ridotte che la rendono facilmente utilizzabile sul proprio dispositivo e la sezione statistica all’interno dell’app che permette un facile monitoraggio della dieta. Inoltre, i partecipanti hanno affermato che consiglierebbero l’app a familiari e amici. Per il test quantitativo, sono stati analizzati i dati relativi alle caratteristiche degli utenti, al caricamento dei pasti, agli stati d’animo e al consumo di bevande.

L’esperienza maturata in questo studio studio verrà utilizzata per modificare e perfezionare il protocollo del trial clinico internazionale più esteso durante il quale testeremo l’app su un numero maggiore di utenti e in contesti clinici di programmi per la cessazione dal fumo. Alcune delle problematiche legate alla mancata corrispondenza tra il processo di cessazione del fumo e l’approccio al riconoscimento del cibo devono essere risolte con le prossime versioni dell’app, secondo le prossime fasi del progetto, che si avvarranno anche di tecniche avanzate di Intelligenza Artificiale” – disse il prof. Sebastiano Battiato, Università di Catania.

Le informazioni desunte nell’ambito del progetto FoodRec aiuteranno i ricercatori ad analizzare le abitudini alimentari dei fumatori che stanno cercando di smettere correlando le abitudini al fumo con le abitudini alimentari e creando percorsi sempre più mirati ed efficaci per affrontare definitivamente la dipendenza dal fumo”, ha concluso il prof. Alessandro Ortis, della stessa Università.

L’algoritmo creato dai ricercatori del CoEHAR per tracciare e monitorare le abitudini alimentari, che individua i singoli alimenti presenti in un’immagine, rappresenta un passo avanti nella ricerca applicata alla disassuefazione dal fumo e potrebbe essere applicato anche ad altri campi di ricerca.