mercoledì, Dicembre 11, 2024
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Riaprire la porta di casa: l’ansia post lockdown del nemico invisibile

In un primo momento, sconcerto. Poi rabbia, frustrazione. Infine accettazione. Abbiamo attraversato molte fasi durante il lockdown e ci siamo ingegnati per sopravvivere, adattandoci a un nuovo stile di vita. Ognuno alla sua maniera. Ma adesso, le cose sono cambiate. E improvvisamente abbandonare l’interno delle nostre case, spazi sicuri in questi mesi, se per alcuni rappresenta un sollievo, per altri è fonte di molta ansia.

Cosa posso toccare? Chi posso vedere? Come comportarmi? Sarà pericoloso stare all’aria aperta?

Ciò che ad oggi preoccupa di più, è l’eventuale rischio di una ricaduta nelle prossime settimane. Per questo molti governi hanno deciso di approcciarsi gradualmente alla riapertura. Ma le perplessità rimangono: l’unica vera uscita gratis di prigione è rappresentata dalla creazione di un vaccino.

Sebbene molto ancora non si conosca sui meccanismi di questo virus, alcune cose le abbiamo imparate. Sappiamo, ad esempio, che i tassi di infezione sono più alti all’interno degli spazi chiusi o delle abitazioni, piuttosto che all’aria aperta: nel primo caso parliamo di un buon 20% di probabilità di contrarre il virus, mentre nel secondo caso si scende al 5%. 

Quindi se temete che uscire di casa significhi istantaneamente incontrare un nemico invisibile, non vi preoccupate. Rispettare le norme di distanziamento sociale e seguire i comportamenti igienici, come lavarsi le mani o non toccare la mascherina con i guanti, sono comportamenti sensati che permettono di ridurre le possibilità di contagio.

Uno studio Sud coreano ha dimostrato la maggior probabilità di contagio tra i membri di un ufficio con scrivanie attigue, piuttosto soggetti su piani diversi o con scrivanie non attigue.

Più andiamo avanti, però, più dovremo interfacciarci con situazioni sempre diverse e via via più complesse da post lockdown. Vediamone alcune.

Abitudini e stili di vita

Riprendere ad uscire si traduce in tornare piano piano ad alcune delle nostre abitudini. E magari continuare con alcune tra quelle più sane intraprese prima del lockdown. Durante le settimane passate, si temeva che le condizioni psicologiche stressanti potessero far ricadere nel vizio molti fumatori. Un pericolo che, almeno in parte, è stato arginato grazie all’attività della LIAF e del numero di assistenza psicologica gratuita creato apposta per fornire supporto a tutti coloro che ne necessitavano. Ma finita la quarantena, i fumatori possono ricominciare il loro percorso di smoking cessation o considerarne l’inizio.

Sport

Ormai si sa: lo stile di vita sedentario non è un amico della salute. Molti sono riusciti a mantenersi in forma, per altri il confino in casa si è tradotto in abbuffate pantagrueliche e binge watching su Netflix. 

L’attività sportiva non solo si traduce in un beneficio a livello fisico, ma aiuta a scaricare lo stress e mantenere intatta la salute mentale. Sport non di gruppo, come arrampicata, corsa, ciclismo e similari, da praticare all’aperto, non comportano rischi elevati. A New York si tengono quotidianamente lezioni di yoga nei parchi: certo le problematiche per i centri urbani più grandi rimangono, ma soluzioni simili non devono essere scartate.

Gite

Tutto quello che riguarda spostamenti o gite apre una discussione più ampia e articolata. Per quanto nei giorni festivi durante il lockdown, molti siano stati multati per aver violato le norme, ipotizzare scenari in cui il rischio di assembramento sia ridotto è fattibile.

Non entrare in contatto con persone che provengono da nuclei abitativi diversi è la ratio che dobbiamo tenere ben a mente: in Francia, ad esempio, si sta studiando di limitare gli sposamenti nel raggio di 100 km. Dividere le persone in gruppi su base casuale oppure sulla base del CAP e permettere gli spostamenti parcellizati è un’idea che richiede un grande sforzo organizzativo, ma almeno concederebbe l’allontanamento verso zone di villeggiatura.

Bar e ristoranti

Entriamo in un discorso molto scottante: da un lato un’intera categoria sta denunciando norme che impediscono di fatto a moti esercizi di poter lavorare e riaprire. Dall’altro, vale sempre la regola che i luoghi chiusi risultano essere più rischiosi di quelli aperti.

A Vilnius, vaste aree pubbliche sono state adibite ad ospitare bar e ristoranti: un’iniziativa che ha già ricevuto 160 domande.

E per i bar? Perchè non pensare di utilizzare le proprie tazze da asporto, lavate e igienizzate a casa, riducendo il contatto con le stoviglie del locale?

Servizi religiosi

L’influenza spagnola del 1918 a San Francisco rese necessario svolgere le funzioni religiose all’aperto. A New York, la decisione di chiudere vaste aree al traffico ha portato molti gruppi religiosi a svolgere, in piccoli gruppi, funzioni per strada.

Negozi 

Lunghe file fuori dai negozi: sono questi gli scenari che si prospettano con la riapertura e che già si vedono per quelle categorie di esercizi che sono rimasti aperti.

Leggendo le indicazioni dell’OMS, il rischio di contagio aumenta: per persone di case diverse che entrano in contatto fisico; se le persone rimangono faccia a faccia per più di 15 minuti; se i soggetti condividono uno spazio chiuso come un ufficio per più di 15 minuti.

Anche se all’interno nei negozi non possono entrare troppe persone, ci si dovrebbe concentrare più sulla sanificazioni dlele superfici o degli oggetti, come i pos, toccati da molti. 

Anche se all’interno nei negozi non possono entrare troppe persone, ci si dovrebbe concentrare più sulla sanificazioni dlele superfici o degli oggetti, come i pos, toccati da molti. 

Trasporti

Anche qui valgono le stesse regole: dispensatori di gel liquidi, panelli in plexiglass e mascherine per i conducenti, oltre che una costante sanificazione delle superfici come già sta avvenendo nella metro di New York, chiusa ogni notte dall’1 alle 5 del mattino per provvedere alla pulizia dei vagoni e delle aree comuni.

chiara nobis

Giornalista praticante, collabora con LIAF, dove scrive di salute e attualità. Appassionata di sport, con un passato da atleta agonista di sci alpino, si diletta nell'indagare le nuove frontiere della comunicazione e della tecnologia, attenta alla contaminazione con generi e linguaggi diversi.

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