giovedì, Aprile 25, 2024
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Disinformazione e Infotainment: una combinazione letale per la Riduzione del Danno

I social media sono ormai diventati i principali canali di informazione. Tuttavia, a differenza delle fonti “tradizionali” non vi è un controllo a priori sulla veridicità della fonte.

La disinformazione ha un impatto sulle risposte inadeguate dei governi e delle istituzioni sanitarie pubbliche a tutti i livelli. La conseguenza principale è una ignoranza generalizzata della popolazione su temi fondamentali per la salute. La pubblica opinione continua infatti ad essere vittima di una massiccia diffusione di notizie false e informazioni fuorvianti, mentre nel cyberspazio si perdono informazioni scientifiche affidabili.

Come chiaramente accade con la pandemia di SARS-COV-2, l’errata interpretazione dei dati scientifici sta spingendo milioni di persone verso decisioni irrazionali.

Spesso la disinformazione viene propagata inconsapevolmente da persone che non sono consapevoli di farlo. Molto più spesso, la disinformazione è la diffusione coordinata di informazioni ingannevoli da parte di attori con specifici obiettivi nel portare avanti tale strategia.

Secondo una recente ricerca dell’Università di Harvard, “Establishing the Truth: Vaccines, Social Media, and the Spread of Misinformation” tra l’80% delle persone che cercano informazioni sanitarie online, un’alta percentuale non può distinguere tra disinformazione e prove scientifiche valide quando leggono una notizia.

“Abbiamo sempre avuto scrittori e giornalisti come guardiani critici in grado di filtrare alcune di queste informazioni. Ma ora, a causa dei social media, non abbiamo più questo intermediario professionista,” ha affermato Vish Viswanath, autore della ricerca e direttore del programma Applied Risk Communication for the 21st Century presso l’Harvard T.H. Chan School of Public Health.

I social media sono ormai diventati i principali canali di informazione per i temi riguardanti la salute pubblica. Tuttavia, a differenza delle fonti “tradizionali” non vi è un controllo a priori sulla veridicità delle fonti. Questo perchè in meno di un decennio i media tradizionali hanno perso l’autorità che avevano storicamente nel selezionare e rilanciare le notizie di interesse pubblico.

Come ha sottolineato la microbiologa olandese Elisabeth Bik in un’intervista per il The Guardian: “il pericolo con i social media è che anche un documento mediocre o perfino falso può essere rilanciato da persone che hanno specifici obiettivi nel celebrarlo come la nuova verità.”

La predominanza di studi mediocri e palesemente basati su errori è una situazione che si ripropone da anni nel campo della riduzione del danno da fumo. Le prove scientifiche su prodotti alternativi meno dannosi sono state ferocemente contestate dai conservatori all’interno delle istituzioni sanitarie nazionali e negli organismi di regolamentazione internazionali, vanificando qualsiasi tentativo di abbracciare nuovi prodotti a base di nicotina, in particolare le sigarette elettroniche, come strumento per smettere di fumare.

Il numero di persone che usano il tabacco non è diminuito per quasi un decennio, causando ogni anno otto milioni di morti in tutto il mondo. Eppure, nonostante la mancanza di progressi, gli organismi ufficiali e i messaggi sui canali dei social media continuano a respingere la riduzione del danno da fumo con ricerche scientifiche inadeguate.

“Le ricerche con metodologia povera e non replicabili ma più accattivanti in termini di contenuti sono condivise maggiormente dai media ufficiali e dai canali social”, afferma Uri Gneezy, professore di economia comportamentale e co-autore della ricerca pubblicata nell’articolo “Nonreplicable publications are cited more than replicable ones.”

Milioni di fumatori potrebbero incrementare la propria salute personale se avessero informazioni sul potenziale dello svapo e di altri prodotti a base di nicotina non combustibili come prodotti alternativi alla sigaretta convenzionale. Per la riduzione del danno, l’impatto di studi di ricerca scadenti o imperfetti pubblicati su riviste scientifiche influisce anche sulla validità delle linee guida sulla salute fornite ai consumatori di sigarette.

Negli ultimi anni sono stati versati decine di milioni di dollari verso enti sanitari nazionali e istituzioni pubbliche da fondazioni private al fine di stoppare qualsiasi politica tesa ad implementare la riduzione del danno da fumo. Una situazione che ha permesso ad interessi privati di prevalere al diritto ad una scelta informata per milioni di persone che fumano, comprese quelle nei paesi a basso e medio reddito.

“Il pubblico ha diritto a informazioni accurate per prendere decisioni individuali che potrebbero salvargli la vita”, ha sottolineato il Prof. Riccardo Polosa, fondatore del Center of Excellence for the Acceleration of Harm Reduction (CoEHAR) e rinomato scienziato internazionale.

“È tempo di ripensare l’intero approccio all’informazione scientifica per creare finalmente un canale diretto tra la scienza e il pubblico così da evitare distorsioni che potenzialmente mietono milioni di vite,” ha aggiunto il professor Polosa.

Fintanto che le informazioni sui prodotti alternativi alla somministrazione di nicotina continueranno a seguire programmi basati su pregiudizi e interessi politici invece che sulla scienza e sulla ricerca scientifica, questo tragico stato di cose continuerà, negando i benefici che potrebbero essere raggiunti con nuovi e ragionevoli approcci per arginare l’epidemia di tabacco, in particolare nelle nazioni in cui la Riduzione da Danno è più necessaria.

Antonino D'Orto, giornalista, laurea in Comunicazione e Relazioni internazionali è impegnato da anni nella comunicazione istituzionale ed Ufficio Stampa. Per LIAF Magazine si occupa di Esteri, Riduzione del Danno da Fumo, geopolitica sanitaria.

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